Il grande discorso della distruzione della brama o Mahatanhasankhayasutta
L’errata opinione di Sati, il figlio del pescatore.
Così ho udito. Una volta il Beato soggiornava presso Savatthi, nel boschetto di Jeta, nel giardino di Anathapindika. In quel tempo un monaco di nome Sati, figlio di un pescatore, aveva concepito quest’errata opinione: “Così io comprendo la dottrina insegnata dal Beato: questa nostra coscienza erra trasmigra immutata”.
Molti monaci udirono che costui aveva concepito tale errata opinione, perciò si recarono da lui e, giunti, gli dissero: “E’ vero, o amico Sati, che tu hai concepito questa errata opinione: ‘Così io comprendo la dottrina insegnata dal Beato: questa nostra coscienza erra trasmigra immutata ‘?. “Si, è così amici, io comprendo in tal modo la dottrina insegnata dal Beato: la nostra coscienza erra e trasmigra immutata”. Quei monaci allora, desiderosi di distogliere il monaco Sati, il figlio del pescatore, da quest’errata opinione, gli chiesero delle spiegazioni, lo interrogarono, gli dissero: “Non parlare così, amico Sati, non travisare il Beato; non è bello travisare il Beato. Il Beato mai avrebbe detto così. Infatti, amico Sati, il Beato ha detto in vari modi che la coscienza è coprodotta condizionatamente, affermando che, senza condizione, non si dà nascita della coscienza”.
Ma il monaco Sati, figlio del pescatore, benché fosse così sollecitato, richiamato ed esortato da quei monaci, restò tuttavia ostinatamente nella sua errata opinione e, mantenendo il punto, disse: “Davvero, amici, io comprendo in tal modo la dottrina insegnata dal Beato: questa nostra coscienza erra e trasmigra immutata”.
Quando i monaci si avvidero che non potevano distogliere il monaco Sati, il figlio del pescatore, dalla sua errata opinione, si recarono là dove si trovava il Beato e, ivi giunti e salutatolo riverentemente, gli sedettero accanto.
Dopo che si furono seduti, così dissero al Beato: “O signore, un monaco di nome Sati, figlio di un pescatore, ha concepito la seguente errata opinione: ‘così io comprendo la dottrina insegnata dal Beato: questa nostra coscienza erra trasmigra immutabile’. Dunque noi udimmo che tale era l’opinione di Sati, il figlio del pescatore, perciò, recatici da lui, gli domandammo se quanto diceva fosse vero. Cercammo allora di distoglierlo dalla sua opinione, senza riuscirvi. Proprio per questo, perché non siamo riusciti a distogliere il monaco Sati, il figlio del pescatore, dalla sua errata opinione, ora riferiamo la faccenda al Beato”.
A questo punto il Beato si rivolse a uno dei monaci: “Va, o monaco, e dì in mio nome al monaco Sati, il figlio del pescatore: ‘Il maestro ti chiama, amico Sati’. “. Il monaco assentì dicendo: “Bene, Signore” e si recò là dove si trovava il monaco Sati, il figlio del pescatore, e ivi giunto gli disse: “Il maestro ti chiama, amico Sati”. Il monaco Sati assentì dicendo: “Bene amico” e si recò là dove si trovava il Beato. Giuntovi e salutatolo riverentemente, gli si sedette accanto.
Allora il Beato gli disse: “E’ vero Sati, che tu hai concepito la seguente errata opinione: ‘così io comprendo la dottrina insegnata dal Beato: questa nostra coscienza erra trasmigra immutata ‘?”. “Si Signore, è così”. “Che cosa è questa coscienza, Sati?”. “E’ quella, o Signore, che sperimenta qua e là il risultato delle azioni buone e cattive”. “Da chi, o sciocco, hai appreso che io abbia insegnato una simile dottrina? Non ho forse detto in molti modi, o sciocco, che la coscienza è coprodotta condizionatamente, affermando che senza condizione non si dà nascita della coscienza? E tu adesso, o sciocco, senza avere bene inteso, ci critichi, danneggiando te stesso e procurandoti abbondante demerito spirituale.
Questo, o sciocco, ti riuscirà danno e dolore per lungo tempo”.
Allora il Beato si rivolse ai monaci: “che ne pensate voi, monaci? Il monaco Sati, il figlio del pescatore, ha acceso anche solo una scintilla di saggezza riguardo a questo insegnamento e a questa disciplina?”. “E come sarebbe possibile, Signore! No certo, Signore!”. Udito questo colloquio, il monaco Sati, il figlio del pescatore, si sedette ammutolito, turbato, abbattuto, con lo sguardo rivolto a terra, mortificato, smarrito. Il Beato, allora come lo vide in questo stato, gli disse. “O sciocco, diverrai noto per questa tua errata opinione; ora interrogherò i monaci”.
E così detto, il Beato si rivolse ai monaci: “Anche voi, monaci, intendete la dottrina insegnata da me come il monaco Sati, il figlio del pescatore, che, senza averla bene intesa, ci critica, danneggiando se stesso e procurandosi abbondante demerito spirituale ?”. “No certo Signore! Perché in vario modo, o Signore, il Beato ha detto che la coscienza è coprodotta condizionatamente, affermando che senza condizione non si dà nascita della coscienza”.
“Benissimo, o monaci, voi comprendete davvero bene la dottrina che vi ho insegnato. Infatti, o monaci, vi ho detto in vario modo che la coscienza è coprodotta condizionatamente, affermando che senza condizione non si dà nascita della coscienza”.
Ma ecco che il monaco Sati, il figlio del pescatore, senza avere bene inteso, ci critica, danneggiando se stesso e procurandosi abbondante demerito spirituale; la qual cosa riuscirà a questo sciocco di danno e dolore per lungo tempo.
Le varie forme di coscienza
“O monaci, la coscienza viene definita in base alla condizione in dipendenza della quale essa si produce. Pertanto, la coscienza che si produce avendo come condizione la vista e le forme viene definita ‘ Coscienza visiva ‘ ; la coscienza che si produce avendo come condizione l’udito e i suoni viene definita ‘ Coscienza uditiva ‘;; la coscienza che si produce avendo come condizione l’olfatto e gli odori viene definita ‘ Coscienza olfattiva ‘; la coscienza che si produce avendo come condizione il gusto e i sapori viene definita ‘ Coscienza gustativa ‘; la coscienza che si produce avendo come condizione il corpo e gli oggetti tangibili viene definita ‘ Coscienza corporea ‘; la coscienza che si produce avendo come condizione la mente e gli oggetti mentali viene definita ‘Coscienza mentale ‘;
“O monaci, come il fuoco che arde è definito on base alla condizione che lo determina e, a seconda che essa sia legna, fascina, erba, sterco, paglia o spazzatura, il fuoco viene definito “fuoco di paglia” o “fuoco di spazzatura” e così via, analogamente, la coscienza viene definita visiva, uditiva ecc, in base alla condizione che la determina.”
“O monaci, ritenete che ogni cosa sia originata?”. “certamente, Signore!”. “E che nasca da tale e tale alimento?”. “Certamente Signore!”. ” E che tutto ciò che è originato, nel caso in cui il suo alimento venga meno, viene meno anch’esso?”. “Certamente Signore!”. “Ma forse, o monaci, qualcuno può essere in dubbio e pensare: ‘ Tutto ciò, forse, non è originato; forse, non nasce da tale e tale alimento; forse tutto ciò che è originato, nel caso in cui il suo alimento venga meno, non viene meno ‘”. “Certamente Signore!”.
“Tuttavia, o monaci, in chi vede con perfetta cognizione, secondo realtà, che ogni cosa è originata, che nasce da tale e tale alimento che, nel caso in cui il suo alimento venga meno, anch’essa viene meno, allora l’incertezza svanisce?”. “certamente Signore!”. “O monaci, siete privi di incertezza su questo, che cioè tutto è originato, nasce da tale e tale alimento e, nel caso in cui il suo alimento venga meno, anch’esso viene meno?”. “Certamente Signore!”. “E avete bene inteso, o monaci, con perfetta cognizione e secondo verità che tutto è originato, nasce da tale e tale alimento e, nel caso in cui il suo alimento venga meno, anch’esso viene meno?”. “Certamente Signore!”.
“Se ora, o monaci, voi vi attaccaste a questa opinione così purificata, così eccellentemente mondata, se ve ne vantaste, se la vagheggiaste, se ve ne inorgogliste, considerereste forse la dottrina da me insegnata come una zattera costruita per traghettare e non per essere portata dietro?”. “No di certo Signore!”.
“Ma se voi, o monaci, non vi attaccaste a questa opinione così purificata, così eccellentemente mondata, se non ve ne vantaste, se non la vagheggiaste, se non ve ne inorgogliste, considerereste forse la dottrina da me insegnata come una zattera costruita per traghettare e non per essere portata dietro?”. “Certamente Signore!”.
Esposizione dei quattro alimenti e della genesi interdipendente
“O monaci, per quanto riguarda gli esseri vi sono quattro alimenti (ahara): per il mantenimento di quelli già formati e per lo sviluppo di quelli che stanno per nascere. Quali sono questi quattro alimenti? Nutrimento alimentare, grosso o sottile, contatto corporale, cogitazione mentale e coscienza. E su cosa, o monaci, sono basati questi quattro alimenti, da dove si originano, da dove nascono, da dove sorgono? Questi quattro alimenti sono basati sulla brama (tanha), si originano dalla brama ma nascono dalla brama.
E su cosa, o monaci, è basata la brama, da cosa si origina, da dove nasce, da dove sorge?
La brama è basata sulla sensazione, nasce dalla sensazione (vedana), si origina dalla sensazione, nasce dalla sensazione, sorge dalla sensazione. E su cosa, o monaci, è basata la sensazione, da cosa si origina, da dove nasce, da dove sorge?
La sensazione è basata sul contatto (phassa), si origina dal contatto, nasce dal contatto, è basato sul contatto. E su cosa, o monaci, è basato il contatto, da cosa si origina, da dove nasce, da dove sorge?
Il contatto è basato sui sei domini (salayatana), si origina dai sei domini, nasce dai sei domini, sorge dai sei domini. . E su cosa, o monaci, sono basati i sei domini, da cosa si originano, da dove nascono, da dove sorgono?
I sei domini sono basati su “nome e forma” (namarupa), si originano da “nome e forma”, nascono da “nome e forma”, sorgono da “nome e forma”. E su cosa, o monaci, sono basati “nome e forma”, da cosa si originano, da dove nascono, da dove sorgono?
“Nome e forma” sono basati sulla coscienza (vinnana), si originano dalla coscienza, nascono dalla coscienza, sorgono dalla coscienza. E su cosa, o monaci, è basata la coscienza, da cosa si origina, da dove nasce, da dove sorge?
La coscienza è basata sui coefficienti (sankhara), si origina dai coefficienti, nasce dai coefficienti, sorge dai coefficienti. E su cosa, o monaci, sono basati i coefficienti, da cosa si originano, da dove nascono, da dove sorgono?
I coefficienti si basano sulla nescienza (avijja), si originano dalla nescienza, nascono dalla nescienza, sorgono dalla nescienza.
Dunque, o monaci, i coefficienti sono condizionati dalla nescienza, la coscienza è condizionata dai coefficienti, “nome e forma” sono condizionati dalla coscienza, i sei domini sono condizionati da “nome e forma”, il contatto è condizionato dai sei domini, la sensazione è condizionata dal contatto, la brama è condizionata dalla sensazione, l’appropriazione è condizionata dalla brama, il divenire è condizionato dall’appropriazione, la nascita è condizionata dal divenire, vecchiezza e morte, pena, lamento, disagio, angoscia e mancanza di serenità sorgono condizionate dalla nascita.
E così si ha la nascita di tutto questo aggregato di dolore.
È stato detto che vecchiezza e morte sono condizionate dalla nascita. Dunque, o monaci, vecchiezza e morte sono condizionate o non sono condizionate dalla nascita? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che sono condizionate dalla nascita”.
“E’ stato detto che la nascita è condizionata dal divenire. Dunque, o monaci, la nascita è condizionata dal divenire o non è condizionata dal divenire? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionata dal divenire”.
“E’ stato detto che il divenire è condizionato dall’appropriazione. Dunque, o monaci, il divenire è condizionato dall’appropriazione o non è condizionato dall’appropriazione? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionato dall’appropriazione”.
“E’ stato detto, o monaci, che l’appropriazione è condizionata dalla brama. Dunque, o monaci, l’appropriazione è condizionata o non è condizionata dalla brama? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionata dalla brama”.
“E’ stato detto, o monaci, che la brama è condizionata dalla sensazione. Dunque, o monaci, la brama è condizionata o non è condizionata dalla sensazione? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionata dalla sensazione”.
“E’ stato detto, o monaci, che la sensazione è condizionata dal contatto. Dunque, o monaci, la sensazione è condizionata o non è condizionata dal contatto? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionata dal contatto”.
“E’ stato detto, o monaci, che il contatto è condizionato dai sei domini. Dunque, o monaci, il contatto è condizionato o non è condizionato dai sei domini? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionato dai sei domini”.
“E’ stato detto o monaci, che i sei domini sono condizionati da “nome e forma””. Dunque, o monaci, i sei domini sono condizionati o non sono condizionati da “nome e forma”? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che sono condizionati da “nome e forma””.
“E’ stato detto, o monaci, che “nome e forma” sono condizionati dalla coscienza. Dunque, o monaci, “nome e forma” sono condizionati o non sono condizionati dalla coscienza? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che sono condizionati dalla coscienza”.
“E’ stato detto, o monaci, che la coscienza è condizionata dai coefficienti. Dunque, o monaci, la coscienza è condizionata o non è condizionata dai coefficienti? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che è condizionata dai coefficienti”.
“E’ stato detto, o monaci, che i coefficienti sono condizionati dalla nescienza. Dunque, o monaci, i coefficienti sono condizionati o non sono condizionati dalla nescienza? Che ne pensate?”. “Certamente signore, così pensiamo, che sono condizionati dalla nescienza”.
“Benissimo, o monaci, voi dite così, dunque, e io affermo che essendoci quello c’è questo, che dalla nascita di quello nasce questo, cioè a dire:
1. condizionati dalla nescienza si producono i coefficienti,
2. condizionata dai coefficienti si produce la coscienza,
3. condizionati dalla coscienza si producono “nome e forma”,
4. condizionati da “nome e forma” si producono i sei domini,
5. condizionati dai sei domini si produce il contatto,
6. condizionato dal contatto si produce la sensazione,
7. condizionata dalla sensazione si produce la brama,
8. condizionata dalla brama si produce l’appropriazione,
9. condizionata dall’appropriazione si produce il divenire,
10. condizionato dal divenire si produce la nascita,
11. condizionati dalla nascita si producono vecchiezza e morte, pena, lamenti, disagio, angoscia e mancanza di serenità.
E così si ha la nascita di tutto questo aggregato di dolore.
Ma, l’inverso:
1. mediante la completa, totale cessazione della nescienza, cessano i coefficienti,
2. mediante la cessazione dei coefficienti cessa la coscienza,
3. mediante la cessazione della coscienza cessano “nome e forma”,
4. mediante la cessazione di “nome e forma” cessano i sei domini,
5. mediante la cessazione dei sei domini cessa il contatto,
6. mediante la cessazione del contatto cessa la sensazione,
7. mediante la cessazione della sensazione cessa la brama,
8. mediante la cessazione della brama cessa l’appropriazione,
9. mediante la cessazione dell’appropriazione cessa il divenire,
10. mediante la cessazione del divenire cessa la nascita,
11. mediante la cessazione della nascita cessano vecchiezza e morte, pena, lamenti, disagio, angoscia e mancanza di serenità.
E così si ha l’arresto di tutto questo aggregato di dolore.
(…..)
I precetti e la vita monastica
“Ritiratosi dal mondo, egli fa suoi gli impegni e la vita dei monaci mendicanti, desiste dall’uccidere, è alieno all’uccidere, depone il bastone e la spada, è modesto, pieno di compassione e d’amore, desidera il bene di tutti gli esseri viventi.
Egli ha rinunciato a prendere ciò che non gli è dato, è diventato contrario a questo, prende solo ciò che gli è dato, desidera solo questo e vive con un cuore così purificato.
Parimenti, egli ha rinunciato all’incontinenza, è divenuto casto, vive in disparte, non si dedica alla pratica volgare dell’atto sessuale;
ha rinunciato alla menzogna, è divenuto contrario ad essa, dice la verità, non si allontana dalla verità, è affidabile, degno di confidenza, non smentito dai fatti;
ha rinunciato alla maldicenza, è divenuto contrario alla maldicenza, ciò che ha udito in un luogo non lo racconta altrove per disunire taluni, ciò che ha udito altrove non lo racconta in un altro luogo per disunire altri: in tal modo egli unisce i disuniti, incoraggia gli amici, si diletta nella concordia, si rallegra della concordia, gioisce della concordia, pronuncia parole che suscitano concordia;
ha rinunciato alle parole aspre (pharusa), è divenuto contrario alle parole aspre: pronuncia parole prive di biasimo, gradevoli all’udito, dilettevoli, che toccano il cuore, garbate, piacevoli alla gente, amate dalla gente;
ha rinunciato al vaniloquio, è divenuto contrario al vaniloquio: parla a tempo opportuno, secondo verità, in modo conforme alla dottrina e alla disciplina,;
preferisce parole degne d’essere ritenute, quando occorre confortate da ragioni, ordinate a uno scopo, adeguate all’oggetto;
è divenuto contrario a offendere semi e piante, prende cibo una volta al giorno, non mangia di notte, si astiene dal mangiare fuori tempo;
è contrario a frequentare spettacoli con danze, canti e musiche,; s
i astiene dall’indossare ghirlande, dal profumarsi e dal cospargersi di olii profumati;
si astiene dall’uso di alti e grandi letti;
si astiene dall’accettare oro e argento;
si astiene dall’accettare cereali crudi;
si astiene dall’accettare carni crude; si astiene dall’accettare donne e fanciulle;
si astiene dall’accettare serve e servi;
si astiene dall’accettare capre e pecore;
si astiene dall’accettare polli e suini;
si astiene dall’accettare elefanti, buoi, cavalli e cavalle; si astiene dall’accettare terre coltivate o incolte; s
i astiene dal comperare e dal vendere; si astiene dal frodare con bilance, bronzi o misure;
si astiene dall’ingiustizia, dalla frode, dall’inganno e dall’imbroglio;
si astiene da zuffe, uccisioni, rapimenti, ladrocini, furti e violenze.
Egli è contento della veste che copre il suo corpo, del cibo elemosinato con cui si sostenta e, ovunque vada, porta questo con se e và.
Come un uccello che, ovunque voli, porta con se il peso delle sue ali e vola, proprio così un monaco è contento della veste che copre il suo corpo, del cibo elemosinato con il quale si sostenta e, ovunque vada, porta questo con se e và.
Adempiendo questi nobili precetti morali (silakkhandha), il monaco prova dentro di sé una gioia perfetta.
Quando vede con la vista una forma o un colore, quando ode con l’udito un suono, odora con l’olfatto un odore, gusta con il gusto un sapore, tocca con il tatto un oggetto tangibile, conosce col pensiero una cosa, egli non è attratto da ciò, non si occupa dei suoi caratteri particolari, e siccome cupidigia e scontentezza, stati mentali negativi e dannosi, presto sopraffanno colui che non vigila su questo o sull’organo di senso (sia esso vista, udito, l’odorato, il gusto, il tatto o il pensiero), egli attende a questa vigilanza, si prende cura dei vari sensi, vigila attentamen6te su di loro.
Attraverso tale nobile vigilanza, il monaco prova dentro di sé una gioia incontaminata.
Sia che venga o che vada, egli è perfettamente consapevole; sia che guardi o che distolga lo sguardo, è perfettamente consapevole;
sia che si alzi o si muova, è perfettamente consapevole;
nel portare l’abito, la scodella per l’elemosina e la veste è perfettamente consapevole;
sia che mangi o che beva, mastichi o gusti, è perfettamente consapevole;
sia che evacui o urini, è perfettamente consapevole;
sia che cammini o stia fermo,sieda o dorma,si svegli, parli o stia in silenzio è perfettamente consapevole.
Il monaco, dunque, poiché è munito di questi nobili precetti morali, di questa nobile vigilanza sui sensi, di questa nobile e consapevole attenzione, cerca un luogo di riposo appartato: un bosco, la base di un albero, una montagna, una grotta, una caverna montana, un cimitero, il folto della foresta, uno spazio aperto, un giaciglio di strame.
Dopo il pasto, dopo essere tornato dal giro dell’elemosina, si siede con le gambe incrociate, tenendo il corpo ben diritto e la mente vigile.
Abbandonata ogni cupidigia (abhijjha) nei confronti del mondo, sta con la mete priva di cupidigia, purifica la mente dalla cupidigia;
abbandonata la cattiva volontà (byapadapadosa), sta con la mente priva di cattiva volontà e, compassionevolmente preoccupato del bene di tutti gli esseri viventi, purifica la mente dalla cattiva volontà;
abbandonato il torpore (thinamiddha), sta con la mente priva di torpore, percepisce la luce della conoscenza, è consapevole e pienamente cosciente, purifica la mente dal torpore; abbandonate l’inquietudine e l’agitazione (uddhaccakukkucca), sta privo di inquietudine e, intimamente pacato, purifica la mente dall’inquietudine e dall’agitazione;
abbandonta l’incertezza (vicikiccha) sta privo di incertezza e, senza dubitare di tutto ciò che è salutare (kusalesu dhammesu), purifica la mete dall’incertezza.
Abbandonati questi cinque impedimenti e separatosi dalle impurità (kilesa) della mente, che indeboliscono la saggezza, dai desideri sensuali e da ogni cosa non salutare, il monaco entra e dimora nel primo stadio dell’assorbimento meditativo.
In esso vi è gioia (piti) e letizia (sukha) derivate dall’isolamento (viveva) e accompagnate dall’applicazione iniziale dell’attenzione sull’oggetto di meditazione (vitakka) e dal mantenimento dell’attenzione (vicara) stessa.
Venendo meno l’applicazione iniziale dell’attenzione e il suo mantenimento, il monaco entra e dimora nel secondo stadio di assorbimento meditativo.
In esso vi sono gioia e letizia derivate dalla concentrazione (samadhi) e non accompagnate dall’applicazione iniziale dall’attezione sull’oggetto di meditazione e dal mantenimento dell’attenzione stessa; la mete è tutta concentrata sull’oggetto di meditazione, rivolta all’interno, serena; una volta cessata la gioia, calmo, consapevole e cosciente, il monaco entra e dimora nel terzo stadio di assorbimento meditativo, e sente nel corpo quella letizia per cui i nobili dicono: “Calmo, consapevole, egli lietamente dimora”.
Dopo di ciò, cessata la letizia e cessato il dolore, scomparsi la felicità e lo scoramento, egli entra nel quarto stadio di assorbimento meditativo, purità di calma e di attenzione, privo di dolore e di letizia.
L’Equanimita’
“Costui, veduta con la vista la forma, sentito con l’udito il suono, odorato con l’olfatto l’odore, gustato con gusto il sapore, toccato con il tatto una oggetto tangibile, conosciuto con la mente l’oggetto della mente, non si attacca alle forme, ai suoni, agli odori, ai sapori, a ciò che è tangibile e agli oggetti della mente gradevoli, né schiva quelli sgradevoli;
consapevole del corpo, egli non vive più senza chiara coscienza, senza conoscere la liberazione della mente, la liberazione della saggezza, in cui gli stati mentali negativi e nocivi cessano senza residuo.
In tal modo, egli non è più in balia di contentezza e scontentezza e, qualsiasi sensazione provi, sia essa piacevole, spiacevole o neutra, non l’approva, non la saluta, non vi si attacca e, così facendo, cessa in lui il godimento.
Dunque, alla cessazione del godimento segue la cessazione dell’appropriazione; dalla cessazione dell’appropriazione la cessazione del divenire; dalla cessazione del divenire, la cessazione della nascita; dalla cessazione della nascita, la cessazione della vecchiaia e della morte, della pena, dei lamenti, del disagio, dell’angoscia e della mancanza di serenità.
E così si ha la cessazione di tutto quest’aggregato di dolore.
O monaci, in breve, ritenete tutto ciò come la liberazione mediante l’annientamento della brama; considerate il monaco Sati, il figlio del pescatore, impigliato nella gran rete della brama, fra i lacci della brama”.Così disse il venerabile Beato. Contenti i monaci approvarono le sue parole. Tratto da: http://www.guruji.it