Ven. Lama Thubten Zopa Rinpoce: Riconoscere l’oggetto di negazione
Per il gentile guru convenzionale Buddha Shakyamuni, lo scopo di apparire in questo mondo era quello di rivelare le quattro nobili verità, il fondamento del Buddha-Dharma, e il sentiero mahayana, sia dei sutra che dei tantra – i mezzi per liberare gli esseri senzienti dall’oceano delle sofferenze samsariche. Il Buddha ha detto che i il modo in cui i Buddha liberano gli esseri senzienti non è tramite il lavare via con l’acqua il loro karma negativo – la causa della sofferenza – né tramite la rimozione a mano simile al rimuovere una spina. Inoltre non liberano gli esseri senzienti impiantando le proprie realizzazioni nelle menti degli altri esseri senzienti. Invece, il modo in cui i Buddha liberano gli esseri senzienti è tramite il rivelare loro la verità: la perfezione della saggezza, la vacuità – la natura ultima dell’io, degli aggregati, della mente, dei fenomeni. Questo viene presentato indirettamente ne L’ornamento per la chiara realizzazione e direttamente negli insegnamenti de La via di mezzo e ne Il sutra del cuore, l’essenza della perfezione della saggezza.L’unico modo per realizzare la vacuità è identificare correttamente l’oggetto da rifiutare. Perciò, il preliminare alla realizzazione della vacuità è identificare correttamente l’oggetto da rifiutare. Avere la giusta tecnica meditativa è una cosa, ma per identificare correttamente l’oggetto da rifiutare ci si deve impegnare nei metodi per creare le condizioni affinché ciò accada. Perché l’oggetto di negazione appaia alla propria mente, cioè per la realizzazione della vacuità, si devono creare le cause e le condizioni e per far questo si deve creare un bel po’ di merito. Si deve fare anche un bel po’ di purificazione per purificare gli ostacoli. Per esempio, si racconta in una storia della vita di lama Tsongkhapa che egli ha fatto molte centinaia di migliaia di prostrazioni ai trentacinque Buddha, trattandosi di un modo estremamente potente per purificare gli ostacoli e per raccogliere merito. In aggiunta, Lama Tsongkhapa fece molte centinaia di migliaia di offerte del mandala. In Tibet si può ancora vedere la roccia su cui egli offrì questi mandala. Avrebbe potuto offrirli su una base d’argento, d’oro o persino di diamante, li ha invece offerti su un pezzo di roccia. L’ultima volta che sono stato in Tibet, benché abbia passato là due mesi, sfortunatamente non sono stato in grado di visitare quel luogo. Ho passato un po’ di tempo in Amdo e presso i vari laghi dei protettori e delle divinità che predicono le cose, per questo non ho avuto il tempo di vedere la grotta di lama Tsongkhapa, dove egli fece tutte quelle pratiche, al Worka Cio Ling. Si dice che all’inizio della propria pratica Lama Tsongkhapa vedesse i corpi dei trentacinque Buddha ma privi delle loro teste. Comunque, una volta iniziato a recitare i loro nomi aggiungendo il titolo de scin sceg pa (tathagata, andato nella talità), vide anche le loro teste.
Questa è la ragione per cui nella tradizione di lama Tsongkhapa, la tradizione gheluk, recitiamo de scin sceg pa prima del nome di ogni buddha. In altre tradizioni tibetane, la kaghiu, la gnima e la sakya, recitano i nomi dei buddha senza questo titolo.
Prendendo la storia della vita di Lama Tsongkhapa come un esempio – in che modo fu in grado di attualizzare la corretta visione non erronea come realizzata da Buddha e da Nagarjuna, l’unificazione di vacuità e sorgere dipendente – diviene per noi un consiglio su come creare le condizioni per realizzare la vacuità e riconoscere l’oggetto da rifiutare.
Comunque, il mezzo più potente per raccogliere un merito esteso in ogni istante e per purificare inimmaginabili quantità di karma negativo è l’affidarsi alla corretta devozione per un amico spirituale virtuoso tramite pensiero e azione. Questa è la pratica preliminare più potente. Sulla base del pensiero che vede l’amico spirituale virtuoso come un Buddha ci si può dedicare correttamente alla devozione per un amico spirituale virtuoso per mezzo dell’azione. Offrirgli servizi e seguire i suoi consigli è il mezzo più potente per ricevere le benedizioni del guru e per purificare e raccogliere un merito esteso in un tempo veramente breve. Nella nostra vita quotidiana, ogni volta che seguiamo i consigli del guru, perfino pulendo la stanza del guru, la propria stanza, o la sala di meditazione, ogni movimento di pulizia della polvere e della sporcizia ci porta più vicini all’illuminazione. Ogni volta che si segue questo consiglio si purifica molto karma negativo e ci porta più vicini all’illuminazione. Più difficile è seguire i suoi consigli, più potente diviene la purificazione, purificando eoni di karma negativo e allo stesso tempo raccogliendo un merito incommensurabile, senza limite. Se si vuole ottenere velocemente l’illuminazione, si dovrebbe porre attenzione in questa pratica. Allora si avranno tutte le realizzazioni che possono beneficiare così tanti esseri senzienti, proprio come fecero così tanti esseri realizzati. Per esempio, cosa rese in grado Milarepa di raggiungere l’illuminazione? Esattamente non cosa lo rese in grado di ottenere l’illuminazione, ma che cosa lo rese in grado di ottenere velocemente l’illuminazione, nel breve corso di una vita di quest’epoca degenerata? Ovviamente, una ragione fu il più alto yoga tantra, quei metodi veramente abili per ottenere l’illuminazione menzionati nei sentieri di Heruka e Vajrayoghini. Comunque, il modo in cui quelle pratiche hanno avuto successo, ciò che le ha fatte funzionare, fu che Milarepa sostenne un incredibile sforzo. Da solo, costruì una torre, non solo una ma tre volte. Prima costruì una torre, poi l’abbatté e persino riportò le pietre da dove provenivano. Poi costruì un’altra torre e ancora una volta la demolì e riportò le pietre al loro luogo originario. Poi costruì ancora un’altra torre. Ciò che gli rese possibile ottenere l’illuminazione così velocemente e realizzare i metodi più abili dello yoga tantra più elevato, fu che seguì il consiglio, dato dal suo guru Marpa, di costruire quelle torri. Tutti i rimproveri e le botte di Marpa furono preliminari che condussero Milarepa al successo. Questo è ciò che purificò tutte le sue contaminazioni, i suoi ostacoli alle realizzazioni del sentiero per l’illuminazione. In quel tempo, facendo queste pratiche, raccolse un inimmaginabile merito esteso. Milarepa è un esempio, ma ci sono molti altri esempi di praticanti che hanno realizzato la vacuità impegnandosi nella pratica del guru yoga. Questa pratica non si riferisce al mero sedere e cantare preghiere, ma si riferisce al servire il virtuoso amico spirituale, ottenere il suo consiglio, e compiacere la sua santa mente. Infatti, molte persone hanno realizzato la vacuità mentre facevano proprio questo prendendosi cura del guru mentre era malato e così via.
Per esempio, la televisione, gli aeroplani, le macchine, e i razzi, funzionano tutti dipendendo da molte cose. Similmente, i cambiamenti nella mente – le realizzazioni – sono anch’essi prodotti in dipendenza da molte cause e condizioni. Coloro che hanno fatto molti ritiri di meditazione nel passato sanno per loro esperienza che è vero, che è un fatto scientifico. Non è qualcosa in cui credere e poi non accade nulla. Non è come per altre religioni, come il caso dell’induismo in cui si dice che se si salta in una fossa e ci si impala su un tridente si otterrà la liberazione. Ci sono molte analoghe filosofie nella religione hindu.
Comunque, per realizzare la vacuità c’è bisogno di molte impronte. Per cui, se sono state depositate molte impronte nella mente nelle vite passate ciò ci renderà capaci di riconoscere velocemente l’oggetto da rifiutare e realizzare la vacuità. Per questa ragione è molto importante lasciare quante più impronte possibile. Per questo studiare è estremamente benefico, specialmente lo studio di insegnamenti estesi come quelli sulla perfezione della saggezza; lascia molte impronte nella mente. Anche se non si è in grado di comprendere ora il significato delle parole, nel prossimo futuro, a causa del rilasciare così tante impronte nella mente, sarà molto più facile comprendere il significato delle parole e soprattutto realizzare la vacuità. Questo renderà più semplice la vostra vita futura, perciò, anche se ora non accade nulla, è estremamente importante studiare e meditare il più possibile. Per questa ragione, cercate di meditare quanto più possibile e cercate di leggere le scritture anche se non le comprendete per nulla. Ovviamente non è quello il caso, ma anche se non si comprende per nulla ciò che il testo dice, il solo leggere per esempio il Sutra dell’essenza della saggezza è molto benefico. È di beneficio se si possono studiare gli insegnamenti estesi, o anche solo recitare questi testi molte volte nella vita quotidiana. È estremamente essenziale lasciare impronte nella mente studiando e ascoltando il più possibile gli insegnamenti sulla perfezione della saggezza perché questo è molto importante per realizzare velocemente la vacuità nel prossimo futuro, per liberare se stessi velocemente dal samsara e per essere velocemente in grado di liberare gli altri esseri senzienti. Perciò, questa è una causa veramente importante per la realizzazione della vacuità.
Proprio come per l’esempio delle macchine che ho dato, la stessa cosa è vera per la mente. Un’altra causa è la devozione molto forte per il guru. Se la mente è qualcosa di arido, essendo la propria devozione solo mere parole sulle labbra, allora non c’è modo di realizzare la vacuità, di riconoscere l’oggetto da rifiutare. È molto importante avere una devozione al guru molto forte verso tutti i guru con cui si ha avuto una connessione di dharma, senza escluderne alcuno. Quando c’è quella, viene un grande rimorso per le azioni negative che si sono fatte nel passato. Poi, si dovrebbe fare una purificazione intensa, per esempio facendo prostrazioni ai trentacinque buddha e a Vajrasattva. Poi, si possono fare anche offerte del mandala oppure offrire servizio al guru, quella pratica che condensa ogni altra ed è, pertanto, la pratica più potente. Si dovrebbero fare richieste intense ai lama del lignaggio e al guru con lo scopo di ottenere realizzazioni. Poi, quando vi sono anche le impronte dell’aver meditato o dell’aver ascoltato gli insegnamenti sulla vacuità, quando tutte le condizioni si raccolgono insieme allora può accadere. Improvvisamente gli insegnamenti si accendono nella vostra mente; improvvisamente c’è il riconoscimento dell’oggetto da rifiutare.
Per enfatizzare ciò che rende facile realizzare la vacuità, un altro esempio è vivere una vita pura, cioè astenersi dal karma negativo. Quando non ci si astiene dal karma negativo, la mente continua a rimanere oscurata. Quindi, non si può vedere la vacuità. Così, più uno è in grado di astenersi dal karma negativo e vivere una vita pura, più facile sarà realizzare la vacuità. Anche una persona laica può produrre le condizioni che rendono più facile realizzare la vacuità, tramite il vivere nei voti da laico.
Inoltre, un buon cuore è importante per la realizzazione della vacuità, perché con un buon cuore si creano meno azioni negative. Poi, con la motivazione di bodhicitta si accumula un merito inconcepibile. In effetti, ogni volta che praticate accumulate un merito uguale al cielo illimitato. Tara disse a un lama di Sera Je, che la vedeva spesso e riceveva consigli direttamente da lei, che praticando il prendere e dare (tong len) uno può creare molto merito che poi lo aiuta a realizzare la vacuità. Questa pratica comporta il prendere le sofferenze di innumerevoli esseri senzienti su sé stessi, per cui si accumula un merito uguale al cielo illimitato, e poi quando si dà loro tutta la propria felicità, ancora si accumulano illimitati cieli di merito. Ovviamente, quando date, date agli esseri senzienti i vostri meriti che sono come il cielo illimitato, date loro il vostro corpo, date loro tutte i vostri possedimenti, e date loro tutte le vostre felicità che provengono dal merito fino all’illuminazione. In questo modo create di nuovo cieli illimitati di merito. Quindi, il buon cuore è importante per realizzare la vacuità.
In questo modo, quando tutte le cause e condizioni si sommano – intensa devozione al guru, intensa purificazione, merito esteso e richieste di realizzazioni ai lama del lignaggio e ai guru – allora, anche solo una, due o tre parole riguardo all’oggetto da rifiutare, e questo produce uno scatto nella propria mente, si desta nella propria mente.
Per ventiquattro ore al giorno, c’è l’oggetto da rifiutare, questa allucinazione, il falso io che appare alla propria mente allucinata. Ogni fenomeno, appena dopo essere meramente imputato dalla propria mente, vi appare di nuovo come se non fosse meramente etichettato dalla propria mente, nonostante sia meramente etichettato dalla propria mente. Appare come se esistesse intrinsecamente o esistesse per propria natura o esistesse dal suo proprio lato. Trasponendo ciò nel quotidiano linguaggio ordinario, esso appare come reale. Quando diciamo reale, indichiamo un io reale che appare da lì. In questo modo viviamo le nostre vite, nelle ventiquattr’ore, qualunque fenomeno appaia, qualunque cosa diciamo, qualunque cosa pensiamo, ogni cosa esiste intrinsecamente. C’è una cosa reale che appare da lì e in cui la propria mente crede. Ogni cosa è in questo modo, ogni ventiquattro ore è così, dalla nascita fino alla morte è così, e da rinascite senza inizio fino ad ora è stato così. Eppure è solo un’allucinazione.
Guardate voi stessi – non all’io che esiste – ma guardate all’io reale che è il falso io; quello che appare da lì, quello che è falso. Nello stesso modo, il resto dei fenomeni, l’inferno, l’illuminazione, il sentiero, le quattro nobili verità, tutto sembra come se fosse reale, apparente da lì. Quando meditiamo, pensiamo e discutiamo, stiamo vivendo la vita con una mente allucinata, con allucinazioni. Tutti i fenomeni sono compresi in questa allucinazione, l’oggetto da rifiutare. Mangiamo il cibo con questa completa allucinazione, questa ignoranza, questa apparenza di cibo reale che appare da lì, e quindi con questa convinzione mangiamo cibo che non esiste affatto, che non è lì affatto, nemmeno il più piccolo atomo. Voi non state mangiando, in realtà non c’è alcun voi. Non c’è io reale che mangi cibo reale, non c’è una cosa del genere. Quell’io è totalmente non esistente, quel cibo è totalmente non esistente, quel mangiare è totalmente non esistente, quel pranzo reale è totalmente non esistente. Appare semplicemente da lì e viene creduto. Questa è la storia della nostra vita.
Quando guardiamo all’io, agli oggetti esterni, ai fenomeni, nella nostra visione essi sono permanenti. Non realizziamo che cambiano persino in un secondo, che non durano, che decadono, che cambiano per via di cause e condizioni. Noi non vediamo questo, non realizziamo questo. Nella nostra visione, essi esistono da soli e indipendentemente, senza dipendere dalle loro parti, senza dipendere da cause e condizioni. Invece i fenomeni esistono nella natura dell’impermanenza, invece dipendono dalle loro parti, invece esistono dipendendo da cause e condizioni, invece sono in quel modo, sono tutte allucinazioni. Così, quando diciamo intrinsecamente esistente, non è solo questo. Non sono sicuro di quanto sia chiaro il significato delle parole intrinsecamente esistente; si potrebbe anche dire non esistente per mezzo della propria natura.
I fenomeni appaiono in questo modo e sono creduti esistere in questo modo dalla propria mente allucinata. Secondo la scuola Prasangika, l’oggetto da rifiutare è questa allucinazione che tutti noi abbiamo – l’io che appare essere autosufficiente, non dipendente dalla raccolta degli aggregati e dalla loro continuazione; come un re autosufficiente che non dipenda dai suoi sudditi. Tale allucinazione è anch’essa lì.
Quindi, abbiamo anche l’allucinazione che l’io e i fenomeni esistono, in particolare che essi esistono totalmente dal loro lato senza dipendere da una sostanza, un’impronta che sia stata lasciata sulla mente base di tutto che quindi si manifesta come il soggetto, o la coscienza, e l’oggetto. Senza dipendere da un’impronta lasciata sulla settima coscienza – la mente base di tutto – che poi diviene manifesta, i fenomeni appaiono esistere completamente dal loro lato. Così c’è anche questo. In questa visione, proprio adesso, stiamo guardando all’io come a un oggetto. Abbiamo questa allucinazione. Ma questa non è ancora la visione Prasangika dell’oggetto da rifiutare.
Senza dipendere dall’apparire a una mente non difettosa, e quindi dall’essere etichettati da tale mente non difettosa, vediamo l’io e gli aggregati e così via, i fenomeni, come se esistessero dal loro lato. Così, abbiamo anche questa allucinazione. Quando guardiamo all’io, all’azione, all’oggetto, il modo in cui essi appaiono è questo. Esso è sempre lì. Anche se crediamo, o anche se realizziamo, che è etichettato dalla mente, vediamo l’apparenza e crediamo che c’è io in questi aggregati, che c’è tavolo nella base del tavolo. Per tutto il resto dei fenomeni è lo stesso; c’è questo fenomeno che è trovabile in quella base. Anche se si crede che sia etichettato dalla mente, oppure anche se si realizza che è etichettato dalla mente, c’è l’apparenza e la convinzione che c’è io in questi aggregati, che esso è trovabile nella base; che c’è tavolo nella base del tavolo, che esso è trovabile nella base.
La scuola Svatantrika Madhyamika, una delle due scuole Madhyamika, dice che l’io e così via, i fenomeni, non esistono veramente ma esistono per natura, cioè intrinsecamente (rang bscin gyi grub pa). Non esistono realmente, che per loro significa esistere per mezzo del proprio modo non comune di sussistenza senza essere postulati dalla forza dell’apparire a una mente non difettosa e tramite l’etichettatura. Esistono completamente dal proprio lato. L’etichetta è sulla base da etichettare. Per loro c’è un io che si può trovare negli aggregati. A causa di questo esistono per mezzo della propria natura ovvero esistono intrinsecamente (rang bscin gyi grub pa). La traduzione di questa parola deve essere chiara, altrimenti ci sarà confusione. Se il significato non è chiarito, allora le visioni della scuola Svatantrika e quelle della scuola Prasangika verranno confuse tra loro. Forse “esistente intrinsecamente” comprende sia esistere per mezzo della propria natura che tutti i termini differenti, “esistere indipendentemente” e così via. È molto importante tradurre esattamente in accordo ai termini dei testi tibetani, non usando solo termini generali. In questo modo si comprenderà chiaramente quale sia la visione della scuola Svatantrika – che essi accettano “esistenza per propria natura” (rang bscin gyi grub pa) e non accettano “vera esistenza”.
Una volta stavo facendo un ritiro di Heruka sulla cima della collina dietro il gompa a Kopan. Feci il ritiro in una piccola capanna costruita da uno studente tedesco, Dieter, che aveva raccolto piccoli pezzi sulla montagna. Era andato in giro e aveva raccolto chiodi e ferro, qualunque tipo di pezzi che poteva trovare sparsi intorno, e con essi aveva costruito questa piccola capanna sulla montagna di Kopan. Così feci il ritiro lì, anche se avevo una stanza. Era molto bello perché dava l’impressione di un eremitaggio, a causa delle finestre piccole, ed era basso e molto semplice. Era abbastanza confortevole dentro la piccola stanza fatta di bambù. Dieter dormiva in una tenda proprio lì dietro, potevo sentire persino il movimento della sua testa sul cuscino. Aveva gambe molto lunghe, così andava a prendere il cibo per la colazione. C’era uno spazio interno e un altro spazio esterno. Portava il cibo lì e poi sedeva vicino alla porta, con mezzo corpo fuori. Qualche volta condividevamo il cibo. Ad ogni modo era un gran bel periodo e c’erano molti, molti segni meravigliosi. Penso che questo fosse perché Lama mi aveva chiesto di fare quel ritiro e ciò aveva molto compiaciuto Lama. Penso che questo fosse un segno, che Lama mi stesse facendo dei doni. Ero molto felice.
Ad ogni modo, una volta ci fu questa esperienza che sugli aggregati non c’era io. Sebbene ci sia un io sugli aggregati, non c’è io che appaia da lì. Sugli aggregati, sopra gli aggregati, non c’è io, ma c’è un io. Sugli aggregati non c’è io da lì, ma c’è io. E era così potente, così forte [l’esperienza] che c’è l’io. Mentre sugli aggregati non c’è io che appaia da lì, c’è io sugli aggregati. Così potente. Così potente [l’esperienza] che l’io esiste – che c’è io sugli aggregati. Sugli aggregati non c’è io che appaia da lì, ma c’è io sugli aggregati. Ho verificato ciò con Sua Santità il Dalai lama, il quale mi disse che quello è il significato di vacuità. Poi ho verificato con Kirti Tsensciab Rinpoce, il quale disse che quella è vacuità secondo la visione degli Svatantrika, che non è la vacuità dei Prasangika. Questo fu molto significativo. Non è che ciò che Sua Santità aveva detto non fosse significativo, ovviamente ciò che Sua Santità aveva detto aveva significato, ma ciò che Kirti Tsensciab Rinpoce spiegò fu così significativo per me, che quella era la vacuità della scuola Svatantrika.
Così ora, su questi aggregati non c’è io che appare da lì, ma c’è io sugli aggregati. Così potente. Adesso, questo modo di pensare che c’è un io sugli aggregati è un’ostruzione. È un’ostruzione al realizzare la visione Prasangika della vacuità. Né l’io intrinsecamente esistente né l’io reale che appare da lì – ciò che nella psicologia occidentale si dice l’io emozionale – può essere trovato su questi aggregati. Persino l’io meramente etichettato non può essere trovato su questi aggregati. Ma questo non significa che non c’è io. Non significa che io non esiste. L’io esiste. L’io esiste essendo meramente imputato dalla mente. Quindi che cos’è io? Che cos’è l’io che è meramente imputato dalla mente? Che cos’è l’io che esiste? È ciò che è meramente imputato dalla mente. Comunque, non è questa la ragione per cui esiste. Esiste perché esiste una base valida – gli aggregati. Senza scelta, siccome l’etichetta io esiste, io esiste.
Forse c’è un modo migliore di spiegare questo. Perché c’è io? Non sarebbe meglio se non ci fosse io, così non si dovrebbero sperimentare tutte queste sofferenze, tutti questi problemi nella vita, e rendere necessario tutto quello sforzo per ottenere la liberazione dal samsara? Siccome c’è la base valida degli aggregati che è associata a una mente, c’è l’io. E cos’è? Non è nient’altro che quanto è meramente imputato dalla mente. È così, nient’altro. Che cos’è tale io? Nient’altro che quanto è meramente imputato dalla mente. Così, per questo, l’io non diventa completamente non esistente, esiste. Esiste, ma è così sottile che è come se non esistesse. L’io è estremamente fine, estremamente sottile. È meramente imputato dalla mente, così non possiede il più piccolo atomo di esistenza intrinseca o di esistenza per mezzo della propria natura. Non ha neppure la più piccola esistenza per mezzo della propria natura, o esistenza intrinseca, o vera esistenza. Non esiste nemmeno il più piccolo atomo di ciò. È totalmente vuoto. È totalmente vuoto. Esiste così, ma è come non esistesse. È estremamente, incredibilmente fine, sulla linea di confine tra esistere e non esistere. È estremamente sottile, incredibilmente sottile, quel punto è così sottile. Così tanto per cui è così facile, incredibilmente facile, scivolare nel nichilismo, così facile cadere nel nichilismo.
Quindi ciò che ho menzionato qui è un’introduzione alla visione della vacuità della scuola Svatantrika, che è diversa dalla visione della vacuità della scuola Prasangika. In dipendenza da ciò che la mente sta facendo, da ciò che il corpo sta facendo, da ciò che la parola sta facendo, in dipendenza da ciò che gli aggregati stanno facendo, riflettendo su quello la mente pone l’etichetta io. La mente, riflettendo sugli aggregati, su ciò che effettivamente stanno facendo, pone l’etichetta io e quindi etichetta l’azione dell’io. Per esempio qui il corpo sta sedendo. La mente, vedendo gli aggregati, e in particolare vedendo che il corpo sta sedendo, imputa meramente io e imputa meramente l’azione io sto sedendo. Quando la mente ascolta gli insegnamenti o pensa, la mente imputa meramente l’etichetta io e imputa meramente l’azione ascoltare gli insegnamenti o pensare o meditare. Imputa il mero io e la mera azione parlare.
Prima, il pensiero che riflette sugli aggregati imputa meramente l’io, quindi immediatamente dopo c’è l’apparenza di io. Dopo la mera imputazione io, c’è l’apparenza di io. Ma poi, quando l’io vi appare di nuovo dopo l’imputazione, non vi appare come meramente etichettato dalla mente. Quello è quanto dovrebbe apparire, quello è il modo in cui dovrebbe apparire. Quella è la visione corretta. Quello è il modo in cui esiste. Ma quando appare di nuovo, nel secondo successivo, appare in un modo completamente falso, come esistente per natura, esistente dal proprio lato, non meramente etichettato dalla mente. Vi appare di ritorno un io che non è meramente etichettato dalla mente. L’io vi appare di ritorno, ma voi vedete qualcosa che è un po’ più di quanto è meramente imputato dalla mente. Vi appare di ritorno come non meramente etichettato dalla mente ma come qualcosa di un po’ più che quello, qualcosa oltre quello. Cioè, esistente per natura – qualcosa leggermente di più di quanto è meramente etichettato dalla mente. Questa è l’apparenza di ciò che non è meramente etichettato. Quindi permettiamo alla nostra mente di afferrarcisi, di apprenderlo, di crederci.
L’io che appare di ritorno come non meramente etichettato dalla mente, appare come qualcosa che è un po’ di più di quanto è meramente etichettato – qualcosa che è un po’ di più della mera imputazione che è l’oggetto da rifiutare estremamente sottile della scuola Prasangika. Tale oggetto da rifiutare è estremamente fine comparato a tutti gli oggetti da rifiutare precedenti. Quando lasciamo che la nostra mente lo apprenda, vi si afferri, vi si attacchi, lo abbracci, pensando è vero, in quel momento creiamo la radice del samsara – l’ignoranza. Così nella nostra vita quotidiana, nelle ventiquattr’ore, ogni volta (Rinpoce schiocca le dita) che questo succede noi stiamo creando la radice del samsara. Stiamo continuamente creando la radice del samsara. Questa ignoranza, la mente che non conosce, produce tutti gli altri pensieri emozionali negativi, le afflizioni, e il karma e tutte le sofferenze, gli oceani di sofferenza samsarica – morte e rinascita, invecchiamento, malattia. La nostra esperienza della sofferenza del samsara non ha inizio e se continuiamo così sarà senza fine. Pertanto diventa così cruciale, un’emergenza, realizzare la vacuità, meditare sulla vacuità, imparare sulla vacuità.
È così urgente realizzare la vacuità, tagliare, eliminare la radice del samsara, questa ignoranza. In generale, qualunque cosa appaia – il cielo, gli alberi, la strada, la gente, gli animali, le stelle, le tangka, il broccato, i fiori e così via, qualunque cosa vi appaia come non meramente etichettato dalla mente, come qualcosa di più di quanto è meramente etichettato dalla mente, è l’oggetto da rifiutare (dgag bya) della scuola Prasangika.
Questo ragionamento è molto utile per riconoscere l’io emozionale, l’oggetto da rifiutare, il falso io. Sua Santità una volta menzionò il fatto che bisognerebbe chiedersi: “Che cosa sto facendo? Sto cercando. Perché dico che sto cercando? Non c’è altra ragione eccetto che i miei aggregati stanno facendo l’azione di cercare”. Così, quando fate quello, il minuto dopo che avete posto tale ragione, c’è un cambiamento nella vostra percezione di io. Non è come prima, c’è un cambiamento. All’improvviso vedete che l’io non è lì, che non c’è io su questo corpo, che non c’è io su questi aggregati. Improvvisamente c’è un cambiamento nella vostra percezione. Quindi, quando la nostra mente si distrae, di nuovo torna l’io reale che appare da lì. L’io che non è meramente etichettato dalla mente vi appare una volta ancora, quindi dovreste compiere di nuovo un tipo di analisi simile. Dopo che avete provato la ragione – quella che la sola ragione per cui l’io sta meditando è che la mente sta meditando – allora improvvisamente c’è un grande cambiamento nella vostra percezione di io. Quell’io reale che appare da lì non è più lì. Giocare così, meditare così, è un modo facile per riconoscere l’oggetto che va rifiutato.
Sua Santità Ling Rinpoce, al monastero di Drepung, durante una spiegazione dei Sette punti della trasformazione del pensiero, spiegò l’oggetto da rifiutare dicendo che nella nostra visione vediamo la base e l’etichetta come indifferenziabili. Quello è il modo in cui Rinpoce introdusse l’oggetto da rifiutare – la base e l’etichetta, i due, come indifferenziabili. Sua Santità il Dalai Lama disse anche che riguardo, per esempio, a un tavolo [l’etichetta] è mescolata con la base.
Penso che quando non riconoscete l’oggetto da rifiutare sul tavolo meramente etichettato o sull’io meramente etichettato, quando non siete consapevoli di ciò, avete l’apparenza mescolata alla base. La base e l’etichetta tavolo sono mescolate, indifferenzabili, proprio come sono indifferenzabili l’io egli aggregati. Forse questo in particolare è il caso della mente – quando pensate alla mente, pensate che la mente è io, sono indifferenzabili. Penso che continua ad essere lo stesso anche dopo che avete riconosciuto l’oggetto da rifiutare, perché vi appare come se esistesse dal proprio lato. Ancora non lo vedete come differente dalla base. Per esempio, ora siete seduti su un cuscino sul pavimento. Mentre sedete così, se guardate a come vi appare il pavimento su cui siete seduti, vi appare come qualcosa di duro e solido dal suo lato, come se esistesse dal suo lato. Così quello è l’oggetto da rifiutare che lì non esiste del tutto. È un’allucinazione totale. E quando sentite la stoffa sul vostro corpo, sentite un oggetto del contatto, soffice o ruvido, come se fosse dal suo lato. Di nuovo questo è l’oggetto da rifiutare. È un’allucinazione totale. Non è lì.
In modo simile, quando camminate per la strada, trovate che la strada è dura e solida, cioè dura e solida dal suo lato. Quando camminate per la strada, se meditate a come sentite, vi appare solida dal suo lato. Di nuovo, quello è l’oggetto da rifiutare. Quella è un’allucinazione totale, totalmente non esistente, vuota.
Inoltre, anche di notte, quando le luci sono spente, quando toccate le cose, un letto, una porta, quegli oggetti sembrano qualcosa di reale. Non appaiono come porta meramente etichettata, come tavolo meramente etichettato, come letto meramente etichettato. Vi appaiono come esistere dal loro lato, come qualcosa di reale esistente dal suo lato quando li toccate. Così, quello è l’oggetto da rifiutare ed è una completa allucinazione, totalmente vuota.
Ancora, quando sbattete la testa contro una porta o un tavolo, non appaiono come una porta o un tavolo meramente etichettati. Sbattete la testa su una porta reale o su un tavolo reale, non su qualcosa che è meramente etichettato dalla mente. Così quello è l’oggetto da rifiutare. È un’allucinazione totale, vuota. È la stessa cosa quando guardate gli alberi mentre siete fuori per una passeggiata. Un albero non vi appare come meramente etichettato dalla mente. Lo stesso vale per il cielo, le nuvole, cani, gatti, animali, insetti…
Così questi sono gli oggetti da rifiutare, le allucinazioni. Inoltre quando meditate sui ciakra, come nei Sei yoga di Naropa, in quel momento sentite che c’è un io reale in quei ciakra. C’è un io reale nel ciakra della testa, nel ciakra dell’ombelico. Lì c’è un io reale. C’è un io reale in quel ciakra, lì c’è un io reale che appare dal proprio lato. Questo è un chiaro esempio dell’oggetto da rifiutare. La vostra mente l’ha imputato, ma non c’è un tale io che esiste dal lato del vostro ciakra dell’ombelico. Non c’è una tale cosa. È totalmente non esistente. Non potete trovarla lì. Questo è un altro chiaro esempio dell’oggetto di negazione.
E poi, per esempio, se cercate il tavolo meramente etichettato, come se fosse in questa o quella parte, dov’è il tavolo? Non state cercando un tavolo intrinsecamente esistente, state cercando il tavolo che vi appare come non meramente etichettato dalla mente, dov’è quel tavolo? State cercando semplicemente il mero tavolo, dov’è quel tavolo? Lo cercate e non lo potete trovare da nessuna parte. Dopo tutto ciò, non potete trovarlo da nessuna parte analizzando tutte le parti e la loro raccolta. Non potete trovare il mero tavolo. Ma poi, dopo tutto quello, non avendolo trovato, analizzate la vostra visione del tavolo. Dopo tutto ciò, non potete trovare il tavolo, proprio il tavolo, il mero tavolo, ma quando analizzate la vostra visione c’è un tavolo che appare da lì. Così questo è un altro esempio dell’oggetto da rifiutare. Dopo tutta quell’analisi, non potete trovare neppure il mero tavolo, ma quando lo cercate e esaminate la vostra visione c’è un tavolo che appare dal proprio lato. Così questo significa che avete svolto l’analisi nel modo sbagliato, non avete toccato l’oggetto da rifiutare e non l’avete analizzato. Avete fatto l’analisi nel modo sbagliato. Così, per questo, nella vostra visione l’oggetto da rifiutare è stato lasciato ancora lì. È ancora lì. Dopo tutto ciò, c’è un tavolo reale che appare da lì. Così, è la stessa cosa con l’io, il mero io. Voi lo cercate, “dov’è l’io?” ma non lo toccate. Non entrate in connessione con questo io reale che appare da lì. Dov’è l’io? Lo cercate e non lo potete trovare, ma quando lo guardate c’è ancora l’io reale che appare da lì, da sopra gli aggregati. Così è lo stesso, questo è l’oggetto da rifiutare.
Questo è un modo per mostrare che questo tipo di analisi non è meditare sulla vacuità. Questo è ciò che vi fa cadere nel nichilismo. Quando realizzate le parti singolarmente, sorge con certezza il pensiero “non è lì”. Dopo di ché, per esempio riguardo a un tavolo, non c’è niente cui riferirsi. [La vostra analisi] non fa chiarezza su come esista il tavolo. C’è confusione. Questo modo di analizzare non aiuta a vedere che il tavolo esiste nel mero nome, non giunge a quella conclusione. [Dopo la vostra analisi] non c’è rimasto niente cui riferirsi. L’apparenza del tavolo non è chiara. Questo è un modo di apparire che è vuoto, ma non la vacuità che è la natura ultima. Questa vacuità distrugge il sorgere dipendente. Non giunge alla conclusione che il tavolo esiste nel mero nome. Il tavolo esiste nel mero nome, ma essa non giunge a tale conclusione. Così quel tipo di vacuità distrugge il sorgere dipendente, e pertanto è estremamente negativa. Sia Lama Tsongkhapa che Pabongka Rinpoce dissero che questo è dovuto al non avere differenziato l’oggetto da rifiutare e l’apparenza.
Così, questa è una spiegazione di due cose: una è l’usare esempi per riconoscere l’oggetto da rifiutare e l’altra è il realizzare che questo metodo non è la meditazione sulla vacuità, non è l’analisi della vacuità. Piuttosto essa distrugge il sorgere dipendente del tavolo. Credo che dobbiamo fermarci qui. Grazie molte. Abbiate una buona giornata.
Insegnamento conferito dal Ven. Lama Thubten Zopa Rinpoce il 28 ottobre 2000 all’Istituto Lama Tzong Khapa, Pomaia, Italia. Trascritto da Sophie Labrousse e Brad Bulen. Controllato parzialmente da Joan Nicell.
Tradotto in italiano e ricontrollato da ven. Cristiana Costa e Ivan Zerlotti.
Il karma non è un oggetto e quindi ovviamente non potrebbe essere lavato con acqua. Si tratta qui di una metafora: il karma individuale non può essere purificato con un processo esterno come il lavare con acqua qualcosa di sporco.
lama Zopa Rinpoce non usa quasi mai il termine più in uso “object of negation”, ma “object of refutation” oppure “object to be refuted”, che abbiamo tradotto entrambi con “oggetto da rifiutare”. Fonte http://www.taracittamani.it/download/area-pubblica/insegnamenti_robina.pdf che si ringrazia per la sua grande gentilezza.