Insegnamenti del 18.09.11 del Ven. Ghesce Tenzin Tenphel al Centro Sabsel Thekchok Ling Genova, sul tema: Bodhicitta, la mente dell’illuminazione. Appunti ed editing del Dott. Luciano Villa nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings del Centro Sangye Cioeling di Sondrio, il cui nome è stato conferito da Sua santità il Dalai Lama, per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Traduzione dal tibetano in italiano dal Dott. Massimo Dusi.Il Ven Ghesce Tenzin Tenphel guida spirituale del Centro Sabsel Thekchok Ling e Lama residente presso l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia (PI), ha illustrato i tre aspetti principali del sentiero buddhista per l’illuminazione, di cui due sono comuni sia ai praticanti Hinayana, o del piccolo veicolo, che ai praticanti Mahayana, o del grande veicolo: l’attitudine di rinuncia all’esistenza ciclica del samsara, chiamata Mente di Emersione Definitiva, e la comprensione della vacuità di vera esistenza del sé della persona e dei fenomeni. Ma solo la generazione di Bodhicitta, lo stato mentale che aspira a raggiungere la liberazione dal samsara non solo per se stessi ma per arrecare beneficio a tutti gli esseri senzienti, è peculiare del praticante Mahayana e lo distingue dalle altre tradizioni. Il praticante Mahayana comprende che tutti gli esseri, senza distinzione, sono oppressi dalla sofferenza e desiderano la felicità, e si impegna ad ottenere l’illuminazione con lo scopo altruistico di condurre gli altri in questo stesso stato. Bodhicitta è per questo motivo definita come la porta che immette sul sentiero di pratica del buddhismo Mahayana. In questo straordinario insegnamento Ghesce Tenphel parla delle caratteristiche della Mente che aspira all’illuminazione e delle due antiche pratiche meditative per svilupparla e coltivarla: L’istruzione in sette punti di causa ed effetto ed il metodo di scambiare se stessi con gli altri.
Il Ven. Lama tibetano Ghesce Tenzin Tenphel
La bodhicitta non sorge a caso ma ha bisogno della sua propria causa: la grande compassione. Cos’è la grande compassione? La grande compassione è il desiderio di liberare tutti gli esseri senzienti dalla sofferenza.
Se vogliamo analizzarla, dobbiamo considerare che tutti gli esseri senzienti sono per noi diversi, ce ne sono alcuni con cui abbiamo un buon rapporto ed altri con cui ci troviamo in contrapposizione, con cui litighiamo ed abbiamo problemi. La grande compassione presuppone l’equanimità nel voler liberare gli esseri senzienti dalla sofferenza. La grande compassione non ammette amici o nemici: è rivolta a tutti, indistintamente. Ma non possiamo pensare che smetteremo di colpo di comportarci così: di catalogare gli esseri tra amici ed avversari. Teoricamente è possibile, ma concretamente è molto difficile.
Tutti desideriamo la felicita e non desideriamo soffrire. Proprio perché di sofferenza ne abbiamo fin troppa e continuiamo a produrne. Inoltre non è razionale pensare di far del male ai nostri nemici, perché di sofferenza ce n’è fin troppa.
Ma la nostra mente continua ad augurare sventure ed il male a chi considera nemico. Oltretutto, la nostra malevolenza non riesce a colpire l’altro, non è in grado minimamente di nuocergli, ma influenza negativamente noi stessi. Così, con la malevolenza si accompagnano tutta una serie di pensieri negativi. Se ci rendiamo conto d’aver questa catena di pensieri malevoli, se capiamo che questi non fanno altro che disturbare la nostra mente, allora possiamo comprendere che li dobbiamo placare, così cresce l’idea di far del bene agli altri. D’altra parte, non e’ detto che tutti siano così malevoli. Inoltre, ci possono essere differenti gradi di malevolenza. Da questo discorso generale possiamo capire come agisce la mente di malevolenza. Ora ciascuno guardi in se stesso, per osservare come ci comportiamo. Guardandoci dentro, possiamo così comprendere quanto questa malevolenza ci fa del male. La malevolenza non solo augura in diversi modi il male agli altri, che non conosce, ma lo fa anche con persone vicine. Possiamo abbassarci a dare giudizi mentali verso atteggiamenti dei nostri cari che minimamente ci offendono: più lo facciamo, più quest’abitudine aumenta. Dobbiamo stare attenti a questo atteggiamento, perché finiremo col peggiorare sempre più, perché siamo noi che peggioreremo sempre più, perché, così facendo, la nostra mente s’incattivisce sempre più, così, in qualsiasi ambito della società in cui ci muoveremo, non saremo mai contenti. Quanto meno ci comporteremo malevolmente, tanto più aumenterà la mente positiva verso gli altri.
E’ questo non solo l’insegnamento sul cos’è la compassione, ma anche sul cosa significa l’equanimità. Considerando che la grande compassione è il desiderio di liberare tutti esseri dalla sofferenza, dobbiamo iniziare a partire da noi stessi, da come gli altri ci considerano, ci criticano: e mostrare benevolenza. E’ difficile avere pensieri positivi verso gli altri se non abbiamo benevolenza almeno verso i nostri genitori.
È importantissimo, ma difficile, arrivare all’equanimità verso tutti gli esseri. E, per riuscirci, dobbiamo considerare le vite future.
Perché è difficile realizzare l’equanimità verso tutti gli esseri?
Innanzitutto, perché sono tantissimi, e fra loro ce ne sono di pessimi. Ma concentriamoci almeno su quelli più vicini. Riflettendo, ci possiamo render conto di come sia difficile essere equanimi anche solo verso di loro. Perciò, è fondamentale realizzare l’equanimità proprio partendo da loro.
Poi, ci sono tutte le situazioni d’irritazione momentanea: per il traffico, perché non troviamo le chiavi di casa, perché abbiamo dimenticato qualcosa e per mille altri futili motivi. Se riusciamo ad essere più rilassati ed a prendercela di meno, torneremo a casa con la mente più calma.
È nostra responsabilità migliorare tutte queste situazioni di piccola collera, così riusciremo ad avere un buon rapporto e ci sarà più facile realizzarlo almeno con le persone più vicine. Il punto d’inizio siamo noi stessi che ci guardiamo dentro, che affrontiamo le situazioni in modo più calmo ed aperto, riuscendo ad essere più aperti e rilassati coi nostri familiari e, se lo facciamo, riusciremo poi a farlo verso le situazioni più difficili. Prima di qualsiasi meditazione silenziosa, dobbiamo fare questa meditazione analitica sulla nostra situazione, meglio ancora, prima di pensare di fare la meditazione, confrontandoci con degli amici del Dharma, condividendoli. Il vero scopo della meditazione è quello di migliorare la nostra mente, ed il vero scopo della nostra mente e’ di stare meglio. Ma e’ più difficile farlo da soli. Chiarisce invece molto le idee confrontarci, perché ognuno ha il proprio punto di vista ed aiuta molto confrontarci con gli altri. Se iniziamo a rifletter bene sulla nostra situazione attraverso il confronto con gli altri, in modo più aperto, calmo e rilassato, raggiungeremo un rapporto più armonioso con altri, arrivando gradualmente all’equanimità e da qui alla grande compassione.
Attraverso la grande compassione faremo sorgere in noi la responsabilità universale che desidera aiutare tutti gli esseri. Ma non basta la grande compassione per raggiungere l’illuminazione: occorre la saggezza che realizza la vacuità. Attraverso la riflessione e l’analisi riusciamo a comprenderne il significato. Ma ciò non significa che l’abbiamo realizzata. Perché non abbiamo realizzato Shamata o meditazione della mente dimorante o samtem la mente stabile, shinè. Perché nella nostra mente siamo dominati dal torpore ed eccitazione. Attraverso shamata abbiamo la possibilità d’avere la mente stabile e di realizzarla, ma non l’abbiamo ancora ottenuta, perché occorre vipassana o la visione profonda, che si consegue attraverso la saggezza che comprende la vacuità. Attraverso shamata o quiete dimorante, quando la mente e’ stabile, allora noi possiamo stare stabilmente sulla vacuità, indagando ed approfondendo, così possiamo raggiungere una sempre maggiore comprensione, fino alla comprensione diretta.
Come è indispensabile la realizzazione di shamata e vipassana per realizzare la vacuità, così lo è anche per la bodicitta. Se non abbiamo realizzato shamata, la nostra mente di meditazione su bodicitta e’ instabile, la mente va e viene, mentre quando raggiunge la visione profonda, questa è stabile e ci permette di capire sia la vacuità sia la bodicitta. Con shamata fissiamo stabilire l’oggetto di illuminazione o bodicitta, con vipassana riusciamo ad approfondirne la visione. Per conseguire entrambe, vacuità e bodicitta, abbiamo la necessità di realizzare shamata e vipassana. Realizzare shamata e vipassana per il loro stesso scopo non e’ importante, ma lo e’ se intendiamo realizzare bodicitta e la saggezza che realizza la vacuità. Non e’ un evento straordinario realizzare shamata e vipassana, perché la loro realizzazione non è sufficiente a farci uscire dal samsara. Questo conseguimento può portarci al mondo degli dei senza forma, che anzi ha lo svantaggio di stabilizzarci ancor più nel samsara, perché in questi mondi si vive molto a lungo, anche perché nelle vite passate siamo stati molte volte in questi mondi con forma e senza forma.
Parliamo dei sei livelli di realizzare shamata. Dapprima necessitiamo di un luogo adatto per praticare shine: pochi desideri, accontentarci, essere liberi da tanti impegni. Altrimenti e’ difficile realizzare shamata. Avere una perfetta condotta morale e desiderare d’abbandonare i pensieri discorsivi riguardanti il mondo. Non sono livelli me semplicemente sei condizioni.
Il luogo adatto ha cinque caratteristiche: facile per procurarci da mangiare e bere, altrimenti si perderebbe molto tempo per procurarci cibo e bevande. Essere un buon posto, ad esempio dove altri lama hanno meditato. Altrimenti che almeno sia un luogo pacifico senza conflitti, che non sia conteso o che faccia gola ai ladri. Nè frequentato da tigri, leopardi, serpenti. Un luogo dove gli elementi siano buoni, armoniosi, ma che al contempo sia salubre, con aria buona, con buoni amici, con almeno uno o due amici che ci possano aiutare, buoni amici dalla visione armoniosa, che non amano dormire troppo e perder tempo.
Occorre in particolare, essere conseguente coi propri propositi, essere ben preparati nella nostra pratica. Perciò, prima dobbiamo aver ben studiato, essere ben preparati al dharma.
Perché dobbiamo avere pochi desideri?
Perché i nostri desideri sono illimitati e creano problemi nella nostra mente, perciò dobbiamo avere pochi desideri. Come? Rendiamoci conto che, dopo aver proiettato la nostra mente su quel desiderio, anche se dovessimo averlo, non riusciremmo mai a placare la nostra mente su quel desiderio e tanto meno su tutti i desideri.
Rendiamoci conto che il nostro oggetto del desiderio e’ impermanente e, come tale, deteriorabile, soggetto al cambiamento anche da parte della nostra percezione.
Meditazione non significa solo assumerne l’atteggiamento formale, ma comportarci conseguentemente in ogni momenti della nostra vita, e’ un comportamento che abbraccia ogni aspetto della nostra vita. Non esiste la meditazione formale e, una volta terminata, comportamenti opposti. La meditazione formale deve servire ad accompagnarci, a guidarci fuori, sulla strada, sul lavoro, in famiglia. Quanti sono i momenti della nostra vita in cui facciamo effettivamente la meditazione formale? Forse per un’ora? Ogni quanto? Al giorno? Alla settimana?
Dopo la meditazione formale dobbiamo stare ancor più attenti, perché gli ostacoli che possono colpire la mente possono essere ancora maggiori.
In ogni istante dobbiamo cercare d’applicare la saggezza e la presenza mentale. E non è facile. Non è facile avere presenza mentale e saggezza. E’ estremamente importante, usare attenzione e prudenza durante e fuori la sessione di meditazione. Come dobbiamo essere attenti? Evitando d’avere una sorta di giudizio verso tutti gli altri che non meditano, non praticano. Altrimenti sarebbe molto negativo.
Terminata la meditazione, potremmo trovare persone che si arrabbiano con noi: e sarebbe sbagliato considerarle ostacoli alla nostra pratica, alla nostra sessione di meditazione. Non dobbiamo pensare male di loro, perché ne sono totalmente all’oscuro. Devo far attenzione a come reagisce la mia mente ai comportamenti esterni, se si irrita, devo rendermi conto che essa non e’ stabile. Se stiamo attenti, saggi, ci rendiamo conto che gli ostacoli esterni non sono stabili, ma, anzi, degli ausili a renderci conto di quanto la nostra mente e’ instabile.
Da un certo punto di vista, non e’ vantaggioso, ai fini della pratica, godere d’una vita in cui va tutto bene, perché quando qualcosa andrà male, tutto cadrà. Se non dovessi stare attento quando ci sono problemi, sprecherei proprio il mio tempo.
Dobbiamo essere molto attenti durante e fuori la sessione di meditazione ed attenti a non buttar via il nostro tempo quando tutto va bene.
Dobbiamo realizzare consapevolezza in qualsiasi tipo di circostanza, finché la nostra mente non sarà libera. Quando incontriamo problemi od ostacoli, questi non ci devono rattristare, ma li dobbiamo considerare come un buon motivo di pratica. Noi siamo fortunati perché non ci mancano i problemi e le occasioni per cimentarci.
Domanda: Come dobbiamo comportarci verso una palese ingiustizia che viviamo verso un terzo?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel
Dobbiamo renderci conto che purtroppo esistono tante persone negative. Se possiamo intervenire per bloccare l’aggressione, facciamolo. Dobbiamo invece stare attenti al nostro pensiero, evitando d’incrementare l’aggressività di quella stessa persona, evitando d’aumentare la cattiveria di quella persona quando magari non era così pronunciata, evitiamo di creare un avversione verso quella persona. È difficile non dare giudizi sulla persona: se ci piace, per noi e’ buona, altrimenti e’ cattiva. L’apprezzamento o meno dell’altro dipende dal modo incui lo vediamo, dal nostro desiderio o viceversa: repulsione. Inoltre, considerare negativamente una persona e’ un atteggiamento che nuoce alla nostra mente. A volte arriviamo a giudicare altri dalla faccia, o dal fatto che lo sento, ne percepisco delle vibrazioni. Così la nostra mente diventa ancor più negativa. Non e’ un problema esterno ma dentro di noi. Se non provvediamo al nostro cambiamento, siamo noi stessi a farci del male. Dobbiamo stare attenti a come pensiamo.
Domanda: Come comportarci verso il tiranno, ed perché ?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel
L’importante e’ essere onesti, ad esempio: pensare che non tutti i cinesi sono cattivi. Occorre grande onesta, così come occorre stare attenti a non aumentare la negatività dell’altro, ritenendolo ancor più negativo di quel che e’.
Domanda: Chi è l’arat o distruttore del nemico?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel
L’arat non può più tornare nel samsara. Una volta abbandonati i difetti mentali non può più farvi ritorno. Gli arat che hanno abbandonato le afflizioni mentali, se li incontrassimo, li potremmo scambiare per bodhisattva, anche se non lo sono, perché una volta raggiunto il nirvana, restano in questo stato d’immensa pace e felicità, e non per qualche anno, ma per qualche kalpa ed eone, ma non insegnano il dharma e non sono di beneficio per esseri. Il bodhisattva, per la compassione che ha sviluppato, non resta nel samsara per periodi di tempo tanto lunghi. Questa differenza dipende dalla bodicitta. Così, grazie alla bodicitta, non si abbandonano mai gli esseri senzienti.
Domanda: Come dobbiamo comportarci verso chi ci aggredisce ?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel
Dipende dal nostro grado di pratica o pazienza, unita alla saggezza ed intelligenza, se l’abbiamo realizzata possiamo stare tranquilli, altrimenti e’ meglio scappare. Sia che sia un cane rabbioso che un pazzo.
E’ il motivo per cui Sua Santità il Dalai Lama e’ scappato in India e non e’ rimasto in Tibet.
Quando nasciamo, lo facciamo a mani vuote e pure quando moriamo. Poi, in tutta la vita, intercorrono tante situazioni come il mio, il vostro. Ed il consiglio che ne scaturisce è di moderazione del desiderio, perché, altrimenti, questo diventa insaziabile. Non ci sarebbe nulla di male nei desideri, se fossero esaudibili, ma quel che e’ frustrante, è il fatto d’avere desideri che poi si rivelano irrealizzabili. I problemi sorgono non solo dalla fatica di realizzare i desideri, ma dalla frustrazione che deriva dall’impossibilità di realizzarli nel modo in cui l’avevamo progettato.
Il desiderio e’ illimitato. Non dipende dal desiderare tanto, ma dal non accontentarsi di quel che si ha, questo e’ l’errore! Il punto non sta nel non avere desideri, ma nel non accontentarsi di quel che si ha. Il desiderio e la mente che lo desidera è fallace, perché crea in noi problemi e sofferenza. L’oggetto del nostro desiderio non è mai sufficiente ad esaudirlo, perché una volta raggiunto, la nostra mente non è mai soddisfatta, ha sempre bisogno di desiderare qualcosa altro. Una volta ottenuto il desiderato, la nostra mente è felice? Si, ma solo al primo istante, poi iniziano a sorgere problemi. Se desideriamo molto una nuova auto, una volta acquistata, poi iniziano problemi: non corrisponde alle aspettative, per costi di assicurazione, di manutenzione, prestazioni, ecc. Il che vale per qualsiasi acquisizione: d’un capo di vestito, scarpe, suppellettile, arredamento. Anche per l’acquisizione d’una nuova casa. Ma ciò vale anche per le nuove amicizie. La persona che abbiamo appena incontrato, all’inizio ci sembra quella dei nostri sogni, senza difetti, poi, mano a mano che questi emergono, arriviamo a detestarla. Riflettiamo che non e’ l’oggetto desiderato, né il suo conseguimento, che appaga il nostro desiderio. Sia che siamo monaci o laici, o in città o in ritiro sulla montagna, dobbiamo capire come funziona la nostra mente, ed una volta compreso, su quello dobbiamo lavorare: trasformandola. L’attaccamento al desiderio riguarda oggetti che crediamo in armonia col nostro stile di vita, il nostro modo di pensare. Perdendo l’attaccamento al desiderare gli oggetti che ci permettono di vivere bene: finiremmo col perderli? Finiremmo forse per vivere peggio?
Ma sono due cose separate. Un conto e’ il desiderio, un conto e’ il desiderio-attaccamento, il che e’ una mente fallace, che ci crea problemi. Perché non esiste una ragione valida alla base dell’attaccamento desiderio. Perché la motivazione: “Se ottengo quella cosa sono felice”, non è valida. Lo e invece l’aspirazione: come quella di voler liberare gli esseri dalla sofferenza. Questa sì che è una ragione valida, come lo è il desiderio di guarire gli esseri, di aiutarli.
Inseguire l’attaccamento ed il desiderio è sbagliato, perché inseguire la mente dell’attaccamento e del desiderio ha come conseguenza la sofferenza.
La collera ci protegge dai nostri nemici?
In realtà, ha come conseguenza di isolarci dagli altri, anche dagli amici e di distruggere la pace e felicità e di farci ammalare sia fisicamente che mentalmente. Una persona collerica si allontana e fa si che gli altri si allontanano. La collera nuoce alla mente, al corpo: col risultato d’accorciarci la vita. La nostra salute e’ basata sull’equilibrio dei quattro elementi e, quando si squilibrano, sorgono diverse malattie che minano la nostra salute. Perciò occorre essere consapevoli che nasciamo e moriamo a mani vuote. Altrimenti, se nel frattempo l’attenzione e’ tutta su altre cose, si spreca la vita. Se poi etichettiamo dei nomi e qualità alle persone: sprechiamo la nostra vita. Perché non ne cogliamo la vera essenza.
Ma non devo aver desideri ne’ arrabbiarmi?
Allora la vita sarebbe senza sensazioni, né sentimenti! Dobbiamo capire la portata delle sensazioni che provengono dall’attaccamento e collera, senza di queste potremmo vivere meglio. Per il gran attaccamento e desiderio, il tempo non e’ mai sufficiente, e’ il motivo che ci impedisce di realizzare pace e felicita nella mente. Perciò è molto importante avere pochi desideri ed accontentarsi.
Cosa significa accontentarci? Non riusciremo mai ad appagare i nostri desideri, se riuscissimo ad accontentarci, la nostra mente sarà contenta e vivremo meglio. Accontentarsi non significa cercare cibo guasto, ma accontentarci del cibo buono di oggi e di quello mediocre di domani. Accontentiamoci di quel che ci viene. Così saremo con meno preoccupazioni. Se avremo questa mente che si accontenta potremo realizzare qualsiasi cosa.
Essere liberi da troppe preoccupazioni dei nostri impegni, non avere troppe cose cui pensare. Essere privi da tanto attaccamento sia delle attività che d’impegni. Ad esempio: la discoteca. Il problema e’ quando diventa un’abitudine, quando si ha la necessita di andarci sempre. Come persone ordinarie va bene far festa, e’ l’abitudine che nuoce. Si può ogni tanto ballare, cantare, festeggiare, ma, quando diventa abitudine, allora non si e’ più contenti, nemmeno di quel momento di festa. In particolare in Europa e’ indispensabile lavorare, per vivere, anche nel lavoro dobbiamo stare attenti che non diventi un qualcosa che ci travolge. Ma c’è tanto che facciamo in più, che si rivela inutile. Dobbiamo stare attenti a non fare cose in più. Dobbiamo stare attenti a come pensiamo. Se vogliamo studiare, poi ci alziamo per continuamente interromperci, per poi non fare quel che si intendeva fare. Ho magari perso 3-4 ore senza concludere niente. Se devo studiare, m’impegno a farlo. Può bastare mezz’ora, un ora di concentrazione e’ sufficiente, senza però essere interrotto da pensieri disturbanti, senza inseguire ogni cosa che ci viene in mente. Altrimenti, il tempo non ci basterà mai. Se abbiamo la mente concentrata sui nostri compiti, abbiamo il tempo per studiare e per lavorare, e realizzare i nostri scopi. Altrimenti saremo sempre frustrati dai nostri fallimenti, perché il tempo non aspetta nessuno. Ad esempio: iniziamo a studiare, poi, perché ci viene in mente che vorremmo incontrare un amico, gli telefoniamo ed usciamo per incontrarlo. Così non studiamo e magari non riusciamo ad incontrare nemmeno quell’amico. Quindi, la continua dispersione della mente e’ quel che intendo avere troppi desideri. Quindi occorre essere vuoti da tante attività, dispersioni. Vedete quanti riescono a studiare, meditare e lavorare e quanti non ci riescono? La differenza sta nel modo in cui organizzano la propria mente.
Avere una perfetta condotta morale.
E non parliamo solo dei monaci, perché questi sono definiti dal fatto d’aver preso i voti di liberazione individuale e dei laici, e gli 8 Precetti Mahayana che si prendono per un giorno, ma si parla di condotta morale anche per chi non ha preso voti.
Abbandonare le 10 azioni negative.
3 del corpo
Uccidere
Rubare
Tenere una condotta sessuale scorretta
4 della parola
Mentire
Usare parole che dividono
Usare parole dure
Parlare di cose futili o senza senso
3 della mente
Cupidigia
Malevolenza
Visioni errate (non accettare la legge di causa ed effetto)
NON UCCIDERE
La prima azione negativa del corpo consiste nel non uccidere, o meglio nel non togliere la vita. Il che è peggio se è verso un essere umano, peggio se si uccidono i propri genitori o i propri insegnanti di Dharma, ma è negativo se viene ucciso qualsiasi essere umano, anzi qualsiasi essere cui viene tolta la vita. Questo e’ l’uccidere. Perché l’azione sia completa: deve esserci la base, l’oggetto da uccidere, l’intenzione, il modo in cui e’ ucciso ed il compimento o la morte. La base e’ un qualcuno, l’intenzione porta ad individuare l’essere da uccidere ed a volerlo fare. Lo posso fare in 1000 modi: veleno, pistola, coltello e mille altri modi ancora.
Il completamento e’ la morte dell’essere.
Anche se non abbiamo una vera intenzione d’uccidere, dobbiamo stare attenti. Se lanciassimo un sasso in aria e colpissimo una persona, uccidendola, avremmo realizzato tutte le prerogative negative. Perché la motivazione e’ il fatto di non essermi preoccupato delle mie azioni, del fatto che tirando un sasso avrei potuto uccidere qualcuno. Come, buttando un mozzicone di sigaretta acceso dalla macchina, potrei creare un incendio. Per cui, non solo danneggio l’ambiente, ma brucio animali e pure persone. Perciò, anche nei picnic dobbiamo stare attenti. Ma ci sono molte situazioni in cui inconsapevolmente uccidiamo degli esseri. In questo caso le nostre azioni sono inevitabili. Come rimediarvi? Potremmo confessare le nostre azioni negative, purificando le nostre azioni. ma anche il nostre mangiare, bere, vestire, sono tutte azioni che comportano l’uccisione di esseri. Quanti esseri muoiono per permettermi di mangiare una mela? Quanti insetti vengono uccisi dagli antiparassitari o sono stati schiacciati dal camion che trasportava le mele? Rendendosi conto che qualsiasi cosa che facciamo comporta l’uccidere degli esseri, dobbiamo fare azioni di purificazione e cercare il beneficiare gli altri in qualsiasi cosa. Man a mano che lo comprendiamo, mano a mano che acquisiamo consapevolezza di come essere di beneficio agli altri e di come gli altri mi siano di beneficio, aumenterà la mia capacita’ di aiutare gli altri.
Tutto ciò riguarda il non uccidere. Serve a far sorgere benevolenza e compassione. Anche se non si mangia carne, perché possa nutrirmi, comunque tanti esseri devono morire, anche se non ci sono uccisioni dirette ma indirette. In tutto ciò l’importante e’ la consapevolezza, il renderci conto di tante azioni negative che compiamo senza accorgercene. L’importante e’ riflettere. Ovviamente, uccidere significa anche ordinare d’uccidere. Negativo e’ rallegrarsi d’un qualcuno che viene ucciso, anche se fosse stata la persona più spregevole e negativa di questo mondo. E’ negativo uccidere, e’ negativo ordinare d’uccidere, e’ negativo pure felicitarsi della morte di qualcuno. Oggetto della compassione sono le persone negative che compiono l’azione negativa di uccidere, oggetto della nostra compassione non dovrebbe essere tanto le persone che subiscono un torto, quanto chi lo infligge, perché’ accumula un gran carma negativo per sè ed enorme sofferenza per altri. Anche perché dobbiamo pensare che il nemico e’ stato per infinite volte nostro padre, madre, fratello e così via.
NON RUBARE
Non rubare equivale a non prendere ciò che non ci viene dato. La sua base e’ un qualcosa non nostro, ma appartenente ad altri. La motivazione corrisponde alla discriminazione dell’oggetto o sua scelta, con l’intenzione di volerlo prendere, d’impossessarsi dell’oggetto o mossi dal desiderio di rubarlo. Il modo ed il compimento corrispondono rispettivamente ad uno dei tanti modi in cui viene perpetrato il furto ed all’azione di rubare.
Qualsiasi cosa che troviamo, se la prendiamo, e’ come se l’avessimo rubata. Attenzione a quando domandiamo in prestito un qualcosa, anche solo una penna. Se decido d’appropriarmene e’ rubare. Così come se sono poco rispettoso degli oggetti d’un altro. Anche dei cuscini d’un altro. Perché abbiamo usato male quella cosa che cosi andrà presto a deteriorasi e quindi andrà rinnovata con un nuovo acquisto, causando una perdita.
IL COMPORTAMENTO SESSUALE SCORRETTO
Consiste nell’avere rapporti sessuali con altre persone già impegnate con altri.
Ma vi sono comportamenti sessuali scorretti anche all’interno della coppia: in gravidanza, vicino ad un luogo sacro (stupa o monastero), vicino al proprio maestro spirituale. Spesso questi sorgono dal desiderio attaccamento dell’attività sessuale, il più forte dei desideri e degli attaccamenti.
Ma non e’ un azione negativa l’attività sessuale fuori dei voti monastici. Se non stiamo attenti, e’ uno dei casi in cui può sorgere confusione nella mente. Ma, da parte mia, non ne so nulla, perché sono diventato monaco a nove anni. Quando sono venuto in Europa e le donne mi davano dei bacini di saluto, per me si trattava d’un esperienza stravolgente.
Le quattro azioni negative della parola sono: mentire, usare parole che dividono o calunniare o creare discordia, usare parole dure e parlare di cose futili o senza senso o parlare a vanvera.
MENTIRE
Intendo mentire non per scherzo ma seriamente, non e’ neppure positivo mentire per scherzo. In genere non si deve mentire. Non penso che siate soliti mentire, ma non fatelo nemmeno per scherzo.
PAROLE OFFENSIVE
Parole offensive sono tutte quelle che colpiscono gli altri, tra queste ci sono sia quelle vere che quelle false. Lo sono sia che diciamo cieco ad un non vedente, in tal modo offendendolo, sia che lo diciamo ad uno che non lo e’, ma che per il nostro tono offensivo lo recepisce come un insulto. Molto grave e’ offendere i propri genitori o i maestri. Attenti: perché non sappiamo se quella persona che offendiamo e’ un Bodhisattva. Quindi attenzione!
Buddha Sakyamuni, si racconta che coi suoi monaci incontro’ una scimmia che gli porse una ciotola di miele e che porse anche ai suoi monaci, ed essa fu felice. Ma saltando sconnessamente di ramo in ramo: cadde e mori all’istante. I monaci che gli erano accanto domandarono al Buddha di quale karma tanto pesante si fosse macchiato quell’essere per meritarsi una morte tanto repentina. Al che il Buddha rispose: “ Questi era un monaco completamente ordinato al seguito del Buddha Osun, un Buddha del passato. Il Buddha si trovava in riva ad un fiume in una giornata particolarmente rovente ed i suoi monaci accaldatissimi si gettarono allegramente nel fiume per trovare refrigerio. Osservando i monaci vocianti che correvano nel fiume, il monaco in questione esclamò: “Ma quei monaci saltano come scimmie!”. Questa espressione gli fu sufficiente per rinascere scimmia. Ed in quello stato dovette rimanervi non per una vita, ma per un numero enorme di vite, oggi hai visto la conclusione della sua 500 vita come scimmia”.
Perciò, occorre stare stare ben attenti alle parole offensive!
CREARE DISCORDIA, PARLARE A VANVERA.
Parlare di cose futili o senza senso o parlare a vanvera comporta la perdita di molto tempo. Magari si parla per 3 – 4 ore senza senso e le stesse persone dicono di non aver tempo per meditare nemmeno per 10 minuti.
C’è chi torna a casa stanco e se ne lamenta, ma decide d’uscire: perchè non rimane, allora, a casa a riposare?
Dobbiamo rilassare non tanto e solo il corpo, ma la mente. Perché il tempo non aspetta. Perciò, non dobbiamo sprecare il nostro tempo. Attenti quindi a non parlare a vanvera. Non facciamolo bruscamente, perché se smettiamo di colpo di conversare potremmo sentire qualcosa che ci manca, smettiamo progressivamente. Altrimenti, per noi persone ordinarie sarebbe troppo difficile, ci occorre la via di mezzo, la madyamika: evitiamo di parlare troppo o per nulla.
Domanda: Le precedenti domande su ingiustizia e tirannia, mi portano a chiedere se esiste un concetto di base buddhista su “Bene e Male”. Si dice che “ciò che per il bruco è morte, per la farfalla è vita”, pertanto come posso essere sicuro di operare bene agendo o non agendo in una particolare situazione. Ancora, nello Zen, un koan dice:”mostrami il suono di una mano sola”, intendendo con ciò che è superato e non reale il dualismo tra Bene e Male.
Ven Ghesce Tenzin Tenphel
In senso generale esiste il bene ed il male. Poi, nello specifico, esistono casi più complessi. In tali situazioni e’ molto difficile fare una distinzione tra bene e male. Si può parlare che esistono persone più buone o, viceversa, malvagie. Ma identificarle non e’ semplice, perché dipende dal nostro modo di pensare, e’ un fatto soggettivo. Come capire dove e’ il bene e dov’è il male? Dobbiamo iniziare a diminuire i veli che oscurano la nostra mente, placando la collera, la bramosia, l’attaccamento. Così diminuiamo tutte le barriere che ci impediscono d’avere un giudizio negativo. Tra quello che sono io e quello che sono gli altri, diamo molta più importanza ai nostri desideri. Così, tutti i miei pensieri saranno improntati a gratificare i miei desideri, dando ragione a me stesso piuttosto che agli altri, fino a pensare che quel che per me e’ giusto e sbagliato, lo e’ universalmente. Visto che e’ la nostra mente che proietta quel che e’ giusto e sbagliato, allora, purifichiamola e quindi avremo chiarezza. Quanto più diventerà chiara la comprensione del bene e del male esterno a noi, quanto più riusciremo ad eliminare i difetti della nostra mente e più questa a sua volta diventerà chiara.
E’ come trovarsi in una stanza buia che a poco a poco s’illumina: più riusciamo a vedere, più luce vi entra e più ci abituiamo alla luce. Far chiarezza nella nostra mente significa quindi purificarla dai veli e veleni che l’affliggono.
Domanda: come evitare d’uccidere per nutrirci, se non essendo consapevoli ?
Ven Ghesce Tenzin Tenphel
Non esiste altro metodo, salvo di non mangiare. Se, ad esempio, proprio per questo motivo mi rifiutassi di mangiare anche una mela, dovrei aver presente che l’albero della mela e’ stato piantato affinché potessimo gustarne i suoi frutti. Quindi, già l’albero stesso e’ stato piantato per questo scopo. Le uccisioni indirette avvengono per il nostro beneficio, per nutrirci, vestirci, spostarci. L’importante e’ rendercene conto, esserne consapevoli e fare preghiere in questo senso.
Al termine è ora importante la motivazione. Dopo aver ascoltato bene, occorre fare una buona dedica dei meriti: non solo per noi stessi ma per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Colophon
Questa prima bozza d’appunti, a cura del Dott. Luciano Villa nell’ambito del Programma Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, sui preziosi insegnamenti sul tema “Bodhicitta, la mente dell’illuminazione” che il Ven. Ghesce Tenzin Tenphel conferì al Centro Sabsel Thekchok Ling http://www.sabsel.com/ a Genova il 18.09.11 , è da ritenersi provvisoria, quindi lacunosa, con possibili errori nonché imperfezioni, anche rilevanti, e non rappresenta affatto una trascrizione letterale delle parole che il Ven. Ghesce Tenzin Tenphel espresse direttamente o tradotte dal tibetano in italiano dal Dott. Massimo Dusi, ma semplicemente un limitato spunto di riflessione.