Repubblica — 10 febbraio 2009 pagina 2 sezione: ROMA
Nella piazza gremita, tra kata bianche, sai rossi e gialli, bandiere che sventolano, incensi, cori che inneggiano al Tibet Libero, Free Tibet, si diffondono le note del pianoforte di Giovanni Allevi. «Da Roma, oggi, si è levato un grido di giustizia, di libertà, di pace che raggiungerà il mondo intero» dirà poi, al termine della cerimonia di conferimento della cittadinanza romana onoraria al XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso, un commosso sindaco Gianni Alemanno, avvolto nella tradizionale kata che il Dalai Lama ha voluto regalargli. Della cittadinanza onoraria al Dalai Lama si parlava fin dal luglio dello scorso anno, quando Goffredo Bettini, allora ancora presidente della Festa del Cinema, aveva lanciato quest’ idea. A settembre la giunta poi approvò: e ieri la cerimonia si è solennemente svolta nell’ aula Giulio Cesare, dove Tenzin Gyatso, avvolto come di consueto nel suo saio rosso e giallo, gli occhiali sul naso, le infradito ai piedi, le braccia nude, è entrato seguito da un commosso, partecipato e lunghissimo applauso. «Ha un valore di straordinaria attualità il gesto simbolico con cui la nostra città accoglie nel suo seno una figura come la Sua» ha detto il sindaco nel salutare il Dalai Lama, «che ha dedicato la vita al rifiuto della violenza, alla tolleranza e alla compassione, all’ instancabile difesa dei diritti umani e dei diritti dei popoli. Viviamo in un periodo di crisi culturale, morale e spirituale, oltre che economica e ambientale» ha continuato Alemanno. Proprio per questa profonda crisi, «è necessario che le persone migliori ci siano da esempio e che questo loro esempio raggiunga la consapevolezza di tutti. Lei è uno di questi esempi». Commosso Alemanno ha poi conferito l’ onorificenza al leader spirituale del popolo tibetano, che ha giunto le mani, si è inchinato e ha ringraziato sindaco, consiglieri e tutta la città, «così famosa», «per il sostegno alla giustizia e alla libertà. Perché gli esseri umani possano vivere in pace bisogna che regni la verità: dove c’ è inganno è pericoloso perché l’ inganno porta violenza. Giustizia e verità portano pace» ha continuato, interrotto continuamente dagli applausi. «Questa cittadinanza» ha poi spiegato il Dalai Lama «è stata consegnata in un momento molto particolare per il mio popolo: i tibetani stanno vivendo in queste ore una situazione drammatica: due giorni fa ho incontrato un amico tibetano e quello che mi ha detto mi ha rattristato. Il Paese è pronto a esplodere. Gli ho detto: per favore, state tranquilli, cercate la pace. Questo è il momento per imparare, per studiare, non per fare confusione. E poi» ha continuato con il suo sorriso «sono convinto che non appena in Tibet sapranno che ho ricevuto questa onorificenza per loro sarà molto incoraggiante: sapranno che il Tibet non è stato dimenticato o abbandonato». Il Dalai Lama ha poi elencato i suoi «tre commitment, impegni, principali: promuovere il valore umano, il cuore, perché la felicità nella famiglia, tra amici, sul lavoro, non può prescindere dal buon cuore, che si sia credenti o meno. Promuovere poi il dialogo interreligioso, l’ armonia tra le religioni. E per impegnarsi in questo, cosa che io continuerò a fare fino alla morte, non ha importanza il colore della pelle, il sesso, la nazionalità o che si sia credenti o meno. Il terzo impegno per me è che si arrivi a una risoluzione del problema del Tibet: anche se mi ritirerò presto dagli affari del Tibet, questo non significa che mollerò: continuerò a dare il mio sostegno fino a che vivrò». Il discorso L’ IMPEGNO “I miei impegni, fino alla morte, saranno usare il cuore, in tutto. Promuovere il dialogo interreligioso. E arrivare a una risoluzione del problema del Tibet” L’ ONORIFICENZA “Sono convinto che non appena in Tibet sapranno che ho ricevuto questa onorificenza gioiranno: sapranno che il Tibet non è stato dimenticato” LA VERITÀ “Solo dove regna la verità gli esseri umani possono vivere in pace: dove c’ è inganno è pericoloso perché l’ inganno porta violenza”. – RORY CAPPELLI
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