Repubblica — 11 marzo 2009 pagina 14 sezione: POLITICA ESTERA
BANGKOK – Il Tibet? «È stato trasformato in un inferno in terra. Questi 50 anni hanno portato indicibili sofferenze al Paese e al popolo». Dalla sua residenza indiana d’ esilio a Dharamsala, il Dalai Lama ha usato toni forti nel giorno di una cerimonia attesa da tempo. Il leader spirituale buddista celebrava la data forse più triste nella storia moderna del suo popolo, la fallita rivolta anticinese del 10 marzo 1959, la fuga attraverso l’ Himalaya e le stragi seguite alle proteste del marzo 2008. «Ancora oggi – ha detto – i tibetani in Tibet vivono in costante paura e le autorità cinesi restano perennemente sospettose di loro». Non solo. «I tibetani – ha aggiunto – sono considerati criminali, meritevoli della morte». Consapevole della solidarietà che milioni di persone hanno tributato ieri alla causa del Tibet nel mondo, con manifestazioni e iniziative da Taiwan a New York, da Katmandu a Canberra, Londra e New Delhi, il Dalai Lama ha insistito nella sua trentennale offerta alla Cina di una «genuina autonomia» invece della piena indipendenza. Ma ancora una volta la reazione di Pechino è stata sferzante: «Non risponderò alle menzogne del Dalai Lama», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Ma Zhaoxu, «la cricca del Dalai Lama sta confondendo il bianco con il nero. Mettono in giro solo delle voci. Le riforme democratiche cinesi sono le più ampie e profonde mai realizzate nella storia del Tibet». I vertici di Pechino hanno minacciato serie conseguenze diplomatiche nelle relazioni con gli Stati Uniti se non sarà ritirata la risoluzione del deputato democratico Rush Holt che chiede di «riconoscere la disperazione del popolo tibetano in occasione del cinquantesimo anniversario dell’ esilio del Dalai Lama» e invita a «compiere uno sforzo multilaterale per trovare una soluzione duratura e pacifica». La mozione, in attesa dell’ esame del Congresso Usa, rivolge un appello al governo cinese «affinché risponda alle iniziative del Dalai Lama per trovare una soluzione alla situazione tibetana». … <!– @page { margin: 2cm } P { margin-bottom: 0.21cm } –> Ma la risposta dello stesso portavoce Zhaoxu non lascia spiragli: «La proposta al Congresso americano fatta da qualche parlamentare anti-cinese va contro la storia e la realtà del Tibet». Il fattore storico è stato alla base della rottura delle trattative durate fino allo scorso anno. «L’ insistenza cinese nel farci accettare che il Tibet è stato parte della Cina dai tempi antichi – ha spiegato ieri il Dalai Lama – è errata e irragionevole. Non possiamo cambiare il passato». Quanto alla realtà di quest’ ultimo mezzo secolo – ha aggiunto – il governo cinese ha condotto «campagne violente e repressive» che hanno imposto la legge marziale e programmi di «rieducazione», causando «profonda sofferenza» fra i tibetani. Le proteste nel mondo ROMA Alcune centinaia di persone hanno manifestato ieri davanti a Montecitorio BERNA Un migliaio di persone ha sfilato nei pressi dell’ ambasciata di Pechino WASHINGTON Centinaia di tibetani in esilio hanno protestato davanti alla Casa Bianca PER SAPERNE DI PIÙ www.freetibet.org www.dalailama.com – RAIMONDO BULTRINI
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