Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche conclude la spiegazione della seconda delle quattro fasi o livelli della pratica Mahamudra.
Appunti a cura della Dott.ssa Nicoletta Nardinocchi e revisione del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto “Free Dharma Teachings” per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Domanda: Santità, concludendo il secondo livello o fase della pratica Mahamudra?
Sua Santità Drikung Kyabgon Chetsang Rinpoche
Il più alto praticante che raggiunge questa seconda fase di realizzazione yogica diventa completamente libero da tutte le illusioni riguardo ai fenomeni interni ed esterni. In altre parole, è una completa realizzazione della natura ultima di tutti i fenomeni aldilà della dicotomia tra soggetto e oggetto e tutte le elaborazioni di proiezioni basate su tale pensiero dualistico. E’ una realizzazione potente della non-dualità che libera il praticante dalle illusioni del mondo fenomenico e dal senso di separazione da tutti i fenomeni.
Tuttavia, il pericolo qui è credere di aver ottenuto il Dharmakaya. Se il praticante crede questo è in errore.
Quindi, è necessario fare affidamento alle parole di un maestro spirituale, in modo da comprendere la natura profonda e sottile del livello massimo di realizzazione ed il fatto che c’è altro lavoro da fare per arrivare alla completa realizzazione ed interiorizzarla.
C’è una tendenza all’interno di questa categoria di realizzazioni yogiche, soprattutto in quelli che per primi la raggiungono, di credere di aver commesso un errore o di essersi smarriti lungo il sentiero. Questo accade perché durante la fase iniziale di realizzazione yogica vi è la perfetta concentrazione univoca, senza sforzo, sull’oggetto della meditazione.
Al suo arrivo in una seconda fase di realizzazione yogica, c’è una apertura. In contrasto con la concentrazione ristretta su un oggetto, vi è un’apertura di coscienza nella realizzazione diretta della natura della mente. Questo può essere interpretato come una perdita della concentrazione univoca. Tale errore deve essere trasceso. Bisogna capire che la concentrazione univoca era un dispositivo o artificio, affinché la mente superasse le distrazioni che impediscono la visione diretta nella mente. Così, arrivando a questo stato yogico e raggiungendo il livello del più alto praticante, vi è completa libertà da ogni attività programmata della mente e la mente si stabilizza sulla realtà. A questo punto ci sono ancora altre qualità da sviluppare, in particolare quelle associati all’amorevole gentilezza, compassione e all’attitudine del bodhisattva. Quindi, a questo punto sorge l’attitudine del bodhisattva che cerca di raggiungere la perfetta illuminazione per aiutare tutti gli esseri viventi a trascendere le sofferenze del samsara. Questa sensazione non è più artificiale, ma questa libertà da ogni proiezione comincia a sorgere spontaneamente da questa visione pura.
La grande compassione sorge spontanea comprendendo le sofferenze di tutti gli esseri viventi. A quel punto entriamo nella pratica più profonda che cerca di ottenere tutti gli attributi e poteri necessari per alleviare effettivamente le sofferenze di illimitati esseri senzienti.
A questo più alto livello di pratica della seconda fase di realizzazione, vi è uno senso di essere andati oltre il bisogno di meditazione o di apprendimento. Se fosse vero, il praticante sarebbe in realtà al più alto stadio di realizzazione yogica, ma questo stato di indipendenza non è stato ancora raggiunto. Se il praticante ritiene che il lavoro di concentrazione univoca sia stato completato, che la libertà dalle proiezioni sia completa, che sia stato sviluppata la gentilezza amorevole per gli altri e che quindi non rimanga più niente da fare, si sbaglia perchè sono ancora necessari alcuni tipi di sviluppo.
Il maestro Gampopa insegnò questo ai suoi discepoli il che è stato scritto da Nampopa, uno di quei discepoli. Disse che il tipo di orgoglio che sorge a questo punto, il pensare di aver completato il sentiero e di non avere più nulla da imparare o da meditare, è un errore. Ciò che è stato raggiunto è una completa libertà dalle illusioni associate all’ignoranza ordinaria, ma le illusioni associate a causa ed effetto non sono state eliminate.
Le illusioni ordinarie sono quelle che hanno a che fare con il mondo sensibile, con ciò che è direttamente percepito. Le cose che hanno a che fare con il karma non possono essere direttamente percepite. Così, la distinzione è qui che gli ostacoli allo stato di perfezione si estendono a cose ultime. In altre parole, vi è la piena realizzazione della realtà ultima da parte del più elevato praticante in questa fase della pratica yogica. Tuttavia, la realtà convenzionale non è stata completamente compresa. Ciò che è stato realizzato è come le cose sono in realtà e non come appaiono. Resta da capire direttamente il modo in cui le cose appaiono e di unire questa comprensione alla realizzazione delle cose così come realmente sono. In altre parole, la realtà convenzionale e la realtà finale devono essere unite e non essere viste come distinte.
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