Ven Chusang Rinpoche: Insegnamenti sulla “Preziosa Ghirlanda” di Nagarjuna

Ven Chusang Rinpoche: Qual'è il vero problema all'origine della sofferenza? Ven Chusang Rinpoche col Ven. Lobsang Donden, sua sorella Dechen, la Dr.ssa Alessandra Vannelli e Graziella Romania

Ven Chusang Rinpoche: Qual'è il vero problema all'origine della sofferenza? Ven Chusang Rinpoche col Ven. Lobsang Donden, sua sorella Dechen, la Dr.ssa Alessandra Vannelli e Graziella Romania

Insegnamenti del Ven Chusang Rinpoche sulla “Preziosa Ghirlanda” o Ratnavali di Nagarjuna, conferiti il 23-24 settembre 2016 all’Istituto Samanthabadra, Roma. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa, revisione di Graziella Romania nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Lündrub Ghialzen Trinle Namghiel è il quarto Chusang Rinpoche del Sciungpa Khangtsen di Sera Me.

È nato il 15 novembre del 1976 a Namsciöl, Scigaze, in Tibet. Nel 1988 S. S. il Dalai Lama lo ha riconosciuto, dopo accurati accertamenti, come la reincarnazione del terzo Chusang Rinpoche ed è stato ufficialmente dichiarato tale durante una solenne cerimonia nel monastero di Sera nel Tibet centrale. Dal 1988 al 1992 ha ricevuto iniziazioni, trasmissioni orali ed istruzioni da molti maestri. Nel 1993, scappato dal Tibet, Rinpoche arriva in India da solo, vestito da laico, bussando alla porta del monaco Lobsang Dondhen presentandosi. Il giorno successivo è stato accompagnato all’eremo del venerabile Maestro Ghesce Yesce Tobden; l’incontro è stato a dir poco commovente: il Venerabile Ghesce Yesce Tobden incontrava per la prima volta la reincarnazione del suo Maestro Radice. Da qui l’udienza con S. S.il Dalai Lama e l’ingresso, su consiglio del venerabile Ghesce Yesce Tobden, nel collegio monastico di Sera Me, nel sud dell’India. Nel 2011 Rinpoche ha ottenuto il diploma di Ghesce Lharampa durante il grande Festival di Preghiera (quando sono riuniti tutti i monaci dei tre grandi monasteri Gelugpa di Sera, Drepung e Ganden). Attualmente è la guida spirituale del Centro Cian Ciub Ciö Ling di Polava, Italia.

Ven Chusang Rinpoche

Sono molto lieto d’essere qui tra voi e vi ringrazio per essere venuti qui, l’argomento d’oggi è La Preziosa Ghirlanda https://www.sangye.it/altro/?p=2788, https://www.sangye.it/altro/?p=2799 di Nagarjuna https://www.sangye.it/altro/?cat=9. Dal momento che il testo è molto esteso, parlerò di alcuni punti principali in base alla filosofia Madiamyka. Il titolo in sanscrito significa “raja” che in sanscrito è il re, quindi “mula” è “consiglio al re”, “ratna” che significa prezioso, “mala” o corona o ghirlanda. Sebbene questo insegnamento è rivolto a tutti gli esseri senzienti, in particolare era rivolto ad un particolare sovrano, Chakravati, che aveva particolari connessioni con l’insegnamento. “Ratna” è prezioso, indicante solitamente le gemme preziose. Ma più preziose sono le parole scelte, e l’insieme delle parole che compongono il testo formano una ghirlanda, perciò nel testo si parla di Preziosa Ghirlanda, divisa in cinque capitoli. Il primo illustra le cause per le rinascite superiori, nel secondo capitolo si fa riferimento alla condizione di causa ed effetto, alla bontà infinita dello stato elevato, il terzo capitolo come addestramento alle cause dei meriti e saggezza e suprema realizzazione, nel quarto vengono espressi i consigli al sovrano per una politica illuminata, il quinto capitolo è per coloro che desiderano raggiungere la liberazione, la buddità, ne scaturisce il suggerimento di diventare monaci, anche per i bodisattva che desiderano raggiungere la liberazione. Nel testo, in primo luogo, Nagarjuna si rivolge al sovrano, ricettacolo dell’insegnamento, spiegando i benefici dell’insegnamento che derivano a coloro che lo praticano. Nagarjuna spiega le cause, i requisiti ed i benefici della pratica. Cos’è il Dharma e la sua pratica? Spiegare l’essenza dell’insegnamento è un qualcosa d’articolato. Imparare il dharma ci permette di recidere le nostre emozioni negative. Tutti noi vogliamo eliminare la sofferenza e raggiungere la felicita. E la pratica del Dharma è proprio tesa a conseguire la felicità ed a liberarci dalla sofferenza, liberandoci dalle emozioni radice o klesha, liberandoci dalla ignoranza o attaccamento all’io, finche non si cambia la visione distorta la visione errata della realtà, l’attaccamento al sé come visione inerente e ciò che ci permette di farlo: è proprio il Dharma. Esistono innumerevoli pratiche del dharma che si realizzano con corpo, parola e mente. Ma le azioni non virtuose dipendono dalla nostra visione errata, in primo luogo occorre agire sull’attitudine mentale, eliminare le azioni mentali non virtuose, dacché si elimineranno di conseguenza delle azioni non virtuose compiuto con la parola e col corpo. Nel testo si dice, in riferimento al sovrano che rappresenta tutti noi, come si realizza l’insegnamento. Pertanto, occorre partire dalla comprensione della natura della sofferenza, che deriva dalla nostra mente e che anche gli altri sperimentano. La felicità, o beatitudine mentale, si riflette in tutto sulla nostra persona.

Il ricettacolo adatto a ricevere l’insegnamento è chi ha la virtù della saggezza, in tal modo le caratteristiche dell’insegnamento potranno maturare in quella persona. Gli scopi sono l’oggetto cui si desidera arrivare con la pratica, il che va riferito alle abilita del praticante. Così come gli umani conducono uno stile di vita diverso ed ottengono scopi diversi, così ci sono individui con capacità diverse. C’è chi, grazie alla pratica dell’insegnamento, rinasce come deva od umano, od altri che, con la pratica del darma ottengono la liberazione ultima. Abbiamo due categorie: l’una è data da chi conseguirà la rinascita nei due livelli superiori d’esistenza, mentre l’altra è la rinascita come liberazione dalla sofferenza.

Ci sono diversi modi di praticare il dharma con scopi diversi, il più elevato è per raggiungere la buddità. Ma non tutti lo fanno. C’è chi recita la mala o fa circumdeambulazioni, c’è chi pratica perché tutti gli esseri ottengano la liberazione ultima, ma c’è chi lo fa per non rinascere nei rami inferiori d’esistenza, chi per non avere ostacoli nella pratica e molti altri scopi ancora. Insomma, molti sono i modi di praticare, il più alto è di voler ottenere la liberazione, quindi la buddità, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Allo stesso modo, quando svolgiamo il nostro lavoro, e lo facciamo al livello più alto delle nostra capacità, così, quanto più diventiamo esperti nella pratica, tanto più avremo dei frutti dalla pratica stessa. Così, i frutti deriveranno dalle esperienze, dalle comprensioni dell’insegnamento: da cui s’otterranno benefici di natura diversa. Non tutti hanno sviluppato le stesse realizzazioni o capacità, perciò bisogna proseguire gradualmente nella pratica, in base alle proprie disposizioni. Ad esempio, alcuni hanno capacita diverse, altri hanno accumulato negatività: ma bisogna sempre aver chiaro lo scopo della pratica, così come, per preparare del cibo ci sono modi e tempi diversi, per preparare e cuocere il cibo vanno seguiti percorsi differenziati, così, non tutti hanno sviluppato le stesse capacità a livello spirituale: è importante tendere sempre più alla realizzazione del dharma. Così come i pellegrini che sono andati in India hanno ben presente la loro meta, allo stesso modo, il praticante deve aver ben presente lo scopo ultimo, se vuole raggiungere la buddita. Si definiscono le rinascite superiori e le cause per conseguirle, con le azioni superiori da evitare e da compiere: rinascita umana, deva, asura. Si fa riferimento nel testo alla pratica per liberarci dalle azioni non virtuose e realizzare quelle superiori. Ciò che ci permette d’ottenere la liberazione sono la fede e la saggezza, la prima è un prerequisito della saggezza e la seconda è ciò che ci permette la vera conoscenza ed è fondamentale. Cos’è la fede? Da dove scaturisce? Da dove origina la felicità e la sofferenza di questa vita? Esse non dipendono dal nostro corpo, ma originano dalla nostra mente. E da dove nella mente? Dall’egoismo, dal nuocere agli altri. È l’egoismo la causa. Perciò, se facciamo del bene agli altri, beneficiamo non solo gli altri, ma anche noi stessi. È dall’azione positiva della virtù che si sviluppa la fede. Dal fatto d’avere un attitudine mentale sbagliata, di focalizzare solo noi stessi determiniamo tutta una serie di conseguenze negative, sperimentiamo tutta una serie di malattie. Credere e praticare le azioni virtuose determina un cambiamento mentale che, via via nel tempo, si rivelerà sempre più importante. Bisogna sostanzialmente credere che, alla base delle sofferenze che ci affliggono, c’è un origine, e, per liberarcene, ci dobbiamo impegnare in un cambiamento mentale. E, su quella base, si sviluppa la fede.

La saggezza conduce alla liberazione da qualsiasi sofferenza. Per estirpare la radice d’ogni sofferenza, l’attaccamento all’io e la visione erronea del sé, occorre abbandonare ogni forma di sofferenza. È con la saggezza che realizza la mancanza del sé, la vacuità, che eliminiamo la sofferenza. Fondamentale è conoscere cos’è la fede: e la beatitudine che ne sorge è simile alla felicità ordinaria. Ci affidiamo in genere a nostro padre e madre e agli amici, a persone che ci sono molto vicine e simili, mentre, quando parliamo di fede, facciamo riferimento ai tre supporti, ai tre gioielli, ai bodisattva, perciò dobbiamo avere consapevolezza e svilupparla sempre più. La fede nella verità di credere nella legge di causa effetto è molto importante: perché ci permette di accumulare le virtù, che ci permette di raggiungere la liberazione. Se siamo di fronte alla scelta d’assumere un cibo dal sapore sgradevole, ma benefico per la nostra salute, lo ingeriremo. Così, impegnandoci nella pratica, pur con sforzo, essa ci porterà all’accumulo di virtù, accumulando meriti, quindi virtù. La saggezza è lo strumento principale per la liberazione, ma non è facile realizzare la saggezza che realizza la vacuità. Ma, ascoltando e mettendo in pratica la rinuncia, si giunge progressivamente alla realizzazione della saggezza. Perciò, è fondamentale che, con l’ascolto e la pratica, l’insegnamento diventi sempre più radicato e fulcro fondamentale della nostra vita.

Domanda. Dopo la fede, ci dovrà essere la sforzo, vero?

Ven Chusang Rinpoche. La saggezza è uno dei fattori mentali, fino alla saggezza suprema che realizza la vacuità. È un processo lungo, basato su continue riflessioni, facendo anche domande e discutendo, ma giungeremo soltanto a comprensioni di tipo razionale. Per realizzare la saggezza che realizza la vacuità occorre molto tempo, perché in noi è molto radicato l’attaccamento all’io. Un modo importante per liberarci è la pratica del calmo dimorare ed occorre molto tempo, il cui ultimo stadio è l’assorbimento meditativo, punto di partenza per la meditazione analitica ed univoca, che porta alla comprensione della vera natura ultima dei fenomeni, e, per farlo, occorre la saggezza che realizza la vacuità. Saggezza fa riferimento a due dei fattori mentali: a discernere un fenomeno in modo analitico ed in modo graduale. E, basandoci su un supporto dell’analisi, giungeremo a realizzare delle elaborazioni successive a delle cause individuabili, fino a soggetti sempre più elevati. Significa analizzare un oggetto, un oggetto della nostra conoscenza. Anche nella vita di tutti i giorni possiamo comprender quant’è importante la saggezza. Perché tutti sono diversi ed hanno attitudini diverse. Analizzando i benefici del fare e del non fare qualcosa, e quindi i frutti conseguenti, possiamo capire quant’è importante l’atteggiamento analitico e l’analisi: possiamo renderci conto dell’importanza di realizzare la saggezza. La saggezza è pure la consapevolezza dell’interdipendenza che lega tutti, a partire dal nostro gruppo familiare, estendendolo sempre più. Se, invece, danneggiamo gli altri, non facciamo altro che accrescere sempre più l’infelicità altrui e nostra. Attraverso la consapevolezza d’essere tutti interconnessi, se facciamo del male agli altri, difficilmente potremo essere felici. Se, invece, saremo di beneficio agli altri, generando pazienza, su questa base possiamo costruire una vita felice. Il che lo realizzeremo attraverso la riflessione che questo cammino dev’essere un’analisi continua ed una pratica della pazienza e, capendo che la felicita non dipende da cause esterne, da dalla nostra mente. Perciò è importante la continua riflessione ed analisi, perciò è importante l’atteggiamento analitico di riflessione. Termino qui per continuare domani dall’insegnamento sul sentiero mediano sui 16 dharma che distinguono la pratica, da cosa originano le virtù e le azioni non virtuose.

Domenica 24 settembre 2016

La differenze tra gli esseri umani e gli animali è che questi ultimi provvedono solo alle loro necessita. In quanto dimensione interiore dell’individuo: la felicità da cosa proviene? Gli insegnamenti ci consentono di capire la relazione con gli altri, e come interagire con gli altri per conseguire la felicità. La rinascita umana è un bene prezioso da non sprecare.

Come può portare questa rinascita un beneficio a noi ed agli altri? Quando la rinascita viene usata solo per piccoli benefici personali, questi si manifesteranno come dei danni. Dal momento che siamo tutti in relazione, fare del male agli altri significa danneggiare noi stessi. Aver fede in ciò, significa avere un recipiente più che capiente per gli insegnamenti. La fede si sviluppa sul credere, che, a sua volta, nasce dalla riflessione fondamentale sugli insegnamenti.

La fede si sviluppa dalla riflessione e da determinate condizioni, da concetti fondamentali dell’insegnamento. Credere nell’altro, avere fiducia nell’altro è un qualcosa che si sviluppa giorno dopo giorno, ma, in realtà, non è determinato da un certo tipo d’analisi, ma d’eventi che ci troviamo a condividere, ma questo credere, affidarsi all’altro può ribaltarsi. Ciò non accade se crediamo in ciò che abbiamo riflettuto e meditato e riteniamo giusto.

Il praticante perfetto o recipiente superiore è chi ha sviluppato una fede incrollabile, stabile che non può essere scalfita dal desiderio, odio, paura: è un credere saldo.

Ed è a causa dell’attaccamento, in chi ne è preda, che l’insegnamento non mette radici durature. Chi è in preda del desiderio, paura, odio, smarrimento: non è un buon recipiente. È la paura d’affidarsi ad un insegnamento non vero, sviluppando così una visione sbagliata: il che porta ad affidarci ad un insegnamento fuorviante.

Il recipiente superiore è chi non è macchiato da queste caratteristiche.

Il saggio è chi ha profonda conoscenza in una data disciplina, in relazione al dharma, il saggio è chi analizza le azioni relativamente alle tre dimensioni dell’individuo: di corpo, parola e mente. E comprende quelle benefiche e le mette in pratica. Saggio è un maestro od un medico che si è, ad esempio, impegnato in molti anni di studio, che cura con dovizia ed amore i suoi pazienti, che gli sono grati, ed è quindi famoso. Il saggio, in relazione al darma, è chi lo conosce, lo studia, l’approfondisce, lo usa e, di conseguenza, fa del bene agli altri. Le pratiche ed insegnamenti relativamente alle tre dimensioni dell’individuo (corpo, parola e mente) sono con lo scopo di far del bene agli altri, perciò bisogna basarsi sulla mente, positiva, buona, eliminando le cause che la portano alle malvagità. Nei testi del Buddha si fa riferimento ad innumerevoli modi per realizzare l’attitudine mentale del completo cambiamento, quindi giungiamo alle 10 azioni non virtuose da eliminare ed ai 16 dharma che ci portano a comportamenti buoni, positivi e saggi. Le azioni non virtuose del corpo sono tre: non uccidere, non rubare, non avere una condotta sessuale impropria, ovvero astenendosi dai compagni d’altri. Non uccidere non è solo un altro umano, ma anche un animale. Infatti, eliminare la vita significa sopprimere il principio vitale d’un altro essere, come anche d’un insetto. E lo possiamo comprendere senza sforzo. Se uccidiamo un altro, è un azione estremamente negativa, accumulando karma negativo in questa e nelle prossime vite. Significa che sperimenteremo frutti negativi con tanta sofferenza, quindi, dovremo astenerci dall’uccidere.

Il rubare è prendere senza che sia dato. Se non abbiamo il diritto di prendere qualcosa è rubare, ma, se un qualcosa non ha proprietario, non è rubare. Lo è se appartiene ad un qualcuno, e lo facciamo nostro. In che modo il rubare è un’azione non virtuosa e fa del male all’altro? Quali emozioni suscita quest’ostacolo, questa sottrazione nell’altra persona? Sulla base di ciò comprendiamo quanto sia negativo il rubare. Pensiamo: se gli sottraiamo del cibo, dei beni, quanta sofferenza creiamo. Il rubare è chi, avendo una carica istituzionale, non pensa al bene comune, ma a quello individuale. Chi ha il potere, non lo deve utilizzare per i propri scopi, ma per il bene di tutti, di tutta la collettività. Altrimenti, se pensa solo a sé stesso, non è felice. Ciò avviene anche all’interno della famiglia, in ambiti ristretti, con conseguenze negative.

La condotta sessuale scorretta è anche l’adulterio, ma può variare nelle varie società a seconda dei vari costumi sessuali. Ad esempio, ci sono atteggiamenti diversi tra le culture sessuali orientali ed occidentali. Nel testo si dice di non portare disagio in una relazione. S’intende, innanzitutto: non insidiare sessualmente un monaco od una monaca. Non si può parlare di condotta sessuale scorretta di coloro che lasciano la moglie/marito e stabiliscono un’altra relazione, ma all’interno d’una famiglia, per il suo benessere, è importante non minare il rapporto all’interno della famiglia. È importante che ci sia amore, che porta rispetto e gentilezza, e si crea perciò una salda relazione tra due persone che stanno insieme. Perciò, questo tipo di condotta è considerata negativa. Cos’è l’amore? È completamente diverso dall’attaccamento, è legato alla grande compassione, è tenere all’altro, amare l’altro. Se ci si ama veramente per l’intera vita, ci si aiuta reciprocamente. È come l’amore tra madre e figlio che dura nel tempo. Ci sono diversi gradi d’attaccamento, che tendono a mutare, perché l’attaccamento nasce dal desiderio e non può durare per sempre. Mentre l’amore dura per sempre, per tutta la vita.

La felicita ha la forma del cuore ed, allo stesso modo, lo è l’amore, che è legato alla vita stessa. Se cerchiamo di togliere la moglie od il marito ad un altro, facciamo un’azione negativa che porta sofferenza. In genere, pur comprendendo che questa è un’azione negativa, sopraffatti dal desiderio, vi ricadiamo. È importante capire quanto può essere positivo l’amore. Molti in occidente hanno una condotta sessuale sbagliata, sperimentando in modo transitorio la felicità, il che non solo non è durevole ma può portare, come abbiamo detto, a sofferenza.

Le azioni non virtuose con la parola: sono 4 tipi d’azioni non virtuose, non mentire: dire che un qualcosa che non è vero, è vera e viceversa. Ci può essere un qualcosa di negativo in una famiglia, in un gruppo o tra amici se si vuole raggirare l’altro, strumentalizzandolo, per proprio tornaconto personale. Così la benevolenza che s’era instaurata con l’altro, viene completamente a cadere, a causa della falsità.

La nostra menzogna può restare celata per molto tempo, potrebbe non essere mai svelata. Ma, anche se in quel momento dentro di noi sappiamo che abbiamo sbagliato, dobbiamo scusarci con l’altro, dicendo: scusa, ho commesso quell’errore. E, se si continua a perpetrarlo, si va incontro a conseguenze spiacevoli: rapporti che si deteriorano sempre più. È quindi importante dire la verità e non mentire. Se una persona mente, per gli altri è un bugiardo ed è una persona di cui non ci si può fidare, viceversa, se è sincera, ispirerà rispetto ed amore. Quindi è importante avere una visione chiara di ciò, avendo un appropriato atteggiamento mentale. Quindi, la seconda azione scorretta della parola è il proferire parole che dividono. Anche quando abbiamo ascoltato discorsi negativi su una persona, non dobbiamo farci influenzare da questi discorsi per creare sfiducia.

La rabbia determina una reazione della stessa natura, che fa nascere litigi e parole accese, e sono armi che feriscono l’altro, colpendo nel profondo il cuore e la mente dell’altra persona, determinando uno stato di sofferenza nell’altro, il che dev’essere evitato. Quando si è soggetti alla rabbia od all’odio, non siamo nella nostra piena consapevolezza, tanto più se abbiamo assunto delle sostanze modificanti, e ci sono tipi di discorsi che devono essere evitati. Queste azioni negative di corpo e parola sono definite in questo modo, così come le azioni negative della mente. Dobbiamo comprendere che, se vogliamo essere critici, gli stessi artifici della società e della nostra esistenza e della nostra felicità, dobbiamo essere attivi, capendo se queste si auto-originano o se hanno una causa. Quindi dipendono dalla bramosia, l’intenzione di danneggiare gli altri da cui si sviluppano tutte le azioni del corpo o della parola. La prima delle azioni negative della mente è la bramosia, il desiderio ardente d’avere tutto per sé. Anche il comportamento sessuale scorretto lo attuiamo per questa bramosia. Questo fattore mentale potente, la bramosia, nel momento in cui ci cadiamo preda, ci fa compiere queste azioni.

Tutti hanno attaccamento e desiderio, se diventa forte diventa bramosia, il che c’induce a volere tutti e tutto. Ma è un fattore mentale sbagliato. E dobbiamo fare di tutto per sradicarlo. La malevolenza, od intenzione di danneggiare gli altri, determina tutta una serie d’intenzioni negative, è un atteggiamento mentale rigido e negativo. In primo luogo ci si arrabbia, dal che nasce l’intenzione di danneggiare l’altro, si passa quindi a far del male alla persona con la parola e l’azione. Quando ci accorgiamo dell’intenzione di danneggiare l’altro, dobbiamo renderci conto che è negativa, così, spontaneamente abbandoniamo questo tipo d’azione negativa ed abbiamo così un atteggiamento mentale diverso.

L’ultima delle azioni negative sono le visioni errate. Come, ad esempio, non comprendere che dal fare del male possa venire solo sofferenza. Così , abbiamo una visione distorta della realtà ed abbiamo conseguenze negative. Le nostre azioni possono causare sofferenza ed il non comprenderlo è una visione errata. Conosciamo le azioni negative non virtuose e ci sono tante pratiche basilari per evitarle. L’importante è mantenere la giusta condotta morale, la disciplina morale che è di beneficio non solo per le persone vicine, ma anche per l’ambiente. Mettere in pratica l’insegnamento è importante: tenendo a mente l’impegno di mantenere la disciplina morale, continuando a praticare ed a realizzare il Dharma. Come bisogna mettere in pratica la disciplina mentale? Spiegherò in modo conciso quest’argomento.

Qual’è la giusta condotta morale da mantenere? Non assumere intossicanti, come l’alcol. Perché, se siamo in preda ai fumi dell’alcol, non siamo consapevoli di quel che facciamo, danneggiamo i rapporti interpersonali, danneggiamo il nostro corpo e la nostra salute, dicendo parole senza senso, siamo inclini a litigare. Esistono persone che, in tal modo, hanno perso il senno e sono impazzite. Perciò, chi s’intossica con l’alcol od altri intossicanti, ha perso la consapevolezza di quel che fa, ma a differenza dei dementi, costoro sono loro stessi gli artefici della loro condizione, perché l’assunzione della sostanza è dipesa da una loro precisa scelta. Ci sono persone che credono di risolvere le loro problematiche personali assumendo alcol, ma è una visione sbagliata di vedere la felicità, è solo un espediente negativo che non può portare alla vera felicità. Altre categorie di persone pensano che con l’alcol si possono risolvere, o meglio dimenticare, i problemi della vita quotidiana.

Qual’è il vero problema all’origine della sofferenza? Per eliminare questi problemi dobbiamo praticare la pazienza. Non certo, come fa qualcuno, assumendo farmaci.

La successiva indicazione è di vivere con corretti mezzi di sostentamento. Chi vive secondo il dharma non accumula azioni negative, non cerca di indirizzare le proprie azioni solo per d’ottenere un più alto status sociale, un sostentamento adeguato. È importante far sì che questo guadagno o sostentamento non sia ingiusto, per il proprio profitto, ma con le motivazioni adeguate e le persone corrette. Bisogna comprendere che quest’esistenza non vada sprecata, che quindi la nostra mente ci sia di beneficio, la nostra condotta sia di beneficio: non solo a noi ma, innanzitutto, agli altri. Il terzo insegnamento da seguire è la non violenza od evitare qualsiasi atto che possa danneggiare l’altro, si tratta d’evitare qualsiasi azione che possa danneggiare gli altri.

Il quarto principio morale è donare con rispetto, senza nutrire il minimo disprezzo. Qualsiasi dono che possa alleviare la sofferenza all’altro va donato con amore. Bisogna onorare chi è degno d’amore, ad esempio, quando si fanno offerte per accumulare meriti.

Prima dobbiamo fare l’offerta di rifugio ed ai tre gioielli, prima di mangiare. È la pratica di fare l’offerta. Nell’ultimo punto si parla d’amore. È il volere che anche gli altri siano felici: questo è l’amore. Ed è legato anche alla compassione, in quanto non vogliamo che gli altri soffrano, ma che anzi ottengano la felicità. Così, naturalmente si sviluppa una mente altruistica. Il che porta a benefici sempre più ampi nella società.

L’ultimo verso dice: “In breve, la pratica consiste in questo”. Ovvero, in ciò che s’è detto finora. Quindi, per ottenere la preziosa rinascita umana, bisogna meditare sulla vacuità e sulla bodicitta. Ma, per ottenere la preziosa rinascita umana occorrono le cause: la giusta condotta morale, sviluppando quindi tutta un’altra serie di pratiche. La pratica del dharma è molto importante in questa e nelle vite che verranno, con questo tipo di consapevolezza. Dobbiamo partire da questa base. Ad esempio: se un bimbo non parte da livelli iniziali d’apprendimento, non avrà tutta una serie di connessioni nella pratica.

Termino qui l’insegnamento sulla Preziosa Ghirlanda del Sentiero di Mezzo sulla Madyamika di Nagarjuna: è uno dei testi fondamentali sui preziosi insegnamenti da praticare.

Possa tutto ciò essere di beneficio, non solo per noi stessi, ma anche per gli altri, dando loro la possibilità di superare vari tipi di sofferenza.

Che la nostra preghiera possa essere di beneficio affinché si possa continuare con la pratica del Dharma in questa e nelle prossime vite.