Ghesce Giampa Ghiatso Rinpoce: Insegnamenti sul testo di Lama Tzong Khapa “I Tre Aspetti Principali del sentiero” Prima parte. Leggi il testo radice https://www.sangye.it/altro/?p=489 Centro ScenPhen GiamTse Ling, Parma, 23/25 aprile 2004. Traduzione dall’inglese del Ven. monaco Losan Tarcin (Lorenzo Rossello).
Ghesce Giampa Ghiatso
Per prima cosa vi dico buona sera. Ora cerco di dirvi qualcosa di generale come introduzione.
Domani cercherò di parlare della vacuità, della visione corretta.
Dei tre principali aspetti del sentiero il primo è la rinuncia, il secondo è la bodicitta o la mente dell’illuminazione, che ho insegnato qui due anni fa. Ora quello che rimane da spiegare è il terzo aspetto.
Cercate di generare una buona motivazione che desidera ottenere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti. Questa è la motivazione corretta.
Tutti gli esseri senzienti, tutti gli esseri umani, sono uguali, ognuno desidera ottenere la felicità.
Ogni essere non desidera la sofferenza, non vuole soffrire. Tutti siamo uguali da questo punto di vista. Pertanto dobbiamo eliminare le cause della sofferenza e inoltre, siccome desideriamo la felicità, dobbiamo creare le cause per ottenere la felicità. Senza cause e condizioni non c’è il sorgere di nessun risultato. È importante non solo la causa, occorrono anche le condizioni. Se le condizioni e le cause si riuniscono allora sorge il risultato.
Il primo aspetto dei tre è chiamato rinuncia che si riferisce alla rinuncia alla sofferenza. Nessuno desidera la sofferenza, ma non abbiamo la rinuncia al samara, alla felicità mondana. Perché? Perché siamo attaccati ai piaceri dell’esistenza ciclica. Questo ci porta ancora sofferenza. Per esempio, una coppia, un ragazzo e una ragazza quando si incontrano hanno un grande piacere nello stare insieme. Ma dopo non molto tempo sorgono problemi. Perché? Perché la nostra mente non è disciplinata e sorge la gelosia. La gelosia, o la rabbia. Questo lentamente provoca il sorgere di disarmonia. Ne vengono critiche e discussioni. Prima c’è piacere che lentamente si trasforma in sofferenza.
Controlliamo nella nostra esperienza se è vero.
Per esempio un componente della famiglia genera rabbia e quindi parole aspre, questo fa sì che sorga disarmonia. A volte sono i figli che generano disarmonia nei confronti dei genitori, oppure nei confronti di fratelli e sorelle. Si cerca sempre di attribuire i difetti agli altri, ai nonni, agli zii, eccetera. Questo non è giusto. Controlliamo la nostra mente, i problemi sorgono dalla nostra mente.
Il creatore dei problemi è nella nostra mente, nel nostro cervello. Noi cerchiamo sempre la causa dei problemi negli altri, ma i nostri problemi sorgono invece dalle nostre emozioni disturbanti che ci portano a imputare gli errori e i problemi agli altri. Ma il vero creatore dei problemi è dentro di noi.
Se dobbiamo colpevolizzare qualcuno quello è la nostra mente. Ciò che dobbiamo fare è cercare di eliminare le nostre emozioni disturbanti. Se eliminano le nostre emozioni disturbanti, allora otterremo il nirvana, la liberazione, la vera pacificazione. In quel momento si otterrà la reale felicità. Questo è dovuto al rinunciare alle felicità mondane dell’esistenza ciclica. Cerchiamo di abbandonare la nostra felicità temporale. Rinuncia vuol dire saper rinunciare alla felicità contaminata del samara. Su questa base è possibile ottenere una felicità duratura.
Cerchiamo, ciascuno di noi, di diminuire le critiche nei confronti degli altri e cerchiamo di verificare che le afflizioni mentali che sono nella nostra mente, l’odio, l’attaccamento, l’ignoranza, la gelosia, eccetera, sono la vera causa dei nostri problemi. Per poter fare questo è necessario riconoscerli e comprenderli. Dal punto di vista buddista tutto viene creato dalla mente. Questo lo possiamo comprendere chiaramente. Per esempio nel nostro attuale mondo la scienza si è sviluppata in modo da creare cose molto importanti. C’è l’elettricità, la televisione, il telefono, sono state prodotte molte macchine in grado di creare molte cose. Questo è facile da comprendere. Come sono state prodotte queste cose? Prima c’è stata un’analisi della mente. Per esempio degli ingegneri e degli architetti hanno pensato a un progetto di un palazzo, compreso le forme delle finestre, i colori, i materiali, eccetera. Sulla base del progetto mentale poi è stato fatto un disegno che ha permesso la costruzione del palazzo effettivo. Tutti i macchinari e gli utensili che utilizziamo risultano da un progetto che era nella mente di qualcuno. Quindi, da un punto di vista buddista non si accetta un creatore primordiale. Creatore è la nostra mente. Anche la foggia dei capelli che portiamo deriva da un’idea che prima è nella nostra mente. Non è creata da un creatore primordiale che ha posto degli ornamenti sulle varie parti del corpo.
Controllate se è vero, tutto questo dipende dalla mente umana.
Allo stesso modo tutti noi desideriamo la felicità. Cerchiamo di diminuire l’attaccamento, la rabbia e l’ignoranza.
Ciò che crea i maggiori problemi temporali è l’odio, invece l’attaccamento è ciò che amplifica i problemi ogni giorno, in ogni momento. Non appena vediamo qualcosa di bello e piacevole subito desideriamo ottenerlo. Quando ascoltiamo della musica piacevole, ancora sorge attaccamento verso essa. Quando avvertiamo un profumo fragrante ancora sorge attaccamento. Quando gustiamo qualcosa che ha un buon sapore, questo genera attaccamento. Cosa porta qualcuno a bere vino? L’attaccamento. Prima si inizia con poco, poi ci si familiarizza e alla fine si è completamente intossicati.
A qualcuno invece piace fumare. Magari si comincia con una sigaretta e poi si passa a due e si arriva a quaranta. Invece altri desiderano un altro tipo di fumo. Questo è dovuto all’avere un attaccamento verso un certo tipo di esperienza. Poi piano piano genera una vera sofferenza. Pensiamo che sia una felicità dal punto di vista mondano, in realtà è un’esperienza che genera sofferenza. Verifichiamolo nella nostra mente, non in relazione agli altri. Per questo si dice che dobbiamo ridurre il nostro attaccamento. È l’attaccamento che porta problemi e sofferenze fisiche e poi vari tipi di malattia. Vengono poi delle cattive azioni come il rubare, il desiderare di impossessarsi di cose altrui. Questo non porta felicità, ma l’incremento dei problemi. Perciò cerchiamo di generare una mente amorevole di gentilezza nei confronti del nostro partner e poi nei confronti dei nostri figli, e poi dei nostri familiari e così allargando alla nostra comunità e poi alla nazione e al mondo intero. In ogni caso prima cominciamo dai nostri familiari, dal nostro partner. Poi ai nostri genitori. Tutti siamo esseri umani che talvolta ci arrabbiamo. A volte il marito si arrabbia. La moglie cercherà di non rispondere, di mostrare un’attitudine di gentilezza e amorevolezza. “Forse ti ho creato dei problemi, perdonami. Forse ho sbagliato, perdonami, cercherò di non ripetere più questo errore”. Questo fa sì che l’attitudine collerica si riduca. Se invece sulla base di quell’espressione collerica si replicasse con forza, la disarmonia crescerebbe e i problemi aumenterebbero.
Se ci fosse un fuoco che brucia, questo è paragonato alla collera del marito, il mostrare gentilezza da parte della moglie è paragonabile al versare acqua sul fuoco. Ce ne possono essere altri. Ora prendiamo come referente un uomo. Se di fronte alla manifestazione di collera dell’uomo la donna risponde con altrettanta collera, questo è come buttare combustibile sul fuoco che brucia. Il fuoco aumenta.
Se la partner manifesta collera il marito cerchi di generare amorevole gentilezza nei suoi confronti, di parlare in modo gentile. In questo modo si crea armonia. Questo fa si che anche i figli godano dell’armonia familiare e anche loro saranno calmi e pacifici. Si può dire che quella famiglia è felice. Questo è uno stato liberato dal litigare, è una certa forma di liberazione. Cerchiamo di fare in questo modo, se analizziamo bene possiamo vedere come partendo da un semplice individuo si può generare armonia e amorevole gentilezza nei confronti degli altri e poi via via in tutto il mondo. Cerchiamo di sviluppare nella nostra mente un’attitudine di amorevole gentilezza.
L’amore è quell’attitudine mentale che desidera che gli altri siano felici e abbiano le cause della felicità.
Mentre la compassione è quell’attitudine mentale che desidera che tutti gli esseri siano liberi dalla sofferenza e dalle cause della sofferenza.
Lentamente si può rafforzare la propria attitudine mentale generando il pensiero che si assume la responsabilità di fare in modo che tutti gli esserei abbiano la felicità e le cause della felicità e siano liberi dalla sofferenza e dalla sua causa.
Abbiamo fatto questa promessa noi stessi, che gli esseri abbiano felicità e la sua causa, che siano liberi dalla sofferenza e dalla sua causa, ma verifichiamo di non essere in grado di farlo con le nostre attuali forze. Chi può farlo? Chi ha ottenuto l’illuminazione. Per cui si genera il desiderio di ottenere l’illuminazione. Questa è la generazione della bodicitta.
Questo è il secondo dei tre aspetti del sentiero.
Con questi due aspetti, la rinuncia e la bodicitta, non si può ottenere la buddità. Quello che è necessario ancora è il terzo aspetto, la visione corretta. Perché? La radice del samara è l’ignoranza.
L’ignoranza, oppure da un altro punto di vista il concetto di io e mio. Prima c’è l’io concepito come esistere in modo intrinseco, dal suo proprio lato. Da questo concetto viene il concetto di mio.
Dividiamo gli esseri in tre tipi: i miei amici, verso cui ho attaccamento, i miei nemici, verso cui ho avversione, e gli indifferenti verso cui non si ha alcun tipo di interesse. Li si ignora.
Controlliamo queste cose all’interno della nostra mente. Consideriamo che benché noi abbiamo il pensiero che considera i miei amici e i miei nemici e gli indifferenti, questi stati non sono reali, si trasformano. Per esempio abbiamo il pensiero di ‘mia fidanzata’. La mia amica, verso cui si genera attaccamento, non si vuole essere separati da lei neppure per istante. Lentamente sorgono delle condizioni che fanno sorgere critiche e litigi e lentamente ci si allontana, per cui alla fine ci si separa e si diventa nemici. Vediamo che questo accade tutto intorno a noi. Vediamo anche che ci sono dei nemici che sono poi diventati degli amici intimi. Questo vale sia per i rapporti tra individui che tra le nazioni. Per esempio gli USA e l’IRAQ. Vent’anni fa erano molto amici, Saddam Hussein era molto amico degli americani, facevano affari insieme. Ricordo queste cose quando scoppiò la guerra tra Iraq e Iran, gli USA vendettero armi e bombe agli iracheni, li aiutarono in quel conflitto. E qual è la situazione attuale? Se osserviamo possiamo constatare questa realtà. Si possono raccontare tante storie a questo riguardo.
Per esempio un amico diventa un nemico, ma anche un estraneo può divenire amico o nemico. Noi diciamo questo è il mio nemico, questo è il mio amico, questo mi è estraneo, ma possiamo constatare che non sono tali in un modo intrinseco poiché questi giudizi cambiano.
Ignoranza si riferisce al non conoscere la natura dei fenomeni. Per esempio ignoriamo cosa accade dentro di noi, nei nostri organi. Ci può essere sporcizia sulla nostra fronte o sulla guancia e non la possiamo vedere, questo vuol dire che ignoriamo quella realtà. Per poterla vedere abbiamo bisogno di uno specchio che ci permetta di riconoscere quella realtà ed eliminarla. Possiamo usare lo specchio per renderci più attraenti. Per poter fare questo abbiamo bisogno di uno specchio. Similmente abbiamo bisogno di uno specchio di saggezza per poter riconoscere i nostri difetti. “Benché ti familiarizzi con la rinuncia e la mente dell’illuminazione, non sarai in grado di tagliare la radice dell’esistenza senza la saggezza che realizza il modo di di morare; perciò impegnati nei metodi per realizzare la relazione dipendente” penso che questo sia importante. È importante comprendere il modo in cui i fenomeni esistono, la vacuità. Dobbiamo generare sforzo per comprenderlo. Visione corretta vuol dire realizzare il modo di esistere dei fenomeni, la vacuità. Questo non è semplice da realizzare. Per poter generare questa realizzazione occorre prima comprendere qual è l’oggetto della negazione. Se qualcosa esistesse in un modo intrinseco dovrebbe esistere in quel modo. Per esempio una riflessione potrebbe essere questa: se sul mio capo avessi delle corna sarebbero posizionate in quel modo. Dovremmo generare un’immagine mentale di quel fenomeno. Se avessi una coda sarebbe posizionata in quel modo. In questo contesto l’oggetto di negazione è paragonato alle corna sul proprio capo. Se uno le avesse sarebbero posizionate in quel modo. Per poterne negare l’esistenza occorre prima comprendere come sarebbero se esistessero. Se qualcosa esiste intrinsecamente, per esempio questa tazza, non dovrebbe mai cambiare, dovrebbe sempre esistere lì in quel modo. Però non è possibile che la tazza esista sempre così in quel modo perché la tazza esiste solo in dipendenza di cause e di condizioni. La causa principale di questa tazza è l’argilla che è stata poi modellata da qualcuno o da una macchina. Quando questo oggetto è stato completato tramite i suoi componenti e la lavorazione, viene poi chiamato tazza. Possiamo dire che tutti i fenomeni composti derivano da cause e condizioni. I fenomeni non composti invece come esistono? Anch’essi esistono in dipendenza delle loro parti. Tutti i fenomeni dipendono dall’imputazione nominale stabilita dal pensiero. Per esempio, lo spazio. Lo spazio è un fenomeno permanente, non è creato da cause e condizioni. Lo spazio è un fenomeno non composto. Per cui come può dipendere dalle sue parti? Tutte le direzioni principali e intermedie sono suddivisioni dello spazio. Nel mondo si parla in questo modo. Questo è il mio spazio in cui tu non puoi entrare. Così possiamo anche definire lo spazio delle nazioni. Per cui lo spazio dipende dalle sue parti.
Scusatemi, forse siete stanchi e le vostre ginocchia sono doloranti. Avete bisogno di un po’ di esercizio.
Dedichiamo l’energia positiva dovuta a questo stare insieme per parlare del dharma, non solo l’energia positiva di questa sera, ma anche quella creata in passato e quella che creeremo in futuro, la dedichiamo alla pace nel mondo, in tutto il mondo, affinché tutti gli esseri siano feliciti e più rilassati, senza malattie.
Cercate di generare una buona motivazione che desidera ottenere l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri senzienti e per questo scopo ascoltiamo gli insegnamenti. Cercate di sviluppare un buon cuore che desidera prendersi cura degli altri esseri. Qualunque cosa facciamo pensiamo di farlo per il beneficio degli altri esseri. Pensiamo al risveglio che qualunque cosa faremo in quel giorno sarà per il beneficio, al servizio, degli altri esseri senzienti. In questo modo qualunque cosa facciamo, qualunque lavoro compiamo, generiamo una buona energia per noi stessi. Principalmente pensiamo a noi stessi e non agli altri. Ma cerchiamo di cambiare la nostra attitudine mentale. Fino ad ora abbiamo vagato da tempo senza inizio nell’esistenza ciclica a causa del prenderci cura principalmente di noi stessi. Abbiamo sempre pensato solo al nostro beneficio e non a quello degli altri. Da ora in avanti invece ci determiniamo a pensare più al beneficio altrui che al proprio.
Cerchiamo di sviluppare quell’attitudine mentale che si prende cura degli altri e poco di se stessi. È con questa attitudine mentale che possiamo ottenere l’illuminazione. Quindi su questa base generiamo la motivazione, l’attitudine mentale che desidera ottenere l’illuminazione per il beneficio altrui.
Vi do la trasmissione orale del testo tibetano che voi potrete in seguito studiarlo e comprenderlo in tutti i suoi significati.
Ieri ho letto un verso in inglese. In relazione al mettere sforzo nell’impegno della comprensione della vacuità. Cerchiamo di verificare quale sia la natura dei fenomeni. Tutti i fenomeni sono vuoti di esistenza intrinseca. Ieri ho detto che l’oggetto di negazione è l’esistenza intrinseca. Dobbiamo riconoscerlo. Prendiamo in considerazione questo vaso di fiori, detto meglio: prendiamo come illustrazione questo vaso di fiori, questo è il nostro soggetto. Questi fiori non esistono intrinsecamente perché non esistono intrinsecamente come uno o come molti. Di nuovo, questo fiore non esiste intrinsecamente come uno perché è composto di parti. Questo fiore ha parti. Avere o non avere parti sono contraddittori diretti. I fenomeni senza parti non sono esistenti. Per queste ragioni questo fiore non esiste intrinsecamente come uno. Questo è il predicato, la ragione è l’avere parti. Questo fiore non esiste intrinsecamente come molti perché non esiste intrinsecamente come uno. Per esistere come molti occorre esistere come uno. In questo modo possiamo stabilire che il fiore non esiste intrinsecamente come uno o come molti, perciò non esiste intrinsecamente.
Possiamo dire anche convenzionalmente che se qualcosa non esiste come uno né come molti, non esiste. Se per esempio in questa stanza non ci fosse nemmeno una persona non potremmo dire che ci sono molte persone.
In generale si può dire che i fenomeni non esistono intrinsecamente perché non esistono intrinsecamente come uno o come molti.
Un altro ragionamento è che i fenomeni non sono prodotti intrinsecamente perché non sono prodotti intrinsecamente né da se, né da altro, né sia da se che da altro, nè senza causa.
La prima parte, che non è prodotto da sé si riferisce che non è prodotto da un se stesso intrinsecamente esistente. Che non è prodotto da altro si riferisce al fatto che non è prodotto da altro intrinsecamente esistente. Questo è il sillogismo che viene presentato nel testo di Nagargiuna, Fondamento di saggezza, per confutare l’esistenza intrinseca. La prima parte della ragione confuta la produzione come è presentata dalla scuola non buddista samkya che sostengono che i fenomeni sono prodotti da un sè che è un principio primordiale, privo di parti e non visibile. L’altra parte della ragione confuta il modo di produzione sostenuto dalle scuole buddiste inferiori (vaibasika, sautatntrika, cittamatra, e madyamika svatantrika) che sostengono l’esistenza di un sé esterno. L’ultima parte del ragionamento confuta una scuola filosofica non buddista, i nigranta, che sostiene ….
In India si possono incontrare uomini che camminano nudi per le città, una volta a Benares ne ho incontrati cinquecento. Mettono della cenere sulla fronte e non indossano nulla. Il maestro spirituale di questa pratica viene fatto sedere su un elefante e accompagnato da musica e ombrelli. Quando costoro passano i fedeli mostrano grande rispetto nei loro confronti.
L’ultima parte, non sono prodotti privi di causa, confuta la visione dei ciarvaka, o nichilisti, che sostengono che i fenomeni sono prodotti senza causa. Un’altra ragione è che questo fiore non esiste intrinsecamente perché sorge sulla base di cause e condizioni. Il fiore non esiste intrinsecamente perché è sorgere dipendente.
Queste sono le prove presentate per confutare la produzione intrinseca. Quando si arriva a comprendere il significato della non esistenza intrinseca si genera la visione corretta, anche chiamata vacuità. Per alcune scuole, vuoto di esistenza intrinseca e vuoto di esistenza reale, non sono sinonimi. Per i madyamaka svtantrika il fiore esiste intrinsecamente ma non esiste realmente.
Mentre per i prasanghika madyamika realmente esiste e intrinsecamente esistente sono sinonimi. Perciò vuoto di esistenza intrinseca è la realtà ultima dei fenomeni.
Dal punto di vista buddista si presentano due verità: convenzionale e ultima, che includono tutti i fenomeni esistenti. Non esistono fenomeni al di fuori di queste due verità. Per esempio il nostro corpo e gli aggregati di coscienza, sensazioni, discriminazione e fattori di composizione, questi cinque aggregati sono inclusi nella verità convenzionale. La non esistenza intrinseca dei cinque aggregati è la verità ultima. Questo è il modo di esistere di tutti i fenomeni.
Cercate di comprendere. Il nostro aggregato della forma è vuoto di esistenza intrinsecamente. Sulla base dei cinque aggregati viene ad esistere la persona. Sulla base di una designazione sui cinque aggregati viene ad esistere l’io. La persona dipende dagli aggregati. Se per esempio, se vediamo il corpo di quella persona, lo riconosciamo come Ivan. Non serve che vediamo tutto il corpo, anche vedendo semplicemente la sua testa lo riconosciamo come Ivan. Sulla base dell’osservare quella particolare testa gli si attribuisce il nome Ivan. Questo indica che tutti i fenomeni vengono ad esistere sulla base di un’imputazione del nome e del pensiero. Questo viene dimostrato anche dal fatto che quando incontriamo una persona possiamo riconoscere il suo genere, se è maschio o femmina, ma non il suo nome, fino a che non ci viene presentata. Dopo che ci è stata presentata la riconosciamo e etichettiamo quel nome su quella persona. Questo indica che anche il nome non esiste intrinsecamente. Quella persona, con quel nome non esiste intrinsecamente ma solo per il fatto che le viene assegnato un nome.
Tutti i fenomeni non esistono intrinsecamente. Questo è ciò che è chiamato visione corretta.
“Chiunque veda l’infallibilità di causa e risultato di tutti i fenomeni dell’esistenza ciclica e del nirvana e distrugga tutti i modi di comprensione, entra nel sentiero che compiace i Buddha” forse non è semplice, ma proviamoci.
Il significato di questa stanza è in relazione a una domanda che può sorgere: qual è la natura di tutti i fenomeni di esistenza ciclica e nirvana. Il significato è che la natura di tutti questi fenomeni è prodotta da cause e condizioni. La produzione sulla base di cause e condizioni è corretta, è la natura.
ATTENZIONE
Questa è la trascrizione simultanea degli insegnamenti, non è stata né rivista né corretta, pertanto potrebbe contenere degli errori.
Il trascrittore in simultanea, Ivan Zerlotti, scusandosi per ogni errore e per le mancanze, dedica ogni merito alla lunga vita dell’incomparabilmente gentile Ghesce Giampa Ghiatso Rinpoce, affinché un inconcepibile numero di esseri possa beneficiare della sua presenza e dei suoi insegnamenti. Possa inoltre il centro ScenPhen GiamTse Ling prosperare per diffondere il santo dharma di Buddha Sakyamuni che Ghesce Giampa Ghiatso Rinpoce incarna in modo così autentico.