Sua Santità il Dalai Lama si rivolge alla Rete Internazionale dei buddhisti impegnati durante il loro incontro presso la sua residenza a Dharamsala, India, il 21 ottobre 2019. Foto di Tenzin Choejor
21 ottobre 2019, Thekchen Chöling, Dharamsala, India – Questa mattina, i membri della Rete internazionale dei buddhisti impegnati, guidati dall’attivista thailandese Sulak Sivaraksa, hanno avuto un’udienza con Sua Santità il Dalai Lama. Trentacinque di loro provenivano dalla Tailandia, quarantuno dall’India, trentasette dalla Birmania, oltre a rappresentanti da USA, Giappone, Corea del Sud, Bangladesh, Indonesia, Sri Lanka, Nepal, Taiwan, Hong Kong, Svizzera, Ungheria e Svezia. “Come esseri umani, tutti vogliamo vivere una vita felice”, ha detto loro Sua Santità, “ma ci troviamo regolarmente di fronte a problemi che noi stessi abbiamo creato e che sorgono perché continuiamo a vedere gli altri nei termini di ‘noi’ e ‘loro’. Ormai esistono conflitti persino in nome della religione. E’ vero, ci sono delle differenze tra le nostre tradizioni religiose, e anche al loro interno, ad esempio la tradizione di Pali comprende 18 scuole di pensiero, mentre nella tradizione sanscrita ne ha quattro. Ma i diversi punti di vista attraggono persone di diversa disposizione e la cosa più importante da ricordare è che tutte le tradizioni religiose sottolineano l’importanza di coltivare la gentilezza amorevole”. “Come sapete, il Buddha ha incoraggiato i suoi seguaci a mettere in discussione i suoi insegnamenti. I maestri di Nalanda come Nagarjuna, Chandrakirit e Buddhapalita hanno esaminato le sue parole in quest’ottica, classificandoli in definitivi e interpretativi”.
“Il nostro canone scritturale comprende 108 volumi di discorsi pronunciati dal Buddha e 225 volumi di trattati esplicativi, scritti dai successivi maestri buddisti. Abbiamo esaminato il contenuto di questo corpus dal punto di vista scientifico, filosofico e religioso e credo che questo materiale possa essere considerato in modo oggettivo e intellettuale. Di conseguenza, abbiamo scritto trattati di scienza e filosofia che sono stati pubblicati in tibetano e successivamente tradotti in inglese, cinese, russo, mongolo e così via”.
Sua Santità ha sottolineato la necessita’ di studiare. Ha ammesso che la tradizione Pali trasmette gli insegnamenti fondamentali del Buddha, in particolare il Vinaya. Ha ricordato di aver visitato la Thailandia molti anni fa e di essere rimasto profondamente impressionato dal rigido stile di vita dei monaci thailandesi. Ha anche riferito di una conversazione che aveva avuto durante una riunione del Consiglio Mondiale delle Religioni a Melbourne, in Australia, con due monaci birmani, che si sono sorpresi quando ha parlato del Vinaya come qualcosa che accomuna entrambi le tradizioni, quella tibetana e quella birmana.
Sua Santità ha poi fatto riferimento al suo impegno nel diffondere il messaggio che l’umanità è un’unica famiglia, l’importanza di coltivare i valori umani e l’incoraggiamento all’armonia interreligiosa. Ha ricordato che, in quanto tibetano, si impegna a preservare la lingua e la cultura del suo Paese e a difendere l’ambiente naturale del Tibet. Infine, ha descritto il suo impegno a far rivivere, proprio in India, l’antica conoscenza indiana del funzionamento della mente e delle emozioni.
Rispondendo alle domande dei suoi ospiti, Sua Santità ha detto che la tendenza dei giovani di oggi a alla depressione e allo scoraggiamento affonda le proprie radici nell’attuale sistema educativo. L’educazione moderna, ha aggiunto, non insegna in che modo sia possibile affrontare le emozioni distruttive e come promuovere atteggiamenti positivi, non presta sufficiente attenzione ai metodi per raggiungere la pace interiore. Ha dunque incoraggiato i suoi interlocutori a pensare a come modificare questa situazione. http://it.dalailama.com/news/2019/udienza-con-i-buddhisti-impegnati-nel-sociale