Ven. Lama Geshe Tenzin Tenphel
Nato nel 1956 in Tibet, nel Domo, una regione vicina al Sikkim, da una famiglia di agricoltori e nomadi. Nel 1959, dopo l’invasione cinese del Tibet, fugge con la famiglia dapprima in Sikkim e, nel 1960, nell’India del Sud.
A nove anni diventa monaco e fino ai diciassette frequenta una scuola pubblica, utilizzando le vacanze scolastiche per memorizzare i testi classici della filosofia buddhista. A diciassette anni entra nell’università monastica di Sera-je, allievo del Ven. Ghesce Tasci Bum, grande maestro della Sera je Monastic University, dove studia per ventun anni e accede al titolo di Ghesce Lharampa. Nel 1994 riceve l’ordinazione monastica completa e si reca per quasi un anno al monastero tantrico del Gyuto, per completare la sua formazione.Tra il 1995 e il 1996 Ghesce Tenzin Tenphel viaggia con altri monaci in Europa, negli Stati Uniti e nel Canada, dove dà insegnamenti e partecipa alla costruzione di mandala e a perfomance di danze rituali. Dopo essere ritornato in India per una breve parentesi, dal 1998 è Ghesce residente dell’Istituto Lama Tzong Khapa.
Dalla metà di gennaio 1998 affianca Ghesce Ciampa Ghiatso nel Masters Program (programma per il conseguimento del titolo di Ghesce) dell’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia e si reca periodicamente nei vari centri FPMT, ed è spesso venuto nel nostro Centro, per insegnare sia i Sutra che i Tantra. E’ molto apprezzato per la chiarezza e la precisione del suo insegnamento.
Il Ven. Ghesce Tenzin Tenphel insegna che “alla pace si arriva educando la mente: la pace è prima di tutto un fatto interiore”. Ha insegnato nel Basic Program residenziale ed è attualmente il Maestro principale del Master Program in corso all’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia (Pisa) ed è particolarmente apprezzato per la sua chiarezza espositiva, una radiante serenità e uno spiccato senso dell’humour, qualità che gli hanno permesso di interessare sempre di più i discepoli occidentali.
“Sono nato in Tibet nel 1956, su una montagna nella regione orientale dell’Amdo. Dove passa la catena dell’Himalaya. Del Tibet ricordo solo la mia piccola casa. Avevo tre anni quando sono scappato insieme ai miei genitori”, racconta Ghesce Tenzin Tenphel. “Nel 1959 – quando i tibetani si ribellarono in modo non violento contro gli invasori cinesi e questi ultimi reagirono uccidendo in pochi mesi migliaia di persone – fuggii con la mia famiglia nel sud dell’India, dove sono cresciuto”. Tenzin Tenphel e i genitori hanno camminato per giorni in mezzo alla neve. Hanno percorso il passo del Kanchenzonga a cinquemila e cinquecento metri di altitudine e le foreste di rododendri a quattro e tre mila metri. Poi hanno attraversato il fiume che scende verso lo stato indiano del Sikkim, alla ricerca di un villaggio. L’hanno trovato solo a due mila metri: poche case e un gompa, il tempio buddhista. Da qui per raggiungere la capitale del Sikkim, Gangtok, ci vogliono almeno 24 ore di strada sterrata. Dal Tibet, quello stesso anno, scapparono 85mila profughi. “Niente è cambiato in Tibet dal ’59. La comunità non è in grado di intervenire. Alcuni monaci sono tuttora in carcere o condannati a morte”.