Lankavatara Sutra cap. 7 – 13

LANKAVATARA SUTRA

Lankavatara Sutra capitoli 8 – 13

Auto-Realizzazione della Nobile Saggezza

Capitolo VIII°

Conseguimento dell’Auto-Realizzazione

Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Per favore, puoi dirci qualcosa in più su ciò che costituisce lo stato dell’auto-realizzazione?”

Il Beato rispose: “Nella vita di un bravo discepolo, bisogna distinguere due aspetti: ossia, lo stato di attaccamento all’auto-natura derivante dalla discrimi-nazione di se-stesso e del suo campo di coscienza a cui egli si riferisce; e lo stato elevato ed eccellente di auto-realizzazione della Nobile Saggezza. Lo stato di attaccamento alle discriminazioni dell’auto-natura di cose, idee e di ‘sé’, è accompagnato da emozioni di piacere o di avversione, secondo l’esperienza o come è impostato nei libri di logica. Adattandosi all’assenza-di-ego delle cose e mantenendo retrovisioni errate riguardo al suo ego, egli dovrebbe abbandonare questi pensieri e dovrebbe mantenersi fermamente al percorso continuamente ascendente dei livelli del Sentiero.

Lo stato esaltato di auto-realizzazione, come è riferito ad un bravo discepolo, è uno stato di concentrazione mentale nel quale egli cerca di identificarsi con la Nobile Saggezza. In quello sforzo, egli cerca di annichilire tutti i pensieri e le nozioni vaganti che appartengono all’esteriorità delle cose, e tutte le idee di individualità e generalità, di sofferenza e di impermanenza, e coltiva invece le più nobili idee di assenza-di-ego, vacuità e non-immaginazione; in questo modo egli otterrà una realizzazione di verità, che è libera da passione, e sarà sempre sereno. Quando questo attivo sforzo alla concentrazione mentale avrà avuto successo e sarà seguito da un più passivo e ricettivo stato di Samadhi, in cui il bravo discepolo entrerà nella felice dimora della Nobile Saggezza, egli sperimenterà la sua consumazione delle trasformazioni di Samapatti. Questa è la prima esperienza di un bravo discepolo dello stato esaltato di realizzazione, ma siccome non c’è ancora eliminazione dell’energia-abitudine, non è giunto ancora alla esenzione dalla trasformazione della morte.

Avendo raggiunto questo stato esaltato e felice di realizzazione, così come può essere raggiunto dai discepoli, il Bodhisattva non deve cedere al godimento della sua beatitudine, perché ciò significherebbe la cessazione, ma dovrebbe pensare compassionevolmente agli altri esseri e dovrebbe tener fede ai suoi voti originari; egli non dovrebbe mai rilassarsi né far uso della beatitudine del Samadhi.

Però, Mahamati, siccome i bravi discepoli continuano a cercare di avanzare sul sentiero che conduce alla piena realizzazione, c’è un pericolo contro cui essi devono essere messi in guardia. I discepoli possono non apprezzare il fatto che il sistema-mente, a causa della sua energia-abitudine accumulata, sia sempre in funzione, più o meno inconsapevolmente, finché essi vivono. Talvolta essi potrebbero pensare di poter accelerare il conseguimento della mèta verso la tranquillizzazione sopprimendo completamente tutte le attività del sistema-mente. Questo è un errore, perché perfino se le attività della mente fossero soppresse, la mente funzionerebbe ancora perché i semi di energia-abitudine rimarrebbero ancora in essa. Essi pensano all’estinzione della mente, ma in realtà, essi non dovrebbero più attaccarsi al funzionamento della mente che crede nel mondo esterno. Vale a dire, la meta è la tranquilizzazione che deve essere raggiunta non sopprimendo le attività della mente, ma sbarazzandosi delle discriminazioni e degli attaccamenti.

Poi vi sono altri che, impauriti dalla sofferenza inerente alle discriminazioni sulla vita e la morte, incautamente cercano il Nirvana. Essi sono giunti a vedere che tutte le cose soggette alla discriminazione non hanno alcuna realtà e così immaginano che il Nirvana debba consistere nell’annientamento dei sensi e dei loro campi di sensazione; essi non apprezzano il fatto che nascita-e-morte e il Nirvana non siano disgiunti uno dall’altro. Essi non sanno che il Nirvana è la Mente Universale nella sua purezza. Perciò, questi stupidi che si aggrappano alla nozione che il Nirvana sia un mondo in se stesso aldifuori di ciò che è visto dalal mente, ignorando tutti gli insegnamenti del Tathagata concernenti il mondo esterno, continueranno a rotolarsi nella ruota di nascita-e-morte. Ma quando essi finalmente sperimenteranno la “rivoluzione” nella loro coscienza più profonda, che porterà con sé la perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza, allora essi capiranno.

Il vero funzionamento della mente è molto sottile e difficile da essere capito dai giovani discepoli, perfino i maestri con tutti i loro poteri di corretta-conoscenza e Samadhi spesso lo trovano confuso. Soltanto i Tathagata ed i Bodhisattva che sono fermamente stabiliti al settimo livello possono pienamen-te comprendere il suo operato. Quei bravi discepoli e maestri che desiderano capire pienamente tutti i differenti aspetti dei livelli della Via del Bodhisattva, con l’aiuto della loro corretta-conoscenza devono diventare totalmente convinti che gli oggetti della discriminazione sono visti e considerati così dalla mente e, così, tenendosi fuori da tutte le discriminazioni e falsi ragionamenti che sono anch’essi della mente, devono cercare sempre di vedere veramente le cose (yatha-bhutam), e piantare radici di bontà nelle Terre del Buddha, che non conoscono i limiti creati dalle differenziazioni.

Per fare tutto ciò, il Bodhisattva deve tenersi fuori da ogni tumulto, dalle agitazioni sociali e dalla pigrizia; deve tenersi fuori da tutti i trattati e scritture filosofiche mondane, e dai rituali e cerimonie del clericalismo professionale. Si ritiri in un luogo appartato nella foresta e ivi si dedichi alla pratica delle varie discipline spirituali, perché è solo facendo così che in questo mondo delle molteplicità, egli diverrà capace di ottenere una vera intuizione profonda dell’operato della Mente Universale nella sua Essenza. Là, circondato dai suoi buoni amici del Dharma, tutti i Buddha, il bravo discepolo diventerà capace di comprendere il significato del sistema-mente e del suo compito come agente intermediario tra il mondo esterno e la Mente Universale, e diverrà capace di attraversare l’oceano di nascita-e-morte che sorge dall’ignoranza, dal desiderio e dalle azioni.

Il Bodhisattva, avendo ottenuta una completa comprensione del sistema-mente, delle tre auto-nature, la duplice assenza-di-ego, e stabilitosi nell’auto-realizza-zione successiva a quel conseguimento, tutto ciò che può essere ottenuto dalla sua corretta-conoscenza, avrà chiara la Via all’ulteriore avanzamento lungo gli stadi del Sentiero del Bodhisattva. Quindi i discepoli dovrebbero abbandonare poi la comprensione della mente da essi ottenuta tramite la loro conoscenza corretta, che rispetto alla Nobile Saggezza è come un asino zoppo vicino ad un puledro stupendo, ed entrando nell’ottavo stadio del Sentiero del Bodhisattva, egli deve poi disciplinarsi nella Nobile Saggezza secondo i suoi tre aspetti.

Questi aspetti sono: il primo, la non-immaginazione che giunge quando tutte le cose appartenenti alla condizione di discepolo, maestro, e filosofo sono completamente padroneggiate. Secondo, il potere aggiunto da tutti i Buddha in ragione del loro voto originario che include l’identificazione delle loro vite, la condivisione delle loro vite e la condivisione di tutti i loro meriti con tutti gli esseri senzienti. Terzo, la perfetta auto-realizzazione che quindi è stata solo  compresa in una certa misura. Poiché il Bodhisattva riesce nel distaccarsi dal vedere tutte le cose, incluso il suo proprio ego immaginato, nella loro evidente fenomenalità, e realizza gli stati di Samadhi e Samapatti, da cui egli osserva il mondo come una visione ed un sogno, ed essendo sostenuto da tutti i Buddha, egli sarà capace di superare in pieno il conseguimento del livello di Tathagata, che è la stessa Nobile Saggezza. Questa è la caratteristica della nobile vita, e essendo provvista di questi tre aspetti, la perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza è stata raggiunta.

Allora Mahamati chiese al Bhagvan: “O Beato, la purificazione dal male che fuoriesce dalla mente, e che deriva dall’attaccamento alle nozioni di un mondo oggettivo ed un’anima empirica, è graduale o istantaneo?”

Il Beato rispose: “Vi sono tre flussi caratteristici che fuoriescono dalla mente, e cioè il male che fuoriesce a causa del sorgere di brama, attrazione e attacca-mento; il male che fuoriesce a causa del sorgere delle illusioni della mente e dalle infatuazioni dell’egoismo; ed il bene non-fuoriuscente che deriva dalla Nobile Saggezza.

Il male fuori-uscente che ha luogo dal riconoscere il mondo come esterno, che in verità è solo una manifestazione della mente, e dal divenire attaccati ad esso, viene purificato gradualmente e non istantaneamente. Un buon comportamento  può venire solo da un processo di sforzi e auto-limitazione. È come quando un vasaio crea dei vasi, fatti gradualmente con attenzione e sforzo. È come quando si diventa bravi a recitare, a ballare, cantare, suonare il liuto, scrivere, e in ogni altra arte; deve essere imparata gradualmente e faticosamente. La ricompensa sarà un aumento della chiara comprensione della vacuità e transitorietà di tutte le cose.

Il male fuori-uscente che sorge dalle illusioni della mente e dalle infatuazioni dell’egoismo, riguarda più direttamente la vita mentale e si manifesta in cose come paura, rabbia, odio ed orgoglio; queste sono purificate da meditazione e studio, che pure devono essere raggiunti gradualmente, e non istantaneamente. È come il frutto dell’amrita che matura lentamente; è come l’erba, gli arbusti, e gli alberi che crescono gradualmente dalla terra. Ognuno dovrebbe seguire il percorso di studio e meditazione da sé, gradualmente e con sforzo, ma grazie al voto originario di tutti i Bodhisattva e dei Tathagata che dedicarono i loro meriti ed identificarono le loro vite con quella di tutti gli esseri animati che possono venir emancipati, nessuno rimane senza aiuto ed incoraggiamento; tuttavia perfino con l’aiuto dei Tathagata, la purificazione del flusso malvagio della mente è tutt’al più lento e graduale, e richiede zelo e pazienza. Però, la ricompensa è la graduale comprensione della duplice assenza-di-ego e la sua paziente accettazione, ed i piedi ben si stabiliscono sul cammino dello stato di Bodhisattva.

Ma il bene non-fuoriuscente, che giunge con l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, è una purificazione che arriva istantaneamente per grazia dei Tatha-gata. È come uno specchio che riflette tutte le forme e le immagini in modo istantaneo e senza discriminazione; è come il sole o la luna, che rivelano ogni forma istantaneamente e le illuminano spassionatamente con la loro luce. Nello stesso modo i Tathagata conducono i bravi discepoli ad uno stato di non-imma-ginazione; tutte le accumulazioni del karma e di energia-abitudine che si erano raccolte da tempi senza inizio a causa dell’attaccamento a visioni erronee e che erano state intrattenute riguardo ad un’ego-anima ed al suo mondo esterno, alla fine sono spazzate via, rivelando istantaneamente il reame della ‘Intelligenza Trascendente’ che appartiene allo stato di Buddha. Proprio come la Mente Universale contaminata da accumulazioni di karma ed energia-abitudine rivela la molteplicità di ego-anime ed i loro mondi esterni della falso-immaginazione, così la Mente Universale purificata dalle sue contaminazioni tramite le graduali purificazioni dei flussi malvagi, provenienti da sforzo, studio e meditazione, e dalla graduale auto-realizzazione della Nobile Saggezza, all’ultimo, risplende istantaneamente come la Dharmata-Buddha che risplende spontaneamente coi raggi provenienti dalla sua pura auto-natura. Per questo la mente di tutti i Bodhisattva è maturata istantaneamente: essi si trovano nelle dimore celestiali dei paradisi Akanistha, essi che irradiano spontaneamente i vari tesori della ricchezza spirituale”.

Capitolo IX°

Il Frutto, o l’Auto-Realizzazione

Mahamati chiese al Bhagavan: “Ti prego di dirci, o Beato, qual’è il frutto che ne viene con l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza”.

Il Beato rispose: “Prima, arriverà una visione chiara nel significato delle cose, e in seguito arriverà una visione che spiegherà il significato degli ideali spirituali (Paramita) grazie ai quali il Bodhisattva sarà in grado di penetrare più profon-damente nello stato di non-immaginazione e di sperimentare il supremo Sama-dhi e, gradualmente, di raggiungere gli stadi più alti del sentiero del Bodhi-sattva.

Dopo avere sperimentato la “rivoluzione” nel sito più profondo della coscienza, essi sperimenteranno altri Samadhi perfino più alti, il Vajravimbopama, che appartiene ai Tathagata e alle loro trasformazioni. Essi saranno capaci di entrare nel reame della Coscienza che sta oltre la coscienza del sistema-mente, perfino oltre la coscienza dello stato di Tathagata. Essi saranno dotati di tutti i poteri, facoltà psichiche, autocontrollo, compassione amorevole, mezzi abili,  e la capacità di penetrare nelle altre Terre del Buddha. Prima di aver ottenuto l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, essi erano stati influenzati dagli interessi personali dell’egoismo, ma dopo aver raggiunto l’auto-realizzazione essi si troveranno a reagire spontaneamente agli impulsi di un grande cuore compassionevole, sinceramente dotati di mezzi abili ed illimitati, e totalmente dedicati all’emancipazione di tutti gli esseri”.

Disse allora Mahamati: “O Beato, puoi parlarci del sostenente potere del Tathagata, con cui i Bodhisattva sono aiutati a raggiungere l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza?”

Il Beato rispose: “Vi sono due tipi di poteri sostenenti, che sgorgano dai Tatha-gata e sono al servizio dei Bodhisattva, che vengono sostenuti dal prostrarsi di fronte a loro e mostrare il proprio apprezzamento facendo domande. Il primo tipo di potere sostenente è la venerazione e la fede del Bodhisattva nei Buddha, in virtù della quale i Buddha sono capaci di manifestarsi e dare il loro aiuto, per ordinarli con le loro proprie mani. Il secondo tipo di potere sostenente, è il potere che si irradia dai Tathagata e che abilita i Bodhisattva a raggiungere e superare i vari Samadhi e Samapatti, senza rimanere inebriati e intossicati dalla loro beatitudine.

Essendo sostenuti dal potere dei Buddha, perfino i Bodhisattva del primo stadio saranno capaci di raggiungere il Samadhi noto come la Luce del Mahayana. In quel Samadhi, i Bodhisattva diverranno consapevoli della presenza dei Tatha-gata, provenienti da tutte le loro diverse dimore delle dieci direzioni, per dare in vari modi al Bodhisattva il loro potere sostenente. Poiché il Bodhisattva Vajragarbha fu sostenuto nel suo Samadhi e poiché molti altri Bodhisattva di pari grado e virtù sono stati sostenuti, così tutti i bravi discepoli e maestri e Bodhisattva possono sperimentare questo potere sostenente dei Buddha nei loro Samadhi e Samapatti. La fede del discepolo e i meriti del Tathagata sono due aspetti dello stesso potere sostenente e da esso soltanto i Bodhisattva sono abilitati nel divenire uno con la famiglia dei Buddha.

Qualunque Samadhi, facoltà psichiche ed insegnamenti che siano realizzati dai Bodhisattva, sono resi possibili solo dal potere sostenente dei Buddha; se fosse  altrimenti, gli ignoranti e gli ingenui raggiungerebbero il medesimo risultato. Ovunque i Tathagata penetrino col loro potere sostenente, vi sarà musica; non solamente musica fatta da voci umane e suonata da mani umane sui vari strumenti, ma vi sarà musica sentita nell’erba, negli arbusti e negli alberi, nelle montagne e città e palazzi e capanne; vi sarà molta più musica nel cuore di tutti gli esseri senzienti. I sordi, i muti ed i ciechi saranno guariti dalle loro infermità e si allieteranno nella loro emancipazione. Tale è la straordinaria virtù del sostenente potere elargito dai Tathagata.

Con la concessione di questo potere sostenente, i Bodhisattva sono resi abili ad evitare il male delle passioni, dell’odio e del karma imprigionante; essi sono abilitati a trascendere il dhyana dei principianti e ad avanzare oltre l’esperienza e la verità che hanno appena raggiunto; essi sono abilitati a mettere in atto le sei Paramita; e infine, a raggiungere lo stadio del Tathagata. Mahamati, se non fosse per questo potere sostenente, essi ricadrebbero nei modi di pensare dei filosofi, dei discepoli faciloni e mal-disposti, e quindi cadrebbero ben lontani dalla suprema realizzazione. Per tutti questi motivi, i bravi discepoli ed i  Bodhisattva sinceri sono sostenuti dal potere di tutti i Tathagata”.

Allora Mahamati disse: “Dal Beato è stato detto che adempiendo alle sei Para-mita, lo stato di Buddha viene realizzato. Ti prego, puoi dirci che cosa sono le sei Paramita, e come possono essere adempiute?”

Il Beato rispose: “Le Paramita sono ideali di perfezione spirituale che devono essere di guida ai Bodhisattva sul sentiero dell’auto-realizzazione. Ve ne sono sei, ma esse possono essere considerate in tre modi diversi secondo il progresso del Bodhisattva nei vari stadi. All’inizio, esse devono essere considerate come ideali per la vita di questo mondo; in seguito, come ideali per la vita mentale; e, alla fine, come ideali della vita spirituale ed unitiva.

Nella vita mondana, in cui si è ancora tenacemente legati alle nozioni di un ‘ego-anima’ e ciò che lo riguarda, e ci si tiene stretti alle discriminazioni duali-stiche, anche se solo per benefici mondani, uno dovrebbe curarsi degli ideali di carità, retta condotta, pazienza, zelo, meditazione e saggezza. Anche nella vita mondana le virtù di queste pratiche porteranno una ricompensa di felicità e di successo.

Nel mondo mentale dei bravi discepoli e maestri, la loro pratica porterà assai più gioie di emancipazione, illuminazione e pace della mente, dato che le Paramita sono radicate nella corretta-conoscenza, e perciò porteranno pensieri di Nirvana, anche se per ora il Nirvana dei loro pensieri è per essi stessi. Nel mondo mentale le Paramita diventano più ideali e più simpatetiche; la carità non può essere più espressa nel fare regali impersonali ma si manifesterà con i più preziosi doni di empatia e comprensione; la retta condotta, con qualcosa più di un esterno conformismo ai cinque precetti, perché alla luce delle Paramita, si devono praticare umiltà, semplicità, riserbo e il dono di sé. La pazienza si manifesterà con qualcosa più dell’indulgenza nelle circostanze esterne e con i temperamenti di altre persone: ora, ci vorrà più pazienza pure con sé-stessi. Lo zelo sarà per qualcosa più che il dimostrarsi esterno della serietà: ma sarà per più autocontrollo nel compito di seguire il Nobile Sentiero e nel manifestare il Dharma nella propria vita. Il meditare darà origine alla consapevolezza, in cui significati discriminati, razionalizzazioni e deduzioni logiche daranno origine alle intuizioni spirituali di significato e valore. Infine, la Paramita della Saggezza (Prajna) non si preoccuperà più di una saggezza pragmatica ed eruditiva, ma rivelerà se-stessa nella sua vera perfezione di Verità che tutto include, la quale è Amore.

Il terzo aspetto delle Paramita, visto nell’ideale di perfezione del Tathagata può essere pienamente compreso solo dai Bodhisattva-Mahasattva che sono devoti al più alto discepolo spirituale, ed hanno totalmente compreso che nel mondo non c’è niente che possa esser visto se non ciò che esce dalla mente stessa; in quelle menti la discriminazione delle dualità ha cessato di funzionare; e sia l’afferrare che l’aggrapparsi sono divenuti non-esistenti. Così, liberi da ogni attaccamento agli oggetti ed alle idee individuali, le loro menti sono libere di poter considerare i modi per beneficiare e dare felicità agli altri, perfino a tutti gli esseri senzienti. Ai Bodhisattva-Mahasattva l’ideale della carità è mostrato nell’auto-produzione di speranza del Nirvana del Tathagata, che tutti possano goderlo insieme. Nella loro relazione con un mondo oggettivo, nelle menti dei Tathagata non c’è insorgere di discriminazioni tra interessi per sé e interessi per gli altri, tra il bene ed il male, – c’è solo spontaneità e attuazione senza sforzo di un perfetto comportamento. Per praticare la pazienza con piena conoscenza di questo e quello, di afferrare ed afferrato, ma senza alcun pensiero di discri-minazione né di attaccamento, – questa è la Paramita-Pazienza dei Tathagata. Esercitarsi con energia dall’inizio alla fine della notte, in conformità alle misu-re di disciplina, senza che sorgano discriminazioni sul conforto o sul disagio, – questa è la Paramita-Zelo dei Tathagata. Non discriminare tra sé e gli altri in pensieri di Nirvana, ma mantenere la mente fissa sul Nirvana, – questa è la Paramita-Meditazione. Quanto alla Prajna-Paramita, che è la Nobile Saggezza, chi può parlarne? Quando nel Samadhi la mente cessa di discriminare e c’è’ solo non-immaginazione perfetta e piena d’amore, e nella propria coscienza intima avrà luogo un’imperscrutabile “rivoluzione” e si sarà raggiunta l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, – quella allora sarà la Suprema Prajna-Paramita

Dopodiché Mahamati disse al Bhagavan: “Tu hai parlato di un corpo astrale, un corpo di “mente-visione” (manomayakaya) che i Bodhisattva sono in grado di assumere, dicendo che è uno dei frutti dell’auto-realizzazione della Nobile Saggezza: per favore, puoi dirci, o Beato, che cosa si intende per un tale Corpo Trascendente?”

Il Beato rispose: “Vi sono tre tipi di cosìddetti corpi trascendenti: primo, ve n’è uno con cui il Bodhisattva raggiunge il godimento di Samadhi e Samapatti. Per secondo, c’è quello che è assunto dai Tathagata a seconda della classe di esseri che essi devono sostenere, e che si realizza e si perfeziona spontaneamente, senza attaccamento e sforzo. Terzo, c’è quello con cui i Tathagata ottengono la loro intuizione del Dharmakaya.

La personalità trascendente che subentra nel godimento del Samadhi giunge col terzo, quarto e quinto stadio non appena le attività del sistema-mente si sono acquietate e le onde della coscienza non sono più in moto sulla superficie della Mente Universale. In questo stadio, la mente conscia è ancora consapevole, in certa misura, della beatitudine che è sperimentata da questa cessazione delle attività della mente.

Il secondo tipo di personalità trascendente è il genere assunto dai Bodhisattva e Tathagata come corpi di trasformazione, con cui essi mostrano il loro voto originario nell’atto di realizzarsi e perfezionarsi; esso giunge con l’ottavo stadio del Sentiero del Bodhisattva. Quando il Bodhisattva ha una profonda penetrazione nella natura-maya delle cose e comprende il dharma di non-immaginazione, egli sperimenterà la “rivoluzione” nella sua più profonda coscienza e diverrà capace di sperimentare il supremo Samadhi perfino al più alto livello. Entrando in questi elevati Samadhi, egli ottiene una personalità che trascende la mente conscia, in virtù della quale ottiene sovrannaturali poteri di auto-controllo e attività grazie ai quali egli è capace di muoversi a suo piacimento, così rapidamente come cambia un sogno e così rapidamente come un’immagine cambia in uno specchio. Questo corpo trascendente non è un prodotto degli elementi, eppure in esso c’è qualcosa di analogo a quello che è prodotto in quel modo; è fornito di tutte le referenze appartenenti al mondo della forma, ma non ha le loro limitazioni; in possesso di questo corpo di “mente-visione”, egli è in grado di essere presente in tutte le assemblee che si tengono in tutte le Terre di Buddha. Proprio come i suoi pensieri si muovono all’istante e senza ostacoli al di sopra di muri e fiumi, alberi e montagne, e proprio come egli nella memoria ricorda e visita le scene delle sue esperienze passate, così, mentre la sua mente rimane funzionante nel corpo, i suoi pensieri possono essere a cento miglia di distanza. Allo stesso modo, la personalità trascendente che sperimenta il Vajra-vimbopama Samadhi sarà dotata di poteri sovrannaturali e facoltà psichiche ed autocontrollo, in virtù dei quali egli sarà capace di seguire i nobili sentieri che conducono alle assemblee dei Buddha, muovendosi liberamente come desidera. Ma i suoi desideri non saranno più né egocentrici né contaminati da discrimina-zione e attaccamento, perché questa personalità trascendente noi è il vecchio corpo, ma è l’incarnazione trascendente del suo voto originario auto-prodotto per condurre tutti gli esseri alla maturità.

Il terzo tipo di personalità trascendente è così ineffabile che è in grado di otte-nere le intuizioni del Dharmakaya, cioè essa ottiene le intuizioni dell’illimitata ed imperscrutabile conoscenza della Mente Universale. Appena i Bodhisattva-Mahasattva raggiungono gli stadi più elevati e diventano abili con tutti i tesori che si realizzano nella Nobile Saggezza, essi otterranno questo inconcepibile corpo di trasformazione, che è la vera natura di tutti i Tathagata del passato, presente e futuro, e parteciperanno alla pacifica beatitudine che pervade il Dbarma di tutti i Buddha”.

Capitolo X°

I Discepoli: Il Lignaggio degli Arhat

Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “Prego, puoi dirci quanti tipi di discepoli vi sono?”

Il Beato rispose: “Vi sono tanti generi di discepoli quanti sono gli individui, ma per convenienza essi possono essere divisi in due gruppi: discepoli del lignag-gio degli Arhat, e discepoli noti come Bodhisattva. I discepoli del lignaggio degli Arhat possono essere considerati sotto due aspetti: il primo, in base alla quantità di volte  che hanno fatto ritorno a questa vita-e-morte; e il secondo, in base al loro progresso spirituale. Nel primo aspetto, essi possono essere ancora suddivisi in tre gruppi: “Coloro che sono entrati nella Corrente”, “Coloro che devono tornare ancora una volta”, e “Coloro che Non torneranno più”.

Coloro che sono entrati nella Corrente, sono quei discepoli che si sono liberati dagli attaccamenti alle discriminazioni inferiori, si sono purificati dagli ostacoli duplici e capiscono chiaramente il significato della duplice assenza di ego, ma che ancora sono attaccati alla nozione di individualità e generalità ed al loro proprio ego. Essi avanzeranno lungo gli stadi solo fino al sesto, per soccombere alla estasiante beatitudine del Samadhi. Essi dovranno rinascere sette, cinque, o tre volte, prima di essere in grado di superare il sesto stadio. Coloro che ritornano ancora una volta sono gli Arhat, e Coloro che non torneranno più sono i Bodhisattva che hanno raggiunto il settimo stadio.

Il motivo di queste tre gradazioni è dovuto al loro attaccamento ai tre livelli della falsa-immaginazione: vale a dire, la fede nelle pratiche morali, i dubbi, e la visione della loro personalità individuale. Quando questi tre ostacoli saranno superati, essi saranno capaci di raggiungere gli stadi più elevati. Riguardo alla pratica morale: bisogna dire che i discepoli ignoranti e ingenui rispettano le regole della moralità, pietà e penitenza, in quanto con esse essi desiderano ottenere vantaggi mondani e felicità, con in più la speranza di poter rinascere in condizioni più favorevoli. Coloro che sono entrati nella corrente non sono più attaccati alle pratiche morali perché non c’è più alcuna speranza di ricompensa per le loro menti che sono fisse sullo stato elevato dell’auto-realizzazione; il motivo per cui si dedicano ai dettagli della moralità è che essi desiderano padroneggiare queste verità in conformità ai flussi incontaminati. In quanto all’ostacolo del dubbio nell’insegnamento del Buddha, che continuerà finchè ogni nozione di discriminazione sarà mantenuta nel cuore, e scomparirà quando essi scompariranno. L’attaccamento alla visione di una personalità  individuale sarà eliminato quando il discepolo ottiene una comprensione più completa delle nozioni di essere e non-essere, auto-natura ed assenza di ego, sbarazzandosi con ciò dell’attaccamento al suo proprio sé, che è unito a quelle discriminazioni. Eliminando e facendo piazza pulita di questi tre ostacoli, colui che è entrato nella corrente sarà in grado di eliminare ogni avidità, rabbia e avversione.

Quanto agli Arhat che tornano una sola volta; in essi una volta c’era la discri-minazione di forma, segni, ed apparenze, ma non appena essi gradualmente per mezzo della retta-conoscenza impararono a non vedere più oggetti individuali sotto l’aspetto di qualità e qualificazione, e nonappena essi divennero edotti con ciò che distingue il conseguimento della pratica di dhyana, essi raggiunsero lo stadio dell’illuminazione, in cui con una sola rinascita saranno in grado di porre fine all’adesione ai loro propri interessi personali. Liberi da questo peso di errore ed i suoi attaccamenti, essi non saranno più assaliti dalle passioni e gli ostacoli saranno spazzati via per sempre.

I discepoli del secondo tipo possono essere raggruppati, secondo il progresso spirituale da essi raggiunto, in quattro classi, e cioè discepoli (sravaka), maestri (pratyekabuddha), Arhat, e Bodhisattva.

La prima classe, dei discepoli, significa che essi trovano difficile capire le idee poco familiari. Le loro menti sono gioiose quando studiando e praticano le cose che appartengono agli aspetti che possono essere discriminati, ma diventano confusi dalla nozione di una ininterrotta catena di causalità, e si spaventano quando devono considerare che gli aggregati che costituiscono la personalità ed il mondo oggettivo sono illusioni (maya), vacuità e mancanti di un sè. Essi furono in grado di avanzare al quinto o sesto stadio, dove sono stati capaci di eliminare il sorgere delle passioni, ma non le nozioni che danno origine alla passione e, perciò, sono incapaci di liberarsi dall’attaccamento ad un’ego-anima ed agli attaccamenti, le abitudini e l’energia-abitudine che l’accompagnano. In questa stessa classe di discepoli, vi sono i validi discepoli delle altre fedi, che attaccati alle nozioni di cose come l’anima, considerata come un’entità esterna, l’Atman Supremo, un Dio Personale, cercano ciò che è in armonia con loro. Ve ne sono altri, con idee più materialistiche, che pensano che tutte le cose siano esistenti in dipendenza di cause e, perciò, che anche il Nirvana debba essere in tale dipendenza. Ma di questi, nessuno, per quanto bravo possa essere, ha  rag-giunto una visione profonda nella verità della duplice assenza di ego e quindi, è di limitato intuito spirituale riguardo alla liberazione e non-liberazione; per essi non vi è emancipazione. Essi hanno grande sicurezza di sé, ma non potranno  mai ottenere una vera conoscenza del Nirvana finché non avranno imparato a disciplinarsi nella paziente accettazione della duplice ‘assenza-di-ego’.

La seconda classe, è quella dei maestri che hanno ottenuto un alto grado di comprensione intellettuale delle verità riguardanti gli aggregati che costituisco-no la personalità ed il mondo esteriore, ma che sono ancora impauriti quando affrontano il significato e le conseguenze di queste verità e le domande che sorgono dalla loro cognizione, ovvero, il non rimanere attaccati al mondo esterno ed alle sue molteplici forme, che comportano conforto e potere, e eliminare gli ostacoli delle loro relazioni sociali. Essi così facendo sono attratti dalle possibilità raggiungibili, cioè il possesso di poteri miracolosi, come il dividere la personalità ed apparire in luoghi diversi allo stesso tempo, o manifestare i corpi di trasformazione. Per ottenere questi poteri essi ricorrono perfino ad una vita solitaria ed appartata, ma questa classe di maestri non va mai oltre l’ego-ismo e le seduzioni del loro sapere, ed i loro discorsi sono sempre conformi a questi limiti e caratteristiche. Fra di essi, vi sono pure molti bravi discepoli, che mostrano un grado di acume spirituale caratterizzato da sincerità e una volontà indomabile di andar incontro a tutte le difficoltà che i livelli presentano a loro. Quando essi vedono che tutto ciò che costituisce il mondo oggettivo è soltanto una manifestazione della mente, che è senza auto-natura, non-nato e privo di un sé, l’accettano senza paura, e quando vedono che la anche loro propria ego-anima è vuota, non-nata e priva di un sé, essi sono imperturbati e senza paura, con un valido scopo, essi cercano di adattare la loro vita a tutte le richieste di queste verità, ma non riescono a dimenticare le nozioni che stanno alla base di questi fatti, specialmente la nozione del loro proprio consapevole ego-sé, e la sua relazione con il Nirvana. Essi sono nella classe di Coloro che sono entrati nella Corrente.

La classe nota come quella degli Arhat, comprende quei seri maestri che appar-tengono alla classe di Coloro che ritornano un’unica volta. Ma il loro insight spirituale è già arrivato al sesto e settimo livello. Essi hanno completamente compreso la verità della duplice assenza-di-ego e la non-immaginazione della Realtà; non hanno più discriminazioni, né passioni, né l’orgoglio dell’egoismo; essi hanno ottenuto un’elevata intuizione e visione dell’immensità delle Terre del Buddha. Avendo raggiunto una percezione interiore della vera natura della Mente Universale, essi purificano fermamente tutte le loro energie-abitudine. L’Arhat ha raggiunto l’emancipazione, l’illuminazione, il Dhyana, il Samadhi e la sua intera attenzione è data al conseguimento del Nirvana, ma l’idea del Nirvana provoca in lui turbamenti mentali, perché egli ha un’idea sbagliata del Nirvana. La nozione del Nirvana nella sua mente è divisa: egli discrimina il Nirvana dal sé, ed il sé dagli altri. Egli ha ottenuto alcuni frutti dell’auto-realizzazione, ma ancora fa pensieri e discorsi sul Dhyana, sui soggetti di meditazione, sul Samadhi, e sui frutti. Egli orgogliosamente dice: “Vi sono gli ostacoli, ma io sono libero da essi”. Il suo è un duplice difetto: denuncia  i vizi dell’ego, però si aggrappa ancora alle sue catene. Finché egli continuerà a discriminare nozioni di dhyana, di pratica dhyana, soggetti di dhyana, corretta-conoscenza e verità, vi è ancora uno stato di mente confuso, – egli non ha ottenuto l’emancipazione perfetta. L’emancipazione giunge con l’accettazione della non-immaginazione.

Egli è un maestro di Dhyana ed è entrato nel Samadhi, ma per raggiungere gli stadi più elevati bisogna andare oltre il Dhyana, l’incommensurabile, il mondo della non-forma, e la beatitudine del Samadhi all’interno del Samapatti, che conduce alla cessazione stessa del pensiero. Il praticante di Dhyana, il dhyana stesso, il soggetto del dhyana, la cessazione del pensiero, il ritornare una volta, il non-ritornare più, tutti questi sono stati di mente divisa e sconcertata. Finché ogni discriminazione non è stata abbandonata, non vi è emancipazione perfetta. Così l’Arhat, maestro di dhyana, che partecipa del Samadhi, senza il sostegno dei Buddha, si abbandona alla beatitudine estasiante del Samadhi – e passa al suo Nirvana.

Discepoli, maestri ed Arhat possono ascendere fino al sesto-settimo livello. Essi percepiscono che il triplo mondo non è nient’altro che la mente stessa; essi percepiscono che non c’è nessuno che diventa attaccato alla molteplicità degli oggetti esterni, fuorché le discriminazioni e le attività della mente stessa; essi percepiscono che non c’è un ego-anima; e, perciò, raggiungono una misura di tranquillizzazione. Ma questa tranquillizzazione non è perfetta in ogni minuto della loro vita, perché in essi vi è un qualcosa che produce effetti, alcuni che afferrano e si attaccano, alcuni che si soffermano sulla dualità e l’egoismo. Benché liberi dall’energia-abitudine delle passioni e, inebriati con il vino del Samadhi, essi avranno la loro dimora nel reame dei flussi fuoriuscenti. La perfetta tranquillizzazione è possibile solo dal settimo livello in poi. Finchè le loro menti sono in confusione, essi non possono raggiungere un convincimento certo e chiaro come la cessazione di ogni molteplicità e l’attuazione dell’unicità perfetta di tutte le cose. Nelle loro menti l’auto-natura di tutte le cose è ancora discriminata come buona o cattiva, perciò le loro menti sono in confusione e non possono andare oltre il sesto livello. Ma al sesto livello tutte le discrimina-zioni cessano, appena vengono assorbite nella beatitudine del Samadhi, in cui essi mantengono con cura il pensiero del Nirvana e, poiché già al sesto livello il Nirvana è possibile,  essi passano nel loro Nirvana, che però non è il Nirvana dei Buddha”.

Capitolo XI°

Lo Stato di Bodhisattva ed i Suoi Livelli.

Allora Mahamati chiese al Bhagavan: “O Beato, puoi dirci quali discepoli sono dei Bodhisattva?”

Il Beato rispose: “I Bodhisattva sono quei seri discepoli che si sono illuminati grazie ai loro sforzi di ottenere l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza e che hanno preso su di sé il compito di illuminare gli altri. Essi hanno ottenuto una chiara comprensione della verità che tutte le cose sono vuote, non-nate e della natura di maya; essi hanno cessato di vedere le cose in modo discriminato e di considerarle in relazione ad essi; essi hanno completamente compreso la verità della duplice assenza di ego e si sono adattatti ad essa con una paziente accettazione; essi hanno ottenuto una definitiva realizzazione della non-imma-ginazione; e dimorano nella perfetta-conoscenza che hanno ottenuto dall’auto-realizzazione della Nobile Saggezza.

Ben improntati dal sigillo della “Talità”, essi sono entrati nel primo dei livelli del Bodhisattva. Il primo stadio è chiamato Pramudita (della Gioia). Entrare in questo stadio è come passare dal reame dell’ombra alla sfolgorante luce di “non-ombra”; è come passare dal rumore e dal tumulto di una affollata città alla quiete della solitudine. Il Bodhisattva sente al suo interno il risvegliarsi di un grande cuore di compassione ed esprime i suoi dieci voti originari: Onorare e servire tutti i Buddha; diffondere la conoscenza e la pratica del Dharma; dare il benvenuto ai prossimi Buddha; praticare le sei Paramita; persuadere tutti gli esseri ad abbracciare il Dharma; ottenere una perfetta comprensione di tutto l’universo; ottenere una perfetta comprensione della mutualità di tutti gli esseri; raggiungere una perfetta auto-realizzazione dell’unicità nell’auto-natura, scopo e risorse di tutti i Buddha e Tathagata; diventare edotti in tutti i mezzi abili per eseguire questi voti per l’emancipazione di tutti gli esseri; realizzare la suprema illuminazione attraverso la perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza; e, infine, ascendere tutti i livelli per entrare nello stato di Tathagata.

Nello spirito di questi voti il Bodhisattva gradualmente sale i livelli, fino al sesto. Tutti i seri discepoli, i maestri e gli Arhat, sono giunti a questo punto, ma restando incantati dalla beatitudine del Samadhi e non essendo sostenuti dal potere dei Buddha, essi passano al loro Nirvana. Lo stesso destino toccherebbe ai Bodhisattva, se non fosse per il loro potere sostenuto dai Buddha, con cui essi sono resi capaci di rifiutare di entrare nel Nirvana fino a quando tutti gli esseri non siano in grado di entrare nel Nirvana con loro. I Tathagata indicano loro le virtù dello stato di Buddha, che sono oltre la concezione della mente intellettuale, e incoraggiano e fortificano i Bodhisattva per non cadere vittime dell’incantesimo della beatitudine del Samadhi, ma per premere su un ulteriore avanzamento lungo i livelli. Se i Bodhisattva fossero entrati nel Nirvana a questo livello, e lo avessero fatto senza il potere sostenente dei Buddha, vi sarebbe stata la cessazione di tutte le cose e la famiglia dei Tathagata si sarebbe  estinta.

Fortificati dalla nuova energia che viene loro dai Buddha e con una più perfetta visione profonda che è in essi grazie al loro avanzare nell’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, essi riesaminano la natura del sistema-mente, l’assenza di ego della personalità, e il ruolo che giocano l’avidità, l’attaccamento e l’energia-abitudine nello spiegamento del dramma della vita; essi riesaminano le illusioni della quadruplice analisi logica, ed i vari elementi che entrano nell’illuminazione e nell’auto-realizzazione, e, nel brivido dei loro nuovi poteri di autocontrollo, i Bodhisattva entrano nel settimo livello Durangama (andare-lontano).

Sostenuti dal potere sostenente dei Buddha, i Bodhisattva entrano a questo stadio nella beatitudine del Samadhi della perfetta tranquillizzazione. Grazie ai loro voti originari essi sono trasportati da emozioni di amore e compassione fino a diventare consapevoli della parte che devono compiere nell’eseguire i loro voti per l’emancipazione di tutti gli esseri. Così essi ignorano di entrare nel Nirvana, sebbene in verità essi siano già dentro il Nirvana, perché nelle loro emozioni di amore e compassione non c’è l’insorgere della discriminazione; d’ora innanzi, in essi, la discriminazione non ha più luogo. Una sola concezione è presente grazie all’Intelligenza Trascendente – quella che promuove la realiz-zazione della Nobile Saggezza. Questo è chiamato il Nirvana del Bodhisattva – il perdersi nella beatitudine della perfetta auto-donazione. Questo è il settimo stadio, il livello di Durangama.

L’ottavo stadio è il livello del Non-indietreggiare (Acala). In questo stadio, a causa delle contaminazioni sulla superficie della Mente Universale causate dall’ accumulazione di energia-abitudine fin da tempi senza inizio, il sistema-mente e tutto ciò che lo riguarda si è evoluto. Il funzionamento del sistema-mente è stato sostenuto dalle discriminazioni su un mondo oggettivo esterno a cui esso si è attaccato e da cui è stato perpetuato. Ma con il conseguimento dell’ottavo stadio del Bodhisattva arriva una “rivoluzione” all’interno del più profondo recesso della coscienza, che dall’egocentrico egoismo porta alla compassione universale per tutti gli esseri, per mezzo della quale egli ottiene la perfetta auto-realizzazione della Nobile Saggezza. C’è un istantanea cessazione delle illuso-rie attività dell’intero sistema-mente; la danza delle onde dell’energia-abitudine sulla superficie della Mente Universale viene bloccata per sempre, rivelando nella sua propria inerente quiete e solitudine, l’Unicità dell’inconcepibile ‘Utero del Tathagata’.

D’ora in avanti, non c’è più un guardare all’esterno, da parte dei sensi e delle menti sensoriali, su un mondo esteriore, né discriminazione di particolareggiati concetti, idee e proposizioni da parte di una mente intellettuale, più nessuna avidità, né attaccamento, né orgoglio dell’egoismo, né energia-abitudine. D’ora innanzi c’è soltanto l’esperienza interna della Nobile Saggezza, ottenuta con l’ingresso nella sua perfetta Unicità.

Stabilendosi così all’ottavo stadio della non-recessione, il Bodhisattva entra nella beatitudine dei dieci Samadhi, ma evita il Sentiero dei discepoli e maestri che si abbandonarono alla beatitudine estasiante e si stabilirono nel Nirvana personale, e sostenuto dai suoi voti e dall’Intelligenza Trascendente, nonché dal potere dei Buddha, egli entra nei sentieri più alti che conducono allo stato del Tathagata. Egli passa attraverso la beatitudine del Samàdhi per assumere il corpo di trasformazione di un Tathagata, affinché tramite lui, tutti gli esseri  possano essere emancipati. Mahamati, se non ci fosse stato nessun Utero del Tathagata e nessuna Mente Divina, allora non ci sarebbe stato nessun insorgere e svanire degli aggregati che costituiscono la personalità ed il suo mondo esterno, nessun insorgere e svanire di persone ignoranti né di persone sante, e nessun compito per i Bodhisattva; perciò, camminando nel Sentiero dell’auto-realizzazione ed entrando nei godimenti del Samadhi, tu non devi abbandonare mai di lavorare duro per l’emancipazione di tutti gli esseri ed il tuo dedicarti all’amore non sarà mai invano. La concezione dell’Utero del Tathagata sembra priva di purezza ai filosofi e sporcata da queste manifestazioni esterne, ma non è intesa così dai Tathagata, – per essi non è certo un proposito filosofico, ma un’intuitiva esperienza tanto reale come se fosse un frutto di amalaka tenuto sul palmo della mano.

Con la cessazione del sistema-mente e di tutte le sue discriminazioni evolventi, vi è la cessazione di ogni sforzo e lotta. È come un uomo che in un sogno si immagina di attraversare un fiume e che si esercita al massimo per farlo, finché è svegliato improvvisamente. Essendo sveglio, lui pensa: “Ma era vero o era un sogno irreale?” Ora, essendo illuminato lui sa che non è vero né irreale. Così perfino quando il Bodhisattva arriva all’ottavo stadio, egli è in grado di vedere tutte le cose veramente in questo modo e, in più, egli è in grado di capire completamente il significato di tutte le cose della sua vita come simili al sogno, come arrivano e poi come esse svaniscono. Fin da tempi senza inizio il sistema-mente ha percepito la molteplicità di forme, condizioni e idee, che la mente pensante ha discriminato e la mente empirica ha sperimentato, affer-randole ed attaccandovisi. Da tutto ciò è sorta l’energia-abitudine che con la sua accumulazione ha condizionato le illusioni di esistenza e non-esistenza, individualità e generalità, ed ha perpetuato in questo modo lo stato di sogno della falsa-immaginazione. Ma ora, ai Bodhisattva dell’ottavo stadio, la vita è passata ed è ricordata come veramente era – un sogno passeggero.

Finché il Bodhisattva non aveva superato il settimo stadio, anche se egli aveva raggiunto una comprensione intuitiva del vero significato della vita e della sua natura di maya, e però la mente continuava ancora le sue discriminazioni e gli attaccamenti, tuttavia, egli continuava a mantenere strette le nozioni di queste cose. Quindi, anche se egli non sperimentava più dentro di sé alcun desiderio ardente per le cose né alcun impulso per attaccarvisi ancora, tuttavia le nozioni che le riguardavano persistevano e profumavano i suoi sforzi di praticare gli insegnamenti dei Buddha e di lavorare per l’emancipazione di tutti gli esseri. Ora, nell’ottavo stadio, anche le nozioni svaniscono, ed ogni lotta e sforzo sono ritenuti non più necessari. Il Nirvana del Bodhisattva è perfetta tranquillizza-zione, ma non è estinzione né inerzia; benché vi sia una totale assenza di scopo e discriminazione, vi sono libertà e spontaneità di potenzialità ottenute col conseguimento e la paziente accettazione delle verità di assenza di ego e non-immaginazione. Ecco la perfetta solitudine, non-disturbata da eventi di gradua-lità e succesione continue, ma raggiante con la potenza e libertà della sua auto-natura che è l’auto-natura stessa della Nobile Saggezza, felicemente pacificata con la serenità dell’Amore Perfetto.

Entrando sull’ottavo livello, con la “rivoluzione” nel più profondo recesso della coscienza, il Bodhisattva diverrà consapevole di aver ricevuto il secondo tipo di corpo transcendente (Manomayakaya). La transizione dal corpo mortale al corpo trascendente non ha niente a che fare con la morte mortale, perché il vecchio corpo continua a funzionare e la vecchia mente continua a servire alle necessità del vecchio corpo, ma ora è libera dal controllo della mente mortale. Vi è stata una inconcepibile trasformazione-morte (acintya-parinama-cyuti) con cui la falsa-immaginazione della particolareggiata personalità individuale è stata trascesa da una realizzazione della sua unicità con l’universalizzata mente del Tathagata, da cui non vi sarà più retrocessione. Con questa realizzazione egli si troverà dotato ampiamente con tutti i poteri, le facoltà psichiche e l’auto-controllo del Tathagata, e proprio come la buona terra è di supporto a tutti gli esseri nel mondo del desiderio (karmadathu), così i Tathatagata diventano il sostegno di tutti gli esseri del  Trascendente Mondo di Non-forma.

I primi sette livelli del Bodhisattva erano nel reame della sua mente, mentre l’ottavo, trascendendo la mente, era solo in contatto con lui; ma nel nono stadio dell’Intelligenza Transcendente (Sadhumati), in virtù della perfetta intelligenza e dell’intuizione nella non-immaginazione della Mente Divina, ottenuta con l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, egli è ora nel reame del Tathagata. Gradualmente il Bodhisattva realizzerà la sua natura-Tathagata ed il possesso di tutti i suoi poteri, facoltà psichiche, autocontrollo, compassione amorosa e mezzi abili, e per mezzo di essi entrerà in tutte le Terre del Buddha. Facendo uso di questi nuovi poteri, il Bodhisattva assumerà vari corpi di trasformazione e personalità nell’interesse e per il beneficio degli altri. Proprio come nella sua prima vita mentale, l’immaginazione era sorta dalla conoscenza relativa, così ora i mezzi abili sorgono spontaneamente dall’Intelligenza Trascendente. È come una magica gemma che riflette istantaneamente appropriate risposte ai propri desideri. Il Bodhisattva partecipa a tutte le assemblee dei Buddha e li ascolta quando essi riferiscono della natura di sogno di tutte le cose e quando trattano le verità che trascendono tutte le nozioni di essere e non-essere, che non hanno relazione con nascita e morte, né con eternalismo ed estinzione. Stando così di fronte ai Tathagata quando essi parlano della Nobile Saggezza che è aldilà delle capacità mentali di discepoli e maestri, egli otterrà centomila Samadhi, ovvero, centomila corpi di Samadhi, e nello spirito di questi Samadhi egli passerà immediatamente da una Terra-Buddha ad un altra, rendendo ossequio a tutti i Buddha, rinascendo in tutte le magioni celesti, manifesterà i corpi-di-Buddha, e facendo egli stesso discorsi sul Triplice Tesoro ai Bodhisat-tva minori, che possono anch’essi partecipare al frutto dell’auto-realizzazione della Nobile Saggezza.

Il decimo stadio appartiene ai Tathagata. Così, passando oltre l’ultimo stadio del Sentiero, il Bodhisattva diviene egli stesso un Tathagata, dotato con tutta la libertà del Dharmakaya. Qui il Bodhisattva si troverà seduto su un trono-di- loto, in uno splendido palazzo adornato di gioielli e circondato da Bodhisattva di uguale rango. Buddha provenienti da tutte le Terre-Buddha si riuniranno intorno a lui e con le loro pure e fraganti mani giunte sulla fronte gli daranno l’ordinazione ed il riconoscimento come uno stesso di loro. Poi assegneranno a lui una Terra-di-Buddha che egli potrà possedere e perfezionare a sua dimora.

Il decimo stadio è chiamato Dharmamegha, la Grande Nuvola del Dharma, ed è inconcepibile e imperscrutabile. Solamente i Tathagata possono realizzare la perfetta Non-immaginazione e l’Unicità e la Solitudine. Esso è Mahesvara, la Terra Raggiante, la Terra Pura, la Terra Lontana; che circonda, superandoli, gli inferiori mondi di forma e desiderio (karmadathu), ed in cui il Bodhisattva si troverà in un momento. I raggi della Nobile Saggezza, che è della stessa-natura dei Tathagata, multicolori, estasianti, di lieto auspicio, trasformano il triplice mondo come gli altri mondi sono stati trasformati in passato, ed altri mondi ancora saranno trasformati in futuro. Ma nell’Unicità Perfetta della Nobile Saggezza non c’è gradazione, né sforzo e neppure successione. Il decimo stadio è il primo, il primo è l’ottavo, l’ottavo è il quinto, il quinto è il settimo: che gradazione può esservi là dove la perfetta Non-immaginazione e l’Unicità prevalgono? E quale è la realtà della Nobile Saggezza? C’è l’ineffabile potenza del Dharmakaya; non ci sono confini né limiti; esso supera tutte le Terre del Buddha, e pervade il paradiso Akanistha e le dimore celestiali di Tushita”.

Capitolo XII°

Lo Stato di Tathagata, che è la Nobile Saggezza

Poi Mahamati disse al Bhagavan: “O Beato, è stato insegnato nei libri canonici che i Buddha non sono soggetti a nascita né a distruzione, e tu hai detto che il “Non-nato” è uno dei nomi dei Tathagata; ciò significa forse che il Tathagata è una non-entità?”

Il Beato rispose: “Il Tathagata non è una non-entità e neppure egli deve essere concepito come le altre cose, che sono né nate e né soggette a scomparsa, egli non è soggetto a causalità, e né egli è senza significato; eppure io mi riferisco a lui come il “Non-nato”. C’è ancora un altro nome per il Tathagata. “La Sola Mente-che-Appare” (Manomayakaya), in cui il suo corpo-Essenza volontaria-mente assume trasformazioni inerenti alla sua opera di emancipazione. Questo è oltre la comprensione dei comuni discepoli e maestri, ed anche oltre la piena comprensione di quei Bodhisattva che rimangono fermi al settimo stadio. Sì, Mahamati, il “Non-nato” è sinonimo di Tathagata”.

Allora Mahamati disse ancora: “Se i Tathagata sono ‘non-nati’, sembra che non vi sia qualcosa da sostenere come – nessuna entità – o c’è qualcosa che porta un altro nome oltre l’entità? E come può questo “qualcosa” essere?”

Il Beato rispose: “Vi sono oggetti spesso conosciuti con nomi diversi, secondo i diversi aspetti che essi mostrano,- il dio Indra talvolta è noto come Shakra, e talvolta come Purandara. Questi nomi differenti sono talvolta usati come inter-cambiabili e talvolta sono discriminati, ma non si devono immaginare oggetti diversi a causa di nomi diversi, essi non sono senza individuazione. Lo stesso si può dire di me quando appaio in questo mondo di pazienza davanti a persone ignoranti e dove io sono conosciuto con innumerevoli nomi. Essi si rivolgono a me con diversi nomi, non realizzando che essi sono tutti nomi dell’unico Tathagata. Alcuni mi riconoscono come Sole o come Luna; alcuni come una reincarnazione degli antichi saggi; alcuni come uno dei “dieci-poteri”; alcuni come Rama, alcuni come Indra, e alcuni come Varuna. Vi sono ancora altri che parlano di me come il Non-nato, come Vacuità, come “Talità” come Verità, come Assoluto, come Realtà, come l’Ultimo Principio; altri ancora mi conside-rano il Dharmakaya, il Nirvana, l’Eterno; alcuni parlano di me come Identità, come Non-dualità come Non-morente, come Senza-forma; alcuni pensano a me come la dottrina della Buddha-causa, o della Emancipazione, o del Nobile Sentiero; ed altri pensano a me come Mente Divina e Nobile Saggezza. Così in questo mondo e negli altri mondi io sono noto con questi innumerevoli nomi, ma tutti loro vedono me come una luna vista nell’acqua. Benchè tutti essi mi onorino, mi ossequiano e mi stimano, essi non capiscono in pieno il significato delle parole che usano; non avendo una loro propria auto-realizzazione della Verità, essi si aggrappano alle parole dei libri canonici, oppure a ciò che è stato detto loro, o a quello che essi immaginano, e non vedono che il nome che essi stanno usando è solo uno dei molti nomi del Tathagata. Nei loro studi essi seguono le mere parole del testo, vanamente cercando di capire il significato reale, invece di avere fiducia nell’unico “testo” in cui è rivelata la Verità che si auto-afferma, cioè avere fiducia nell’autorealizzazione della Nobile Saggezza”.

Poi Mahamati disse ancora: “Per favore, o Beato, puoi dirci qualcosa sull’auto-natura del Tathagata?”

Il Beato rispose: “Se il Tathagata deve essere descritto da tali espressioni come creato o non-creato, effetto o causa, noi dovremmo descriverlo né come creato, né non-creato, né effetto, né causa; ma se noi lo descrivessimo così, saremmo colpevoli di discriminazione dualistica. Se il Tathagata fosse qualcosa di creato, egli sarebbe instabile; e se fosse instabile, qualsiasi cosa creata sarebbe un Tathagata. Se fosse qualcosa di non-creato, allora ogni sforzo di realizzare il Tathagata sarebbe inutile. Che poi sia né un effetto né una causa, né un essere né un non-essere, e che non sia un essere né un non-essere insieme è al di fuori delle quattro proposizioni. Le quattro proposizioni appartengono all’uso mondano; il che al di fuori di esse non è niente più di una parola, come il figlio di una donna sterile; e così devono essere compresi tutti i termini che riguardano il Tathagata.

Quando è detto che tutte le cose sono prive di ego, si intende che tutte le cose sono prive di un sé-autonomo. Ogni cosa può avere una sua propria individualità – l’essere di un cavallo non è la natura di un bue – ed è come se fosse di una sua propria natura, e così è discriminato dall’ignorante, ma, tuttavia, la sua vera natura propria è della natura di un sogno, o apparenza. Ecco perché gli ingenui e gli ignoranti che sono abituati a discriminare le apparenze, non riescono a capire il significato di ‘assenza-di-ego’. E finché non si saranno liberati della loro discriminazione, questo fatto che tutte le cose sono vuote, non-nate e senza auto-natura non può essere apprezzato.

Mahamati, tutte queste espressioni applicate ai Tathagata, sono senza alcun significato, perchè ciò che non è nessuna di queste, è qualcosa rimosso da ogni misurazione, e ciò che è rimosso da ogni misurazione si trasforma in una parola senza-significato; ciò che è una mera parola è qualcosa non-nato; e ciò che è non-nato non è soggetto a distruzione; ciò che non è soggetto a distruzione è come lo spazio e lo spazio non è né causa né effetto; ciò che non è né effetto né causa è qualcosa di incondizionato; e ciò che è incondizionato è oltre ogni ragionamento; e ciò che è oltre ogni ragionamento, – quello è il Tathagata. L’auto-natura dello stato di Tathagata è ampiamente rimossa da tutti i predicati e misurazioni; l’auto-natura dello stato di Tathagata è la Nobile Saggezza”.

Allora Mahamati disse al Bhagavan: “I Tathagata sono permanenti o instabili?”

Il Beato rispose: “I Tathagata non sono né permanenti né impermanenti; se è asserita una delle due, vi è un errore connesso con i fattori creativi perché, secondo i filosofi, i fattori creativi sono qualcosa di increato e permanente. Ma il Tathagata non è collegato con i cosìddetti fattori creativi ed in quel senso egli è impermanente. Se poi si dice che sia impermanente, allora egli è connesso con cose che sono create, per cui anch’esse sono impermanenti. Per queste ragioni, i Tathagata non sono né permanenti né impermanenti.

Né si può dire che i Tathagata siano permanenti nel senso in cui si dice che lo spazio sia permanente, o come si dice che le corna di una lepre siano per-manenti perché, essendo irreali, essi escludono ogni idea di permanenza o di impermanenza. Ciò non si applica ai Tathagata, perché essi vengono al di fuori dall’energia-abitudine dell’ignoranza che è connessa col sistema-mente e gli elementi che costituiscono la personalità. Il triplice mondo è originato dalla discriminazione di irrealtà e dove c’è la discriminazione lì vi sono la dualità e la nozione di permanenza ed impermanenza, ma i Tathagata non sorgono dalla discriminazione di irrealtà. Quindi, finché c’è la discriminazione ci sarà la nozione di permanenza ed impermanenza; quando la discriminazione se ne sarà andata via, verrà stabilita la Nobile Saggezza, che è basata sul significato della solitudine.

C’è comunque, un altro senso in cui si può dire che i Tathagata siano permanenti. L’Intelligenza Trascendente che sorge col conseguimento dell’illuminazione è di natura permanente. Questa Verità-essenza che è scopribile nell’illuminazione di tutti coloro che sono illuminati, è realizzabile come un principio di Realtà regolante e sostenente, che permane per sempre. L’lntelligenza Tra-scendente ottenuta intuitivamente dai Tathagata dalla loro autorealizzazione della Nobile Saggezza, è una realizzazione della loro propria auto-natura,- e in questo senso i Tathagata sono permanenti. L’impensabile-eterno dei Tathagata è la “talità” della Nobile Saggezza realizzata al loro interno. È sia eterna che oltre il pensiero. Essa si adatta all’idea di una causa eppure è oltre l’esistenza e la non-esistenza. Poiché è lo stato supremo della Nobile-Saggezza, essa ha il suo proprio carattere. Poiché è la causa della più elevata Realtà, è la sua propria causalità. Il suo eternalismo non è dedotto da ragionamenti basati sulle nozioni esteriori di essere e non-essere, né di eternalità e non-eternalità. Essendo classificata come spazio, cessazione, Nirvana, essa è eterna! Poiché non ha niente a che fare con esistenza e non-esistenza, non è un creatore; poiché non ha niente a che fare con la creazione, né con l’essere e il non-essere, ma è rivelata sol-tanto nello stato supremo della Nobile Saggezza, essa davvero è eterna!.

Quando le duplici passioni sono distrutte, e ci si sbarazza dei duplici ostacoli, ed è pienamente compresa la duplice assenza-di-ego, ed è raggiunta l’inconcepibile morte-trasformazione del Bodhisattva – ciò che resta è l’auto-natura dei Tathagata. Quando gli insegnamenti di Dharma sono pienamente compresi e perfettamente realizzati dai discepoli e maestri, ciò che è realizzato nella loro coscienza più profonda è la loro propria natura-Buddha, che si rivela come il Tathagata.

In un senso vero, vi sono quattro tipi di identità relative alla natura-Buddha: vi è identità di lettere, identità di parole, identità di significato, e identità di Essenza. Il nome di Buddha, lettera per lettera, è: B-U-D-D-H-A; esse sono le stesse usate anche per ogni altro Buddha o Tathagata. Quando i Brahmani insegnano, usano varie parole, e quando insegnano i Tathagata, essi usano le stesse parole; per quanto riguarda le parole, tra noi vi è identità. Negli insegna-menti di tutti i Tathagata c’è un’identità nel significato. Fra tutti i Buddha vi è un’identità di significati. Tutti loro hanno i trentadue segni di eccellenza e gli ottanta segni minori di perfezione del corpo; non c’è distinzione fra essi, se non nel modo come manifestano le loro varie trasformazioni, in accordo alle diverse disposizioni degli esseri che devono essere disciplinati ed emancipati dai vari metodi. Nell’Essenza Ultima che è il Dharmakaya, tutti i Buddha del passato, presente e futuro, sono della stessa identità”.

Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Dal Beato è stato detto che dalla notte dell’Illuminazione alla notte del Parinirvana, il Tathagata non ha emesso parola né mai emetterà una sola parola. Qual è il vero significato profondo di ciò?”

Il Beato rispose: “Il significato è vero per due profonde ragioni: alla luce della Verità auto-realizzata per la Nobile Saggezza; e nella Verità di una Realtà eternamente-dimorante. L’auto-realizzazione della Nobile Saggezza da parte di tutti i Tathagata è identica alla mia propria stessa autorealizzazione della Nobile Saggezza; non c’è niente di più, niente di meno, nessuna differenza, e tutti i Tathagata sono testimoni che lo stato di auto-realizzazione è libero da parole e discriminazioni e non ha niente a che fare col modo di parlare dualistico, ovvero, tutti gli esseri ricevono gli insegnamenti dei Tathagata attraverso l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, non attraverso le parole della discriminazione.

Inoltre, Mahamati, c’è sempre stata una Realtà eternamente-dimorante. La “sostanza” della Verità (dharmadhatu) dimora per sempre, sia che appaia o no un Tathagata nel mondo. Così la Ragione di tutte le cose (dharmata) dimora in eterno; quindi la Realtà Assoluta (paramartha) permane e mantiene il suo ordine. Ciò che è stato realizzato da me e da tutti gli altri Tathagata è questa Realtà (Dharmakaya), l’eternamente-dimorante auto-ordine della Realtà; la “Talità” (tathata) di tutte le cose; la vera realtà delle cose (bhutata); la Nobile Saggezza che è la Verità stessa. Il sole irradia spontaneamente il suo splendore allo stesso modo su tutto, e senza parole di spiegazione; similmente tutti i Tathagata irradiano la Verità della Nobile Saggezza senza far ricorso a parole ed a tutti allo stesso modo. Per questi motivi è affermato da me che dalla notte dell’illuminazione alla notte del Parinirvana del Tathagata, egli non ha emesso, né mai la emetterà, assolutamente nessuna parola. E lo stesso è vero per tutti i Buddha.”

Poi Mahamati disse ancora: “O Beato, tu parli dell’identità di tutti i Buddha, ma in altri luoghi hai parlato di Dharmata-Buddha, Nishyanda-Buddha e Nirmana-Buddha, come se essi fossero diversi l’un dall’altro; come possono essere gli stessi ed ancora essere diversi?”

Il Beato rispose: “Io parlo dei differenti Buddha come opposti alle prospettive dei filosofi che basano i loro insegnamenti sulla realtà di un mondo esterno ad essi e che da ciò mantengono discriminazioni e attaccamenti che ne derivano; contro gli insegnamenti di questi filosofi io dischiudo il Nirmana-Buddha, il corpo di Trasformazione-Buddha. Nelle molte trasformazioni dei livelli del Tathagata, il Nirmana-Buddha stabilisce questioni come carità, moralità, pazienza, riflessione, e tranquillizzazione: con la retta-conoscenza egli insegna la vera comprensione della natura di maya degli elementi che costituiscono la personalità ed il suo mondo esterno; egli insegna la vera natura dell’intero sistema-mente e nelle distinzioni delle sue forme, funzioni e modi di operare. In un senso più profondo, il Nirmana-Buddha simboleggia i principi di differenziazione e integrazione in virtù dei quali tutto ciò che compone le cose è distribuito, tutte le complessità semplificate, tutti i pensieri analizzati; al tempo stesso esso simboleggia l’armonizzante e unificante potere di comprensione e compassione; rimuove tutti gli ostacoli, armonizza tutte le differenze, e porta all’Unicità perfetta le molte discordie. I Bodhisattva ed i Tathagata assumono i corpi di trasformazione e adoperano molti strumenti abili per l’emancipazione di tutti gli esseri – e questo è il lavoro del Nirmana-Buddha.

L’Inconcepibile è reso realizzabile per l’illuminazione e il sostegno dei Bodhisattva lungo gli stadi del Sentiero. Il Nishyanda-Buddha, il “Buddha-che-fluisce”, tramite l’Intelligenza Trascendente rivela il vero significato di apparenze, discriminazione ed attaccamento; come pure del potere dell’energia-abitudine accumulata da essi e che li condiziona; e ancora, della non-nascita, la vacuità, l’assenza di ego di tutte le cose. In virtù dell’Intelligenza Trascendente e con la purificazione del male fuori-uscente della vita, ogni non-dualistica auto-realizzazione della Nobile Saggezza e della vera Non-immagi-nazione è resa manifesta. L’inconcepibile gloria dello stato di Buddha è resa manifesta nei raggi della Nobile Saggezza; La Nobile Saggezza è l’auto-natura di tutti i Tathagata. Questo è il lavoro del Nishyanda-Buddha. In un senso più profondo, il Nishyanda-Buddha simboleggia la comparsa dei principi di intelligenza e di compassione, anche se ancora indifferenziati, e di un perfetto equilibrio, potenziale benché non manifesto. Visto dal punto di partenza del Bodhisattva, il Nishyanda-Buddha è visto nei corpi glorificati dei Tathagata; visto dal punto di arrivo dello stato di Buddha, il Nishyanda-Buddha è visto nelle radianti personalità dei Tathagata, pronti ed ansiosi di manifestare l’ine-rente Amore e Saggezza del Dharmakaya.

La Dharmata-Buddha è lo Stato-di-Buddha nella sua auto-natura di perfetta unicità in cui prevale la Tranquillità assoluta. Come la Nobile Saggezza, la Dharmata-Buddha trascende ogni conoscenza differenziata, è la mèta dell’intuitiva auto-realizzazione, ed è anch’essa l’auto-natura dei Tathagata. Come la Nobile Saggezza, la Dharmata-Buddha è il Principio Ultimo di Realtà da cui tutte le cose derivano il loro vero essere, ma che in se-stesso trascende tutti i predicati. La Dharmata-Buddha è il sole centrale che sostiene tutto, illumina tutto. La sua Essenza inconcepibile è resa manifesta nella gloria “fuori-fluente” del Nishyanda-Buddha e nelle trasformazioni del Nirmana-Buddha”.

Allora Mahamati disse: “Ti prego, o Beato, puoi dirci di più sul Dharmakaya?”

Il Beato rispose: “Noi possiamo parlare di esso in termini di stato-di-Buddha, però esso è imperscrutabile ed oltre ogni predicato; possiamo ben parlare di esso proprio come corpo-di-Verità, o principio-di-Verità della Realtà Ultima (Paramartha). Questo Principio di Realtà Ultima può essere considerato, nel modo com’è manifestato, sotto sette aspetti: il primo Citta-gochara, è il mondo dell’esperienza spirituale e la dimora dei Tathagata nella loro iniziale missione di emancipazione. È la Nobile Saggezza manifestata come principio di irradia-mento ed individuazione. Il secondo, come Jnana, è la mente-mondana ed il suo principio di intellettività e coscienza. Il terzo, come Dristi, è il reame della dualità che è il mondo fisico di nascita e morte, in cui sono manifestati tutti i desideri, le differenziazioni, l’attaccamento e la sofferenza. Il quarto aspetto, a causa di avidità, rabbia, infatuazione, sofferenza, e bisogni del mondo fisico inerenti a discriminazione ed attaccamento, rivela un mondo oltre il reame della dualità in cui esso appare come il principio integrante della carità e della comprensione simpatetica. Il quinto, in un reame ben più alto, che è la dimora dei livelli del Bodhisattva, ed è analogo al mondo mentale, in cui gli interessi dell’udito trascendono quelli della mente, esso appare come il principio della compassione e del donare se-stessi. Il sesto, nel reame spirituale in cui i Bodhi-sattva ottengono lo stato-di-Buddha, esso appare come il principio dell’Amore perfetto (Karuna). Qui, l’ultimo aggrapparsi ad un ego-sé è abbandonato, ed il Bodhisattva entra nella sua realizzazione della Nobile Saggezza che è la beatitudine del perfetto godimento del Tathagata nella sua natura intima. Il settimo, come Prajna, è l’aspetto attivo del Principio Ultimo, dove i principi iniziali e finali sono similmente potenziali e manifesti, e dove la Saggezza e l’Amore sono in perfetto equilibrio, armonia ed Unicità.

Questi sono i sette aspetti del Principio Ultimo del Dharmakaya, in virtù dei quali tutte le cose sono rese manifeste e perfezionate e quindi reintegrate, e con tutto che rimane all’interno della imperscrutabile Unicità, senza segni di individuazione, né di inizio, né di continuità, né di fine. Noi così lo chiamiamo il Dharmakaya, il Principio Ultimo, lo Stato-di-Buddha, il Nirvana; quale problema c’è? Essi sono tutti soltanto altri nomi per la Nobile-Saggezza.

Mahamati, tu e tutti i Bodhisattva-Mahasattva dovreste evitare il ragionamento erroneo dei filosofi e cercare solamente di ottenere l’autorealizzazione della Nobile Saggezza.

Capitolo XIII°

Nirvana

Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Puoi parlarci, per favore, del Nirvana?”

Il Beato rispose: “Il termine, Nirvana, è usato con molti diversi significati, da diverse persone, e queste persone possono essere divise in quattro gruppi; vi sono persone che stanno soffrendo, o che hanno paura di soffrire, e che pensano al Nirvana; vi sono filosofi che tentano di discriminare il Nirvana; c’è una classe di discepoli che pensano al Nirvana in relazione a se-stessi; e infine c’è il Nirvana dei Buddha.

Quelli che stanno soffrendo o che temono di soffrire, pensano al Nirvana come a una fuga o una ricompensa. Essi immaginano che il Nirvana consista nel futuro annientamento dei sensi e delle menti sensoriali; essi non sono consa-pevoli che questo mondo di vita-e-morte e il Nirvana non sono affatto separati. Questi ignoranti, invece di meditare sulla non-immaginazione del Nirvana, parlano di diversi modi di emancipazione. Essendo ignoranti, o non riuscendo a capire gli insegnamenti dei Tathagata, essi si aggrappano ad una nozione del Nirvana che è fuori di essi, che è vista dalla mente e, così, continueranno a rotolarsi insieme nelle ruote di vita e morte.

Quanto al Nirvana discriminato dai filosofi: in realtà non ce n’è nessuno. Infatti alcuni filosofi credono che il Nirvana debba essere trovato là dove il sistema-mente non opera più, in virtù della cessazione degli elementi che costituiscono la personalità ed il suo mondo; oppure che è trovato là dove vi sia indifferenza assoluta verso il mondo oggettivo e la sua impermanenza. Alcuni concepiscono che il Nirvana debba essere uno stato in cui non c’è più collegamento tra il passato ed il presente, proprio come una lampada quando è estinta, o quando un seme è bruciato, o quando un fuoco si spegne; dato che quindi c’è la cessa-zione di ogni substrato, che dai filosofi è spiegato come il non-sorgere della discriminazione. Ma questo non è il Nirvana, perché il Nirvana noi consiste in un semplice annientamento o vacuità.

Ancora, alcuni filosofi spiegano la liberazione come se fosse il mero fermarsi della discriminazione, come quando il vento smette di soffiare, o come quando uno con i propri sforzi si libera della visione dualistica di conoscitore e conosciuto, o si libera delle nozioni di permanenza ed impermanenza; o anche si libera delle nozioni di buono e cattivo; o quando supera le passioni per mezzo della conoscenza; – per essi il Nirvana è Liberazione. Ve n’è altri che, vedendo nella  “forma” ciò che reca dolore, allarmati dalla nozione di “forma”, cercano la felicità in un mondo di “non-forma”. Alcuni poi concepiscono che in considerazione dell’individualità e generalità riconoscibili in tutte le cose interne ed esterne, che non essendoci distruzione, e mantenendo tutti gli esseri per sempre il loro essere, allora essi, in questa eternalità, vedono il Nirvana. Altri vedono l’eternità delle cose nella concezione di Nirvana, come l’assorbimento di un’anima-limitata nel supremo Atman; o quelli che vedono tutte le cose come una manifestazione della forza-vitale di qualche Spirito Supremo a cui tutto fa ritorno: ed alcuni, che sono specialmente sciocchi, dichiarano che vi sono due cose principali, una sostanza primaria ed un’anima primaria, che reagiscono differentemente l’una dall’altra e così producono tutte le cose dalla trasformazione delle qualità; alcuni pensano che il mondo sia nato da azione ed interazione e che nessuna altra causa sia necessaria; altri pensano che Ishvara sia il libero Creatore di tutte le cose; aggrappandosi a queste sciocche nozioni, non c’è risveglio, ed essi tutti considerano che il Nirvana consista nel fatto che non c’è alcun risveglio.

Alcuni immaginano che il Nirvana sia dove l’auto-natura esiste per suo proprio diritto, non impedito da altre auto-nature, come le penne variegate di un pavone o i vari cristalli, o la punta di una spina. Alcuni concepiscono l’Essere come il Nirvana, alcuni il ‘non-essere’, mentre altri concepiscono che tutte le cose ed il Nirvana non sono distinti l’uno dall’altro. Alcuni, pensando che il tempo sia il creatore e che, poiché l’origine del mondo dipende dal tempo, essi credono che il Nirvana consista nel riconoscimento del tempo come Nirvana. Altri pensano che quando le “venticinque” verità saranno generalmente accettate ci sarà il Nirvana, o quando il Re osserverà le sei virtù, e alcuni bigotti pensano perfino che il Nirvana sia il conseguimento del paradiso.

Queste visioni severamente avanzate dai filosofi coi loro vari ragionamenti non vanno d’accordo con la logica né sono accettabili dal saggio. Tutti loro infatti, concepiscono il Nirvana dualisticamente e in una qualche connessione causale; da queste discriminazioni i filosofi immaginano il Nirvana, ma dove non c’è nessun sorgere e nessun scomparire, come ci può essere discriminazione? Ogni filosofo facendo affidamento sui propri testi da cui egli trae le sue comprensioni, pecca contro la verità, perché la verità non è dove egli immagina che sia. L’unico risultato è che egli permette che la sua mente vada errando e divenga più confusa, poiché il Nirvana non deve essere trovato da una ricerca mentale, e più la sua mente è confusa, più lui confonderà le altre persone.

Quanto alla nozione del Nirvana sostenuta da discepoli e maestri che ancora si aggrappano alla nozione di un ego-sé, e che tentano di trovarlo andando a stare nella solitudine: la loro nozione del Nirvana è una eternità di beatitudine per se-stessi come la beatitudine del Samadhi. Essi riconoscono che il mondo è soltanto una manifestazione della mente e che ogni discriminazione proviene dalla mente, e così abbandonano le relazioni sociali e praticano varie discipline spirituali ed in solitudine cercano l’autorealizzazione della Nobile Saggezza   con il solo loro sforzo. Essi coltivano gli stadi fino al sesto, ed ottengono la beatitudine del Samadhi, ma poiché essi ancora si aggrappano all’egoismo, non raggiungono la “rivoluzione” nel luogo più profondo della coscienza e, quindi, non si liberano dalla mente pensante e dall’accumulazione della loro energia-abitudine. Così, attaccandosi alla beatitudine del Samadhi, essi passano nel loro Nirvana personale, che non è il Nirvana dei Tathagata. Essi sono coloro che sono “entrati nella corrente”; ma essi dovranno fare ritorno a questo mondo di vita e morte”.  * * *

Allora Mahamati disse al Bhagavan: “Quando i Bodhisattva producono la loro scorta di meriti per l’emancipazione di tutti gli esseri, essi spiritualmente diventano uno con tutti gli esseri animati; essi stessi possono esserne purificati, però negli altri il male ed il karma non-maturato rimane ancora inesaurito. Puoi dirci, o Beato, come i Bodhisattva determinano la sicurezza del Nirvana? E poi, quale è il Nirvana dei Bodhisattva?”

Il Beato rispose: “Mahamati, questa sicurezza non è una certezza numerica né logica; non è la mente che viene assicurata, bensì il cuore. La sicurezza dei Bodhisattva viene con la dimostrativa intuizione di essersi sbarazzati dal coltivare gli ostacoli delle passioni, purificati degli ostacoli di conoscenza, perce-pita chiaramente ed accettata pazientemente l’assenza di ego. Nonappena la mente mortale cessa di discriminare, non c’è più brama per la vita, non più desiderio per il sesso, non più sete di conoscenza, non più sete per un vivere eternamente; con la scomparsa di queste quattro brame, non c’è più nessuna accumulazione di energia-abitudine; senza più accumulazione di energia e di abitudini, le contaminazioni sulla superficie della Mente Universale vengono spazzate via, ed il Bodhisattva ottiene l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza, che è l’assicurazione del cuore del Nirvana. Vi sono Bodhisattva quì ed in altre Terre-di-Buddha che sono sinceramente dedicati alla missione Bodhi-sattvica eppure non sanno ancora completamente dimenticare la beatitudine del Samadhi e la pace del Nirvana-personale. L’insegnamento del Nirvana, in cui non ci sia più un sostrato portato ancora con sé, è rivelato secondo un segreto significato nell’interesse di quei discepoli che ancora si aggrappano al pensiero di un Nirvana personale, affinché essi possano essere ispirati per esercitarsi nella Bodhisattvica missione di emancipare tutti gli esseri.

I Buddha della Trasformazione insegnano una dottrina del Nirvana per venire incontro alle condizioni, così come essi le trovano, e dare incoraggiamento sia ai timidi che agli egoisti. Per trascinare via i loro pensieri da se-stessi, e per incoraggiarli ad una compassione più profonda e maggior zelo per gli altri, ad essi è data assicurazione per il futuro dal sostenente potere dei Buddha della Transformazione, ma non dalla Dharmata-Buddha.

Il Dharma che stabilisce la Verità della Nobile Saggezza appartiene al reame della Dharmata-Buddha. Ai Bodhisattva del settimo ed ottavo livello, l’Intelli-genza Trascendente è rivelata dalla Dharmata-Buddha, ed a loro è indicato il Sentiero che essi devono seguire. Nella perfetta autorealizzazione della Nobile Saggezza che segue l’inconcepibile trasformazione-morte dell’individualizzato controllo volontario del Bodhisattva, egli non vive più per se-stesso, ma la vita che egli vivrà da allora in poi è la vita universalizzata del Tathagata, manifestata nelle sue trasformazioni. In questa auto-realizzazione perfetta della Nobile Saggezza, il Bodhisattva comprende che per i Buddha non c’è Nirvana.

La morte di un Buddha, il grande Parinirvana, non è morte né distruzione, anzi sembrerebbe essere nascita e continuazione. Se fosse distruzione, essa sarebbe un effetto-produttore di un atto, e ciò non può essere. Neppure essa è una sparizione o un abbandono, né essa è un ottenimento, né un non-ottenimento; né è di un significato né di nessun significato, perché non c’è alcun Nirvana per i Buddha.

Il Nirvana del Tathagata è là dove si riconosce che non c’è niente se non quello che è visto dalla mente stessa; è là dove, riconoscendo la natura della propria-mente, uno non ci tiene più alle dualità della discriminazione; è là dove non c’è più sete né brama; è là dove non c’è più attaccamento alle cose esterne. Il Nirvana è là, dove la mente pensante con tutte le sue discriminazioni, attacca-menti, avversioni ed egoismo è per sempre messa via; il Nirvana è là dove non ci si afferra più a misurazioni logiche, viste come inerti; è là dove anche la nozione di verità è trattata con indifferenza, in quanto causa ancora confusione; è là dove, liberandosi delle quattro proposizioni (essere, non-essere, sia essere che non-essere, e sia non-essere che non non-essere), vi è l’intuizione profonda della Realtà. Il Nirvana è là, dove le duplici passioni sono sottomesse e i duplici ostacoli vengono eliminati e la duplice assenza di ego è pazientemente accettata; è là dove, col raggiungimento della “rivoluzione” nel luogo più profondo della coscienza, l’auto-realizzazione della Nobile Saggezza è entrata pienamente all’interno,- cioè nel Nirvana del Tathagata. Il Nirvana è là dove gli stadi del Bodhisattva vengono superati uno dopo l’altro; è là dove il sostenente  potere dei Buddha eleva il Bodhisattva alla beatitudine del Samadhi; è là dove la compassione per gli altri trascende tutti i pensieri per sé-stessi; è là dove il livello del Tathagata è finalmente realizzato.

Il Nirvana è il reame della Dharmata-Buddha; esso è là dove la manifestazione della Nobile Saggezza, che è lo stato-di-Buddha, esprime in se-stesso l’Amore Perfetto per tutti; è là dove la manifestazione di Amore Perfetto, che è lo stato-di-Tathagata, si esprime nella Nobile Saggezza per l’illuminazione di tutti gli esseri – là, davvero, è il Nirvana!

Vi sono due classi di coloro che non possono entrare nel Nirvana dei Tathagata: e sono, coloro che hanno abbandonato gli ideali del Bodhisattva, dicendo che essi non sono in conformità con i Sutra, con i codici di moralità, né con l’emancipazione. Poi vi sono dei veri Bodhisattva che, in base ai loro originali voti, fatti per l’interesse di tutti gli esseri, dicono e pensano, “Finché tutti gli esseri non otterranno il Nirvana, io non voglio ottenerlo per me-stesso”, e volontariamente si tengono fuori dal Nirvana. Ma nessun essere sarà lasciato fuori per volontà dei Tathagata; ed ogni giorno, tutti saranno influenzati dalla saggezza e dall’amore dei Tathagata della Trasformazione, a fare la scorta dei meriti e salire su per i livelli. Ma, se soltanto essi lo realizzassero, sarebbero già nel Nirvana del Tathagata perché, nella Nobile Saggezza, tutte le cose sono già il Nirvana fin dall’inizio.

Tradotto in Inglese da Suzuki e Goddard dalla versione che si trova nella Bibbia Buddista. Tradotto in Italiano da Alberto Mengoni (Aliberth), che si ringrazia.

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