4 ottobre 2018. Le autorità cinesi hanno ordinato ai tibetani residenti nella Contea di Gonjo, un territorio del Tibet orientale situato nella Prefettura di Chamdo, di trasferirsi in altre aree per consentire lo sfruttamento delle risorse minerarie presenti in abbondanza nel sottosuolo.
L’ordine emanato colpisce nove villaggi i cui abitanti saranno forzatamente trasferiti a Meldro Gongkar e a Toelung, nel comune di Lhasa, e nella prefettura di Lhoka. Il trasferimento dell’intera popolazione dovrà essere completato entro la fine del corrente anno. Radio Free Asia riferisce di aver appreso da una fonte anonima all’interno della Contea che “i tibetani sono stati costretti ad abbandonare la loro terra d’origine per far posto alla costruzione di una centrale elettrica e allo sfruttamento dei giacimenti minerali”. La stessa fonte ha fatto sapere che “in vista del forzato trasferimento gli abitanti di alcuni villaggi della Contea stanno vendendo o macellando il loro bestiame”.
Il trasferimento in atto è l’ultimo di una serie di forzate rilocazioni avvenute nel corso degli anni a Gonjo. Una decina di anni fa i tibetani residenti in alcuni villaggi furono costretti a lasciare le loro case e la loro terra e a spostarsi a Nyingtri, nella Prefettura di Kongpo. Nel maggio 2015 le autorità cinesi malmenarono e arrestarono numerosi abitanti del villaggio di Awong che protestavano contro la costruzione di una strada destinata a favorire le estrazioni minerarie. I tibetani avevano chiesto l’interruzione dei lavori perché la miniera avrebbe profanato la montagna di Mini ritenuta sacra.
Lo sfruttamento dei ricchi giacimenti minerari, abbondanti in tutto l’altopiano, è stato spesso fonte di proteste da parte dei tibetani che accusano il governo cinese di violare la sacralità dei luoghi e di inquinare l’ambiente. Nel giugno 2016, in seguito alle proteste dei tibetani, le autorità cinesi del distretto di Akhori, nella Contea di Chuchen, Prefettura di Ngaba, Regione dell’Amdo, furono costrette a sospendere i lavori preparatori alla realizzazione del progetto di sfruttamento delle locali risorse minerarie. L’invio nella zona di maestranze cinesi e scavatrici provocò l’immediata reazione dei tibetani: oltre duecento nomadi si accamparono attorno ad Akhori cercando di impedire la prosecuzione dei lavori. La polizia represse con la forza la protesta e negli scontri una ventina di tibetani riportarono gravi ferite. Le minacce e il massiccio dispiego di forze di polizia non dissuasero i tibetani che si rivolsero direttamente alle autorità locali chiedendo la cessazione delle attività minerarie, la protezione dei nomadi e la fine della distruzione dell’ambiente maturale. L’ampia risonanza della loro pacifica protesta indusse i cinesi a sospendere i lavori, purtroppo solo temporaneamente a causa della rilevanza attribuita dall’Ufficio di Rilevamento Geologico Cinese al progetto di estrazione mineraria nella Contea.
Fonti: Radio Free Asia – Redazione http://www.italiatibet.org/2018/10/04/i-tibetani-residenti-in-nove-villaggi-della-contea-di-gonjo-forzatamente-allontanati-dalla-loro-terra/