Sua Santità il Dalai Lama fa il suo ingresso nel monastero di Namdroling per partecipare alla Settima Convocazione. Bylakuppe, 22 dicembre 2017. Foto di Tenzin Choejor
Bylakuppe, India 22 dicembre 2017 – Rivolgendosi ai pellegrini tibetani appena arrivati dal Tibet e agli insegnanti tibetani che si sono riuniti questa mattina per un seminario sull’etica secolare nella Sala dell’Assemblea di Sera Lachi, Sua Santità il Dalai Lama ha dichiarato:
“I tibetani in Tibet sono i veri padroni del paese. Nonostante abbiate dovuto affrontare enormi difficoltà, avete tenuto alto il vostro spirito. Nel 1959, l’intero Tibet fu gettato nel caos. Si dice che dopo il bombardamento di Lhasa, Mao Zedong abbia chiesto cosa fosse successo al Dalai Lama. Quando gli dissero che ero fuggito in India, mi è stato detto che abbia commentato: “Quindi abbiamo perso””.
“Le autorità cinesi pensavano che la questione del Tibet sarebbe semplicemente svanita nel nulla, ma nonostante siano passati 58 anni non lo è affatto. Nel 1959, molti paesi non avevano idea di che cosa fosse il Tibet; ora lo sanno”.
“Siamo in esilio da 58 anni. Abbiamo creato insediamenti, ripristinato i nostri centri di studio. Tutto al di là delle aspettative dei rigidi funzionari cinesi. Grazie alla forza d’animo del Tibet, siamo riusciti a sopravvivere in esilio”.
“Durante la rivoluzione culturale, c’è stata la sistematica distruzione delle istituzioni religiose, in Cina e in Tibet. Tuttavia, dopo che Deng Xiaoping ha ridotto le restrizioni, si è assistito a una generale ripresa di interesse. I buddhisti in Cina sono più di 400 milioni e Xi Jinping ha dichiarato, a Parigi e Delhi, che il buddhismo ha un ruolo importante nella cultura cinese. Ci sono quindi buone ragioni per non essere demoralizzati o abbattuti”.
Sua Santità ha parlato dei suoi rapporti con il Primo Ministro Nehru e dei consigli pratici e del sostegno che gli ha offerto. Ha ricordato come, in seguito al fallimento degli appelli all’ONU per il sostegno alla causa tibetana, nel 1974 si sia deciso di non esercitare pressioni per l’indipendenza totale del Tibet nei negoziati con la Cina. Sua Santità ha paragonato questo fatto alla decisione delle nazioni europee di formare, dopo la seconda guerra mondiale, quella che è diventata l’Unione Europea, nata nell’interesse del bene comune, o all’unione di stati che costituisce l’India, pur nella differenza di lingue e culture.
“L’importante, ha sottolineato, è che tutte e tre le province del Tibet rimangano unite e solidali”.
Rivolgendosi agli insegnanti presenti all’udienza, Sua Santità ha ricordato loro che Nehru aveva suggerito che il modo migliore per evitare la scomparsa del Tibet era quello di educare i bambini tibetani. Ha detto che l’aver mantenuto viva la Tradizione del Nalanda nelle istituzioni monastiche ha fatto sì che oggi i bambini possano studiarla a scuola, in modo puramente accademico piuttosto che religioso.
“Molti dei problemi del mondo di cui veniamo a conoscenza attraverso i media sorgono perché le persone sono sopraffatte dalle emozioni negative. Possiamo aiutare i bambini a capire che l’osservanza di principi morali – come la gentilezza – non è solo una questione di vite passate e future, ma assicura la pace della mente qui e ora. Possiamo anche spiegare loro l’idea che, quando le nostre menti sono in pace, ci troviamo in una condizione decisamente migliore per utilizzare al massimo la nostra intelligenza”.
“L’istruzione moderna tende a concentrarsi principalmente sullo sviluppo materiale. L’antica saggezza indiana riconosceva l’utilità di comprendere il funzionamento della mente e delle emozioni, una comprensione che credo sarebbe rilevante e potente anche oggi. I bambini tibetani hanno il vantaggio di poter apprendere questi argomenti nella propria lingua madre, perché la letteratura indiana che descrive questi temi è stata tradotta in tibetano. Naturalmente, io mi limito solo a parlare di queste cose, ma toccherà agli insegnanti come voi capire come tradurre queste idee in pratica”.
Da Sera Lachi, Sua Santità si è recato al monastero di Tashi Lhunpo, dove è stato accolto dall’abate Kachen Lobzang Tsetan. Nel corso dei suoi omaggi all’interno del tempio, Sua Santità si è soffermato davanti all’altare dedicato a Tara e a quello di Lhamo prima di sedersi sul trono. Il maestro dei canti ha guidato ii monaci nella recitazione della lode a Gyalwa Gendun Drup, il Primo Dalai Lama e fondatore del monastero.
Il tè e il riso dolce cerimoniale sono stati serviti e i monaci si sono cimentati in un dibattito incentrato sui vari sistemi filosofici analizzati da Shantarakshita nel Tattvasamgraha. Sua Santità ha osservato che questo testo rivela l’ampiezza e la profondità dell’erudizione di Shantarakshita, qualità che ha portato nella tradizione buddhista che ha stabilito in Tibet.
Sua Santità ha anche ricordato di aver iniziato a insegnare il trattato di Gendun Drup sul “Commentario sulla Cognizione Valida” di Dharmakirti (Pramanavarttika) durante la sua precedente visita e ha ribadito la sua speranza e desiderio di poterne completare la trasmissione. Ha citato una strofa tratta da un elogio di Gendun Drup composto per Arya Tara: “Possa io considerare gli altri più importanti di me; possa abbandonare i miei moti egoistici”. Ha scherzato dicendo che i precedenti Dalai Lama erano saggi e avevano realizzazioni e visioni, mentre lui – senza aver avuto visioni – è diventato più famoso di loro.
“Siamo rifugiati che vivono in esilio, eppure siamo riusciti a mantenere viva la nostra religione e la nostra cultura, così radicate nella Tradizione del Nalanda”.
Sua Santità è stato poi l’ospite d’onore alla Settima Convocazione nel vicino Monastero di Namdroling. L’abate Gyangkhang Rinpoche lo ha accolto al suo arrivo e lo ha accompagnato nel tempio dove – prima di sedersi – il Dalai Lama ha acceso la lampada cerimoniale.
Nel suo discorso introduttivo Lobpon Tenzin Kunkyap ha chiarito lo scopo dell’occasione: la consegna da parte di Sua Santità dei diplomi a oltre 300 laureati e il loro formale impegno davanti a lui di mettersi al servizio del Dharma. Tra gli studenti laureati figuravano monaci e monache, alcuni dei quali avevano completato i loro studi già nel 2011. Ognuno di loro ha studiato per nove anni: sei dedicati ai 13 testi classici e tre al tantra.
Il primo a parlare è stato Vipul Kumar, Ispettore Generale della Polizia Mysuru. In un mondo in fermento, ha detto, l’unico messaggio che porterà alla pace è quello dell’amore e della compassione. Sono nato a Bihar, ha aggiunto, non a Bodhgaya, e sono cresciuto sentendo parlare del Buddha. Ha poi rinnegato la distinzione in caste e ha suggerito che, per un cittadino del mondo, come esseri umani siamo tutti uguali.
Nelle sue osservazioni, Khenpo Sonam Tempel ha fatto notare che mettere in pratica ciò che si è appreso durante la meditazione è fondamentale per tutti i laureati, indipendentemente dal fatto che si tratti di monaci o di monache. Ha aggiunto poi che è necessario consolidare lo studio con la riflessione e la meditazione continue.
Il dottor Lobsang Sangay ha ricordato Penor Rinpoche, che nel 1963 fondò il monastero. Oggi noto come Tempio d’ Oro, il monastero attira visitatori da tutto il mondo. Lobsang Sangay ha inoltre riferito dell’ammirazione di uno dei suoi professori di Harvard per la vastità della letteratura tibetana, i cui contenuti stanno sempre più suscitando l’interesse degli scienziati. Ha ringraziato il governo e il popolo dell’India, nonché i vari governi statali, per il sostegno dimostrato nei confronti degli esuli tibetani. L’intervento di Lobsang Sangay si è concluso con l’augurio che Sua Santità possa avere una lunga vita e che la libertà, come il sole, possa presto sorgere e splendere sul Tibet.
“Il Penor Rinpoche ha lavorato duramente” ha esordito Sua Santità “era il tipo di uomo che una volta iniziato qualcosa l’avrebbe portata in qualsiasi modo a termine. Questo centro di studio, il Ngagyur Nyingma Institute, fa parte della sua eredità. Le sue azioni e il suo spirito sono per noi una costante fonte di ispirazione. La fioritura del Dharma dipende dalle persone che intraprendono lo studio e la pratica, non dalla costruzione di templi e statue. C’è una statua colossale del Buddha a Bodhgaya e un’altra di Guru Rinpoche a TsoPema: sono di ispirazione, ma nessuna delle due parlerà mai. D’altra parte, se il Buddha oggi fosse vivo, ciò che farebbe è insegnare.
Questo monastero è uno dei più grandi centri di studio Nyingma e anche se il Penor Rinpoche era entusiasta all’idea di incoraggiare l’arte del dibattito, mi confidò che non altrettanto poteva dire degli altri maestri Nyingma”.
Avendo sottolineato l’importanza di adottare un approccio non settario allo studio e alla pratica, Sua Santità ha menzionato gli insegnamenti che aveva ricevuto da Trulshik Rinpoche e da Dilgo Khyentse Rinpoche.
Sua Santità ha poi iniziato la trasmissione del “Tesoro della Realtà Assoluta” di Longchenpa (chos dbyings mdzod). Dopo pranzo, ha camminato fino all’adiacente tempio di Zangdok Palri per consacrare lo stupa di Penor Rinpoche e poi fino al monastero femminile di Shedrupling Tsogyal, dove ha benedetto un altro stupa. Molte delle 700 monache residenti lo hanno atteso lungo le strade per dargli il benvenuto.
Sua Santità ha infine fatto ritorno al monastero di Sera Lachi. Domani partirà la mattina presto alla volta di Bengaluru.
http://it.dalailama.com/news/2017/visita-al-monastero-di-tashi-lhunpo-e-al-monastero-di-namdroling