07.05.18. Aprendo a Dharamsala, in India, “Understanding the World”, il secondo dialogo tra scienziati e studenti russi e tibetani, il Dalai Lama ha detto che «Per me, i re, il Papa, i lama, i mendicanti e i poliziotti sono tutti uguali». Il leader spirituale tibetano ha anche rivelato che cerca sempre di strappare un sorriso a tutti, persino agli ufficiali di polizia, «E se non sorridono, comincio a fargli il solletico».
Partendo da queste battute, il meeting russo-Tibetano, basato sul libro del Dalai Lama “The Universe in a Single Atom: the Convergence of Science and Spirituality”, il secondo di questo tipo dopo quello di New Delhi dell’agosto 2017 – organizzato del Center of tibetan ulture and information, Save Tibet Foundation e Dalai Lama Trus con il sostegno del Centro studi sulla coscienza dell’università statale Lomonosov di Mosca e dell’Istituto di filosofia dell’Accademia delle scienze russa (Ras) – si è occupato di temi complessi come neurobiologia, fisiologia, fisica quantistica e genetica per costruire costruzione di “ponti concettuali” nell’ambito del progetto “Conoscenza fondamentale: dialogo tra scienziati russi e buddisti”.
Il moderatore delle discussioni è stato il principale neuroscienziato russo, Konstantin Anokhin della Rsa e hanno partecipato altri 8 famosi scienziati della Rsa, circa 150 ricercatori ed esperti, 18 monaci tibetani che studiano “scienza tibetana”, e oltre 100 studenti e insegnati buddisti tibetani.
Anokhin ha detto al Dalaui Lama che tutti gli scienziati russi presenti avevano letto il suo libro e gli ha chiesto se avesse qualche osservazione con cui aprire il dialogo. Sua Santità non si è fatto pregare è ha detto: «Fratelli e sorelle, questo è quello che credo è che ci siano 7 miliardi di esseri umani. Molti dei problemi che affrontiamo oggi sono colpa nostra. Eppure gli scienziati dicono che, alla base, la nostra natura umana è essenzialmente compassionevole. Creiamo problemi perché siamo sotto l’influenza delle emozioni e perché vediamo le altre persone in termini di “noi” e “loro”. Per miopia dimentichiamo che siamo tutti parte dell’umanità, il che porta a far del male agli altri. Riteniamo che la distruzione dei nostri nemici sia la nostra vittoria, e in passato potrebbe anche stato vero. Ma oggi siamo così interdipendenti che quando gli altri vengono danneggiati, anche noi siamo danneggiati. Oltre a questo, dobbiamo affrontare problemi come i cambiamenti climatici che riguardano tutti noi. Inoltre, in questo preciso momento, altrove le persone vengono uccise in luoghi come la Siria e lo Yemen, mentre altre muoiono di fame. E, peggio di tutto, ci sono persone che si uccidono a vicenda nel nome della religione. Contraddiciamo la nostra natura compassionevole con un fallimento miope per riconoscere l’unicità di 7 miliardi di esseri umani. In quanto animali sociali, dipendiamo dalla nostra comunità, quindi è arrivato il momento di educare le persone sul fatto che tutti siamo uguali nell’essere umani. Il nostro futuro dipende l’uno dall’altro. Essere troppo egocentrici significa essere irrealistici. L’interesse personale ristretto è un pensiero non educato. Per migliaia di anni le tradizioni religiose hanno trasmesso un messaggio d’amore per tutti gli esseri umani, ma con effetti limitati. Invece, ora l’educazione moderna è orientata verso obiettivi materialistici. Eppure la nostra esperienza comune e quella di essere nati e curati dalle nostre madri, di conseguenza i bambini piccoli rivelano una natura fresca e compassionevole».
Il Dalai Lama ha ricordato che «Gli scienziati avvertono che la paura e la rabbia costanti fanno male alla nostra salute, mentre essere compassionevoli e cordiali contribuisce al nostro benessere fisico e mentale. Pertanto, proprio come curiamo l’igiene fisica per stare bene, dobbiamo anche coltivare una sorta di igiene emotiva».
Il leader spirituale tibetano, che da una trentina di anni dialoga o con scienziati su cosmologia, neurobiologia, fisica e psicologia, ha fatto notare che «Questi sono campi nei quali la scienza moderna e la scienza buddista hanno cose in comune. Ad esempio, esiste un accordo generale sulla nascita, l’esistenza e la distruzione delle galassie e sulla possibilità che nel passato ci sia stato più di un “big bang”».
Per quanto riguarda la fisica, il Dalai Lama ha raccontato che il fisico nucleare indiano Raja Ramana gli ha detto che la fisica quantistica è nuova per la scienza, «ma concetti corrispondenti possono essere trovati negli scritti del maestro buddista Nagarjuna».
Per quanto riguarda la psicologia, per il Dalai Lama «C’è bisogno di più educazione su come affrontare le nostre emozioni. Dobbiamo imparare quanto possano essere diffuse la rabbia distruttiva e una generale mancanza di interesse per gli altri. Le armi e l’uso della forza non risolvono i problemi. La violenza porta solo a contrastare la violenza, che così continua. Una mente pacifica fa bene alla nostra salute e il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di evitare la violenza e far diventare questo un secolo di dialogo. Mentre non tutti accettano più la religione, le scoperte scientifiche hanno un appeal più universale. Pertanto, uno degli scopi degli incontri come questo è discutere su come educare le persone da un punto di vista laico della necessità di coltivare un cuore caldo. In questo contesto, la Russia ha un ruolo particolare tra le culture dell’Oriente e dell’Occidente. Quando ero giovane, nei nostri monasteri c’erano studiosi russi, buriati, kalmucchi e tuvani, quindi abbiamo già una connessione. Inoltre, durante il tempo del 13° Dalai Lama, ci fu qualche contatto con lo Zar. Di conseguenza, sono molto felice di avere questa opportunità di incontrare e tenere discutere con voi studiosi russi»”
Il noto neurobiologo Pavel Balaban ha aperto la discussione spiegando al Dalai Lama che studia il cervello, specialmente come funzionano le emozioni e ha detto che «Mentre i ratti possono mostrare di avere nel loro cervello centri del piacere che possono essere stimolati rivelando una risposta emotiva, sono anche interessato a vedere se anche le lumache, apparentemente non comunicative, hanno emozioni».
Sua Santità ha risposto con una domanda che spesso rivolge agli scienziati: «A volte, quando sono sicuro che non ci sia presenza di malaria, permetto a una zanzara di bere il mio sangue. Tuttavia, una volta piena, se ne vola via senza alcun segno di apprezzamento. Quindi, la mia domanda è; quanto deve essere grande un cervello prima che sia capace di mostrare apprezzamento?» Balaban ha risposto che sue ricerche sui ratti «hanno dimostrato che sono come le altre specie, tra le quali il 30-40% rivela un senso di compassione naturale». Il Dalai Lama ha convenuto che «I mammiferi sembrano rispondere in questo modo, ma sarebbe interessante studiare i rettili come le tartarughe, che si schiudono dalle uova. senza relazione diretta con una madre e nessun bisogno immediato di compassione per sopravvivere» e ha aggiunto: «In quanto esseri umani, abbiamo bisogno di valutare se la rabbia abbia un qualche valore, dato distrugge la nostra tranquillità. La compassione, d’altra parte, porta ottimismo e speranza. Per ottenere un comportamento migliore, alcune tradizioni religiose si basano sulla paura. Questo lo rifiuto perché, invece, tende a condurre al pessimismo e allo scoraggiamento».
Poi il Dalai Lama ha fatto agli scienziati russi due domande riguardanti la mente: «Se uno spermatozoo perfetto incontra un ovulo perfetto in un grembo perfetto, la vita inizierà? E se no, qual è il terzo fattore?» e ha chiesto loro con sa ne pensino di un fenomeno osservato tra alcuni meditatori esperti quando muoiono: «Sebbene abbia avuto luogo la morte clinica, il corpo rimane fresco per alcuni giorni perché, si dice, la coscienza più sottile rimane ancora. Finora, gli scienziati non hanno una risposta su cosa succeda. Fino alla fine del XX secolo gli scienziati si sono interessati del cervello, ma non della mente. Tuttavia, più recentemente hanno riconosciuto che la neuroplasticità può essere vista come conseguenza dell’allenamento mentale. Quindi, la relazione tra il cervello e la mente comincia a essere studiata. La scienza buddista descrive diversi livelli di mente, coscienza sensoriale ordinaria, consapevolezza nello stato di sogno che è più sottile, nel sonno profondo che è ancora più sottile e la coscienza che si manifesta al momento della morte che è la più sottile di tutte. Questa mente non ha né inizio né fine».
Il fisiologo Svyatoslav Medvedev, che ha diretto l’Istituto del cervello umano della Ras ha riposto: «Ho esaminato la natura della relazione tra mente e cervello nell’ambito della mia ricerca su come il cervello mantiene l’attenzione. Ci sono cose come le leggi della termodinamica che possono essere dimostrate matematicamente ma non sono facilmente provate sperimentalmente. Per alcune domande, preferisco adottare un approccio più logico. Pavlov aveva già fatto riferimento a punti luminosi sul cervello, ma è solo ora, un secolo dopo, è stato possibile dimostrare di cosa stava parlando. Stiamo passando dalla pura teoria alla pratica reale. Stiamo cercando di capire il cervello. Può darsi che la coscienza esista separatamente e che il cervello sia una specie di interfaccia».
Riassumendo i tre esempi degli insegnamenti del Buddha noti come i giri della ruota del dharma, il Dalai Lama ha spiegato che «Nel primo egli insegnò le quattro nobili verità. Nel secondo ha elaborato la terza di quelle verità, la cessazione della sofferenza in relazione al superamento dell’ignoranza. L’ignoranza è sconfitta dalla conoscenza, in questo caso una comprensione della realtà che le cose sono vuote dell’esistenza intrinseca. Ciò non implica nulla, ma le cose esistono solo in termini di designazione». Sua Santità ha chiarito che «Per coloro che trovano questa spiegazione troppo difficile da affrontare, il Buddha ha dato un terzo gruppo di insegnamenti che hanno un approccio diverso nel discutere la coscienza e in che modo la coscienza più sottile può essere considerata come la natura di Buddha. Ha inoltre toccato tre oggetti della conoscenza – cose che per noi sono ovvie, cose che sono leggermente oscure ma che possono essere comprese attraverso la ragione e l’inferenza, e cose che sono oscure e possono essere comprese solo facendo affidamento sulla testimonianza altrui. Inoltre ha menzionato i quattro principi della ragione: natura, dipendenza, funzione ed evidenza».
Uno dei maggiori genetisti russi, Nikolai Yankovsky, ha spiegato che «I geni possono influenzare la nostra inclinazione a meditare o a beneficiare della terapia psicologica. Allo stesso modo, i geni possono influenzare la suscettibilità alla rabbia». Al Dalai Lama che chiedeva se il ruolo dei geni potesse essere paragonabile al ruolo dell’energia sottile che si accompagna alla mente descritta nei tantra, Yankovsky ha risposto facendo notare «Che la modifica del codice genetico dovrebbe contribuire a trovare rimedi per determinati tipi di malattia. Ma la manipolazione genetica potrebbe essere utilizzata sotto forma di arma, il che solleva la questione morale. Quando gli scienziati fanno una nuova scoperta la morale non è necessariamente un problema, ma una volta che cercano di utilizzarla nella pratica, sorge la questione dell’etica«. Sua Santità ha risposto a sua volta: «Poiché tutti gli esseri senzienti cercano la felicità, ciò che determina benessere e felicità è considerato buono, mentre ciò che causa la sofferenza è considerato negativo. Poiché la rabbia fa parte della mente, il suo antidoto deve essere applicato all’interno della mente. Gli scienziati mi hanno confermato che le rocce e il cervello consistono dello stesso tipo di particelle ad un livello sottile. Ad un certo punto la disposizione della materia nel cervello è tale che diventa una base per la coscienza. Quindi la vita, avviene in un essere con sentimenti di piacere e dolore. Ha incoraggiato gli scienziati a fare questo con giovani studiosi il cui cervello è più fresco nel pomeriggio.
Evgeny Rogaev ha descritto la sua ricerca sul cervello e i geni che causano schizofrenia e ha detto che «La ricerca genetica conferma l’affermazione di Sua Santità che siamo tutti fratelli e sorelle e che non dobbiamo andare molto indietro per scoprire che tutti noi abbiamo antenati in comune». Poi ha illustrato il lavoro che il suo team sta facendo sulle volpi selvatiche siberiane per trasformare l’aggressività in comportamenti pacifici».
Alexander Kaplan, uno dei fondatori del Centro per gli studi sulla coscienza alla facoltà di filosofia dell’università statale Dmitry Volkov di Mosca, ha menzionato i suoi tentativi di stabilire un contatto diretto con il cervello nel lavoro con vittime di ictus che hanno perso la capacità di parlare o di muoversi e ha descritto come la loro scelta delle lettere visualizzate su uno schermo possa essere ricavata dalle risposte nel loro cervello che consentono la comunicazione e vede in questo »un potenziale per comprendere il funzionamento delle emozioni nelle persone sane».
Nella seconda giornata del meeting russo – tibetano, caratterizzata dall’intervento di Namdol Lhamo del Men-tsee-khang, l’Istituto medico e astro-scientifico tibetano, sono emerse tutte le differenze di approccio e visione del mondo tra la scienza tibetana e la scienza moderna, in particolare per quanto riguarda la vita umana e la sua origine. Secondo il novantenne David Dubrovsky, un filosofo della scienza, «La descrizione buddhista dell’esperienza della coscienza non contraddice la scienza: condividono una piattaforma concettuale comune. Tuttavia, la coscienza ha un aspetto soggettivo e la realtà soggettiva è un problema per la scienza. Dubito dell’asserzione che la mente umana sia essenzialmente pura, che essenzialmente non includa aspetti negativi. Tuttavia, abbiamo un urgente bisogno di imparare come trasformare la mente umana ed è importante avere una visione ottimistica.
Il Dalai Lama ha concluso: «Tutti vogliono vivere una vita felice. In effetti ogni essere umano ha il diritto di vivere una vita felice. Ma c’è una differenza tra felicità a livello mentale e felicità a livello fisico o sensoriale. Attualmente i nostri sistemi educativi sono inadeguati perché tendono a tenere conto solo degli obiettivi materiali o sensoriali. Ciò che distingue gli esseri umani dagli animali è la nostra esperienza mentale, ma possiamo abusare di questa facoltà. Le scimmie possono combattere tra di loro, ma non mobilitano migliaia di individui per uccidersi a vicenda come fanno le persone. Perciò i nostri sistemi educativi dovrebbero insegnare di più sul funzionamento delle nostre menti ed emozioni, e dovrebbero farlo nel contesto dei valori laici. Il desiderio delle persone di vivere in pace riguarda le loro menti. Ecco perché sono pienamente impegnato a rendere più disponibile la conoscenza psicologica dell’antica India. Credo che l’India possa combinare la conoscenza moderna e antica per il beneficio generale. Abbiamo bisogno di un approccio scientifico per promuovere la cordialità. E dobbiamo convincere le persone della necessità di affrontare la rabbia. Questo lavoro potrebbe non portare a risultati rapidi e forse non vivrò per vederli, ma quelli che ora hanno 30 anni potrebbero vedere l’emergere di una popolazione umana più pacifica. Inoltre, mentre nei primi tempi lo sviluppo di armi nucleari eccitava alcuni scienziati, grazie a un desiderio popolare di pace autentica, ora abbiamo dobbiamo trovare il modo di eliminarle. Gli scienziati possono certamente contribuire a creare un mondo migliore e più compassionevole e, in genere, le persone presteranno attenzione a ciò che hanno da dire».
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