Dichiarazione del 10 Marzo 1993 di Sua Santità il Dalai Lama
Oggi, commemorando il 34° anniversario dell’insurrezione nazionale del popolo tibetano del 1959, vediamo che il mondo intorno a noi si trova in una promettente fase di cambiamento. Io credo che molti dei recenti cambiamenti agiscano in favore delle aspirazioni dei tibetani e di altri popoli oppressi, in ogni parte del mondo. Milioni di persone che vivevano sotto il giogo repressivo del comunismo e di altre forme di dittatura ora sono libere e le aspirazioni di democrazia sono in aumento in tutti i continenti.Il popolo tibetano continua a resistere alla dominazione e alla colonizzazione con coraggio e con determinazione. Anche se la repressione e la propaganda non sono mai cessate, questo fatto non ha mai diminuito il suo anelito ad una vita di libertà, di pace e di dignità.
In questo anniversario, io rendo omaggio ai coraggiosi uomini e donne del Tibet, che hanno dato la loro vita per la libertà del nostro paese, e chiedo a ogni tibetano di rinnovare la nostra dedicazione, sino a quando non avremo riacquistato i nostri diritti e la nostra libertà.
Mentre ci adattiamo al mutevole panorama politico del mondo, dobbiamo concentrare i nostri sforzi su due fronti. Per prima cosa, dobbiamo continuare il dialogo con il governo cinese, in modo che ciò sia di beneficio per entrambi e alla fine porti a seri negoziati per risolvere pacificamente la questione del Tibet. In secondo luogo, dobbiamo intensificare i nostri sforzi per far conoscere sempre più i problemi del Tibet alla comunità mondiale. L’attenzione e la pressione internazionali sono elementi determinanti per causare un cambiamento nella posizione del governo cinese sui negoziati per il rispetto dei diritti umani. Terzo, dato che le nuove politiche economiche in Tibet avranno un impatto profondo sulla reale sopravvivenza dell’identità culturale della nazione tibetana, dobbiamo studiare e controllare con attenzione questi sviluppi. Quarto, la democratizzazione dell’Amministrazione Tibetana in-Esilio e la realizzazione della democrazia ad ogni livello deve essere incoraggiata in misura sempre maggiore.
Lo scorso giugno (1992), c’è stato un altro diretto contatto con Pechino. L’ambasciatore cinese a New Delhi ci ha informato che in passato, l’atteggiamento cinese verso i tibetani e’ stato troppo ‘conservatore’ e che se i tibetani adottassero una posizione ‘realistica’, il governo cinese potrebbe diventare più flessibile’.
Rispondendo positivamente a questo riavvicinamento e all’invito a recarsi a Pechino fatto a un rappresentante tibetano, abbiamo inviato a Pechino il ministro (kalon) Ghyalo Thondup. Il governo cinese ha comunicato al Kalon Ghyalo Thondup la propria posizione, dura e inflessibile, con forti precondizioni per un negoziato.
Io ho risposto al governo cinese esprimendo il mio disappunto per questo atteggiamento. Nonostante ciò, ho confermato il desiderio di inviare tre rappresentanti per consegnare una nota che illustra le mie opinioni e i miei sforzi nel corso degli anni per promuovere negoziati per il mutuo beneficio del popolo tibetano e del popolo cinese.
Credo che sia giunto il momento che il governo cinese faccia una proposta sincera e significativa su cosa intenda fare affinché il Tibet e la Cina possano vivere in pace. Noi dalla nostra parte, ci siamo impegnati al massimo per facilitare un dialogo sincero, significativo e costruttivo.
Per secoli il Tibet e la Cina hanno vissuto come buoni vicini,e sono convinto che potremo trovare un modo per vivere in pace e in amicizia anche in futuro. Ho sempre creduto che cio’ fosse possibile e che fosse degno dei nostri sforzi. In questo spirito, nel corso degli anni, ho incontrato personalmente fratelli e sorelle cinesi in tutto il mondo. Ho incoraggiato i miei connazionali tibetani a impegnarsi in discussioni amichevoli con i membri della comunità cinese all’estero. Sono anche molto contento che vi sia un contatto sempre più intenso e amichevole tra gli Esiliati Tibetani e i membri del Movimento Democratico Cinese. Come risultato, c’è una maggiore comprensione delle legittime aspirazioni del popolo tibetano e quindi, tra i nostri fratelli e sorelle cinesi c’è della simpatia e del sostegno per il Tibet.
L’anno scorso siamo inoltre riusciti a stabilire un contatto diretto e ufficiale con Taiwan. Nel passato tra Dharamsala e Taiwan c’erano state notevoli incomprensioni che hanno provocato sfiducia e assenza di relazioni formali. Al presente, dato che Taiwan si sta incamminando sulla via di una genuina democrazia, spero che l’istituzione di contatti diretti aprirà la strada per una relazione realmente benefica per entrambe le parti.
Di recente, vi sono state numerose conferenze internazionali per discutere non solo le violazioni dei diritti umani in Tibet, ma anche la questione dello status legale del Tibet e dei diritti di auto-determinazione del popolo tibetano. Inoltre, numerosi governi e parlamenti hanno inviato delegazioni esplorative in Tibet; hanno adottato risoluzioni per esprimere seria preoccupazione per gli abusi dei diritti umani in Tibet; e hanno auspicato negoziati diretti tra i cinesi e i tibetani. Vi sono chiare indicazioni che la questione del Tibet si e’ evoluta dai confini politici e sta ottenendo una crescente e sempre maggiore attenzione internazionale. Molte persone al mondo che credono nella compassione, nella giustizia, nella non-violenza e nel definitivo trionfo della libertà e della democrazia sostengono la nostra causa. A nome del mio popolo che soffre, voglio esprimere la mia gratitudine per questo sostegno e per questa solidarietà. Siamo particolarmente riconoscenti al governo e al popolo dell’India per la loro continua ospitalità e gentilezza.
Malgrado questi sviluppi incoraggianti e pieni di speranze, la situazione del Tibet rimane nient’affatto rosea. La spietata repressione di ogni minimo dissenso politico e un fatto abituale. L’aggressione demografica del Tibet tramite una politica di trasferimento della popolazione cinese in Tibet continua incessante, intensificando la discriminazione del popolo tibetano e l’assimilazione dello stile di vita tibetano nella società cinese. E in atto un genocidio culturale, intenzionale e non-intenzionale. Il Tibet, una antica nazione sul tetto del mondo, sta rapidamente diventando una colonia cinese. Il recente annuncio della Cina che modifica la cosiddetta regione autonoma del Tibet in zona economica speciale, e’ bene accetto di principio. Tuttavia, vi sono motivi di temere l’effetto a lungo termine della nuova politica cinese, sulla sopravvivenza dell’identità culturale del popolo tibetano e sulle condizioni ambientali del Tibet. Se non vengono tenuti nella giusta considerazione i principali interessi del popolo tibetano, c’è il reale pericolo che questa politica promuoverà e intensificherà unicamente il trasferimento di ulteriori cinesi Tibet. Questo fatto ridurrà i tibetani ad una condizione di insignificante minoranza nel loro proprio paese, completando cosi’ la totale colonizzazione del Tibet, che avrà serie conseguenze sulle fragili condizioni ambientali della regione tibetana.
Per contrastare un simile scenario io mi rivolgo ai tibetani, agli amici del Tibet in ogni parte del mondo, e alle agenzie internazionali che hanno l’intenzione di intraprendere progetti in Tibet, affinché tengano sempre presente la necessita di proteggere e di preservare il benessere del popolo tibetano e la nostra straordinaria cultura e identità. Per molti di coloro che intendono impegnarsi nello sviluppo del Tibet, devo sottolineare la necessita’ di una particolare attenzione nei campi dell’istruzione, della salute e dello sviluppo delle aree rurali. Dovete anche scoraggiare l’indiscriminato sfruttamento delle risorse naturali del Tibet, e soprattutto, assicurarvi la completa partecipazione del popolo tibetano, così i vostri sforzi saranno realmente destinati al beneficio dei tibetani.
Sin dai drammatici avvenimenti del 1959, tutti noi che ci troviamo in esilio abbiamo sempre aspirato alla libertà e alla democrazia. Malgrado i nostri limiti, abbiamo compiuto notevoli progressi nella pratica della democrazia. Sono realmente convinto che la democrazia debba prevalere in un Tibet libero.
Ho dichiarato pubblicamente che in futuro non assumerò nessuna carica ufficiale, nel governo del Tibet libero. Ho deciso in tal senso per facilitare lo sviluppo di una democrazia veramente benefica. La diffusione delle mie “Linee di Condotta per la Politica Futura del Tibet e le Caratteristiche Fondamentali della sua Costituzione” e una conferma della mia visione di un Tibet libero, una nazione veramente democratica e pacifica, dedita alla smilitarizzazione e alla non-violenza.
Per tutto il corso della storia dell’umanità, i dittatori e i governi totalitari hanno imparato che non esiste nulla di piu’ forte della brama di libertà e di dignità di un popolo. Mentre i corpi si possano asservire o imprigionare, lo spirito umano non potrà mai essere soggiogato o sconfitto. Sino a quando manterremo questa determinazione e questo spirito, le nostre aspirazioni e i nostri credi avranno la forza di prevalere. Negli ultimi anni, i profondi cambiamenti avvenuti nel mondo confermano le mie convinzioni, e sono certo che la libertà e la pace per il popolo tibetano siano giunte ora alla nostra porta.
Con le mie preghiere per il benessere di tutti gli esseri senzienti.
Il Dalai Lama