2 Nagarjuna: Lettera ad un amico. 52-123
In sanscrito: suhrllekha
In tibetano: bshes pa’i springs yig
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52 La liberazione dipende da te stesso, dunque
non c’è bisogno dell’aiuto di nessuno.
Quindi, tramite l’ascolto, la moralità e la concentrazione
impegnati nelle Quattro Verità.
53 Addestrati continuamente nella moralità superiore,
nella saggezza superiore e nella concentrazione superiore.
Questi tre addestramenti includono più di duecentocinquanta precetti.
54 O Signore, il Bhagavan ha indicato che
la reminiscenza del corpo è l’unico sentiero da percorrere.
Questa va mantenuto bene, con intensità.
Degenerando questa reminiscenza si distruggono tutti i Dharma.
55 La vita ha molti ostacoli, è più impermanente
di una bolla d’acqua esposta al vento.
È incredibile la fortuna di fare un respiro
dopo l’altro e risvegliarsi al mattino.
56 Infine il corpo marcisce, rinsecchisce e diventa polvere.
In conclusione diviene spazzatura.
Comprendi che è privo di essenza, per natura è soggetto a distruzione,
si inaridisce, marcisce e si decompone.
57 Se la terra, le montagne e gli oceani
saranno distrutti dal calore di sette soli,
e anche degli esseri incarnati non rimarrà nemmeno la polvere,
che bisogno c’è di considerare il corpo umano che è così fragile.
58 Quindi tutto ciò non è permanente, è privo di un sé,
senza rifugio, senza guida, senza dimora.
Poiché il samsara è privo di essenza come il banano,
tu che sei un grande uomo genera la mente che vuole emergere.
59 È più difficile per un animale rinascere come essere umano
che per una testuggine incontrare un giogo che
galleggia sull’oceano: con la capacità dell’essere umano
pratica il Dharma e porta a compimento il frutto.
60 Ancora più stupido di chi
riempie di escrementi un vaso d’oro ingioiellato
è colui che, dopo avere ottenuto una vita umana,
agisce commettendo negatività.
61 Dimorare in un posto ameno,
affidarsi a un grande essere puro,
avere devozione e i meriti creati in passato:
tu possiedi queste quattro grandi ruote.
62 L’affidarsi al maestro delle virtù fa completare
la condotta pura. Così ha insegnato il Muni.
Perciò affidati a un grande essere puro come i tanti che,
affidandosi al Vittorioso, hanno ottenuto la pace.
63 Nascere con visioni errate,
come animale, come preta ed essere infernale,
nei luoghi dove non esiste la parola dei Vittoriosi,
come selvaggio in un luogo remoto e sordomuto o idiota,
64 come qualunque dei deva di lunga vita:
queste nascite sono i difetti delle otto mancanze di libertà.
Sei libero da queste, hai trovato le libertà,
impegnati per fermare le rinascite.
65 Nobile signore, il dover lasciare ciò che è caro, la morte
la malattia, l’invecchiamento e le altre molteplici sofferenze
che sorgono dal samsara: anche se ti rende triste,
per comprendere i suoi svantaggi ascolta ancora.
66 Il proprio padre diventa un figlio, la propria madre una sposa,
gli esseri da nemici diventano cari amici e
succede anche l’opposto,
per cui nel samsara non c’è mai certezza.
67 Ciascuno di noi ha bevuto molto più latte
dei quattro oceani, e quelli nel samsara
che ancora seguono la direzione degli esseri ordinari,
in confronto dovranno berne quantità ancora maggiori.
68 Il cumulo di ossa lasciate da ciascuno di noi
raggiunge e supera il monte Meru.
Anche se usi dei ciottoli grandi come una bacca di ginepro,
per contare il lignaggio materno la terra stessa non basterebbe.
69 Anche se diventi Indra degno della venerazione del mondo,
spinto dalle azioni in seguito cadrai di nuovo sulla terra.
Anche se diventi il Re Chakravartin,
poi sarai di nuovo uno schiavo nel samsara.
70 Dopo avere goduto del contatto con
i seni e i fianchi delle fanciulle celestiali per lungo tempo,
dovrai subire ancora negli inferni
il contatto devastante delle macchine infernali che tagliano e polverizzano.
71 Dopo avere sperimentato a lungo sulla sommità del monte Meru
il piacere del suolo soffice sotto i piedi,
di nuovo dovrai sperimentare le sofferenze insopportabili
attraversando la conca di braci ardenti e la palude putrida.
72 Dopo avere goduto con le fanciulle celestiali
nel Giardino Gioioso e nel Bosco della Bellezza,
di nuovo nella Foresta dalle Foglie di Lame
ti taglieranno mani, piedi, orecchi e naso.
73b Dopo essere entrato nella Sorgente Gentile
con le bellezze celestiali e fra loti dorati,
di nuovo entrerai nelle acque bollenti
del fiume infernale Senza Guado.
74 Dopo avere ottenuto la sublime beatitudine dei deva del Desiderio
o perfino la beatitudine del non attaccamento di Brahma,
di nuovo diventi combustibile per il fuoco
degli Avici sperimentando sofferenza senza interruzione.
75 Dall’avere un corpo che emana luce propria, intensa
come quella del sole e della luna che illumina il mondo intero,
di nuovo ti troverai nell’oscurità più totale
dove non vedi le tue mani distese.
76 Questi sono i difetti. Quindi usa
la luce della lampada dei tre tipi di meriti,
perché entri da solo nella fitta oscurità
dove il sole e la luna non hanno alcuna influenza.
77 Gli esseri che compiono azioni esecrabili
patiranno continue sofferenze
negli inferni del Samjiva, Kala Sutra,
Mahatapana, Samghata, Raurava, Avici e gli altri.
78 Alcuni vengono schiacciati
come semi di sesamo, altri ridotti in polvere come farina.
Alcuni vengono fatti a pezzi con seghe,
altri tagliati con terribili asce affilate.
79 Altri, inoltre, devono ingerire metallo fuso
dal liquido rovente e infiammato,
altri sono legati insieme con filo spinato
e impalati su pali di metallo rovente.
80 Alcuni, mentre vengono dilaniati da cani feroci
con zanne di metallo, alzano e muovono le braccia,
altri esseri inermi vengono feriti da rapaci con
il becco di metallo e dagli artigli terribili.
81 Alcuni vengono attaccati da una moltitudine
di scarafaggi e da decine di migliaia di mosche e api nere
le cui punture terribili causano grandi ferite,
e mentre vengono divorati urlano e rotolano a terra disperati.
82 Altri, su cumuli infiammati di braci roventi
rimangono con la bocca aperta mentre bruciano
continuamente, mentre altri vengono bolliti
in calderoni di ferro a testa in giù come involtini di riso.
83 Quelli di grande negatività ne sono preservati
fino al momento in cui cessano di respirare,
Quelli che udendo delle immense sofferenze infernali
rimangono indifferenti senza paura, sono di natura dura come il vajra.
84 Se il solo vedere dei disegni o immagini degli inferni,
oppure leggere, ricordarsi o udire qualcuno parlare di essi,
induce una paura terribile, tanto maggiore
sarà l’esperienza della maturazione completa.
85 Di tutte le felicità, l’estinzione della brama
è suprema felicità; allo stesso modo,
di tutte le sofferenze, niente è più
terribile della sofferenza dell’inferno Avici.
86 Qui, la sofferenza che è provocata dall’essere trafitti
con grande violenza da trecento lance per un giorno,
non è paragonabile neppure a una frazione
della minima sofferenza negli inferni.
87 Inoltre, queste sofferenze estremamente terribili
si sperimentano per decine di miliardi di anni,
e finché quelle negatività non saranno esaurite
non ci si separerà da quella vita.
88 I semi di questi risultati delle non virtù
sono le azioni errate di corpo, parola e mente:
da ora in poi adoprati con sforzo
per non compiere nemmeno la minima di queste.
89 Anche la nascita come animali implica molte sofferenze.
Si viene macellati, legati, picchiati e così via.
Coloro che hanno abbandonato le virtù della pace
sono devastati dal divorarsi l’un l’altro.
90 Alcuni muoiono a causa delle perle,
per la lana, le ossa, la carne e la pelle.
Altri inermi vengono asserviti ai lavori forzati,
sottomessi con bastoni, fruste e uncini.
91 Anche i preta, per la mancanza di beni materiali,
soffrono costantemente la fame, la sete,
il freddo, il caldo, la paura e la fatica
con un tormento insopportabile.
92 Alcuni hanno la bocca piccola come la cruna di un ago
e lo stomaco grande come una montagna,
soffrono per la fame, ma sono così privi di forze che
non riescono a procurarsi nemmeno un pezzetto di sporcizia.
93 Alcuni hanno il corpo nudo, solo pelle e ossa,
rinsecchiti come la cima dell’albero Tala.
Altri hanno la bocca che emette fuoco di notte e
il cibo che mangiano nella bocca ardente diventa sabbia.
94 Alcuni ancora più miseri
non trovano nemmeno sporcizia come pus, sangue e altro,
si colpiscono a vicenda il collo
per fare uscire il pus dalle gole infiammate.
95 In estate, per i preta, persino la luna è troppo calda
e in inverno anche il sole è troppo freddo.
Con il solo sguardo i frutti scompaiono dagli alberi
e anche le sorgenti d’acqua si seccano.
96 Legati alla base di sofferenza incessante
dal cappio delle azioni negative compiute,
alcuni rimangono in quel corpo incatenati strettamente
e non muoiono nemmeno dopo cinquemila o diecimila anni.
97 I preta sperimentano solo
il sapore di molteplici sofferenze
La sua causa è l’abitudine e la disposizione alla grettezza:
il Buddha ha insegnato che l’avarizia non è dei Superiori.
98 Per quanto grande sia la felicità negli stati superiori,
la sofferenza al momento della morte è assai maggiore.
Le persone migliori, riflettendo così,
non desiderano gli stati superiori che sono effimeri.
99 L’aspetto del corpo diventa brutto,
il proprio posto diventa scomodo e le collane
di fiori appassiscono, gli abiti si sporcano, il corpo
suda come mai prima d’ora.
100 I cinque segni che presagiscono la morte negli stati superiori dei deva
che vivono nelle dimore celestiali sono simili
ai segni che presagiscono la morte
degli esseri umani che stanno per morire sulla terra.
101 Quando i deva lasciano quella esistenza,
se hanno esaurito completamente le virtù restanti,
senza potere nasceranno
come preta o negli inferni.
102 Anche gli asura hanno naturalmente
ostilità per la gloria dei deva e grande è la sofferenza mentale.
Sono intelligenti, ma a causa delle oscurazioni
di quella nascita non vedono la Verità.
103 In questo samsara, nessuna rinascita come deva,
umani, esseri infernali, preta e animali è favorevole.
Sappi che la nascita
è il contenitore di numerose sofferenze.
104 Anche se i vestiti e il capo prendono fuoco all’improvviso,
invece di estinguerlo
sforzati di fermare le rinascite,
perché non c’è uno scopo più grande e importante.
105 Con la moralità, la concentrazione e la saggezza
ottieni lo stato al di là della sofferenza: pacificato e
immacolato, senza invecchiamento, morte e distruzione,
privo di terra, acqua, fuoco, aria, sole e luna.
106 Memoria, discernimento dei fenomeni,
entusiasmo, gioia, flessibilità, concentrazione ed equanimità:
questi sette sono i rami dell’illuminazione,
la raccolta delle virtù che fanno ottenere il nirvana.
107 Senza la saggezza non c’è concentrazione, e
pure senza la concentrazione non c’è saggezza.
Chi possiede queste due riduce l’oceano
del samsara alla misura dell’impronta di uno zoccolo.
108 Riguardo alle quattordici mondane non esposte,
l’Amico del Sole ha ben insegnato
che non si dovrebbe riflettere su di esse
perché non portano la pacificazione della mente.
109 Dall’ignoranza le azioni, da queste
la coscienza, da essa sorgono nome e forma,
da questi le sei sorgenti e da esse
il contatto: questa è l’originazione che ha insegnato il Muni.
110 Dal contatto sorgono le sensazioni,
e sulla base delle sensazioni sorge la brama
Dalla brama sorge l’afferrarsi, da questo
il divenire e dal divenire la nascita.
111 Con la nascita c’è la sofferenza della malattia,
l’invecchiamento, l’insoddisfazione, la morte, la paura e il resto.
Il sorgere di questo enorme cumulo di sofferenze
cesserà completamente fermando la nascita.
112 Il sorgere dalla relazione dipendente
è il più prezioso e profondo dei tesori delle parole dei vittoriosi.
Chi vede questo perfettamente
vede il Buddha, il conoscitore supremo della realtà.
113 Visione corretta, retta sussistenza, retto sforzo,
retta memoria, retta concentrazione, retta parola,
retta attività e pensiero corretto sono gli otto rami del sentiero.
Meditando su questi otterrai la pace.
114 La nascita è sofferenza
e la bramosia è la sua vasta origine;
la cessazione di questo è la liberazione
che si ottiene con l’ottuplice sentiero dei superiori.
115 Pertanto, sforzati continuamente
per comprendere le Quattro Verità dei superiori.
Anche se sei un laico con grandi ricchezze mondane in grembo,
con la conoscenza puoi attraversare il fiume delle emozioni distruttive.
116 Coloro che hanno realizzato il Dharma, inoltre,
non sono caduti dal cielo, non crescono come un raccolto
e non vengono dalle profondità della terra.
Tutti loro erano esseri ordinari soggetti a emozioni distruttive.
117 Tu che sei senza paure, cosa posso insegnarti di più?
Ecco un consiglio ricco di significato e benefico:
sottometti la tua mente, perché il Baghavan
ha insegnato che la mente è la radice del Dharma.
118 Questi consigli che ti ho dato
sono difficili da seguire anche per un monaco.
Qualunque di queste istruzioni tu pratichi,
utilizza le sue qualità così da rendere la vita significativa.
119 Gioisci delle virtù di tutti e
anche dei tre tipi di azioni eccellenti.
Dedicale completamente all’ottenimento dello stato di buddha.
Dopodiché, grazie a questo cumulo di virtù,
120 dopo essere divenuto in innumerevoli vite
il signore dello yoga in tutti i mondi degli uomini e degli dèi,
compiendo le azioni di Arya Avalokitesvara
possa tu proteggere numerosi esseri miserevoli.
121 Con la nascita finale, elimina malattia,
invecchiamento, attaccamento e avversione;
poi, in una terra pura, diventa, come il Baghavan Amithaba,
il salvatore del mondo dalla vita infinita.
122 Dopo avere esteso la grande fama immacolata che deriva da saggezza,
moralità e generosità, pacifica completamente
gli uomini sulla terra e i deva degli stati superiori
la cui felicità maggiore è il godere di giovani donne.
123 Dopo essere divenuto il Signore dei Vittoriosi che pacifica
la nascita, la morte e le paure della moltitudine di esseri afflitti,
otterrai lo stato dal mero nome, di là dalla sofferenza,
pace, senza paura, puro e perfetto.
Questo conclude la Lettera a un Amico, composta dal Maestro Arya Nagarjuna per il suo amico, il re Surabhibhadra.
Traduzione e correzione dal sanscrito al tibetano del grande revisore e traduttore venerabile Peltzeg e dell’abate Indiano Sarvabhadra.
Tradotto dal Tibetano in Italiano da Champa Pelgye Fabrizio Pallotti, 8 novembre 2013. © Istituto Lama Tzong Khapa, 2013.