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Sua Santità il Dalai Lama: La saggezza fondamentale della Via di Mezzo. 2° giorno
Novembre 30th, 2022 by admin

Sua Santità il Dalai Lama: “Siate perseveranti e, nella vostra pratica, impegnatevi ad unificare la bodhicitta con la comprensione della vacuità in modo che il raggiungimento della Buddità diventi non solo un’aspirazione ma una concreta possibilità”.

26 novembre 2022. Thekchen Chöling, Dharamsala, HP, India – Non appena ha preso posto questa mattina, Sua Santità il Dalai Lama si è rivolto ai monaci, alle monache ed ai laici coreani che l’attendevano nel tempio.

Miei cari fratelli e sorelle coreani, nonostante la guerra e le tensioni politiche, avete mantenuto la vostra fede nella pratica del Dharma. La Corea del Nord fa affidamento sull’uso delle armi. È una seria minaccia, ma abbiamo tutti la responsabilità di lavorare per portare la pace nella penisola coreana. Per favore, fate del vostro meglio per risolvere il conflitto tra voi ed il Nord.

Il buddismo adotta una visione ampia che tiene conto di tutti gli esseri senzienti perciò, su questa base, possiamo stabilire la pace nel mondo, per conseguirla necessita di essere radicato nella pace della mente. Il Buddha insegnò in dettaglio come funziona la mente. Ha spiegato che è l’emergere di emozioni come la rabbia, l’avidità, la gelosia e così via che disturba le nostre menti. Un modo semplice per contrastare tali afflizioni è coltivare un buon cuore.

Questa mattina darò un’introduzione al Buddhadharma e potremo meditare insieme, con una meditazione analitica seguita da una concentrativa.

Innanzitutto, è bene sedersi nella posizione in sette punti di Vairochana con le gambe incrociate: mani nel gesto della mediazione, palmi in sù, la destra sopra la sinistra, la schiena eretta, le spalle appoggiate in modo uniforme, il capo leggermente piegato in avanti; la lingua che tocca il palato superiore e gli occhi leggermente aperti.

Tutte le tradizioni religiose esprimono buone qualità e nutro rispetto per tutte, ma il buddismo ed altre antiche tradizioni indiane fanno della meditazione una parte significativa della pratica. La meditazione ci permette di mantenere uno stato mentale rilassato.

In primo luogo, il nostro stato d’animo è neutro, quindi coltiviamo stati d’animo positivi, come la mente del risveglio di bodhicitta e la visione profonda della vacuità. Altre tradizioni indiane postulavano l’esistenza di un sé indipendente. Il Buddha negò che esistesse un tale sé separato dal corpo e dalla mente. Dobbiamo chiederci: ‘Dov’è questo sé od ‘io’?’ Quando rispondiamo alla domanda: ‘Di chi sono il corpo e la mente?’ con la parola ‘Miei’, dobbiamo chiederci: ‘Dov’è il sé o ‘io’ che li possiede?’ Ma, se lo cerchiamo, non possiamo trovarlo nel cervello né in qualsiasi altra parte del corpo. Meditate su questo.

Anche nei sogni abbiamo un senso di ‘io’, ma non riusciamo a trovare od identificare quel sé. Tutte le tradizioni del buddismo affermano l’assenza di un sé, ma questo non vuol dire che l'”io” non esista, perché, a livello pratico e convenzionale, parliamo delle mie mani, della mia testa e così via. Sembro essere un’entità solida e, tuttavia, non c’è nulla che possa essere indicato e identificato come il mio “sé”.

La mancanza di un può essere definita in diversi livelli di sottigliezza. Il Buddha prima insegnò la mancanza di un sé grossolano, ed in seguito spiegò gradi più sottili di mancanza di un sé. Alla fine ha rivelato la mente di chiara luce che è la base della pratica tantrica.

L’io o sé è designato sulla base della combinazione di corpo e mente, proprio come il corpo è designato nelle sue parti. Alcune scuole di pensiero affermano che la coscienza mentale può essere individuata come il “sé” o la persona. Tuttavia, a parte il suo corpo e la sua mente, non c’è nulla che possa essere identificato nemmeno come il Buddha.

Neanche il Sangha può essere individuato. Vuol dire che non esiste? No, ma esiste a titolo di designazione, in termini di etichettatura. C’è un qualcosa chiamato Sangha, ma nulla che esiste al di là di questo. Dal Buddha al più piccolo insetto, c’è un senso convenzionale di “io”, ma, se lo analizzo, non può essere trovato. Medita su questo.”

Sua Santità ha menzionato tre versi del sesto capitolo di “Entrare nella via di mezzo” https://www.sangye.it/altro/?p=3259 di Chandrakirti https://www.sangye.it/altro/?p=10587 sul quale riflette quotidianamente. [Un riassunto della discussione è tratto qui da ‘Illuminare l’intento’].

Se le caratteristiche intrinseche delle cose

dovessero sorgere in modo dipendente,

le cose verrebbero distrutte negandole;

la vacuità sarebbe allora causa di distruzione delle cose.

Ma questo è illogico, quindi non esistono entità reali. 6.34

Se la caratteristica intrinseca di una cosa, come la forma od i sentimenti, dovessero sorgere in dipendenza da cause e condizioni, attraverso la sua stessa essenza, ciò implicherebbe che uno yogi che percepisce direttamente la vacuità dell’esistenza inerente di tutti i fenomeni realizzerebbe la vacuità negando tale natura delle cose.

L’equilibrio meditativo in realtà non percepisce la forma e così via, ma, se dovessero esistere attraverso le loro caratteristiche intrinseche, allora l’equilibrio meditativo li percepirebbe necessariamente. Ma, non è così.

E se così fosse, allora queste cose diventerebbero inesistenti. Se dovessero diventare inesistenti, allora ciò che era esistente prima dell’equilibrio meditativo verrebbe successivamente distrutto o cessato. L’equilibrio meditativo diventerebbe la causa della loro distruzione. Così come i martelli e simili sono causa di distruzione di vasi e simili, anche vedere la vacuità sarebbe causa di distruzione della natura delle cose, in tal modo denigrandole. Ma questo è illogico, quindi non esistono entità reali, cioè esistenti in virtù delle loro caratteristiche intrinseche, e non dobbiamo mai sostenere una tale nozione di sorgere inerente.

Pertanto, quando si analizzano tali fenomeni,

nulla si trova come loro natura a parte la talità.

Quindi, la verità convenzionale del mondo di tutti i giorni

non deve essere sottoposta ad analisi approfondite. 6.35

Quando dei fenomeni come la forma, i sentimenti e così via vengono analizzati a fondo, in termini del tipo “sorge da se stesso o nasce da altri?”, al di là del fatto che non sorgono né cessano a livello ultimo – cioè, a parte la talità come loro natura – non si trova nient’altro, nessun’altra od ulteriore dimensione come il sorgere e così via. Quindi, la verità convenzionale del mondo quotidiano non dovrebbe essere sottoposta ad un’analisi approfondita in termini come “da sé, dall’altro” e così via. Dovremmo semplicemente accettare i fatti della percezione mondana, catturati in affermazioni come “Se questo esiste, ne consegue”. Dovremmo farlo sulla base della partecipazione alle convenzioni che dipendono dagli altri, quelle del mondo.

Nel contesto della talità,

un certo ragionamento non consente il sorgere

da sé o da qualcos’altro, e lo stesso ragionamento

li disabilita anche a livello convenzionale.

Quindi, con quali mezzi allora il tuo sorgere è stabilito? 6.36

Nel contesto di un’analisi della talità o della verità ultima, alcuni ragionamenti presentati sopra non consentono il sorgere di fenomeni, come la forma, dal sé o da qualcosa di altro. Allo stesso modo, anche a livello convenzionale, lo stesso ragionamento non consente loro il sorgere della forma e così via per caratteristiche intrinseche. Quindi, con quale mezzo di cognizione valida viene quindi stabilito il tuo sorgere intrinseco? Non è infatti così.

Tutti gli otto miliardi di esseri umani che vivono oggi sono gli stessi nel voler la felici”, ha dichiarato Sua Santità, “e noi siamo tra questi. Le persone non vogliono la sofferenza, ma ne rincorrono le cause, portando rovina a sè stessi ed agli altri. Pensate come ciascuno di voi è solo un individuo mentre tutti gli altri sono tantissimi. A questo punto prendete la decisione di portare loro gioia, pensando: che non soffrano, che possano trovare la felicità”.

Sua Santità ha risposto a diverse domande del pubblico. Ha suggerito che, nel caso di assistenti sociali dediti al servizio degli altri, è coltivare un buon cuore che fa la differenza ed annulla la fatica. Quando le persone che pretendono di essere praticanti spirituali si comportano in modi incoerenti con la loro aspirazione, è perché si sono confuse sulla differenza tra condotta morale ed immorale.

Sua Santità ha chiarito che la coscienza non è prodotta dal Buddha, né è un risultato del karma. La coscienza è contraddistinta dalla natura della chiarezza e della consapevolezza.

Riprendendo la “Saggezza fondamentale della Via di Mezzo” https://www.sangye.it/altro/?cat=9 di Nagarjuna, Sua Santità ha osservato che Nagarjuna https://www.sangye.it/altro/?p=10906 è rinomato come il secondo Buddha. Viene anche definito il pioniere del lignaggio profondo della saggezza. Sua Santità ha rivelato di aver ricevuto una spiegazione del testo dall’ex Ganden Tri Rinpoché, Rizong Rinpoché https://www.sangye.it/altro/?p=10007 che all’epoca era impegnato in un ritiro di Vajrabhairava ed conferì questo insegnamento tra le sessioni del ritiro stesso. Sua Santità ne ha quindi dato la trasmissione orale dei primi tredici capitoli.

Successivamente, ha menzionato le due tradizioni di pratica per coltivare bodhicitta: il metodo noto come Sette Parti di Causa ed Effetto https://www.sangye.it/altro/?p=6610 ed il metodo descritto da Shantideva https://www.sangye.it/altro/?p=11776 in “Entrare nella via del Bodhisattva” https://www.sangye.it/altro/?cat=15 e noto come Equalizzare e Scambiare Sé Stessi con gli Altri. Dei due, Sua Santità ritiene che quest’ultimo sia più efficace. Ha ribadito che coltiva bodhicitta e la visione della vacuità ogni giorno e ha incoraggiato i suoi ascoltatori a fare di questi due principi la base della loro pratica.

Sua Santità ha guidato la visualizzazione avvalendosi delle strofe per generare bodhicitta, incoraggiando a essere determinati nella pratica ed a sostenerla impegnandosi nelle sei perfezioni (generosità, moralità, pazienza, impegno entusiastico, meditazione, saggezza discriminativa).

In conclusione degli insegnamenti, Sua Santità ha incoraggiato i presenti a non demoralizzarsi, ma ad unificare bodhicitta con una comprensione della vacuità in modo che il raggiungimento della Buddità diventasse non solo un’aspirazione ma una possibilità pratica.


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