Essere Consapevoli della Morte secondo il Lam Rim medio
(Meditare sugli svantaggi):
1. Gli svantaggi del non essere consapevoli della morte
Anche fino all’esatto momento in cui stiamo effettivamente per morire, la mente ha la tendenza a sostenere l’idea “Non sto per morire”
A causa della mente che mantiene l’idea “Non morirò oggi”, continuiamo a pensare a come ottenere la felicità ed eliminare la sofferenza soltanto di questa vita, per cui tutti i nostri desideri rimangono vincolati soltanto a questa vita e non prendiamo in considerazione la pratica del Dharma.
Anche se ci impegniamo, lo facciamo con poca forza, dovuto al fatto che le nostre virtù sono associate con i risultati di questa vita, per cui sono mescolate con azioni non virtuose e collegate a cause per prendere rinascita nelle cattive migrazioni.
Siamo incapaci di superare la pigrizia del posporre, dovuta alla quale diventiamo incapaci di ottenere i nostri propositi dal momento che invece sprechiamo il nostro tempo pigramente in chiacchiere senza scopo, distrazioni riguardanti cibo e bevande e cose simili.
Dovuto al coinvolgerci nelle superiorità di questa vita, le nostre afflizioni mentali ed il comportamento errato che risulta da queste si incrementa e noi ci distogliamo dal nettare del Dharma.
(Meditare sui vantaggi):
2. I vantaggi dell’essere consapevoli della morte
Convinti di morire domani, svilupperemo il desiderio di prendere l’essenza di questa vita e, realizzando che tutti gli sforzi per l’ottenimento di traguardi mondani sono futili, ci distoglieremo da comportamenti sbagliati, accumulando buon karma prendendo rifugio e simili.
Dovuto al diminuire del nostro attaccamento per questa vita, le afflizioni ed i comportamenti sbagliati saranno pacificati.
Questo è l’ingresso per tutte le eccellenze dal momento che sradica l’attaccamento mentale al punto di vista del non morire, che è l’ingresso a tutte le modalità di degenerazione e la vera e propria ragione della nostra non applicazione al Dharma.
3. Come meditare sulla consapevolezza della morte
A. È certo che moriremo
B. È incerto quando moriremo
C. Al momento della morte niente eccetto il Dharma sarà di qualche beneficio
A. È certo che moriremo
La morte verrà certamente e non vi sono condizioni che possano evitarla
La durata della nostra vita non può durare ma diminuire incessantemente
Noi moriamo senza avere avuto il tempo di praticare il Dharma da vivi.
Prendi la decisione che devi praticare il Dharma in modo determinato.
B. È incerto quando moriremo
Non c’è certezza riguardo alla durata della vita degli esseri umani di Jambudvipa
Vi sono molte condizioni che conducono alla morte e poche che sostengono la vita
Il corpo è estremamente vulnerabile
Prendi la decisione di praticare il Dharma da questo esatto momento in poi.
C. Al momento della morte niente eccetto il Dharma sarà di qualche beneficio
Non possiamo portare con noi i nostri amici
Non possiamo portare con noi le nostre proprietà
Non possiamo portare con noi il nostro corpo
Prendiamo la decisione di praticare il Dharma in modo puro.
Ora è il mio momento.
Ora è il momento per sapere che tutto ciò che fai è sacro.
Ora è il momento, perché non considerare una tregua duratura tra te e Dio.
Ora è il momento per capire che tutte le idee di giusto o di sbagliato
Erano come una specie di girello di bambini
Che va buttato da parte quando finalmente riesci a vivere con sincerità e amore.
Mio caro, ti prego, dimmi
Perché ancora getti bastoni al tuo cuore e contro Dio?
Che cosa c’è in quella dolce voce dentro
Che ti muove ad avere paura?
Ora è il momento perché il mondo sappia
Che ogni pensiero e ogni azione è sacra,
Questo è il momento perché tu consideri profondamente
L’impossibilità che vi sia qualcos’altro della grazia.
Ora è la stagione per sapere che tutto ciò che fai è sacro.
Dal Lam Rim:
Se qualcuno restasse dormiente, con rilassatezza,
Come se egli governasse i tre mondi,
Come se il Signore della Morte non esistesse –
Cos’altro potrebbe essere più inopportuno?
E nell’Applicazione nello stile di vita del Bodhisattva
(Bodhisattvacharyavatara) si dice:
Ogni cosa viene necessariamente abbandonata,
E io, inconsapevole di questo,
per gli scopi di cari (amici) e non cari (nemici),
Ho commesso ogni sorta di negatività.
In altre parole, non capendo e non riconoscendo che dovremo morire e che quando questo accade bisogna rinunciare a tutto e continuare da soli, noi ci prendiamo cura dei nostri amici ed agiamo contro quelli che non ci piacciono o che consideriamo come nostri nemici. In questo modo creiamo molte negatività. Il risultato di questo sarà che, senza scelta, andremo solo ai reami più bassi.
Nel [Sutra del] Parinirvana viene detto:
Fra tutte le arature dei terreni agricoli, quelle autunnali sono le migliori.
Fra tutte le orme, quella dell’elefante è la migliore.
Fra tutte le discriminazioni (discernimenti), quella dell’impermanenza e della morte è la migliore: cancella tutto il desiderio, l’ignoranza e l’orgoglio dei tre reami.
Perciò dobbiamo cercare di pensare, “morirò forse oggi, forse domani.”
Oggi è un buon giorno per morire e solamente la nostra pratica del Dharma ci sarà d’aiuto al momento della morte, null’altro può aiutarci.
Quello che ci propone il dharma è di vivere sempre come se fosse l’ultimo giorno.
Lam-Rim Medio
Kamaua disse: “Dici che dalla contemplazione non è sopraggiunto nulla – e allora, quando ci hai riflettuto? Durante il giorno indulgi nelle distrazioni e durante la notte dormi – non mentire!” Se continueremo a pensare oggi non morirò continueremo ad essere occupati a preparare solo la felicità di questa vita. D’altro canto, se continuiamo a pensare “Oggi non morirò”, saremo costantemente occupati col fare preparativi per ottenere la felicità di questa vita e non praticheremo il Dharma. Se non facciamo i preparativi per la nostra vita futura, un giorno arriverà il Signore della Morte, al che sperimenteremo tristezza e rimpianto. Shri Jagatamitra disse: Signore della terra, finché questo corpo preso in prestito Dimora nel piacere – senza malattie, non deteriorato È proprio questo il tempo per coglierne l’essenza
Senza le paure di malattia, morte, decadimento
In tempi di malattia, vecchiaia, decadimento, ecc.
Sebbene prendi coscienza, che potrai fare allora?
LA MEDITAZIONE NELL’ACCOMPAGNARE
Marie De Hennezel scrive che accompagnare significa condividere la pena. Essere con. Vivere insieme i momenti belli e quelli brutti, così come si condividono il pane bianco e il pane nero. Così come si condivide il pane della speranza, si condivide anche quello della disperazione e del dubbio. E descrive la paura che coglie coloro che sono vicini ai morenti e come manchi proprio la capacità di andare da loro senza troppa angoscia. Come le domande senza risposta, il rapporto con i sensi di colpa e di impotenza, perché non si sa più che dire o che fare, siano insopportabili.
E lancia un monito:
Sappiamo che chi sta per morire si sente solo e abbandonato. Oggi dobbiamo cercare di ricostituire una cultura dell’accompagnamento, con lo scopo di lenire la sensazione di solitudine che ci assale alla fine della vita. Occorre che i medici e tutti coloro che si occupano di curare i malati vengano sensibilizzati all’ascolto e alla relazione con chi sta per morire. Questa è una misura da adottare urgentemente affinché gli ospedali non si trasformino in camere mortuarie, (o luoghi dove sempre di più si nega la morte e il morire). Tuttavia, accompagnare sino alla fine è un dovere (un momento prezioso) soprattutto dei parenti, delle famiglie, degli amici. Ma oggi, questi, si sentono inadeguati a un compito del genere. Come possiamo allora vincere questa paura o per lo meno renderla accettabile. Può la meditazione con la sua capacità di entrare in un rapporto intimo con le emozioni aiutare il morente e il personale sanitario, (o ancora di più creare un circolo virtuoso: personale meno spaventato e più consapevole quindi paziente meno spaventato e più consapevole) ad accettare e conoscere meglio le proprie emozioni, capire meglio le proprie motivazioni, proporre, insomma una relazione più autentica? Deve e può il personale, così come presta la propria forza fisica negli spostamenti del malato, sapere dare la propria forza mentale o assenza di paura, compassione e amore? Comunque sia, se non sappiamo dove il morente vuole essere accompagnato il rischio è di condurlo dove noi vogliamo che lui sia condotto; la domanda sorge spontanea: vi è quel coraggio e apertura di aiutare il malato ad affermare e a far conoscere i propri valori e non quelli di chi accompagna? Non inganniamoci, arrivare alla fine della vita, negando la morte e non avendola mai presa in considerazione, comporta un tremendo shock e la difficile possibilità di vivere serenamente gli ultimi giorni. “Morire ad occhi aperti” è ancora possibile nella nostra società o lo sgomento di fronte a tale mistero richiede sempre il sonno o comunque una certa sedazione che metta a tacere quello sguardo insopportabile che hanno i morenti per i vivi?
LA CORRETTA MOTIVAZIONE
1) La motivazione della tua pratica deve essere il bene di tutti gli esseri viventi, la loro liberazione dalla sofferenza e il raggiungimento della perfezione. Regola sempre la tua motivazione in modo che sia diretta ad aiutare gli altri il più possibile. Quantomeno, cerca di non fare loro del male.
2) I Buddha sono maestri del sentiero spirituale; non danno la consapevolezza come un dono. Devi praticare quotidianamente l’etica, la meditazione concentrata e la saggezza.
Non sapendo che avrei dovuto lasciare tutto e partire, commisi varie azioni sbagliate nei confronti di amici e nemici. Sutra del Buddha
MEDITA SULLA PREZIOSA RINASCITA UMANA
La rinascita umana diventa preziosa quando viene utilizzata per coglierne l’essenza; questa viene ritenuta essere la comprensione spirituale del vivere e del morire.
CONSAPEVOLEZZA DEL MORIRE
Se, quando la morte arriva, non sei già abituato a questa pratica, ti risulterà molto difficile una riflessione che dia beneficio. Perciò, il tempo di praticare e di prepararsi è adesso, finché sei ancora felice e le circostanze della tua vita sono favorevoli. Così nel momento del vero bisogno, quando sarai sotto pressione, non avrai di che preoccuparti.
PREPARARSI AL MORIRE
Esistono dei vantaggi al pensare alla morte e degli svantaggi a non curarsene; pensare alla morte non solo serve a prepararti a morire e sollecita azioni che giovano alle vite future, ma influisce profondamente sulla tua prospettiva mentale. Per esempio, quando le persone non sono abituate a praticare la consapevolezza della certezza della morte, succede che, anche se la loro vecchiaia e il fatto che presto moriranno sono evidenti, gli amici e la famiglia sentono di non poter essere realistici con loro e arrivano al punto di complimentarsi per il loro aspetto fisico. Entrambe le parti sanno che è una menzogna. È ridicolo!
Talvolta anche i pazienti affetti da malattie terminali come il cancro evitano di usare termini come “morire” o “morte”. Trovo quasi impossibile parlare con loro della
morte incombente; non ne vogliono sapere. Per chi non riesce ad affrontare neppure la parola morte, per non dire dell’esperienza in sé, l’arrivo della morte sarà probabilmente causa di grande disagio e di paura. Se, invece, incontro un praticante che sembra vicino alla morte non esito a dirgli: “Sia che tu muoia che ti riprenda, hai comunque bisogno di prepararti”. Possiamo riflettere insieme sull’imminenza della morte. Non c’è bisogno di nascondere nulla, perché quella persona è pronta ad affrontare la morte senza rimpianti. Un praticante che pensa per tempo all’impermanenza sarà molto più coraggioso e felice nel momento della morte. Riflettere sull’incertezza del momento della morte fa sì che la mente sia in pace, disciplinata e virtuosa, perché va oltre gli aspetti superficiali di questa breve esistenza.
Sii onesto a proposito della tua morte. Incoraggia sagacemente gli altri a essere onesti a proposito della loro morte. Non ingannatevi a vicenda con complimenti, quando la morte è vicino. L’onestà incrementa il coraggio e la gioia.
Riguardo la paura: ora è il momento di temere la morte per spingerci a una vita realizzata. Milarepa diceva che gli esseri ordinari non temono la morte ma quando arriva ne sono terrorizzati mentre il saggio la teme ogni giorno ma al momento della morte è completamente sereno e gioioso.
Pratica adesso, cosicché nel momento della morte la forza della tua famigliarità con la virtù influirà sul tuo atteggiamento.
Nel momento della morte è importante che tu sia libero dai farmaci che ti impediscono di pensare correttamente. Un praticante religioso sa di dover evitare i farmaci che annebbiano la mente, poiché la coscienza mentale deve essere la più chiara possibile. Un’iniezione fatta allo scopo di consentire una “morte pacifica” potrebbe togliere alla mente la capacità di manifestarsi virtuosamente riflettendo sull’impermanenza, generando la fede, provando compassione o meditando sull’assenza del sé. Se, tuttavia, si può utilizzare un farmaco antidolorifico che non annebbia la mente, potrebbe rivelarsi utile perché la tua mente continuerebbe a funzionare normalmente, libera dalla distrazione del dolore. Stai il più possibile alla larga dalla bramosia, dall’odio e dall’ignoranza, così da riuscire a conservare la pratica virtuosa durante il processo della morte. Renditi conto che una pillola o un’iniezione, somministrate allo scopo di garantire una cosiddetta “morte pacifica”, possono privarti di un’opportunità cruciale per manifestare la virtù. Finché sei lucido, devi fare tutto il possibile per mantenere la mente virtuosa.
LE CINQUE FORZE:
1. La forza della famigliarità. Esercitati frequentemente nella tua pratica abituale e prendi famigliarità con essa, qualunque essa sia: l’esercizio dell’intenzione di essere liberato dall’esistenza ciclica, l’esercizio dell’amore della compassione, l’esercizio dell’intenzione di raggiungere l’illuminazione per il bene degli altri, o l’esercizio delle fasi del Tantra dello Yoga Supremo.
2. La forza del pilotare il futuro. Pensa: “Continuerò la pratica in questa vita, nello stato intermedio e nelle vite future, fino a raggiungere la buddhità”.
3. La forza dei semi sani. Accumula la forza delle azioni meritevoli (karma buono) affinché siano il propulsore della tua pratica.
4. La forza dello sradicamento. Decidi che tutti i fenomeni, come la nascita, la morte o lo stato intermedio, esistono solo dipendentemente, e cioè non sono in alcun modo dotati di esistenza intrinseca. Prendi questa decisione con la convinzione che l’autoindulgenza (autogratificazione) è un nemico e pensa: “La mia esperienza della sofferenza nell’esistenza ciclica è dovuta all’autoindulgenza; la radice dell’autoindulgenza sorge dall’idea che esseri e cose siano dotati di esistenza intrinseca, il che non è vero”.
5. La forza del desiderio (intenzione). Esprimi ripetutamente il seguente desiderio: “Anche dopo la morte possa io ottenere un corpo che serva da supporto alla pratica della dottrina nella mia prossima esistenza. Accudito da una guida spirituale eccellente, possa io non essere separato dalla pratica”.Se, per esempio, il morente crede in un Dio creatore, pensare a Dio potrà farlo sentire più a suo agio, più in pace, e a fargli provare in misura minore attaccamento, paure e rimpianti. Se la persona crede nella rinascita, pensare ad una vita successiva significativa e dedita agli altri darà risultati simili. Un buddhista può concentrarsi su Buddha e dedicare le buone azioni di questa vita a una nuova vita produttiva. Analogamente, un non credente può riflettere sul fatto che la morte è parte integrante della vita e che, adesso che sta accadendo, è inutile preoccuparsi. L’obiettivo principale è la pace mentale, al fine di non disturbare il processo della morte. Tratto da: “Il diamante che taglia le illusioni”, Serkong Rinpoce, Chiara Luce Edizioni.
Il potere del seme bianco: è riferito al donare tutti i propri possedimenti al momento della morte, poiché così facendo, si avrà una morte serena. In genere, se si posseggono molte cose, al momento della morte si ha attaccamento e rammarico per doverle abbandonare; il potere del seme bianco consiste nell’aver cura, prima di morire, di dar via i propri averi a coloro che ne hanno bisogno, così che non si abbia alcun tipo di attaccamento verso i propri possedimenti. C’è differenza tra il dare via personalmente le proprie cose e incaricare altri di farlo: se lo si fa di persona, i meriti che si accumulano sono maggiori. Se, ad esempio, si cammina lungo una strada buia, c’è molta differenza tra il tenere una lampada davanti a sé e il tenerla dietro la schiena. Allo stesso modo, offrire personalmente e con rispetto le proprie ricchezze, è molto più meritorio. Un’altra spiegazione del potere del seme bianco al momento della morte, è la seguente: si pensa al proprio corpo non come a un corpo comune, ma lo si trasforma in un aspetto trascendente, puro, non inquinato, e lo si offre.
Il potere della purificazione: consiste nel liberare la coscienza da ogni illusione e da ogni impressione negativa al momento della morte.
Il potere della preghiera: al momento della morte non bisogna pregare di poter rinascere in una terra pura o in un altro posto fortunato, ma pensare che, nell’esistenza futura, i nostri meriti accumulati maturino per gli altri, e le loro sofferenze vengano su di noi. Buddha ha dedicato tutti i meriti delle sue azioni virtuose ai suoi discepoli e a tutti gli e ha detto che coloro che praticano bene i suoi insegnamenti avranno sempre cibo per sostenersi, anche nei momenti di carestia, quando la gente pianterà i semi per il raccolto su di un pezzo di terra grande come l’unghia di un dito. Al momento della morte, quindi, bisogna pregare di poter fare sempre il bene degli altri e affidarsi ai Tre Gioielli affinché ci aiutino a realizzare il nostro scopo.
Il potere dell’abitudine: deriva dalla familiarizzazione, per cui, anche al momento della morte, la mente deve essere concentrata su bodhicitta, che ha, come oggetto, il bene degli altri. Dopo esserci familiarizzati durante la vita con questa pratica, al momento della morte, sarà più semplice continuarla con la mente concentrata. È un esempio del potere dell’abitudine a livello di pratica superiore. A livello inferiore, invece, al momento della morte, per il potere dell’abitudine, si pensa continuamente al rifugio. A livello intermedio, per il potere dell’abitudine, si pensa alla pratica dei tre addestramenti, soprattutto a quello dell’alta morale che impedisce di rompere i propri voti. Come per un atleta è necessario un solitario e costante allenamento prima di partecipare ad una gara dove poter mostrare le sue capacità e il suo valore, così, per chi ha praticato bodhicitta durante la vita senza che gli altri se ne accorgessero, è possibile, al momento della morte, mostrare dei segni che dimostrano che era un bodhisattva. Meditare significa abituare la mente; è importante, quindi, acquisire l’abitudine a ogni tipo di pratica.
Il potere dell’intenzione: consiste nell’avere il desiderio, l’aspirazione di rinascere in un posto dove si può fare il bene degli altri; ci sono posti in cui, per le circostanze del momento, questo non sarebbe possibile, perciò bisogna avere l’intenzione di non rinascere in un posto simile, ma in un altro dove si può essere di
maggior beneficio.