Presentazione generale di Shamatha e Vipashyana
Alexander Berzin, Maggio, 2001. Traduzione italiana a cura di Francesca Paoletti.
La stabilità mentale nel contesto di bodhicitta
La bodhicitta è una consapevolezza principale (gtso-sems) che è focalizzata sulla nostra futura illuminazione ed è accompagnata da due intenzioni (‘dun-pa):
1. ottenere tale illuminazione,
2. beneficiare altri in maniera più completa possibile attraverso questo ottenimento.
La bodhicitta ha due fasi, che si differenziano in base al modo in cui viene posta l’attenzione (yid-la byed-pa) sul suo oggetto, la nostra futura illuminazione:
1. bodhicitta dell’aspirazione (smon-sems, bodhicitta che desidera),
2. bodhicitta dell’impegno (‘jug-sems, bodhicitta che si impegna).
La bodhicitta dell’aspirazione pone l’attenzione sulla nostra futura illuminazione in quanto obiettivo che desideriamo o che aspiriamo a raggiungere. Le sue due fasi sono:
1. lo stato della mera aspirazione della bodhicitta dell’aspirazione (smon-sems smon-pa-tsam), che pone l’attenzione sulla nostra futura illuminazione meramente in quanto obiettivo che desideriamo raggiungere,
2. lo stato della promessa della bodhicitta dell’aspirazione (smon-sems dam-bca’-can), che pone l’attenzione sulla nostra futura illuminazione in quanto obiettivo che promettiamo di non abbandonare mai finché non lo abbiamo raggiunto.
La bodhicitta dell’impegno pone attenzione sulla nostra futura illuminazione in quanto obiettivo per il quale, al fine di raggiungerlo, ci impegneremo completamente nelle pratiche che ci porteranno ad esso.
Sviluppare la bodhicitta dell’impegno implica il prendere i voti del bodhisattva e l’impegnarci in un comportamento da bodhisattva (byang-chub-gyi spyod-pa, condotta del bodhisattva).
Un comportamento da bodhisattva implica agire ad ogni istante con i sei atteggiamenti lungimiranti (phar-phyin, sct. paramita, perfezioni). Il quinto di essi è la stabilità mentale (bsam-gtan, sct.dhyana, giapp. zen, “concentrazione”).
La stabilità mentale è sia emozionale che mentale. In Impegnarsi nella condotta del bodhisattva (sPyod-‘jug, sct. Bodhicaryavatara), il maestro indiano dell’ottavo secolo Shantideva enfatizza che, con la stabilità mentale, le emozioni restano stabili senza andare su e giù. Di conseguenza, la mente rimane non distratta dai pensieri, intesi come pensieri che nascono da emozioni ed atteggiamenti disturbanti.
La mente può essere stabile a diversi livelli (i vari dhyana), che si differenziano a seconda della rispettiva presenza o assenza dei fattori mentali indagine grossolana (rtog-pa), discernimento sottile (dpyod-pa), sensazioni di felicità (bde-ba), e sensazioni di equanimità (btang-snyoms).
L’ottenimento della stabilità mentale e i vari livelli di una mente stabile non sono peculiari del Mahayana. Anche i sentieri Hinayana li hanno. Inoltre, le pratiche per ottenerli non sono neppure peculiari del Buddhismo. Anche scuole non-Buddhiste indiane insegnano metodi per ottenere i vari dhyana.
Dunque, affinché la stabilità mentale e gli stati più elevati della concentrazione, come shamatha e vipashyana, siano buddhisti, dobbiamo praticarli ed applicarli nel contesto del prendere una direzione sicura nella vita (prendere rifugio). Affinché siano Mahayana, dobbiamo praticarli ed applicarli nel contesto di bodhicitta.
I diversi stati di concentrazione
Per ottenere la stabilità mentale, dobbiamo migliorare la concentrazione (ting-nge-‘dzin, sct. samadhi). Questo termine può anche venire tradotto come “fissazione mentale” o “fissarsi mentalmente.” Concentrazione o fissazione mentale è il dimorare dell’attenzione su uno specifico oggetto oppure in uno specifico stato mentale, come l’amore o la rabbia.
Secondo la Casa-tesoro degli speciali argomenti della conoscenza (Chos mngon-pa’i mdzod, sct. Abhidharma-kosha), del maestro indiano del quarto o quinto secolo Vasubandhu, qualsiasi momento della nostra esperienza è accompagnato da un qualche livello di fissazione mentale. Quando viene perfezionata, l’attenzione resta focalizzata sul suo oggetto senza muoversi ed è completamente chiara e vigile. In altre parole, è completamente libera dalla volatilità della mente (rgod-pa) e dal torpore mentale (bying-ba), e non può venire distratta da nulla. Questo livello di fissazione mentale si chiama concentrazione di assorbimento.
Quando la concentrazione di assorbimento si focalizza sulle quattro nobili verità, o più specificamente sulla mancanza di un’impossibile “anima” ((bdag-med, mancanza di identità, mancanza di sé) delle persone (gang-zag) o dei fenomeni (chos) – sia concettualmente che non concettualmente – viene chiamata assorbimento totale (mnyam-bzhag, equilibrio meditativo).
Durante una sessione di meditazione, il periodo immediatamente successivo ad un periodo di totale assorbimento sulla mancanza di un’impossibile “anima,” quando la concentrazione si focalizza sulle persone o i fenomeni vedendoli come un’illusione, viene chiamato ottenimento successivo (rjes-thob, realizzazione successiva, post-meditazione). La cognizione dell’ottenimento successivo può a volte continuare nella meditazione su argomenti differenti e anche tra una sessione di meditazione e l’altra.
I cinque ostacoli alla concentrazione
Migliorare la nostra concentrazione richiede uno sforzo per eliminare i cinque ostacoli alla concentrazione:
1. volatilità mentale e rammarico (rgod-’gyod),
2. malevolenza (gnod-sems),
3. offuscamento mentale e sonnolenza (rmugs-gnyid),
4. intenzione di sperimentare oggetti desiderabili (‘dod-la ‘dun-pa) (la mente va in quella direzione generale),
5. titubanza (the-tshoms).
Questi cinque fattori possono venire riassunti dalla volatilità mentale (rgod-pa) (una suddivisione della distrazione o della divagazione mentale) e dal torpore mentale (bying-ba).
Shamatha: uno stato mentale calmo e posato
Shamatha (zhi-gnas, calma dimorante), uno stato mentale calmo e posato, è più che semplicemente concentrazione di assorbimento. Non è semplicemente uno stato mentale calmato dagli ostacoli alla concentrazione e posato univocamente (rtse-gcig) su un oggetto o in un particolare stato. Inoltre, essa ha un ulteriore fattore mentale (sems-byung) che l’accompagna: un senso di appropriatezza fisica e mentale (shin-sbyangs, duttilità, flessibilità).
Un senso di appropriatezza fisica e mentale è il fattore mentale del sentirsi totalmente capaci di fare qualcosa – in questo caso, di restare totalmente concentrati su qualsiasi cosa. È allo stesso tempo esilarante e beato, ma in una maniera non disturbante.
Tra i due principali tipi di meditazione, di discernimento (dpyad-sgom, meditazione analitica) e meditazione concentrativa (‘jog-sgom, meditazione fissante), shamatha è un esempio del secondo tipo.
[Vedi:Meditazione di discernimento e concentrativa (Meditazione analitica e formale).]
Come effetto collaterale, shamatha conduce ad una consapevolezza extrasensoriale (mngon-shes, consapevolezza avanzata), come l’abilità di vedere e sentire cose a grande distanza ed essere consapevoli dei pensieri altrui. Nella Lampada sul sentiero per l’illuminazione (Lam-sgron, Skt. Bodhipathapradipa), il maestro indiano del tardo decimo secolo Atisha enfatizza l’importanza dell’acquisire queste capacità per poter essere maggiormente in grado di aiutare gli altri.
Vipashyana: uno stato mentale eccezionalmente percettivo
Di per sé, shamatha non ha il fattore mentale del sottile discernimento (dpyod-pa, scrutinio, analisi). Il sottile discernimento è la comprensione attiva dei sottili dettagli della natura di qualcosa, avendola osservata approfonditamente. Esso non implica il pensiero verbale, anche se può venire indotto dal pensare verbalmente. In questo modo, dei due tipi di meditazione, di discernimento e concentrativa, vipashyana enfatizza il primo.
Quando, in aggiunta a shamatha, sono presenti il fattore mentale del sottile discernimento ed un secondo senso di appropriatezza fisica e mentale, lo stato mentale diviene vipashyana (lhag-mthong, Pali: vipassana, discernimento speciale), uno stato mentale eccezionalmente percettivo. Il senso addizionale di appropriatezza è il senso di sentirsi totalmente in grado di discernere e comprendere in pieno i sottili dettagli di qualsiasi cosa. Vipashyana non è necessariamente focalizzata sulla vacuità o sulle quattro nobili verità, anche se nel contesto del sutra molto frequentemente lo é.
Se uno stato mentale è uno stato di vipashyana, c’è pervasione con il fatto che sia uno stato della coppia congiunta: shamatha e vipashyana (zhi-lhag zung-‘brel). In una coppia congiunta, uno degli elementi – in questo caso, shamatha – viene ottenuto per primo e poi il secondo elemento – in questo caso, vipashyana – si congiunge ad esso. Quindi, anche se possiamo esercitarci in vipashyana prima di aver ottenuto shamatha, non possiamo effettivamente ottenere vipashyana senza aver prima ottenuto shamatha.