Insegnamenti 9-11.10.15 del Ven. Sangye Nyenpa Rinpoce sul testo di Langri Tangpa Dorje Senghe “Gli otto versi dell’addestramento mentale, Lojong”, al Centro Benchen Karma Tegsum Tashi Ling, Cancello, VE. Trascrizione basata anche sulla traduzione del Dr. Massimo Dusi e del curatore Dr. Luciano Villa del Centro Studi Tibetani Sangye Cioeling Sondrio, nell’ambito del progetto Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Testo basato su appunti non revisionati, qualsiasi errore od omissione è del curatore.
Ven. Sangye Nyenpa Rinpoce – quarta parte
Buon pomeriggio, benvenuti al nostro dialogo sull’addestramento mentale, ed, a questo scopo, vi vorrei ricordare l’importanza di generare la mente di bodicitta.
Leggiamo ora il terzo verso, dato che gli altri due li abbiamo completati ieri.
Esaminando con attenzione la mia mente,
in tutte le azioni che compio
affronterò ed eliminerò al suo primo apparire ogni difetto mentale,
prima che possa nuocere a me stesso ed agli altri.
Shantideva nel suo prezioso Bodhisattvacharyavatara, la Via del Bodhisattva, dice che si possono applicare tre metodi per esaminare ed analizzare le nostre emozioni e pensieri negativi.
Perché siamo sempre dominati da queste emozioni negative?
Perché siamo assuefatti da tempo senz’inizio, abbiamo acquisito una grande familiarizzazione con queste, vite dopo vite, perciò cadiamo in preda alla collera, alla gelosia, alla brama, al forte desiderio, che quindi ci dominano, perché ne subiamo così l’influenza. È molto importante quanto ci dice in proposito Shantideva: “Ci manca la capacità di riconoscimento”. In Tibet si dice che “non ne vedo il volto, la faccia”: il termine tibetano in proposito è “zin”: riconoscere, afferrare. Shantideva ci esorta ad essere saggi, a saper riconoscere. Tutto dipende dal fatto che non siamo vigili, attenti, che manchiamo di vigilanza, perché permettiamo di venir sopraffatti dalle emozioni negative. Per mancanza di attenzione le emozioni distruttive sorgono senza che ce ne rendiamo conto. Se lo facessimo, il potere delle emozioni negative non ci disturberebbe più di tanto, saremmo in grado di affrontare le emozioni negative senza che ci disturbino. A poco a poco, se riusciamo ad essere vigili, il loro potere disturbante diminuisce sempre più, creando così una distanza tra noi e le emozioni negative, e saremmo in grado d’osservarle senza esserne coinvolti. Il secondo punto indicato da Shantideva è l’applicazione. I testi anglosassoni parlano d’antidoto, ma a me sembra una traduzione strana del termine tibetano dogòm. Nel sutrayana molti parlano di nempò, che effettivamente significa antidoto, mentre qui il sentiero Lojong, che è molto diretto, vi dice che dovete essere voi stessi ad identificare ciò che vi disturba, ed a capire che la rabbia è ciò che vi sconvolge di più e, quindi, vi applicate ad attivare al massimo la vigilanza, in modo da rendervi conto della rabbia al suo primo sorgere, e, dopo averla riconosciuta, affrontarla, combattendola. Lama Gotzampa, della tradizione Drupka Kargyu, nei suoi insegnamenti talvolta è molto diretto, al punto di dire: “Tu rabbia che sorgi, mi hai ingannato per infinite vite, ora ti combatto, e ti combatto finché non ti avrò completamente sconfitto”. In questo modo, alla fine Gotzampa eliminò la collera, il secondo punto è il confronto, mentre il terzo è far si che le emozioni negative non si ripresentino, come? Non lasciando alcun spiraglio al loro riaffacciarsi. Quindi, seguendo questa terza indicazione, devo essere determinato, sicuro che non tornino più. Allora, quando le emozioni negative non tornano più, uno yogi è un vero yogi, altrimenti lo è a metà. Tutte le circostanze sono oggetti della pratica, ed i maestri Kadampa dicono che queste circostanze sorgono perché è la mente che le coltiva, e sorgono innanzitutto dall’ignoranza. Ed abbiamo da affrontare non solo emozioni negative, ma problemi mentali, che per i maestri Kadampa sorgono per il forte attaccamento al nostro io e sé, che, se lo vagliamo, scopriamo che non esiste. Ma, dato che abbiamo una forte abitudine ad attaccarci al nostro sé, da cui non riusciamo a distoglierci, è qui che dobbiamo applicarci. Tutto ciò lo troviamo ben spiegato nel quarto e nel quinto capitolo del Bodhisattvacharyavatara di Shantideva, quando dice: “Ma dovevo attivare la mia consapevolezza per rendermi conto che sono io la causa della mia infelicità”. Ed ancora, Shantideva diceva: “Posso individuare una persona come mio nemico, ma penso – sono ignorante – e perciò rendo infelice questa persona, e dipende da me il fatto che renda o meno quella persona infelice”. Siete voi a leggere la vostra mente, solo voi sapete se le vostre attitudini sono corrette, spiate quindi cosa fa la vostre mente, se pretendiamo d’essere dei grandi meditatori, vedendoci, gli altri possono ritenerci tali, e citare i gran maestri Marpa, Shantideva, Gampopa, Lama Tzong Khapa, ma solo noi siamo in grado di leggere la nostra mente e di giudicarla, perciò il Buddha dice che la tua mente è il tuo maestro.
Devo farlo ora, non rimanderò al futuro a vigilare sulla mia mente, ma devo osservare la mia mente fin da questo momento: questa è la traduzione giusta dal tibetano. Perché in Tibet si dice “guardo sempre la mia mente”, ma qui si dice “guarderò”, rivolto al futuro, ma l’azione va applicato all’oggi.