1- Patrul Rinpoche: Le Istruzioni Orali del Mio Perfetto Maestro.
Una guida ai preliminari del Longchen Nyingthig dello Dzogchen.
Titolo originale: Kun bzang lama’i zhal lung (Dzog pa chenpo longchen nyingthig gi nongdro’i khird yig kun bzang lama’i zhal lung); Insegnamenti orali del maestro Samantabhadra sulle pratiche preliminari Dzogchen della serie “Essenza del cuore della vasta estensione”.
Preliminari ordinari o esterni, difficoltà e vantaggi del raggiungere la libertà, il modo corretto di ricevere gli insegnamenti spirituali, la vasta efficacia dei metodi: l’attitudine del mantrayana segreto, atteggiamenti da evitare, le tre imperfezioni del vaso.
Longchen Nyingthig (1)
Prologo:
Mi prostro dinanzi a voi, venerabili maestri,
la cui compassione è infinita e incondizionata.
Voi conquistatori del lignaggio della mente;
voi Vidyadhara del lignaggio dei simboli;
voi fortunati fra gli esseri ordinari che,
Guidati dagli illuminati, hanno raggiunto il doppio traguardo.2
Maestri dei tre lignaggi, innanzi al vostro volto mi inchino.
Nell’estensione dove tutti i fenomeni si estinguono, voi
Incontraste la saggezza del dharmakaya;
Nella chiara luce dello spazio ove scorgeste il sambhogakaya
I campi dei Buddha3 si manifestano;
Per il beneficio degli esseri vi mostraste nella forma del nirmanakaya4.
Longchenpa, Onnisciente Sovrano del Dharma, mi prostro dinanzi a te.
Nella tua saggezza hai scrutato la vera natura5 di ciò che può essere conosciuto; la luce del tuo amore ha irradiato benefici su tutti gli esseri;
hai illustrato gli insegnamenti del profondo sentiero, vertice di tutti i veicoli.
Rigdzin Jigme Lingpa, mi prostro dinanzi a te.
Sei stato il Signore Avalokitesvara stesso nella forma di un amico spirituale;
Chiunque abbia udito i tuoi insegnamenti è stato introdotto nel sentiero della libertà;
Per soddisfare i bisogni di tutti gli esseri, la tua attività è stata incessante;
Grazioso maestro radice, mi prostro dinanzi a te.
Gli scritti dell’Onnisciente Longchenpa e il suo lignaggio contengono
L’intero magistero del Buddha:
Le istruzioni sulla realtà quintessenziale,
che realizzano la Buddhità in una sola vita,
I preliminari ordinari, così come quelli esterni e interni del sentiero,
Con l’aggiunta dell’istruzione supplementare sul rapido sentiero del trasferimento.
Possano i Buddha ed i maestri benedirmi
Affinché esponga con compiutezza, così come le ricordo,
Le infallibili parole del mio perfetto maestro,
Meravigliosamente profonde, benché chiare e facili da capire.
(1) Lett.: “Essenza del cuore della vasta estensione”, indica la serie di pratiche e insegnamenti dello Dzogchen trasmessa da Jigmed Lingpa.
(2) Ossia, la realizzazione per sé e per gli altri esseri.
(3) I “campi dei Buddha” sono gli infiniti mondi dove i Buddha si manifestano ed insegnano. Il mondo terrestre è il “campo del Buddha Sakyamuni”.
(4) Nirmanakaya, sambhogakaya e dharmakaya sono i tre aspetti dello stato di Buddha. Il primo è la compassione (con cui il Buddha ci soccorre col corpo materiale). Il secondo è la luminosità (con cui il Buddha manifesta le forme della saggezza e della beatitudine). Il terzo è la vacuità (il corpo assoluto e incondizionato del Buddha).
(5) Ossia l’interdipendenza dei fenomeni e dunque la vacuità di tutto ciò che può essere oggetto di esperienza.
CAPITOLO PRIMO
PRELIMINARI ORDINARI O ESTERNI
DIFFICOLTÀ E VANTAGGI DEL CONSEGUIRE LA LIBERTÀ
L’argomento principale del capitolo, ossia l’insegnamento sulla difficoltà e i vantaggi del conseguimento della libertà, è preceduto da una esposizione del modo corretto di ricevere le istruzioni spirituali. (Il verbo thos pa (ascoltare) in senso spirituale indica udire un maestro, ma anche leggere, studiare, meditare e, in generale, “ricevere” un insegnamento.)
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IL MODO CORRETTO DI RICEVERE GLI INSEGNAMENTI SPIRITUALI
Il modo corretto di ricevere gli insegnamenti è costituito da due aspetti: giusto atteggiamento e giusta condotta.
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Atteggiamento
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Il giusto atteggiamento combina la vasta attitudine del bodhicitta, la mente dell’illuminazione, con la profonda efficacia dei mezzi del Mantrayana Segreto.
LA VASTA ATTITUDINE DEL BODHICITTA
Non vi è un solo essere nel samsara, questo immenso oceano di inappagamento, che nel corso del tempo senza inizio non sia stato nostra madre o nostro padre. Quando furono nostri genitori, l’unico pensiero di tali esseri era di prendersi cura di noi con la massima gentilezza possibile, proteggendoci con amore e donandoci il meglio del loro nutrimento e dei loro indumenti.
Tutti questi esseri, un tempo così gentili con noi, desiderano perseguire la felicità, ma tuttora non hanno alcuna idea su come operare in modo da conseguirla, ossia, applicando le dieci azioni positive. Nessuno di tali esseri, benché rifugga la sofferenza, è in grado di interrompere l’applicazione delle dieci azioni negative che sono alla radice di essa. Il loro più profondo desiderio e le loro effettive azioni si contraddicono: poveri esseri confusi e sperduti, come un cieco abbandonato nel mezzo di una pianura vuota!
Diciamo a noi stessi: “Per il loro beneficio ho deciso di ricevere il profondo Dharma e metterlo in pratica. Condurrò tutti questi esseri, miei genitori, tormentati dalle miserie dei sei reami di esistenza, verso lo stato di onnisciente Buddhità, liberandoli dai fenomeni karmici che costituiscono le condizioni e le sofferenze di ciascuno dei sei reami.” È importante mantenere tale atteggiamento mentre si ricevono insegnamenti o li si mettono in pratica.
Ogni volta che agiamo in modo positivo, qualunque sia l’importanza dei nostri atti, è indispensabile intensificarli con i tre metodi supremi. Ossia: prima di intraprendere una azione, risvegliamo in noi il bodhicitta (la compassione), in modo da assicurarci che da essa scaturiscano benefici per il futuro. Mentre eseguiamo l’azione, non incorriamo nell’attaccamento e nell’ambizione, affinché i meriti non ne vengano distrutti. Infine, sigilliamo l’azione in modo conveniente dedicando i meriti, ossia i suoi effetti, al beneficio degli esseri, portandola così ad accrescersi di continuo.
Il modo in cui riceviamo il Dharma è molto importante. Più importante ancora è la motivazione con cui lo accogliamo.
Cosa rende una azione buona o cattiva?
Non come essa appare, nemmeno se essa è grande o piccola,
Piuttosto, la buona o cattiva motivazione che ne è alla base.
Per quanti insegnamenti abbiamo ricevuto, la motivazione ordinaria con la quale ci siamo avvicinati ad essi, ossia il desiderio di grandi cose, di fama o altro, non è la via al vero Dharma. Anzitutto dunque, è essenziale esaminare la propria interiorità per modificare la motivazione. Se saremo capaci di modificare il nostro atteggiamento, l’efficacia dei metodi pervaderà ogni nostra azione positiva e saremo introdotti nel sentiero dei grandi esseri. Se ciò non accade, lo studio e la pratica del Dharma non sarà che una finzione con noi stessi. Ogni volta che studiamo o pratichiamo gli insegnamenti, siano essi prostrazioni, circumambulazioni, meditazioni su un aspetto del Buddha o recita di mantra, persino di un singolo mani, è dunque essenziale generare il bodhicitta.
LA VASTA EFFICACIA DEI METODI: L’ATTITUDINE DEL MANTRAYANA SEGRETO
A proposito del Mantrayana segreto, la Fiaccola dei tre metodi riferisce quanto segue:
Ha l’identico scopo, ma è libero da ogni confusione1,
È ricco nei metodi e privo di difficoltà2,
È adatto a coloro che possiedono capacità penetranti, [perciò] il Mantrayana è sublime.
1 Ossia, il Mantrayana Segreto ha l’identico scopo dei sutra e dei tantra (la vacuità), ma non considera illusoria la realtà ordinaria che sorge dalla vacuità. Tale realtà viene ritenuta una manifestazione della saggezza e dunque potenzialmente capace di autoliberazione.
2 Ossia, non implica ascetismo e disprezzo del mondo.
Il Mantrayana può essere recepito attraverso molte vie e contiene svariati metodi per l’accumulo di meriti e saggezza. Esso possiede inoltre profondi ed efficaci mezzi per manifestare il potenziale che è in noi. Alcuni di essi prevedono pesanti sacrifici, mentre altri perseguono i loro obbiettivi senza richiedere particolari rinunce. Tutti però si fondano sul modo in cui indirizziamo le nostre aspirazioni:
Ogni cosa è condizionata dalle circostanze
E dipende interamente dalla propria aspirazione.
Il luogo in cui il Dharma è stato insegnato, il maestro che lo ha trasmesso e gli insegnamenti stessi non vanno considerati come ordinari e impuri.
In particolare, il maestro incarna l’essenza di tutti i Buddha che si dispiega attraverso i tre tempi (passato, presente e futuro) ed è l’unione dei Tre Gioielli; perciò il suo corpo è costituito dal Sangha (l’assemblea dei discepoli), la sua voce o energia dal Dharma (l’insieme degli insegnamenti) e la sua mente dal Buddha. Egli è anche l’unione delle Tre Radici, perciò il suo corpo è quello del maestro in carne ed ossa, la sua voce o energia è lo yidam (un aspetto del Buddha) e la sua mente è la dakini (essere che incarna l’energia realizzatrice della pratica). Il maestro è poi l’unione dei tre kaya, dunque il suo corpo è il nirmanakaya, la sua voce è il sambhogakaya e la sua mente il dharmakaya. Egli è infine l’incarnazione di tutti i Buddha del passato, sorgente di tutti i Buddha del futuro e modello di tutti i Buddha del presente. Dal momento che egli si fa carico di discepoli degenerati quali siamo noi, cui nessuno dei migliaia di Buddha del Buon Kalpa (l’era attuale) potrebbe soccorrere, la sua bontà e compassione eccede quella di ogni altro Buddha.
Il maestro è il Buddha,
il maestro è il Dharma,
Il maestro è pure il Sangha.
Il maestro è colui che porta tutto a buon fine.
Il maestro è il Glorioso Vajradhara.
Noi stessi, che formiamo l’assemblea riunita per l’ascolto degli insegnamenti, utilizziamo la base della nostra natura di Buddha ed abbiamo il supporto della nostra preziosa vita umana, delle circostanze che ci consentono di avere un amico spirituale e dei metodi per seguire i suoi consigli per diventare i Buddha del futuro. Come scritto nello Hevajra Tantra:
Tutti gli esseri sono Buddha,
ma questa realtà è celata da oscurità contingenti.
Quando tali oscurità sono purificate,
la Buddhità degli esseri si rivela.
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Condotta
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La giusta condotta di chi riceve gli insegnamenti è presentata come una lista di atteggiamenti che sono da evitare e altri che invece è bene perseguire.
ATTEGGIAMENTI DA EVITARE
L’elenco di atteggiamenti da evitare include le tre imperfezioni del vaso, le sei macchie e i cinque modi errati di ricordare.
Le tre imperfezioni del vaso
Chi non ascolta è come un vaso messo a rovescio. Chi non è capace di ricordare ciò che ascolta è come un vaso bucato. Chi mescola emozioni negative con ciò che ascolta è come un vaso contenente veleno.
Il vaso messo a rovescio. Distrarsi mentre si ascoltano gli insegnamenti vuol dire essere come un vaso che, rovesciato, perde tutto il suo contenuto: benché fisicamente presenti, non riceviamo una parola di ciò che ci viene insegnato.
Il vaso bucato. Ricevere gli insegnamenti senza ricordare ciò che si è ascoltato e appreso, vuol dire essere come un vaso che perde: per quanto liquido vi si versi, non ne resta mai nulla. Non importa quanti insegnamenti riceveremo: non assimileremo, né metteremo in pratica alcunché di essi.
Il vaso contenente veleno. Ascoltare con atteggiamento scorretto, desiderando ad esempio di diventare grandi o famosi, oppure riempiendoci la testa con i cinque veleni (Le cinque emozioni perturbatrici: confusione, ignoranza, attaccamento, avversione e invidia.), farà si che, non solo il Dharma non potrà soccorrere la nostra mente, ma, come nettare versato in un vaso pieno di veleno, esso sarà trasformato in qualcosa che non è più Dharma.
Questo è ciò che il saggio Indiano Padampa Sangye ha affermato:
Ascolta gli insegnamenti come un cervo che ode la musica;
Contemplali come un nomade del nord che tosa una pecora;1
Medita su di essi come un muto che assapora il cibo;2
Mettili in pratica come uno yak affamato che bruca l’erba;
Conquistane i risultati come il sole che riappare da dietro le nubi.
1 Ossia, senza distrazioni.
2Si riferisce al fatto che le esperienze della meditazione non sono esprimibili a parole, come il sapore dei cibi per un muto.
Quando si ascoltano gli insegnamenti, si dovrebbe essere come il cervo che, ammaliato dal suono del vina, non si avvede del cacciatore che se ne sta appostato per colpirlo con una freccia avvelenata. Congiungendo i palmi delle mani, si ascolti, con tutti i pori del corpo frementi e gli occhi umidi di lacrime, senza permettere ai pensieri estranei di manifestarsi.
Non è bene ascoltare col corpo mentre la mente corre dietro ai pensieri e la voce dà vita ad un ricco repertorio di pettegolezzi, raccontando ciò che ci piace e guardandoci intorno di continuo. Per ascoltare un insegnamento si devono persino interrompere le orazioni, l’accumulo dei mantra e tutte le meritorie attività che avevamo già intrapreso.
Dopo aver ricevuto correttamente un insegnamento seguendo tali suggerimenti, è molto importante ritenere ciò che è stato detto senza mai dimenticarlo, mettendolo in pratica di continuo. Difatti, come disse il Grande Saggio:
Vi ho mostrato i metodi
Che conducono alla liberazione.
Tuttavia non dovreste dimenticare
Che la liberazione dipende solo da voi stessi.
I maestri, mentre forniscono istruzioni per praticare correttamente, trasmettono anche insegnamenti su come ascoltare il Dharma e come applicarlo, su come abbandonare le azioni negative e attuare quelle positive. Il discepolo ha perciò il compito di ricordare le istruzioni e metterle in pratica realizzandone gli scopi.
Il solo ascoltare il Dharma può essere di qualche beneficio. Se tuttavia non lo si serba nella memoria, si perderà ogni cognizione delle parole e del significato con cui è stato trasmesso; il che equivale a non aver appreso nulla.
Se si sono ricevuti gli insegnamenti mescolandoli con le emozioni negative, essi non potranno rappresentare per noi il puro Dharma. Difatti, come l’impareggiabile Dagpo Rinpoche disse:
Finché non praticate il Dharma secondo le prescrizioni del Dharma,
Il Dharma stesso sarà causa di empie rinascite.
Sbarazziamoci dunque di ogni opinione errata riguardo al maestro e al Dharma. Evitiamo di criticare i nostri fratelli e compagni spirituali e non abusiamo di loro. Liberiamoci dall’orgoglio e dal disprezzo, abbandonando i pensieri negativi. Ognuna di queste cose infatti è causa di rinascita in dimensioni impure.
Le sei macchie
Nel testo intitolato L’argomentazione ben illustrata è scritto:
Orgoglio, mancanza di fede e di applicazione,
Distrazione per le cose esteriori, tensione interna e scoraggiamento;
Queste sono le sei macchie.
Sono dunque da evitare i sei seguenti atteggiamenti. Il primo consiste nel ritenersi superiori al maestro che espone il Dharma, senza credere né a lui, né ai suoi insegnamenti, mancando poi di applicare il Dharma a se stessi e lasciandosi distrarre dagli eventi esterni. Si può inoltre commettere l’errore opposto di dirigere i propri sensi troppo all’interno oppure di scoraggiarsi facilmente se, ad esempio, un insegnamento risulta essere troppo lungo.
Di tutte le emozioni negative, l’orgoglio e l’invidia sono le più difficili da riconoscere. Perciò, è necessario esaminare la propria mente con attenzione in modo da individuare e prevenire il pensiero che le proprie qualità, siano esse mondane o spirituali, possiedano la benché minima caratteristica speciale. Dal momento che questo pensiero ci renderà ciechi ai nostri errori e inconsapevoli delle buone qualità altrui, è meglio rinunciare all’orgoglio e scegliere di mantenere un basso profilo.
Se non si possiede fede, l’ingresso al Dharma è come ostruito. Dei quattro tipi di fede, (I primi tre tipi sono spiegati nella parte seconda del primo capitolo. Il quarto tipo, la fede irreversibile, viene spesso aggiunto per indicare il culmine della fede, quando essa diviene parte integrante dell’essere. ) si deve ricercare la fede irreversibile.
Il nostro interesse nei confronti del Dharma è la base di tutte le nostre realizzazioni. Nella misura in cui il nostro grado di attenzione per esso è eccelso, mediocre o scarso, saremo praticanti profondi, ordinari o inetti. Se poi non abbiamo alcun interesse per il Dharma, non otterremo alcun risultato dalle pratiche prescritte; così come indicato dal proverbio:
Il Dharma non ha proprietari. Esso appartiene a chi più vi si applica.
Lo stesso Buddha ottenne gli insegnamenti al prezzo di centinaia di stenti e privazioni. Per ricevere una singola quartina, egli scavò dei buchi nella propria carne riempiendoli di olio e piantandovi migliaia di stoppini per trasformarli in lampade votive, dopodiché si gettò negli abissi ardenti conficcandosi migliaia di aghi di ferro nel corpo. (Questi esempi tratti dalle storie delle vite precedenti del Buddha illustrano il grado del suo fervore, ma non sono da imitare allo scopo di condurre pratiche di ascetismo estremo.)
Anche se devi affrontare inferni roventi o spade taglienti come rasoi,
Cerca il Dharma fino alla morte.
Perciò è bene ricevere gli insegnamenti con grande applicazione e senza curarsi del caldo, del freddo o di altre avversità.
La tendenza della coscienza a farsi egemonizzare dagli oggetti percepiti dai sei sensi è la radice di tutte le illusioni del samsara e la sorgente di tutte le sofferenze (Il sesto senso è la mente, dal momento che essa percepisce i suoi oggetti interni così come gli altri cinque sensi percepiscono le cose esterne.). La conoscenza visiva della falena, attratta dalle forme, porta l’insetto a bruciarsi sulla fiamma della lampada; il cervo, il cui udito è soggiogato dai suoni, viene facilmente ucciso dal cacciatore; gli insetti sono inghiottiti dalle piante carnivore perché attratti dal loro odore; il pesce abbocca all’amo quando è sedotto dal sapore dell’esca; l’elefante annega nella palude a causa della sua predilezione per il fango. Allo stesso modo, ogni volta che si riceve, si insegna, si medita o si pratica il Dharma, è importante evitare di seguire le tendenze abituali, senza indugiare sulle emozioni legate alle preoccupazioni per l’avvenire, né farsi distrarre da ciò che accade intorno a noi.
Come Gyalse Rinpoche ha affermato:
Le gioie o i dispiaceri del passato sono come disegni sull’acqua:
Non lasciano alcuna traccia, perciò non inseguiteli!
Riflettete piuttosto su di essi, per comprendere la natura effimera del successo e del fallimento.
Sono forse queste cose degne di fede più del Dharma, o voi che ripetete mani?16
I vostri progetti futuri sono come reti lanciate su un fiume disseccato:
Essi non vi offriranno mai ciò che desiderate.
Limitate perciò brame e aspirazioni! E se esse si presentano alla mente,
Pensate all’incertezza su quando la morte verrà:
A cos’altro serve il tempo che vi resta,
se non all’ottenimento del Dharma, o voi che ripetete mani? 1
La vostra attuale occupazione è come un’opera realizzata in un sogno.
Dal momento che lo sforzo è privo di scopo, non dategli importanza.
Considerate i vostri onesti guadagni, ma senza attaccamento.
L’attività mondana è priva di fondamento ultimo, o voi che ripetete mani!
Tra una meditazione e l’altra, imparate il controllo dei pensieri
Che sorgono dai tre veleni;
Ogni volta che sarà necessario, è indispensabile ricordarlo:
Finché tutti i pensieri e le percezioni non appaiano come dharmakaya,
Non allentate la briglia dei pensieri illusori, o voi che ripetete mani!
È stato anche detto:
Non incoraggiare il futuro, perché se lo fai
Sei come il padre di Astro Famoso!
1 (Si riferisce ai comuni abitanti del Tibet, devoti al Dharma e impegnati nella frequente recita del ben noto mantra Om mani padme hum, privi tuttavia di una profonda conoscenza degli insegnamenti Buddisti.)
Ciò allude alla storia di un uomo privo di mezzi che si imbatté in un grosso mucchio di orzo. Egli lo raccolse in un sacco, che appese ad un palo, dopodiché si adagiò sotto di esso iniziando a sognare ad occhi aperti.
“Quest’orzo mi frutterà molti soldi,” pensava: “E, una volta ricco, prenderò moglie…e lei mi darà un figlio…che nome gli darò?” Proprio allora, apparve la luna, ed egli decise di chiamare suo figlio Astro Famoso. Nel frattempo, un topo stava rosicchiando la corda che teneva appeso il sacco; e quando questa si spezzò, il sacco rovinò sull’uomo uccidendolo.
Simili sogni sul passato e il futuro non si avverano mai e sono solo distrazioni. Abbandoniamoli una volta per tutte, mentre restiamo presenti a noi stessi e ascoltiamo attentamente il Dharma.
D’altra parte, non focalizziamoci troppo intensamente sui dettagli, selezionando singole parole o concetti come un orso che scova marmotte sotto terra. Ogni volta che afferriamo un’idea, ci lasciamo sfuggire quella precedente senza comprendere il disegno d’insieme. Troppa attenzione produce anche sonnolenza; perciò è meglio bilanciarci tra concentrazione e rilassamento.
Una volta, Ananda insegnò a Srona la meditazione, tuttavia quest’ultimo aveva difficoltà a restare in posizione eretta. Talvolta infatti la sua postura era troppo rigida, talvolta troppo rilassata. Srona allora discusse la cosa col Buddha, il quale gli chiese: “Quando eri un laico sapevi suonare molto bene il vina, non è così?”
“Certo, lo suonavo bene.”
“Ora, ricordi se il tuo vina suonava meglio con le corde tese o allentate?”
“Il suono migliore si otteneva quando non erano né troppo tese, né troppo allentate.”
“Lo stesso accade con la mente,” replicò il Buddha.
Grazie a questo esempio, Srona praticò fino ad ottenere la realizzazione.
Machik Labdrön ha infine dichiarato:
Concentrati con fermezza mentre agevolmente ti rilassi:1
Questo è un punto essenziale per ottenere la Visione Pura.
1 Ossia, scorgi dapprima la calma sottostante al flusso di pensieri ed emozioni. Dopodiché, mantenendo acuta la tua attenzione, rilassati in essa.
Prima edizione tibetana: Gangtok 1974. Prima edizione occidentale: The Words of My Perfect Teacher, San Francisco 1996. Traduzione di Cristoforo Andreoli, © 2006. Fonte che si ringrazia per la sua gentilezza www.realizzazione.it, http://www.realizzazione.it/perfettomaestro/IstruzioniOrali.pdf