I responsabili della ICT insieme a Sua Santità il Dalai Lama, durante l’incontro organizzato presso il centro congressi Ahoy di Rotterdam, Paesi Bassi, il 16 settembre 2018. Foto di Jurjen Donkers
16 settembre 2018, Rotterdam, Paesi Bassi – Questa mattina Sua Santità il Dalai Lama si è recato al centro congressi Ahoy dove, in una sala dedicata, più di 5000 tibetani provenienti da Paesi Bassi, Belgio, Gran Bretagna, Spagna e Austria lo stavano già aspettando per ascoltare le sue parole. Il Dalai Lama ha salutato dal palco i suoi connazionali e ha preso posto. Nel frattempo, un delizioso gruppo di bambini tibetani ha cantato una preghiera per la sua lunga vita. Karma Ngawang, vicepresidente della comunità tibetana dei Paesi Bassi, ha dato il benvenuto a Sua Santità e il presidente Lobsang Choedar ha esposto una breve relazione.
“Siamo in esilio da quasi sessant’anni” ha detto Sua Santità “e alcuni di voi stanno vivendo un secondo esilio. Nella nostra patria, il nostro popolo e la nostra cultura sono sull’orlo dell’estinzione. Storicamente abbiamo affrontato alti e bassi, ma ora ci troviamo in un momento cruciale in cui è l’identità tibetana stessa ad essere in pericolo. I tibetani sono benedetti da Avalokiteshvara e noi siamo un popolo naturalmente compassionevole”.
“Songtsen Gampo ha dato il via alla formulazione della lingua letteraria tibetana basata sul Devanagari e Shantarakshita ha incoraggiato la traduzione della letteratura buddhista indiana. Durante il regno di Trisong Detsen, il buddhismo si è radicato nella nostra terra, dove oggi è in declino, mentre altrove sta crescendo l’interesse. Il nostro spirito è intatto, nonostante la morte di migliaia di persone”.
“Ho sentito parlare del tutore dell’onnisciente Jamyang Sheyba che, durante la Rivoluzione culturale, era tra i circa cento condannati a morte. Prima dell’esecuzione chiese che gli venisse concesso un minuto durante il quale pronunciò una preghiera:
O venerabile Guru Compassionevole,
benedicimi: che tutte le ostruzioni causate dalle azioni negative e le sofferenze
degli esseri-madre maturino su di me in questo momento,
e che io possa offrire la mia felicità e le mie virtù agli altri
affinché tutti gli esseri senzienti abbiano la beatitudine.
“Solo un tibetano farebbe una simile preghiera. Nonostante l’oppressione che i cinesi ci hanno inflitto, non sono stati in grado di schiacciare il nostro spirito. Anche i bambini più piccoli, inviati in una scuola di Shanghai dove era loro proibito parlare la loro lingua madre, affermano con orgoglio di essere tibetani. Allo stesso modo, Phuntsok Wangyal e altri pur essendosi impegnati per l’ideale comunista, non hanno mai rinunciato al loro senso di appartenenza al popolo tibetano”.
“In un momento in cui il Tibet non aveva amici, Pandit Nehru in India ci ha offerto un grande aiuto. Ha sostenuto l’istituzione di scuole tibetane dove i nostri figli potevano imparare il tibetano. Ha permesso la ricostituzione delle grandi università monastiche, Sera, Drepung e Ganden e infine Namdroling. Possiamo essere orgogliosi della conoscenza che abbiamo tenuto in vita”.
“Recentemente ho incontrato un abate thailandese che mi ha detto di aver sentito parlare di shunyata – la vacuità – ma non aver capito. Un altro abate coreano mi ha detto che nella sua tradizione parlano di bodhicitta e di vacuità ma che, finché non ha incontrato i tibetani, non aveva capito che cosa significassero. La Tradizione del Nalanda che noi abbiamo preservato spiega questa psicologia e filosofia profonde attraverso il ragionamento e la logica. Oggi, la nostra è l’unica tradizione buddhista a utilizzarle. Quindi, anche se abbiamo perso il nostro paese, non dobbiamo essere demoralizzati perché abbiamo molto di cui essere orgogliosi”.
Sua Santità ha ricordato di essersi appellato invano all’ONU e che Nehru all’epoca gli disse che non avrebbe ottenuto nulla. Dal 1974, ha aggiunto, i tibetani non hanno più cercato l’indipendenza, ma rivendicano i diritti e i privilegi sanciti dalla costituzione cinese. L’approccio della “via di mezzo” si è sviluppato di conseguenza.
La comunità tibetana dei Paesi Bassi ha poi offerto a Sua Santità un’elaborata Ruota del Dharma d’argento come segno di gratitudine per le sue qualità di corpo, parola e mente e pregato affinché i suoi desideri e le sue aspirazioni si realizzino. Sua Santità ha risposto che avrebbe pregato per il loro benessere, vita dopo la vita.
In un’altra sala del centro congressi, una folla di dodicimila persone attendeva l’inizio dell’evento organizzato dalla Campagna Internazionale per il Tibet (ICT) in occasione del suo 30°anniversario. La direttrice esecutiva Tsering Jhampa ha fatto gli onori di casa. L’ICT, ha detto rivolgendosi a Sua Santità, è stata fondata 30 anni fa per realizzare la sua visione. È cresciuta dall’ufficio originario di Washington fino a contare sedi a Bruxelles, Amsterdam e Berlino e Dharamsala. La mission dell’CT è mantenere viva l’attenzione per la causa tibetana, puntando al contempo a una soluzione negoziata. C’è bisogno, ha aggiunto, di trovare nuovi modi per raccontare la storia del Tibet e costruire una rete più forte tra individui e organizzazioni che ne condividono la visione e i valori.
Tsering Jhampa ha poi invitato Sua Santità a iniziare la conversazione con Richard Gere, Presidente dell’ICT. Richard Gere ha dato il benvenuto a tutti i presenti, dicendosi sorpreso di vedere riunite così tante persone; Sua Santità ha aggiunto che, essendo domenica, avevano rinunciato a qualche ora di sonno per essere presenti e puntuali. Gere, citando un verso di una poesia giapponese – “Sotto i ciliegi non ci sono estranei” – ha paragonato Sua Santità a un ciliegio per la sua capacità di riunire le persone in uno spirito di amicizia. “Parliamo della situazione in Cina e in Tibet e di come è cambiata. Sua Santità” ha chiesto Gere, “ricorda l’inizio dell’ICT con Lodi Gyari, Michael van Walt e Michelle Bohana nel periodo in cui io e Bob Thurman avevamo fondato la Tibet House a New York?”
“La lotta tibetana non è solo politica” ha risposto Sua Santità “la conoscenza che abbiamo mantenuto in vita ha avuto origine in India, principalmente dall’Università del Nalanda. Si tratta di un approccio logico alla filosofia e alla psicologia che ora si trova solo tra i tibetani. È un corpus di conoscenze che è tra i patrimoni del mondo intero. Mi sono ritirato dalla vita politica nel 2001, passando tale autorità a una leadership democraticamente eletta. Tuttavia, preservare la Tradizione del Nalanda e renderla sempre più disponibile ai miei simili, gli esseri umani, rimane una delle maggiori preoccupazioni”.
Richard Gere ha ricordato a Sua Santità che a Bodhgaya, nel 1986, i tibetani avevano bisogno di aiuto e gli ha chiesto se ricordava che cosa aveva in mente allora, in relazione a ciò che stava accadendo in Tibet. Sua Santità ha raccontato dell’insurrezione del 1956, che si propagò dal Tibet orientale fino nell’Amdo nel 1958 e che causò moltissime morti. Negli anni ’80 alcune delegazioni di osservatori si recarono in Tibet e riferirono di villaggi e intere comunità dove la popolazione maschile era stata decimata.
Dopo la Rivoluzione Culturale, quando Hu Yaobang era segretario del partito, la situazione in Tibet ha iniziato a migliorare, ma con i fatti di Tienanmen ebbe inizio una nuova fase di repressione. Durante il periodo di Jiang Zemin, i contatti diretti sono stati ristabiliti.
“Un’altra delle mie principali preoccupazioni – ha detto Sua Santità a Gere – è la protezione dell’ambiente naturale del Tibet. Un ecologo cinese ha dichiarato che l’effetto che il Tibet ha sul clima globale è paragonabile a quello del Polo Nord e del Polo Sud e ha suggerito di considerare il Tibet una sorta di Terzo Polo. Gli ecologisti indiani hanno anche sottolineato che quando un sistema ecologico da alta quota così fragile viene danneggiato occorre molto più tempo perché si rigeneri e quindi richiede maggiori cure e attenzioni. Il Tibet rappresenta la fonte d’acqua di gran parte dell’Asia”.
Richard Gere e Sua Santità hanno discusso dell’enorme effetto positivo che l’Università del Nalanda ha avuto sul Tibet e che ha contribuito a far sì che Sua Santità e altri studiosi tibetani oggi siano in grado dialogare con gli scienziati moderni in modo reciprocamente proficuo. Il Mind & Life Institute è cresciuto grazie a queste interazioni e ha contribuito ad una maggiore consapevolezza sui temi della neuroplasticità, che studia il modo in cui fattori quali i cambiamenti della coscienza possono influenzare il cervello.
Richard Gere ha concluso la sua conversazione con Sua Santità rivolgendo un appello al pubblico: “Ricordatevi del popolo tibetano e quanto vi è possibile per aiutarlo”. Matteo Mecacci, Presidente dell’ICT, ha annunciato che l’organizzazione, come segno di gratitudine verso Sua Santità, ha fatto una donazione al Dalai Lama Institute for Higher Education. A Sua Santità è stato consegnato un certificato, montato su una thangka, come ricordo di questa donazione. Nel chiudere l’evento, Christa Meindersma ha detto che l’ICT cerca di fare luce su ciò che accade in Tibet e ha invitato gli altri a fare la loro parte per proteggere la lingua, la religione e la cultura del Paese delle Nevi.
Invitato a rivolgersi al pubblico, Sua Santità sorridendo ha detto di aver già espresso molto di quello che voleva dire e ha fatto al pubblico la stessa domanda emersa recentemente a un incontro con i monaci della tradizione di Pali: la religione è ancora attuale? Nel rispondere alla sua stessa domanda ha osservato:
“Lo sviluppo materiale che possiamo vedere negli Stati Uniti e in Europa è meraviglioso, ma non offre alcuna garanzia di felicità alle persone che, di fatto, affrontano quotidianamente stress, avidità, gelosia e competitività estrema. La scienza ci conferma che la natura umana è fondamentalmente compassionevole e questo, oltre ad essere motivo di speranza, ci suggerisce anche che l’attuale sistema educativo, con i suoi obiettivi materialistici, è inadeguato. Occorre prestare maggiore attenzione ai valori interiori”.
“Per imparare ad affrontare le nostre emozioni distruttive pregare non serve, dobbiamo usare la ragione. Poiché ognuno dipende dagli altri membri della propria comunità, il buon cuore è essenziale. Dobbiamo riflettere sul fatto che la rabbia provoca solo problemi e capire come uno dei suoi principali rimedi, la gentilezza amorevole, è il riflesso della nostra vera natura”.
“Siamo tutti uguali nell’essere umani. Fisicamente, emotivamente e mentalmente siamo tutti uguali. Tutti noi vogliamo vivere una vita felice, per questo è importante riconoscere l’unicità dell’umanità, e la pratica religiosa può aiutarci a farlo. Sulla base di questi presupposti potremmo essere in grado di fare del XXI secolo un’era di pace e compassione”.
Nel rispondere alle domande del pubblico, Sua Santità ha ribadito l’importanza della comprensione della vacuità e dell’assenza del sé, così come descritto nel Bodhisattvacharyavatara di Shantideva, e della capacità di affrontare le proprie emozioni. Il Dalai Lama si è poi detto d’accordo con chi, pur nutrendo una grande ammirazione per il popolo ebraico, ritiene molto tristi le relazioni tra palestinesi e israeliani.
Alla domanda su come prendersi cura dei bambini piccoli, il Dalai Lama ha risposto che non avendo figli non ne ha esperienza, ma che in ogni caso la cosa più importante per i genitori è dare ai figli tutto l’amore possibile.
Riguardo ai rifugiati, il Dalai Lama ha chiarito nuovamente il suo punto di vista: “Penso che sia meraviglioso che i paesi europei diano rifugio ai migranti e penso che i migranti dovrebbero riflettere sul fatto che i loro paesi d’origine sono la loro casa, la loro terra. Ma in quella terra oggi c’è molta violenza, ci sono guerre e sofferenze e quindi molte persone sono costrette a fuggire. Quindi i Paesi Europei devono dare loro asilo e soprattutto dare – specialmente ai bambini e ai più giovani – l’opportunità di studiare e di ricevere una formazione professionale perché un giorno, cambiate le condizioni, possano farvi ritorno e ricostruire la propria società. Noi tibetani, per esempio, siamo dei rifugiati, l’India ci ha accolto, ma molti di noi, quando la situazione in Tibet sarà cambiata, vorranno fare ritorno in patria; ogni paese ha la propria cultura, la propria lingua, le proprie tradizioni e il proprio stile di vita ed giusto che ciascuno possa possa vivere nella propria terra”.
Paula de Wijs, presidente della Fondazione Dalai Lama, ha espresso parole di ringraziamento a conclusione dell’evento. Salutando il pubblico, Sua Santità ha lasciato il palco, ha posato per le fotografie con i volontari e ha fatto ritorno al suo hotel.
Domani, di nuovo all’Ahoy, Sua Santità insegnerà gli “Otto versi dell’addestramento mentale”.
Un particolare ringraziamento per la traduzione e per la sua amorevole gentilezza alla Dr.ssa Carolina Lami.
http://it.dalailama.com/news/2018/incontro-con-i-tibetani-conversazione-con-richard-gere-e-conferenza-pubblica