Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche prosegue nell’illustrare la meditazione Shamata ai fini della pratica Mahamudra.
Appunti a cura del Dr. Antonio Busi e revisione del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Domanda: Santità,ci potrebbe parlare delle ulteriori strategie sull’oggetto di meditazione?
Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche
Ci sono molte strategie che si possono adottare riguardo l’oggetto di focalizzazione meditativa. In diversi insegnamenti, sono menzionati diversi oggetti, come una lampada al burro od una candela. Questi vanno bene, ma non è necessario preoccuparsi riguardo il tipo di oggetto. Il punto è che questo tipo di meditazione è finalizzato ad addestrare la mente focalizzandosi su un oggetto, univocamente e senza distrazione, per conseguire il potere della concentrazione univoca che esclude tutti i kalpana. Non importa quale sia l’oggetto, purché evitiate un oggetto che, per sua propria natura, distragga la vostra mente. Se si è impegnati nello stadio di generazione della pratica tantrica, allora è bene usare lo yidam come oggetto di meditazione, ma solo se si riesce a fare questo senza essere distratti. Se vi perderete in valutazioni e penserete così tanto ad esso da fare sorgere dei concetti, ciò vi causerà la perdita di concentrazione meditativa. Si dovrebbe prendere l’yidam, l’immagine di Buddha, senza pensare alla stessa. Prendete l’intera immagine, proprio come è, senza focalizzarsi in una parte di essa con l’esclusione di altre. In questo modo, state davvero facendo più di una cosa nello stesso tempo. Non state semplicemente coltivando la quiescenza mentale, ma state anche aumentando la vostra vicinanza e connessione con lo yidam tantrico. Il che può essere di grande aiuto al processo dello stadio della generazione, ma dovreste sempre ricordare che la coltivazione della quiescenza mentale non dipende dall’oggetto che scegliete. E’ un processo di addestramento della mente a focalizzarsi in modo univoco su qualsiasi oggetto. Abbiamo spiegato la meditazione con un supporto visivo. Il prossimo passo è lo sviluppo della quiescenza mentale senza un supporto visivo. Questo, anche, è diviso in due categorie. La prima è la meditazione che coltiva la quiescenza mentale focalizzandosi sul respiro. Respirare non è un supporto visivo, comunque è un oggetto di focalizzazione. Come per il precedente, il punto è evitare ogni pensiero dicotomizzante, tutti i kalpana, e focalizzarsi meramente sul respiro, sul flusso del respiro verso l’esterno e verso l’interno. E’ importante non permettere il sorgere di pensieri, anche riguardo l’oggetto. Per esempio, va bene focalizzarsi sulla sensazione intorno alle narici, proveniente dal movimento dell’aria. Ma è importante non permettere che questo provochi il sorgere di pensieri come: “Ora l’aria sta uscendo, ora l’aria sta tornando dentro”, questi sono pensieri concettuali. Quindi, dovrebbe essere semplicemente una focalizzazione sull’effettivo pensiero stesso.
Il Maestro Jigten Sumgon ha detto che questo tipo di meditazione, che si focalizza sul respiro, può portare ad uno stato molto potente di concentrazione univoca, chiamato samadhi come il vajra. Egli ha detto che questo è vero, perché questo tipo di focalizzazione meditativa può facilmente o velocemente liberare la mente da tutti i pensieri concettuali, rendendo questo un tipo di meditazione estremamente potente. Quindi, ci sono queste due varietà di meditazione focalizzante senza supportò visivo – la prima è con un supporto fisico, il respiro. La seconda è senza neanche una focalizzazione sul respiro. E’ una meditazione focalizzante che permette alla mente di rimanere focalizzata senza un qualsiasi tipo di oggetto visivo o fisico. In questo tipo di meditazione, lo scopo è di eliminare qualsiasi pensiero o concetto – kalpana – che sorga.
Eliminateli immediatamente e lasciate la mente ritornare allo stato focalizzato senza qualsiasi supporto o oggetto.
La prossima spiegazione riguarda la cosiddetta “meditazione senza segni”. Questa riguarda la natura della meditazione stessa, piuttosto che la focalizzazione o “segno” della meditazione. Qui si può trovare l’esistenza di due tendenza diverse o due estremi diversi. L’uno è troppo stretto e l’altro è troppo rilassato. Quando la concentrazione è troppo rilassata, è necessario stringerla, e quando è troppo stretta, bisogna rilassarla. Gli oggetti sensoriali, quali gli stimoli uditivi, possono distrarre la mente e provocarne la perdita di focalizzazione e farla diventare molto rilassata o negligente.
Anche quando si è seduti in una meditazione concentrativa che coltiva la quiescenza mentale, udire un suono o vedere qualcosa, può disturbare le mente. Se ciò capita, è necessario eliminarlo e riportare l’attenzione sulla mente stessa. In questo caso, non è tanto il kalpana a dovere essere eliminato, ma piuttosto la propria reazione ad un oggetto sensoriale. Seguono i difetti associati alla negligenza o alla tensione durante la meditazione Non stiamo parlando necessariamente di una negligenza fisica. Il corpo potrebbe essere tenuto in una posizione molto corretta, ma la negligenza interna potrebbe sorgere comunque. Questo è detto essere come una mollezza interiore, una sorta di rilassamento per mezzo del quale la mente vaga in una maniera più sottile, piuttosto che nella maniera grossolana di pensare a differenti kalpana, come discusso in precedenza. Questa è una concettualizzazione molto sottile, che non prende la forma di effettivi pensieri, ma che è piuttosto associata con la sensazione di rilassamento interiore. Si può essere catturati da essa senza concettualizzare. Questo errore disturba la propria concentrazione univoca. Come la mente può diventare rilassata mentre si è nella corretta posizione fisica e sottili interferenze e concettualizzazioni possono sorgere, nello stesso modo sottili agitazioni possono sorgere quando la mente è tenuta troppo tesa. In altre parole, se la mente è tenuta troppo in guardia, troppo strenuamente, allora, anche se non sorgono concetti grossolani, ne sorgono di sottili e sorgono sottili disturbi della mente. Quindi, la pratica della quiescienza mentale, o meditazione di shamatha, dipende da questo quasi perfetto equilibrio di tensione e rilassatezza della mente. L’equilibrio corretto può essere paragonato al filo di del cotone filato. In questo caso è molto importante non tenderlo troppo, altrimenti il filo si romperà; ma se è troppo molle, il filo non si formerà propriamente. Un altro esempio è quello di qualcuno che suona uno strumento a corda. Per avere il tono giusto, la corda non deve essere troppo tesa o troppo molle, deve essere esattamente nel mezzo. La concentrazione è cruciale per mantenere la mente in questo modo corretto di non essere troppo affaticata, non provare troppo sforzo a mantenere la concentrazione e di non lasciare la concentrazione diventare troppo rilassata.
All’inizio, non si verificherà naturalmente. Ci si dovrà aspettare di dedicare tanti sforzi per mantenere la mente concentrata in questo modo equilibrato. Per questo, al principiante si è sempre consigliato di tenere sessioni di meditazione molto brevi. Sei minuti è circa il tempo giusto per una sessione meditativa. Quindi, dovreste prendere
una pausa ed entrare quindi di nuovo nella meditazione. Potete fare questo per dieci volte: sarebbero dieci sessioni da sei minuti con una pausa tra ogni sessione. Altrimenti, se all’inizio cercate di tenerla troppo lunga, queste forme sottili e grossolane di distrazione sono inevitabili. Non è bene forzarla e rimanere in meditazione, anche se la vostra mente è sopraffatta da queste distrazioni. Questa, quindi, è una breve descrizione della meditazione della quiescenza mentale, o shamatha.
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