Yangkyi Dolma, 33 anni, monaca tibetana del monastero Kardze Lamdrag deceduta in circostanze poco chiare in un carcere cinese.
Tre giorni fa la famiglia è stata avvertita della gravità della sua salute, ma giunti all’ospedale, hanno saputo della morte. Nessuna notizia di un’altra monaca, arrestata insieme il 24 marzo scorso in una piccola dimostrazione pacifica. Una monaca tibetana, arrestata mesi fa per una protesta a Karze, è morta domenica 6 dicembre 2009 in circostanze non chiare. La famiglia non ha potuto riavere il corpo della defunta per un’autopsia. Yangkyi Dolma, 33 anni, monaca tibetana del monastero Kardze Lamdrag (in cinese: Ganzi), era stata arrestata il 24 marzo scorso ed è morta ieri all’ospedale di Chengdu (Sichuan). Secondo fonti citate dal Tibetan Centre for Human Rights and Democracy (Tchrd), il corpo di Dolma non è stato ancora riconsegnato alla famiglia e non è chiaro se è avvenuta un’autopsia per stabilire le cause della morte. Fonti del Tchrd affermano che lo scorso 3 dicembre la Pubblica sicurezza di Karze aveva avvertito i familiari sulle cattive condizioni di salute della monaca. La famiglia, viaggiando anche di notte è giunta a Chengdu ieri mattina presto, dove è stata data loro la notizia della morte di Yangkyi Dolma. Il 24 marzo scorso, Yangkyi Dolma e Sonam Yangchen, del monastero di Lamdrag (Karze, prefettura autonoma tibetana nella provincia del Sichuan) hanno protestato in modo pacifico nella piazza del mercato di Karze chiedendo un “veloce ritorno del Dalai Lama in Tibet” e “diritti umani e libertà religiosa per i tibetani”.
Almeno 50 poliziotti e personale della sicurezza hanno accerchiato le due monache e dopo averle selvaggiamente picchiate in pubblico con sbarre e bastoni elettrici, le hanno trascinate in un furgone che le ha condotte in una prigione sconosciuta. “La Cina fuori del Tibet. Permettete il ritorno del Dalai Lama in Tibet. Fermate la persecuzione religiosa in Tibet”. Secondo una dichiarazione della Trehor Welfare Society, questi erano gli slogan scanditi dalle due monache mentre lanciavano in aria volantini inneggianti all’indipendenza. Quella stessa sera la casa Yankyi fu letteralmente saccheggiata dalla polizia cinese, che requisì come prova del “crimine” le fotografie del leader tibetano in esilio, il Dalai Lama. I genitori ed i membri delle famiglia furono convocati dalla polizia dove furono interrogati per ore ed ore e subirono minacce in quanto accusati d’aver legami con le forze ” separatiste del Dalai Lama in esilio “.
Tenzin Choeying dell’Associazione “Studenti per un Tibet libero”, in India, ha dichiarato: “I soldati cinesi l’hanno picchiata senza pietà in pieno giorno nella zona del mercato della città di Kardze. E possiamo ben immaginare cosa potrebbero fare a porte chiuse nel segreto del carcere “.
A tutt’oggi, mentre si sa della morte di Yangkyi Dolma, non si conosce nulla sulla sorte dell’altra monaca Sonam Yangchen. (AsiaNews)