Si moltiplicano i casi di presunte spie cinesi e con essi i timori della comunità in esilio a esprimere le proprie opinioni.
La visita del Dalai Lama in Svizzera, prevista da venerdì sull’arco di quattro giorni, richiama l’attenzione sullo spionaggio di cui sarebbero vittime i tibetani residenti nella Confederazione elvetica. Tra i casi più eclatanti, uno risale all’inizio di marzo, quando attivisti tibetani che protestavano a Ginevra contro la repressione cinese sono fotografati da uno sconosciuto. L’uomo, vistosi scoperto, si è dato alla fuga.
Quest’episodio non è un caso isolato, afferma Jigme Adotsang, presidente di un’associazione giovanile tibetana. “Ci fotografano con dei grandi apparecchi. Non parlano tibetano. Sono molto schivi e sospettiamo che siano delle spie”. Fra le conseguenze, un crescente timore a esprimere le proprie opinioni, per paura di ritorsioni nei confronti delle famiglie rimaste in patria.
Angela Mattli dell’Associazione dei popoli perseguitati ritiene che la sorveglianza dei tibetani in terra rossocrociata da parte cinese sia molto aumentata e anche il Servizio delle attività informative della Confederazione osserva il fenomeno.
L’ambasciata cinese a Berna rispedisce al mittente le accuse di spionaggio, rimarcando che “la sede diplomatica cinese non ha mai spiato nessuno in Svizzera. Le accuse dei tibetani in Svizzera sono del tutto infondate”.
Fonte: RSI,22/09/2018 https://www.rsi.ch/news/svizzera/Tibetani-spiati-in-Svizzera-10905842.html, https://www.laogai.it/tibetani-spiati-in-svizzera/