- La lettera testamento lasciata da Tashi Rabten al suo popolo.
12 dicembre 2016. Tashi Rabten, un tibetano di trentuno anni padre di tre figli, si è dato la morte con il fuoco in segno di protesta contro l’occupazione cinese. E’ avvenuto a Machu, nella provincia tibetana dell’Amdo, nelle prime ore del mattino del giorno 8 dicembre. Si tratta del 146° caso di autoimmolazione avvenuto in Tibet dal 2009.
Dopo essersi cosparso di benzina in un bagno pubblico, Tashi Rabten, chiamato Tarab da parenti e amici, si è dato fuoco lungo la strada del mercato ortofrutticolo, la stessa via dove nel 2012 si era dato la morte Tsering Kyi, il cugino appena ventenne. Il Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia riferisce di aver appreso da fonti locali che prima di cadere a terra Tashi ha avuto il tempo di gridare “possa il Dalai Lama vivere per 10.000 anni” e “permettete a Sua Santità di tornare in Tibet”.
Una folla inorridita e in preghiera si è subito radunata attorno al rogo. Le brevi sequenze di immagini catturate dai telefoni cellulari dei passanti sono impressionanti e ci inducono a riflettere su quanto grande sia il desiderio di libertà e quanto intollerabile il senso di frustrazione da indurre una persona a togliersi la vita in modo tanto doloroso e con tanto coraggio. I funzionari cinesi dell’Ufficio di Pubblica Sicurezza hanno portato via i suoi resti carbonizzati. I congiunti ne hanno chiesto la restituzione ma, secondo le ultime notizie, tutti i membri della famiglia, inclusi la moglie e i due figli, sono statti tratti in arresto.
In una lettera datata 8 dicembre e indirizzata a Tibet Post International Rabten spiega i motivi del suo gesto. “Oggi lascerò questo mondo”, scrive il nuovo eroe tibetano. “Ma così facendo sono certo di essere dalla parte del Tibet. Siamo obbligati a ricorrere a gesti estremi per riavere la nostra terra, già perduta e in via di sparizione. Siamo destinati ad autoimmolarci in nome del nostro credo e del nostro territorio”.
“Sono un tibetano, non un cinese. In quanto tibetano con passaporto cinese rivendico diritti umani e democrazia per un miliardo e trecento milioni di persone, ma in quanto autentico tibetano chiedo a gran voce la restituzione della mia terra e la libertà. Siamo con il Dalai Lama, vogliamo risolvere il nostro problema con il governo cinese solo in modo pacifico. Noi tibetani non vogliamo che si ripetano il massacro e la disumana guerra di invasione compiuti nel 1958 dall’Esercito di Liberazione del Popolo. E rifiutiamo l’appellativo di “rivoltosi” con cui siamo stati definiti nel 2008”.
Con l’immolazione di Tashi Rabten sale a tre il numero dei tibetani che si sono dati la morte con il fuoco nell’arco del 2016. Prima di lui hanno dato la loro vita per la libertà del Tibet Kalsang Wangdu, di soli 18 anni, deceduto il 29 febbraio, e Sonam Tso, una donna di cinquant’anni, deceduta il 23 marzo.
Fonti: TCHRD – Tibet Post International – redazione http://www.italiatibet.org/2016/12/12/un-nuovo-caso-di-autoimmolazione-con-il-fuoco-in-tibet/