Ven. Ghesce Ciampa Ghiatso: Generare una condotta positiva
Cerchiamo di generare una buona motivazione, altruistica e se non ci riusciamo quanto meno di non nuocere agli altri. Perché si pone l’accento su una condotta positiva?Un atteggiamento altruistico è auspicabile perché noi dovremmo essere grati agli altri in quanti essi hanno benevolenza nei nostri confronti. Il nuocere poi si ritorce contro di noi, tramite un comportamento negativo creiamo dei nemici. E’ chiaro che occorre riflettere per riuscire effettivamente a comprendere. Se non riflettiamo magari può risultarci difficile pensare che persino i nostri genitori siano degni di gratitudine. L’argomento di oggi tratta la meditazione però questi aspetti ricorrono molte volte nella meditazione.
Vi sono molti tipi e condizioni di meditazione, col termine meditazione ciò che viene inteso non è sedersi in maniera rilassata e svuotare la mente, non è questo il concetto principale di meditazione!
Questo è un aspetto da comprendere. Sia in famiglia, sia sul luogo di lavoro se abbiamo una sensazione di infelicità qualcuno potrebbe pensare vado a fare meditazione per distogliermi da questo, questo è un altro errore. Perché questo è sbagliato? Perché noi con le persone ci dobbiamo stare, è la nostra realtà.
Il principale obiettivo della meditazione è quello di cercare di far sorgere nel nostro continuum mentale una felicità, una pace interiore. Nel momento in cui si riesce in questo, questa pace mentale ci segue ovunque, con qualsiasi persona siamo e ovunque andiamo allora potremo essere sereni. Questa pace mentale non è possibile comprarla in un negozio, non è possibile fabbricarla o farcela prescrivere da un medico ma bisogna maturarla attraverso la pratica e lo sviluppo mentale.
Il nostro obiettivo è la serenità e la pace e non desideriamo soffrire. Nella realtà quotidiana nonostante questo desiderio incontriamo molta sofferenza, a volte incontriamo qualche momento di felicità ma durano poco e non sono così stabili. Come mai noi desideriamo la felicità e continuiamo a vedere molta sofferenza? Se osserviamo bene siamo sempre molto orientati verso l’esterno, difficilmente analizziamo i nostri errori senza proiettarli sugli altri.
Tutte le condizioni esteriori che sono con cause del nostro essere sono piede di difetti, il sistemare la realtà esteriore è un processo senza fine. Se noi cercassimo di trovare una felicità all’esterno questo è praticamente impossibile. Ora quando parliamo di un percorso mentale parliamo di un percorso di trasformazione, ma non è un qualcosa di cambiare all’esterno, con trasformazione si intende un percorso per cercare di trasformare il proprio continuum mentale non tanto la realtà esterna.
Quando si parla di meditare vi è questo intento di cercare di meditare sulla bodhicitta, sulla vacuità della grande compassione e così via. Atisha quando arrivò in Tibet disse: “Non ci sono dei grandi bodhisattva che non hanno meditato sulla compassione”.
Senza compassione è impossibile che vi siano bodhisattva, i Tibetani invece credevano che fosse possibile che ci fossero. Questo perché loro pensavano di meditare e produrre la mente di bodhicitta ma poi di fatto quando incontravano gli altri litigavano ed creavano problemi. Loro mentre meditavano la bodhicitta credevano di essere dei bodhisattva. Questi tipi di bodhisattva non esistono, quindi meditare in questo modo è sbagliato. Innanzitutto orientarsi verso la mente, capire le condizioni e partire da uno sviluppo di questa per poter raggiungere una reale meditazione.
Ecco che parliamo di meditare, la sessione di meditazione noi utilizziamo un pensiero positivo. Nelle fasi in cui non meditiamo invece siamo immersi in un sacco di pensieri e preoccupazioni. Questi pensieri negativi sia anche trasferito nei momenti in cui vi è la quotidianità quindi essere prudenti in questi momenti in cui non si medita. Ipotizzare di avere semplicemente un’attenzione solo durante la meditazione e non avercela tutto il resto del tempo è scorretto dal punto di vista del sentiero.
Innanzitutto non abbiamo poi così tanto tempo per meditare, al massimo abbiamo la capacità di stare una mezz’ora e poi ci si assopisce. Ma non è tanto importante il tempo quanto la qualità della meditazione. Perché si dice di essere prudenti durante la meditazione ed anche durante la fase in cui non si medita?
Perché se noi durante la fase in cui non meditiamo non portiamo attenzione ecco che si creano le condizioni che le afflizioni mentali si sviluppino.
Nelle fasi in cui non si medita è facile avere molti pensieri, da qui molte concettualità, stati di infelicità possono sorgere più facilmente e questo non ci permette di avere felicità. Anche perchè qualsiasi condizione che noi incontriamo ci mette in difficoltà e ci da preoccupazione che non ci serve per aiutare noi stessi. La preoccupazione non risolve i problemi ma li peggiora per cui è un ulteriore stato mentale che ci nuove. Nel nostro obiettivo di cercare di produrre felicità facendo in questo modo non solo blocca il percorso ma indebolisce la nostra chiarezza mentale ed in ultima analisi anche la nostra meditazione.
Nel momento in cui noi incontriamo persone è facile dire questa persona è negativa questa parla male etc.. etc.. Quando andiamo in auto è facile che un auto ci faccia arrabbiare. Questa come piccola cosa sembra nulla ma accumuliamo quella, quell’altra e così via fino a che arriviamo a grandi situazioni di tensione ed infelicità. Nel nostro obiettivo di ottenere maggiore pace mentale proviene soprattutto da questi momenti di cui non abbiamo interessano ma che formano il nostro substrato di serenità.
Noi incontriamo molte condizioni sfavorevoli a quelle che possono essere le nostre aspettative. Noi abbiamo il desiderio di incontrare persone buone senza difetti che corrispondono esattamente alle nostre aspettative. Quando si parla nei sutra che è possibile diventare Buddha in tre interminabili eoni questa è una condizione molto più facile che incontrare queste persone. Quindi è bene non continuare a cercare questa perfezione all’esterno in quanto non arriverà mai ma una perfezione la possiamo trovare all’interno della nostra mente.
Ora vi invito a fare una breve meditazione rispetto a quanto è stato detto.
Dovrebbe esserci riflessione, ci dovrebbe portare a quelle che sono le condizioni reali dove ci troviamo, nella realtà esterna i conflitti sono una cosa naturale queste hanno delle trasformazioni ma non affidabili. A volte magari sorge un momento di litigio poi ci si riappacifica ma poi possono esserci migliaia di contesti in cui si ricade in queste situazioni di alti e bassi. Quindi è impossibile effettivamente trasformare questa realtà esterna, dargli un cambiamento reale. Se invece mettiamo troppa enfasi nel cercare di mutare la realtà esteriore è un’impresa impossibile in quanto otterremo una sofferenza che non finisce mai. Alcune persone quando dico che i conflitti esterni non hanno fine poi d’altra parte ghesce ci propone l’altruismo di pensare agli altri , può sembrare strana questa cosa. Quindi un approccio altruistico ma in che modo. Come si realizza questo altruismo? Solo pensando di essere altruisti e poi quando si incontra l’altra persone si incomincia a litigare così via. Questo è naturalmente errato. L’altro estremo è che sviluppo una mente altruistica e resto passivo a quelli che sono i difetti degli altri. Ecco che di fatto è vero sono presenti difetti anche nelle altre persone, è difficile trovare persone senza difetti, ma in che modo facciamo questa distinzione tra chi è positivo e chi è negativo?
La nostra distinzione spesso è in corrispondenza ai nostri desideri. Se la persona si comporta in accordo alle nostre aspettative lo giudichiamo positivamente altrimenti no. E’ per quello che è bene dare enfasi al proprio cambiamento interiore, tramite il quale è possibile generare un vero altruismo che si astiene dal nuocere agli altri.
Vi sono molte persone che realizzano del beneficio per gli altri, ad esempio vi sono persone che aiutano, donano e fanno questo. Questo ha un ritorno anche per se stessi, facilmente questo atto di dono viene infranto da rabbia. A volte nel momento in cui doniamo ci aspettiamo anche un ritorno. Anche questo naturalmente non è un reale dono. Anche in Tibet vi sono molte condizioni di questo tipo.
Anche in Tibet nel momento in cui i tibetani ricevano doni ci sono questi tipi di relazione. A volte per qualcuno è una sorte di business, compravendita. In questo modo non si ottiene un vero beneficio per gli altri e quindi com’è che si raggiunge questo? Soprattutto cercando di direzionarsi verso un vero e proprio sviluppo mentale. Il nostro obiettivo è quello di ottenere maggiore pace e serenità mentale e per poter fare questo dovremo stare attenti a non dare troppa forza al nostro approccio esterno perché questo ci fa perdere l’occasione di muoverci all’interno. Lasciamo stare la realtà esteriore, il corpo rispetto alla mente è di nuovo più all’esterno per cui se diamo troppa enfasi al corpo abbiamo molte difficoltà.
Anche il corpo non è poi così buono nel senso che ci da numerose difficoltà, questo non vuol dire che dobbiamo padroneggiare il nostro corpo. E’ chiaro che muoversi verso l’esterno significa di avere amici, relazioni e così via. L’intento del controllo mentale non è separarci da queste realtà bensì di portare attenzione quindi nel modo in cui agiamo. Ora abbiamo visto, nella vita è bene portare attenzione ed essere prudenti rispetto alle piccole condizioni che portiamo ogni istante. Ogni istante è un potenziale istante di infelicità. Quella pace che noi auspichiamo si allontana e non riusciamo a creare i presupposti. Questo lavoro è molto più alla portata di studiare la prajnaparamita, la vacuità, l’impermanenza sottile. Tutte cose che non sono nemmeno possibili se non si fa questo lavoro. Se non si parte da qua nella vita non si riesce a fare dei reali progressi.
Ecco quindi che è buono avere una base di studio ma affrontare poi temi quali la vacuità, la bodhicitta etc…vi sono molte persone che studiano queste cose e sono esperte di queste ma in pochi riescono a praticare una trasformazione. Questo non vuol dire che queste persone non sappiamo meditare ma non hanno interesse verso queste piccole cose, non hanno interesse e non cambiamo queste piccole cose.
L’approccio graduale parte da esseri piccoli medi e grandi che partono nel sentiero. Un approccio più piccolo si considera quella che è una realtà ordinaria, si cerca di trasformare le difficoltà di questa vita per poter affrontare le vita successiva, poi vi è il punto di vista medio ed ecco che si arriva a quello grande. Però se si parte da quello grande senza aver trasceso quella che è la condizione ordinaria allora non ci si arriva in realtà a quello grande. Passare alla bodhicitta, alla grande compassione ed alla vacuità senza aver trasformato il punto di vista ordinario è impossibile. Il punto di vista più difficile da trasformare è quello ordinario, se riusciamo a trasformare questo andare al secondo terzo grado è più facile. Qual è l’approccio mentale che dovremmo avere, l’intenzione che ci vuole tempo, occorre investire tempo e non lasciarla lì abbandonata.
Essere attenti, prudenti nella vita in cui ci troviamo, contesto familiare, lavorativo etc…. Non dovremo continuare a rimanere in questo stato di infelicità, pensare che esistono molte condizioni in cui ci ritroviamo ad incontrare condizioni sfavorevoli alle nostre aspettative. Questo può succedere in ogni momento. Una mente che desidera superare il samsara, di emersione definitiva, senza questa è impossibile che noi abbiamo una mente di grande compassione, in questo modo la nostra pratica sparisce. Quindi per quanto noi meditiamo non è di beneficio.
Quindi all’inizio ci deve essere questa riflessione del nostro punto di vista ordinario, se non vi è questa partenza non è possibile qualche altro punta di vista superiore, in realtà molti su questo approccio sbagliano.
Facciamo 10 minuti di meditazione riflettendo giorno per giorno nel momento in cui ci troviamo nei nostri luoghi in cui noi viviamo e cerchiamo riportare la mente ai pensieri negativi e analizziamo il motivo e alla necessità che abbiamo di utilizzarli che beneficio effettivamente ha questo tipo di pensiero.
Spesso vi è il tipo di pensiero che sorge a me questa persona non piace. Bisogna portare attenzione perché questo tipo di frase ci porta a non piacerci molte persone. Siccome vi sono molte persone i momenti in cui incontriamo possibilità di spiacevolezza sono molteplici per cui è bene prestare noi stessi attenzione. Spetta a noi il cambiamento di cambiare questo atteggiamento. Rivolgersi a un cambiamento interiore non parliamo tanto della persona che sia positiva o negativa ma il nostro pensiero trasformarlo in negativo o positivo.
Di fatto noi abbiamo all’interno della nostra mente questa persona è negativa, questa positiva e così via. Ma risulta veramente difficile capire questa persona è positiva, negativa e così via. Di fatto questo dunque riguarda quella persona, non è qualcosa che interessa a noi. Nel momento in cui noi stiamo male perché di la vi è una persona negativa ecco che il problema diventa nostro non tanto suo. Di fatto è vero che vi sono molte con cause delle varie sofferenze esterne però il produttore principale come con causa sta nel nostro continuum mentale. La parte principale di bloccaggio della sofferenza è innanzitutto la causa principale interna, mentale. Anche perché la realtà dei problemi non esterni non ha fine. Analizzando ci sono molte persone che hanno già ottenute la buddhita ma non è che siano finite le persone negative. Queste persone hanno ottenuto completamente risultati quali la pazienza ma questo non significa che siano scomparse le persone negative, per cui riuscire ad ottenere completamente la pazienza non significa che scompaiano i nemici esterni.
Quando si dice aver sviluppato completamente la pazienza abbiamo bisogno delle relative persone esterne che si arrabbiano per potere avere questa. Realizzare la pazienza non vuol dire che spariscono le persone negative, anzi non si parla di pazienza senza di queste. Se noi riflettiamo bene le occasioni di pratica della pazienza sono molteplici numerosissime. Non è che abbiamo bisogno necessariamente id una persona che ci offenda, basta un pensiero negativo per farci perdere l’occasione della pazienza. Anche quando noi abbiamo difficoltà la nostra mente si incupisce ecco che non abbiamo più occasione per praticare la pazienza. Quella mente che produce negatività e sofferenza quella è base poi per la rabbia.
Anche perché per quanto riguarda gli addestramenti la pazienza è considerata il migliore addestramento. Senza questo addestramento tutti gli altri sono molto difficili. Per la pazienza occorre bloccare la scontentezza. Per cui quando noi abbiamo incontrato una difficoltà, oramai l’abbiamo incontrata, ulteriori preoccupazioni su questa ormai sono inutili. La nostra caratteristica è l’intelligenza, per cui ovunque andiamo dovremmo usare questa nostra caratteristica. Non solo dovremmo utilizzarla una volta ma abituarci ad utilizzarla sempre. Noi ci abituiamo ad utilizzare la nostra intelligenza ecco che questo diventa un qualcosa che ci appartiene e attraverso delle ragioni valide ci preoccupiamo laddove non serve. La preoccupazione non fa sì che la situazione si risolva. Anche senza pensare ad un tempo senza inizio, se guardiamo quando noi abbiamo utilizzato la preoccupazione e cercare di capire se di fatto è riuscita a risolvere qualcosa. Di fatto ci ha solo fatto stare in una continua infelicità. Tutta la felicità che sperimentiamo è il fatto di non essere stati padroni della nostra mente. Nel momento in cui noi incontriamo una difficoltà ecco che sopra questa nascono numerosi dubbi, pensieri e così via. Di fatto quando noi pensiamo a queste cose non è che ci pensiamo solo un minuto ma ore ed anche giorni.
Il fatto che sorga questa difficoltà se ci pensiamo è possibile che accada. Di fatto se paragoniamo la difficoltà l’utilizzo dei pensieri mentali e distorto da molte più difficoltà. Cerchiamo di trasformare il nostro atteggiamento mentale quindi diminuire le nostre difficoltà mentali. Nel momento in cui abbiamo difficoltà mentali può non esserci fine a questo. Ed ecco questo per quanto riguarda le realtà esterne che non hanno fine, anche al corpo non vi è fine ai problemi. Se noi ci pensiamo bene per quanto riguarda la mente le preoccupazioni possono non avere fine. Se pensiamo al corpo la sua natura è questa qui. Quindi che bisogna c’è di preoccuparsi?
Può essere che non vi sia fine ai problemi esterni però otteniamo una pace interna.
Ed ecco che nel momento in cui lasciando stare quelle che sono le cause esteriori invece possiamo controllare la nostra mente e bloccare le nostre preoccupazioni. Attraverso questa esperienza noi poi possiamo essere di beneficio a molte altre persone.
La mente ha natura transitoria per cui può essere cambiata.
Qual è il soggetto principale che trattiamo? Trattiamo la mente e il fatto che tutti noi desideriamo la felicità e rifuggiamo dalla sofferenza. Siamo sotto l’influsso negativo delle varie emozioni per esempio desiderio ed attaccamento. Per cui siamo mossi perdendo il controllo rispetto a queste forze mentali. Quindi perdiamo la nostra libertà di muoverci perché siamo sotto l’effetto di queste forze disturbanti. Occorre una capacità mentale per vagliare le forze disturbanti come negative. Siamo convinti che in realtà alcune di queste emozioni siano positive come il desiderio e l’attaccamento siamo convinti che ci porti a sperimentare felicità. Mentre la rabbia sentiamo che ci protegga in qualche modo quindi non arriviamo a vedere al 100% che queste emozioni sono al 100% nocive per la nostra felicità.
Da un punto di vista effettivamente noi consideriamo queste effetti come positivi e come utili. La rabbia pensiamo che sia uno strumento importante per proteggerci, se vediamo un nemico la rabbia ci prepara ad affrontarlo e ci chiediamo anche come faremmo ad affrontare un nemico senza questa spinta di rabbia. Solo per costruire le condizioni favorevoli quante difficoltà affrontiamo. Non solo affrontiamo molte difficoltà, ma siamo convinti che tramite l’ottenimento di quell’oggetto potremo ottenere la felicità. Per cui lo sappiamo che la vera sorgente di soddisfazione non sono gli ottenimenti materiali. Questi non sono sufficienti per portare a soddisfazione la propria mente. Se fosse effettivamente così, con l’aumentare le proprie ricchezze si potesse effettivamente raggiungere la completa felicità, dovremmo vedere le persone ricche completamente felici e soddisfatte. Invece vediamo che si creano molte difficoltà ed addirittura ci sono persone che non riescono nemmeno a dormire.
E anche al giorno d’oggi ricercatori vedono che non è solamente una realtà esteriore a portarci alla felicità interiore. Alcuni si interessano a meri processi cerebrali e altri si interessano anche all’esistenza di una mente. La felicità non può esistere in oggetti esteriori in quanto questi per loro natura hanno una loro instabilità. Per cui alcuni ricercatori sono d’accordo che se non si riesce a creare delle cause e positive è difficile ottenere una felicità della mente. E questo non è un discorso puramente di dharma ma è una realtà che si può constatare.
E’ stato fatto un esperimento in un’università americana e hanno studiato delle persone che portavano avanti una meditazione sulla compassione hanno fatto delle visite mediche e hanno visto che specialmente la pressione sanguigna hanno visto che questa si stabilizzava di seduta in seduta. Se non vi è un lavoro mentale per quanto noi abbiamo risorse esterne queste non ci possono aiutare. E questo è un discorso in generale poi possiamo andare in ognuno di noi e vedere se quando siamo mossi da desiderio ed attaccamento questo ci dia più risultati di felicità o più risultati di sofferenza. Quando parliamo di desiderio ed attaccamento seguono i 5 sensi e possiamo constatare se da questi viene reale soddisfazione o no. E penso proprio che sia difficile constatare che portano a soddisfazione. Sulla base di desiderio ed attaccamento sorgono poi molti desideri di rabbia, gelosia, una mente che desidera nuocere e così via…
Quindi è bene provare ad analizzare quali sono gli effetti di desiderio ed attaccamento nel nostro continuum mentale. Quello degli svantaggi è il piatto che pesa di più, pesantemente di più. Ecco che possiamo comprendere che questi eventi mentali non sono poi così producenti.
Per esempio prendiamo l’effetto verso i figli che comunemente consideriamo positivo, spesso è un amore legato alla condotta del figlio stesso ed è comunque legato all’attaccamento. Lo stesso vale per le relazioni tra marito e moglie, tra coppia, in quanto si trasforma facilmente in non amore lasciando il posto a desidero ed attaccamento. Se fosse realmente affetto o amore nei confronti nell’altra persona allora non dovrebbe essere un amore che guarda alla condotta dell’altra persona ma guarderebbe solamente alla persona. Se cambia e si muove in maniera altalenante è più facile che sia attaccamento. Ora parliamo del desiderio ed attaccamento in quanto in preda a questi poi sorgono anche tutti gli altri difetti mentali come rabbia e così via. Quindi diventa importante essere prudenti rispetto a questa tendenza. Di fatto è esattamente l’opposto, un amore che sia vero, anche se noi vogliamo avere amici, mossi da desiderio ed attaccamento magari all’inizio avremo qualche amico e poi è più facile che si allontanino.
Potete proprio riflettere anche voi sulla vostra esperienza, se ripensate a persone che hanno un forte attaccamento è molto difficile relazionarsi con loro, nel momento in cui abbiamo persone distaccate, oneste è più facile che siano circondate da molti amici. Nel momento in cui noi abbiamo una mente positiva, stabile, il fatto di avere o non avere amici va bene uguale. Quando abbiamo una mente negativa l’avere o non avere amici si sta male comunque. Questo è un intervista al Dalai Lama anche è interessante e vero. Si può notare che nelle grandi città dove ci sono molte persone per contro senso c’è un maggiore senso di isolamento tra le persone perché manca un senso di fiducia. Se noi andiamo invece nei villaggi allora c’è meno senso di isolamento. Molto strano, da dove viene questo problema? Sicuramente non è per la quantità di persone quindi non deve essere altro che un atteggiamento mentale. In generale bisogna trovare una pace mentale che vada al di là della presenza o meno delle persone.
Questo è un qualcosa che possiamo vedere dalla nostra esperienza di vita. Di fatto il desiderio ed attaccamento non ci ha reso così felici. Si segue un desiderio, poi un altro, ci si muove dall’oggi al domani da un desiderio a un altro. Se continuiamo a riflettere in questo modo cominciano ad esserci chiari quelli che sono gli svantaggi delle emozioni negative e l’effettiva negatività di queste.
E’ chiaro che in questo processo dell’analisi degli svantaggi è bene non mettere troppo accanimento su questo percorso perché soprattutto per coloro che non hanno ancora introspezione c’è il pericolo che sorga sofferenza. Quindi nel momento in cui ci rendiamo conto che la nostra analisi è troppo coinvolta è meglio mollare un po’ la presa e fare un percorso graduale.
Quando sono stato a Firenze all’università c’erano filosofi, medici etc…Mi hanno invitato a parlare ¾ ore e siamo arrivati a parlare di desiderio ed attaccamento. Quindi parlavo che per diminuire l’attaccamento è bene meditare sugli aspetti negativi del corpo, era un medico. Allora ho risposto che non basta meditare una volta, occorre meditare molte volte. Non solo questo, è importante meditare ed utilizzare questa tecnica sugli aspetti impuri del corpo. E chiederci se questa attrazione sessuale ci da più felicità o sofferenza, molto probabilmente in ultima analisi e la seconda. Questo non significa eliminare i rapporti sessuali, chiaramente per i laici, ma non esagerare non buttarsi o proiettarsi troppo su questo punto. Di fatto spesso gli scontri e la mancanza di amore tra coniugi e coppie deriva da questo. Se riflettiamo bene qualsiasi tipo di desiderio ed attaccamento se lo analizziamo nelle due conseguenze positive e negative troveremo che soprattutto da condizioni di infelicità.
Quindi ecco che quando si parla di meditazione, di meditare ecco che non si tratta di meditazione solo verso oggetti che sono obiettivi molto elevati. Si tratta di meditare anche sulla sofferenza, di un processo di familiarizzazione, di abitudini salutari.
Quando parliamo di meditazione non parliamo di un evento sporadico ma si parla di un continuare a riproporre la meditazione nella nostra quotidianità e questo ci porta gradualmente a far sorgere nel nostro continuum quelli che sono i percorsi virtuosi.
Ora quando parliamo del desiderio ed attaccamento abbiamo visto un antidoto ad esempio quello del corpo di vedere gli aspetti sgradevoli. Però se analizziamo la mente scopriamo che è distorta non è una menta affidabile non è una misura esatta. Non è una mente stabile che è di supporto alla nostra condizione, proprio perché per sua natura non è una mente stabile. Nel momento in cui abbiamo desiderio ed attaccamento non possiamo ottenere vera felicità. Se abbiamo desiderio ed attaccamento è impossibile che vi sia reale meditazione, reale realizzazione ed un calmo dimorare.
Quindi abbiamo visto che il problema più grosso che abbiamo è quello che la mente non è controllata, quindi è impossibile che noi otteniamo un calmo dimorare e una reale pace interiore. Quindi nel cercare il verso responsabile ecco che il vero responsabile è proprio desiderio ed attaccamento. Come viene presentato nei testi la concentrazione univoca, il samadhi, vi sono tanti tipi di concentrazione univoca che corrispondono poi a un percorso di pulizia di queste emozioni negative quale desiderio ed attaccamento che viene classificato per le varie grossolanità. Per l’ottenimento della concentrazione meditativa il lavoro è quello di ridurre desiderio ed attaccamento. Con desiderio ed attaccamento la stabilizzazione meditativa è impossibile.
Facciamo 10 minuti di meditazione sui vantaggi e svantaggi del desiderio ed attaccamento.
Abbiamo due tipi di meditazione: analitica e stabilizzante. La meditazione analitica significa analizzare, usare il ragionamento ed è molto utile perché ci permette di chiarire le condizioni sulla base delle quali dobbiamo lavorare.
Ora quando parliamo del desiderio ed attaccamento non è un percorso esclusiva per i monaci. Milarepa e Marpa hanno ottenuto l’illuminazione ed era sposato. Per cui il problema è desiderio ed attaccamento, quindi è un percorso che può essere portato avanti sia da laici che da monaci. Quando si parla di pratica l’enfasi è l’ottenimento di una maggiore serenità di una pace interiore di una maggiore felicità. Il perché non troviamo la pace è perché siamo in preda da emozioni negative quali desiderio ed attaccamento e il percorso è uguale per laici e monaci.