Sua Santità il Dalai Lama saluta la folla di tibetani riunita per dargli il benvenuto al Tibet Institute di Rikon, Svizzera, il 21 settembre 2018. Foto di Manuel Bauer
21 settembre 2018, Zurigo, Svizzera – Quando Sua Santità il Dalai Lama è arrivato questa mattina, Rudolf Högger, vicepresidente del Board of Trustees del Tibet Institute di Rikon, lo ha ringraziato per essere venuto.
“È mio dovere” ha risposto Sua Santità, “entrambi i miei tutor erano legati al monastero di Rikon, il primo monastero buddhista tibetano in Europa”.
“Ogni volta che ho l’opportunità di parlare con i media ricordo quali sono i miei impegni principali. Il primo, poiché sono un essere umano, uno dei 7 miliardi di persone che vivono oggi, è cercare condividere con gli altri il fatto che la nostra vera fonte di gioia è la pace della mente. Il secondo, da monaco buddhista, è che giudico impensabile che le diverse tradizioni religiose stiano attualmente causando divisioni e morte. E’ possibile per le diverse religioni convivere in armonia? Se guardiamo al caso dell’India, la risposta è sì. Il mio terzo impegno, da tibetano, è mantenere vive le antiche conoscenze che i tibetani hanno preservato per più di mille anni e la lingua – il tibetano – che le rende tutt’ora accessibili. Inoltre, è mia preoccupazione incoraggiare la protezione del fragile ambiente naturale tibetano”.
“Potete raccontare tutte le storie sensazionali che volete, ma vi chiedo di informare la gente di quanto sia urgente difendere anche i valori interiori”.
La prima domanda rivolta al Dalai Lama chiedeva come poter condividere la felicità con gli altri se viviamo esistenze estremamente stressanti. Sua Santità ha risposto:
“Guardatemi in faccia: avevo 16 anni quando ho perso la libertà, 24 quando ho perso il mio paese. Da allora, qualsiasi notizia provenga dal Tibet è stata dolorose. Ma dato che ho addestrato la mia mente fin dall’infanzia sono comunque in grado di mantenere la mia pace mentale. Se vi trovate di fronte a un problema, analizzatelo e cercate di capire se è possibile risolverlo. Se è possibile, risolvetelo. Se non è possibile, angosciarsi non è di alcuna utilità”.
Un altro giornalista ha chiesto se Aung San Suu Kyi è stata all’altezza delle sue responsabilità in Birmania. Sua Santità ha risposto che da quando sono scoppiati i primi disordini si è messo in contato con Aung San Suu Kyi e l’ha invitata ad agire, ma lei gli ha risposto che la situazione è complessa e che è difficile per gli estranei comprendere il ruolo dei leader militari.
Sua Santità ha voluto inoltre ribadire che quando le persone fuggono dalla loro patria perché sentono minacciata la loro vita è nostro dovere soccorrerle, sostenerle e aiutare i loro figli attraverso l’istruzione. Quando la situazione nei loro paesi di origine migliorerà, è probabile che desiderino tornare per ricostruire la loro nazione. Ha citato come esempio i rifugiati tibetani, la maggior parte dei quali vorranno tornare in Tibet quando sarà possibile, per partecipare alla ricostruzione del proprio paese.
Il Dalai Lama ha sottolineato l’importanza dell’Istituto Tibetano, grazie al quale vengono preservati i metodi per affrontare le emozioni distruttive, per coltivare atteggiamenti positivi e per raggiungere la tranquillità della mente. Poiché questa è la sua quindicesima visita, a Sua Santità è stato chiesto cosa ama particolarmente della Svizzera.
“Innanzi tutto, la Svizzera è bella” ha detto “e poi qui vive un gran numero di tibetani che vengo a salutare e a ricordare di non dimenticare la lingua tibetana o il nostro ricco patrimonio culturale”.
Infine, sollecitato a dare consigli ai giovani svizzeri, la sua risposta è stata breve e chiara: “Coltivate l’amore e la compassione; sviluppate i valori umani”.
Da Zurigo, in venticinque minuti di viaggio attraverso la verdeggiante campagna elvetica, Sua Santità ha raggiunto il villaggio di Rikon e l’Istituto Tibetano dove i tibetani in festa aspettavano di vederlo e dargli il benvenuto. Il Dalai Lama ha poi partecipato alla tradizionale accensione della lampada, è entrato nel tempio dell’Istituto e, prima di prendere posto, ha reso omaggio alll’immagine principale del Buddha.
Il Chandzö ha condotto la recitazione e il canto delle preghiere per la lunga vita di Sua Santità, il rifugio, i quattro incommensurabili, un’invocazione al Buddha, le preghiere ai sedici Arhat e un’offerta del mandala nel corso della quale le statue delle tre divinità di lunga vita sono state presentate a Sua Santità. E’ seguita poi la recitazione della Preghiera per la lunga vita di Sua Santità composta dai suoi due tutor e di nuovo un’invocazione dei sedici Arhat: “Con questa benedizione, possa il Lama vivere a lungo e il Dharma propagarsi in ogni direzione”.
Rivolgendosi ai presenti, l’abate del monastero di Rikon, il Venerabile Thupten Legmon, ha dato il benvenuto ai rappresentanti del governo svizzero, a Sua Santità, agli sponsor e agli altri ospiti. “Abbiamo completato l’importante cerimonia di preghiera per la lunga vita di Sua Santità” ha detto “e dedichiamo a lei qualsiasi merito accumulato negli ultimi 50 anni per il beneficio di tutti gli esseri. Come avete consigliato, stiamo offrendo ai giovani un’introduzione al buddhismo, oltre ad insegnare l’amore e la compassione da un punto di vista laico”.
La dottoressa Karma Dolma Lobsang, presidente dell’Istituto Tibetano Rikon (TIR), nel suo discorso ha dichiarato quanto fossero felici i membri del TIR per la presenza di Sua Santità a questa celebrazione così importante. Ha ricordato che i due proprietari delle fabbriche che in origine avevano offerto lavoro ai tibetani, Henri e Jacques Kuhn (quest’ultimo scomparso lo scorso anno a 97 anni, ndt), avevano chiesto cosa potessero fare per aiutare a preservare la cultura e la religione tibetana. È così che è nato il monastero. Ha anche menzionato l’importante biblioteca dell’Istituto e i passi che sono stati fatti per renderlo sempre più un centro di apprendimento.
“Cinquant’anni sembrano tanti rapportati alla nostra vita in esilio” ha dichiarato Sua Santità. “All’inizio fu la Croce Rossa ad invitare un migliaio di tibetani a insediarsi in Svizzera e allora rappresentavano il gruppo di rifugiati più numeroso residente fuori dall’India. Quando ci siamo trovati in esilio, non abbiamo pensato solo al nostro sostentamento: volevamo mantenere viva la nostra cultura e la nostra religione. Tuttavia, ricordo di aver visto i monaci aiutare a costruire le strade. Abbiamo chiesto l’aiuto del governo indiano per trovare un luogo dove i monaci potessero alloggiare”.
“Così ci hanno assegnato il campo profughi di Buxa, ma abbiamo dovuto insistere per poter mandare lì 1500 monaci invece dei 300 previsti. Faceva molto caldo e umido, il cibo si deteriorava velocemente e i monaci si ammalavano facilmente di tubercolosi. Alla fine, però, riuscirono a spostarsi nei nuovi insediamenti, dove ora si trovano istituzioni Sakya, Kagyu, Geluk e Nyingma.
“A un certo punto, abbiamo inaugurato una serie di dialoghi che hanno coinvolto sia scienza buddhista sia la scienza moderna e nel corso dei quali abbiamo avuto l’opportunità di spiegare che, oltre alle nostre cinque coscienze sensoriali, abbiamo anche una coscienza mentale. Nel frattempo, gli scienziati ci hanno esposto la cosmologia moderna, dimostrandoci che il Monte Meru, che consideravamo il centro dell’universo, semplicemente non esiste”.
Sua Santità ha fatto riferimento all’antica tradizione di onorare i “Sei Ornamenti e i Due Supremi”, i grandi maestri buddhisti indiani del passato, tutti attivi nell’Università del Nalanda insieme ad altri grandi maestri i cui trattati sono fondamentali per il curriculum di studi buddhista tibetano. Per onorarli, ha commissionato una nuova thangka e ha composto la lode ai diciassette maestri di Nalanda.
Shantarakshita ha instaurato il buddhismo in Tibet nell’VIII secolo, su invito dell’imperatore tibetano. Ciò che portò fu essenzialmente la Tradizione del Nalanda, caratterizzata da uno studio rigoroso della filosofia e della psicologia basato sul ragionamento e sulla logica.
Siamo afflitti dall’attaccamento e dalla rabbia, ma possiamo imparare ad affrontare queste emozioni. La rabbia può essere ridotta se ci impegniamo a coltivare l’amore e l’altruismo. Tuttavia, dobbiamo prima analizzare se la rabbia può portare vantaggi o svantaggi. In primo luogo, la rabbia distrugge la nostra pace della mente; la gentilezza amorevole, invece, ci porta amicizia ed elimina il rischio di essere soli.
Guardando i presenti, Sua Santità ha aggiunto: “Ho conosciuto alcuni di voi da moltissimo tempo e riconosco la vostra età dai vostri volti e questo mi ricorda che anch’io sto invecchiando. Vorrei ringraziare tutti voi per l’aiuto che ci avete dato”.
Philip Hepp, amministratore delegato del TIR, ha espresso parole di ringraziamento per questa che è la quindicesima visita che Sua Santità fa all’Istituto del Tibet, sottolineando che ogni volta è fonte di grande ispirazione.
Sua Santità ha posato per alcune fotografie con i monaci del monastero e i membri della Commissione del TIR fuori dall’Istituto prima di pranzare insieme. In seguito Sua Santità, prima di fare ritorno a Zurigo, ha incontrato diverse donne tibetane che esortavano i loro bambini a guardarlo a incrociare il suo sguardo. Il Dalai Lama ha sorriso a tutti e ha accarezzato molti di loro.
Domani, alla Eulachhalle di Winterthur, ci saranno nuove celebrazioni per l’anniversario del TIR.
Un particolare ringraziamento per la traduzione e per la sua amorevole gentilezza alla Dr.ssa Carolina Lami.
http://it.dalailama.com/news/2018/celebrazioni-del-50-anniversario-dellistituto-tibetano-rikon