Sua Santità risponde alle domande degli studenti presenti sul palco durante la loro conversazione presso la Sala del Centenario, Francoforte (Germania), 13 settembre 2017. Foto di Tenzin Choejor/OHHDL
Francoforte (Germania) – Ieri, a causa di problemi tecnici, il volo che doveva portare Sua Santità il Dalai Lama da Derry (Irlanda del Nord) a Francoforte (Germania) ha subito un certo ritardo e alla fine è decollato sotto una pioggia battente. Atterrato a Francoforte, lo attendeva uno splendido tramonto.
Per iniziare la mattinata, Sua Santità il Dalai Lama ha incontrato numerosi gruppi di Cinesi, Mongoli e Uiguri – studenti, scienziati e uomini d’affari – dicendo loro che i Tibetani sono disponibili a far parte della Repubblica Popolare Cinese. Ha ricordato che quando ha incontrato per la prima volta Rebiya Kadeer, la leader degli Uiguri, lei aveva affermato di essere disposta a usare la violenza pur di ottenere l’indipendenza, ma che lui l’aveva convinta a percorrere la strada della non-violenza. Grazie al loro incontro, lei si era anche persuasa a porsi come obiettivo per il suo popolo l’autonomia.
A Sua Santità il Dalai Lama è stato chiesto un commento sul declino dei diritti umani in Cina, emblematicamente rappresentato dalla morte di Liu Xiaobo. Ha risposto di aver sentito che Xi Jinping è stato trattenuto da qualsiasi riforma dalla forte opposizione delle vecchie guardie del Partito, ma che comunque sperava che durante il prossimo congresso del partito, in occasione del quali molti membri anziani del Politburo andranno in pensione, si faranno avanti volti nuovi. Potrebbe essere l’occasione per dei cambiamenti. Ha notato che molti cinesi istruiti sostengono l’approccio della “via di mezzo” e ha aggiunto che i governi vanno e vengono, ma la gente c’è sempre. Ha poi sottolineato che le relazioni tra Cina e Tibet esistono da più di 2000 anni, mentre il Partito Comunista cinese da meno di cento.
Sul modo in cui favorire dei progressi, Sua Santità ha suggerito che, così come lui stesso ha instaurato un dialogo proficuo con gli scienziati da ormai più di 30 anni, è altrettanto importante che i cinesi e i tibetani in esilio, gli studenti in particolare, imparino a conoscersi meglio. Oggi giorno, sempre meno persone al mondo parlano delle violazioni dei diritti umani in Tibet e nello Xinjiang e dunque sarebbe utile dare vita a un’associazione tra Tibetani, Mongoli e Uiguri che abbia come obiettivo i diritti umani e la preservazione delle identità culturali. Sua Santità ha poi approvato l’idea di erigere una statua in onore di Liu Xiaobo, suggerendo che Chinatown, a New York, sarebbe una location perfetta.
Concluso questo incontro, Sua Santità è stato condotto alla Jahrhunderthalle, la Sala del Centenario. Mille e seicento studenti, provenienti da una sessantina di scuole di Hesse e dintorni, lo stavano aspettando per assistere alla conversazione che Sua Santità avrebbe avuto con 10 di loro.
“Fratelli e sorelle – ha esordito – sono molto felice di avere l’opportunità di parlare con voi giovani studenti. Sono convinto che noi 7 miliardi di esseri umani siamo tutti uguali. Molti dei problemi che dobbiamo affrontare li abbiamo creati noi stessi. Perché? Perchè continuiamo a pensare nei termini della “mia” gente, della “mia” nazione, della “mia” religione, concentrandoci esclusivamente su differenze che sono del tutto secondarie”.
“Non possiamo cambiare il passato, ma abbiamo la capacità di dare una forma nuova al futuro. Sono nato nel 1935 e sono stato testimone di continue violenze e guerre. Oggi siamo qui, seduti insieme in un clima di pace e amicizia, ma in altre parti di questo pianeta altri esseri umani stanno soffrendo, morendo a causa delle guerre o della fame. Possiamo forse rimanere indifferenti? Dobbiamo sempre ricordarci che siamo un’unica famiglia umana, che siamo fratelli e sorelle. Chi di voi appartiene dal XXI secolo ha la responsabilità di creare un mondo più pacifico. Se iniziate fin d’ora e vi impegnate potreste addirittura assistere a questo cambiamento nell’arco della vostra vita, anche se io non vivrò abbastanza a lungo per vederlo. La mente pacifica, che è la causa di questo risultato, richiede una combinazione di buon cuore e intelligenza”.
Per raggiungere questi obiettivi Sua Santità ha ribadito la necessità di migliorare il sistema educativo. Ha detto che mentre in passato era la chiesa ad occuparsi di trasmettere i valori umani, oggi l’influenza delle religioni è diminuita. Oggi c’è bisogno di una visione lungimirante e di entusiasmo per portare i principi dell’etica all’interno di qualsiasi sistema educativo.
Per rispondere alla domanda sulla questione dei rifugiati in Europa, Sua Santità ha chiarito che molti sono stati costretti ad abbandonare il loro paese perché era diventato impossibile restarci. Ha paragonato i rifugiati contemporanei ai tibetani, che non aspettano altro che di poter tornare in Tibet. Ha detto che oggi ai rifugiati dovrebbero essere assicurati un posto dove vivere e la possibilità di mandare a scuola i figli, cosicché, quando ci sarà di nuovo la pace nel loro paese, potranno farvi ritorno e ricostruirlo.
Sua Santità ha fatto notare che grande cambiamento di atteggiamento c’è stato fra l’inizio e la fine del XX secolo: prima tutti erano orgogliosi e fieri di arruolarsi, quando scoppiava una guerra; ora prevalgono invece il rifiuto della guerra, dell’uso della violenza e delle armi nucleari. Questo crescente desiderio di pace è incoraggiante, ha detto, facendo notare come anche la caduta del muro di Berlino non sia stata causata dall’uso della forza, ma dalla volontà popolare. Ha manifestato il suo apprezzamento per lo spirito che anima l’Unione Europea, che considera l’idea di “noi” e “voi” come una fonte di divisioni.
“La nostra natura fondamentale è il buon cuore – ha detto Sua Santità – senza di esso non potremmo neppure sopravvivere. Ma dobbiamo usare bene anche la nostra intelligenza, chiedendoci, per esempio, se la rabbia ha una qualche utilità. La risposta è che la rabbia distrugge la pace della nostra mente. Le ragazze usano il trucco per farsi più carine, ma se hanno un’espressione arrabbiata, nessuno le guarderà”.
Nell’ambito dell’apprendimento attraverso l’esperienza, Sua Santità ha descritto i tre passi da compiere per avere una comprensione più chiara. Il primo è ascoltare, o informarsi, su ciò che gli altri hanno da dire. Il secondo e ragionarci su, finché si fa chiarezza nella mente; il terzo è far diventare questo processo una vera e propria abitudine nel modo di essere.
Alla domanda se sia più importante la libertà o la sicurezza Sua Santità il Dalai Lama ha risposto:
“La libertà, per via della nostra innata ingegnosità. Il nostro grande potenziale creativo ha bisogno della libertà, se vogliamo evitare la paralisi. La sicurezza viene talvolta indicata come qualcosa che dovrebbe proteggere la nostra creatività, ma non dovrebbe mai porre un limite alla nostra libertà di pensiero. I sistemi totalitari per esempio associano la sicurezza alle restrizioni”.
Rispondendo a un altro studente, Sua Santità ha detto che il più alto scopo dell’essere umano è raggiungere la felicità.
Riguardo ai social media ha detto che è importante non diventarne schiavi, ma di usarli con intelligenza, senza lasciarsi manipolare. Ha concluso l’incontro invitando gli studenti a riflettere su quanto è stato discusso: se saranno d’accordo e lo considereranno importante, dovrebbero cercare di metterlo in atto nelle loro vite e condividerlo con gli altri. Se invece questa conversazione per loro è stata inutile e senza senso, sono liberi di dimenticarsene.
Dopo pranzo, rivolgendosi a oltre 3000 persone, Sua Santità il Dalai Lama ha nuovamente ripetuto la necessità di smettere di concentrarsi sulle differenze secondarie e comprendere che, come esseri umani, siamo tutti fondamentalmente uguali. Ha ribadito l’importanza di creare un mondo più pacifico e più felice, riconoscendo la comune appartenenza alla stessa famiglia umana. Ha fatto notare che quando andiamo in ospedale, nessuno ci chiede da dove veniamo o in che cosa crediamo. Siamo accolti semplicemente come pazienti che hanno bisogno di cure.
“Allo stesso modo – ha aggiunto – se ci siamo persi in un luogo remoto e selvaggio e alla fine vediamo qualcuno da lontano, il nostro primo pensiero non è chiedergli da dove viene o di quale razza o religione sia, ma proviamo sollievo e ci sentiamo più al sicuro perché abbiamo finalmente incontrato un altro essere umano”.
Sua Santità ha ribadito la sua ammirazione per lo spirito che anima l’Unione Europea e per il senso di buon vicinato che assicura. Si augura un’analoga evoluzione per l’Africa, l’Asia e l’America Latina. Ha suggerito che il rispetto reciproco conduce alla fiducia e a relazioni amichevoli, mentre la diffidenza crea solo danni. Coltivare un senso di unità dell’umanità è cruciale per la pace nel mondo.
Tra le domande rivolte dal pubblico, una riguardava la paura. Sua Santità ha risposto che alcuni tipi di paura – come la paura per un cane rabbioso – sono salutari e hanno una base oggettiva. Tuttavia, c’è anche un tipo di paura che si fonda sul pensare eccessivamente solo a noi stessi. Quando questo tipo di paura si manifesta, ha suggerito Sua Santità, potrebbe essere divertente chiedersi chi è e dove si trova questo “io” di cui tanto ci preoccupiamo.
Riguardo alla domanda sul perché le persone sono così avide, la risposta di Sua Santità il Dalai Lama è stata che la causa è l’assenza di principi morali e di rispetto per i diritti degli altri. Le persone avide non capiscono che la vera felicità è qualcosa che riguarda la mente e non la soddisfazione materiale.
Quando una ragazza del pubblico ha chiesto a Sua Santità di ricordarla nelle sue preghiere dato che sta affrontando un periodo di gravi difficoltà, Sua Santità ha risposto che lo farà e ha aggiunto quella che è la sua preghiera quotidiana:
Finché durerà lo spazio
fino a quando ci saranno esseri senzienti
fino ad allora possa anch’io rimanere
per alleviare le sofferenze del mondo.
A conclusione di una giornata davvero intensa, Sua Santità ha parlato ai 1500 tibetani giunti da vari paesi del nord Europa. Ha lodato la loro volontà di continuare a sentirsi tibetani, indipendentemente da dove vivono ora, e li ha ringraziati per la loro lealtà e la loro fede incrollabile. Ha ribadito che è la grande determinazione dei tibetani che sono rimasti in Tibet a tenere alto lo spirito dei tibetani in esilio.
Ha ricordato quelli che sono stati i traguardi raggiunti durante l’esilio per preservare la cultura buddhista tibetana, la tradizione del Nalanda e per ampliare le opportunità di studiarle in modo serio e approfondito. La lingua tibetana, ha aggiunto, è il mezzo attraverso il quale gli insegnamenti del Buddha possono essere trasmessi nel modo più accurato; inoltre le dettagliate spiegazioni sul funzionamento della mente e delle emozioni presenti nella letteratura buddhista sono oggi diventate di rilevanza cruciale. E questo – ha detto – è qualcosa di cui dobbiamo essere orgogliosi.
Infine ha raccontato di un volo da Guwahati a Dibrugarh, su un piccolo velivolo, all’inizio di quest’anno, dove – a causa delle forti turbolenze – aveva temuto per la sua vita. Ha detto che il suo primo pensiero, la sua maggiore preoccupazione, sono stati i 6 milioni di tibetani che hanno riversato su di lui le loro speranze e che cosa avrebbero potuto fare se gli fosse capitato qualcosa. Il pubblico ha applaudito. Sua Santità ha dato rassicurazioni sul suo stato di salute e ha detto che potrebbe vivere per altri 15-20 anni, durante i quali ci saranno cambiamenti positivi per il Tibet. Prima di congedarsi, ha chiesto ai suoi compatrioti di essere felici e in pace.
Domani Sua Santità il Dalai Lama parteciperà alla conferenza “Scienza occidentale e prospettiva buddhista” e visiterà la nuova Tibet House a Francoforte.
http://it.dalailama.com/news/2017/dialogo-con-gli-studenti-e-conferenza-pubblica