Lama Yeshe: L’autoemanazione

Lama Thubten Yeshe: Anche se abbiamo tutti una natura fondamentalmente pura, non è facile entrare in contatto con essa …

Lama Yeshe: L’autoemanazione

1. – « Perché devo emanare me stesso nell’aspetto di Manjushri o di qualunque altra divinità?», potrete chiedervi. « È già abbastanza difficile per me emanarmi come un uomo, o come una donna. Perciò, perché dovrei cambiare aspetto e mettermi un’altra maschera, la maschera di Manjushri? ». Bisogna ricordare che quando ci emaniamo nell’aspetto di Manjushri non è per manifestarci come qualcosa di diverso da ciò che già siamo. Noi abbiamo già le profonde qualità di una tale manifestazione divina e il motivo per cui pratichiamo l’emanazione di noi stessi nell’aspetto di una divinità è quello di poter riconoscere e coltivare più pienamente queste qualità, piuttosto che restare intrappolati miseramente nelle anguste proiezioni di un atteggiamento autocommiserante: «Sono brutto, stupido, debole ed inutile».

Potreste anche domandarvi: « Ma allora, come può Manjushri, o qualunque altra divinità tantrica essere l’essenza di ciò che io già sono? Non assomiglio a nessuna di queste divinità; non sono arancione, né blu, né verde; non ho che un viso e due braccia, cosa che molte di esse non hanno». Naturalmente, sorgeranno obiezioni simili a queste, ma se vogliamo risolverle una volta per sempre dobbiamo prima di tutto esaminare molto attentamente chi pensiamo di essere veramente.

Innanzitutto, voi non siete la vostra faccia attuale; voi non siete le vostre ossa e la vostra carne e neppure il vostro sangue, i vostri muscoli o qualsiasi altra parte del vostro corpo sono l’essenza di ciò che voi siete. In un certo senso, si può dire che il vostro corpo è come un robot, una macchina, perché di per sè non ha potere di funzionare, ma deve essere controllato da qualcos’altro. E proprio come c’è un programma del computer a controllare il robot ed a farlo funzionare, così è la vostra mente – o, coscienza, o psiche, o anima o in qualunque altro modo vogliate chiamarla – che dà vita al corpo. Perciò, se cercate l’essenza del vostro essere, se volete conoscere che cosa è responsabile del modo in cui vivete la. vita, dovete guardare nella vostra mente. Un’altra cosa da realizzare è che da quando siete nati fino ad ora vi siete manifestati in molti modi diversi e che nessuno di noi è statico ed immutevole. Per esempio, quando siete dominati dalla rabbia, assomigliate ad un demonio, mentre in altri momenti, in cui siete pieni di amore, assomigliate a un bellissimo angelo. Nessuna di queste manifestazioni – sia rabbiosa, pacifica, gelosa, amorevole, compassionevole, stupida o saggia – sorge prima di tutto dal corpo, dalla forma fisica, ma ognuna di esse viene creata dal potere della coscienza, dal potere della mente. 

La mente ha la capacità di generare migliaia di emozioni e di atteggiamenti diversi ed il corpo segue semplicemente la sua guida senza alcuna scelta, eppure ci identifichiamo quasi sempre col corpo, invece che con la mente! E’ come se pensassimo che è il corpo ad essere il padrone e non la mente; è come se diventassimo schiavi del nostro corpo. Basta accendere per qualche minuto il televisore per vedere chiaramente quanta attenzione la cultura dedichi al servizio del corpo e quanta poca è l’educazione della mente e non c’è quindi da meravigliarsi che le cose siano così confuse.

2. – Anteporre il corpo alla mente non è l’unico errore che facciamo: non abbiamo neanche realizzato che non possediamo soltanto un corpo grossolano. In seguito ne discuteremo più a lungo; ora, in poche parole, possiamo dire che all’interno dei confini della nostra forma fisica ordinaria esiste un corpo di coscienza più sottile, così chiamato perché è intimamente collegato con dei livelli di coscienza più profondi. E’ da questi livelli più sottili che scaturisce la potenziale energia della saggezza della beatitudine, un’energia capace di trasformare completamente la qualità dell’esistenza.

Le divinità tantriche simbolizzano il pieno sviluppo dell’energia della saggezza della beatitudine ed ecco perché, si può dire che una simile divinità – a prescindere dal colore o da quante faccia abbia – rappresenta l’essenza di ciò che siamo e di ciò che possiamo diventare.

Lo yoga della divinità, perciò, non significa fantasticare l’impossibile, ma è un metodo estremamente pratico per coltivare il nostro più alto potenziale attraverso l’addestramento sistematico e la profonda trasformazione della coscienza umana. Sebbene inizialmente .fo yoga della divinità possa sembrare impraticabile ed ostico, possiamo comprendere tuttavia la sua efficacia se pensiamo a tecniche analoghe che hanno già dimostrato il loro valore anche nello scettico mondo occidentale. Per esempio, vi sono molti casi documentati in cui la gente si è curata di cancro e d’altre gravi malattie unicamente attraverso il processo della visualizzazione creativa. Invece di aggrapparsi all’idea: «il mio corpo è domi­nato dal cancro e io sto per morire », questa gente si immagina integra e sana, eliminando dalla mente l’idea di essere malata e sostituendola con un modello di splendore e vitalità. In molte occasioni questo approccio si è verificato efficace anche dopo che i dottori avevano perso ogni speranza.

La salute del corpo e della mente è prima di tutto un problema dell’immagine che abbiamo di noi stessi. Le persone che per un qualsiasi motivo pensano male di sè stesse, diventano e rimangono infelici, mentre quelle ohe riescono a riconoscere o a fare appello alle loro risorse interiori possono superare anche le situazioni più difficili. Lo yoga della divinità è uno dei modi più profondi per sublimare l’immagine che abbiamo di noi stessi e questo è il motivo per cui il tantra è un metodo così rapido e potente per realizzare il nostro incredibile potenziale. L’ostacolo più grande che si erge sulla strada della trasformazione in una simile divinità è l’ostinata fiducia nelle apparenze ordinarie. Finché manterremo la visione ordinaria che abbiamo di noi stessi, non ci sarà spazio per poterci considerare un essere illuminato. Non potremo davvero credere di possedere un corpo divino fatto di luce trasparente, se continuiamo a identificarci così tenacemente con una forma fisica grossolana, né saremo mai in grado di entrare in contatto con la natura essenzialmente pura del nostro essere, se continuiamo a pensare che la qualità fondamentale della mente è costituita da difetti e concezioni grossolane. Perciò, se desideriamo veramente raggiungere la soddisfazione che deriva dalla completa realizzazione personale, dobbiamo trovare un modo per disfarci dei legami della tirannia delle apparenze e dei concetti ordinari. Dobbiamo raggiungere il profondo convincimento di quanto sia dannoso continuare a considerare il nostro corpo e la nostra mente, e quindi l’immagine di noi stessi, secondo gli schemi ristrettivi e grossolani che adottiamo ora.

Dobbiamo capire .che la semplice accettazione delle apparenze ordinarie non fa che renderci sempre più confusi, insicuri ed insoddisfatti.

Qualsiasi tendenza abbiamo verso l’indecisione e la paura è un sintomo della nostra mente dualistica, una mente che ribolle di una sequela apparentemente interminabile di pensieri contraddittori («Spero di essere bello, ma ho paura di essere brutto») e dimostra anche quanto siano superficiali i giudizi che siamo soliti fare su noi stessi. Dopotutto, i’aspetto fisico non è in grado di determinare il reale valore di un uomo o di una donna. Eppure, anche lievi imperfezioni fisiche, sia reali che immaginarie, sono sufficienti a causarci una grande ansietà, e vi sono addirittura delle persone che si sentono così brutte, così totalmente inutili, così piene di avversione verso se stesse che si spingono a morire. Questo è un esempio estremo, ma penso che la maggior parte di noi si reprime e si rende infelice per una ragione o per un’altra.

3. – A volte è come se la mente corresse improvvisamente in ogni direzione, attratta da, o alla disperata ricerca di qualcosa. Ma a che scopo? Cerchiamo qualcosa di sconosciuto, capace di soddisfare la nostra brama di stabilità e sicurezza e passiamo da un oggetto ad un altro nella speranza che la prossima esperienza contenga quello che stiamo cercando. Come risultato, la mente è continuamente distratta, ed è difficile concentrare l’attenzione su ciò che stiamo facendo, perché una parte della mente si sente di nuovo insoddisfatta e comincia già a cercare un ingannevole qualcos’altro. Anche quando stiamo facendo quello che ci piace, perdiamo facilmente la nostra concentrazione e così non solo non riusciamo a scoprire un senso o un obiettivo più elevato nella nostra vita, ma spesso siamo addirittura sconfitti nei nostri affari mondani. L’inevitabile conclusione della Iimitata concezione che abbiamo di noi stessi – limitata dall’assoluta certezza nelle apparenze ordinarie – è la tendenza a cercare fuori di noi la risposta ai nostri problemi. Cresciuti nell’abitudine di consideraci incompleti o privi di qualcosa di fondamentale, non ci viene in mente di rivolgerci alle nostre risorse interiori, ·alla nostra forza intrinseca, per trovare la soluzione delle nostre difficoltà, ma crediamo che possedere in qualche modo un oggetto del mondo esterno ci darà ciò che vogliamo. L’inutilità di questo approccio, tuttavia, dovrebbe essere a noi tutti ovvio; di chi o di che cosa potremmo infatti impadronirci perché questa ricerca di sicurezza possa arrivare a un termine?

Finché rimarremo interiormente incompleti, né la più bella donna del mondo, o il più bell’uomo, i vestiti più eleganti, il gioiello più prezioso, e neppure la più ingegnosa e nuova idea avranno il potere di smorzare i nostri desideri. Finché penseremo che il rifugio aHe difficoltà della vita può essere trovato solo fuori idi noi, non ci sarà possibilità di riuscire .a sperimentare la vera pace della mente e disporre di potere e ricchezza non sarà sicuramente una soluzione. L’alto tasso di alcolismo, divorzi e suicidi delle cosiddette nazioni sviluppate del mondo dimostra che i semplici possedimenti materiali non liberano dall’inquietudine. Anche se per risolvere i nostri problemi ci distogliamo dagli oggetti materiali e ci rivolgiamo ad una qualche realtà spiritualmente più elevata, le ristrette concezioni che abbiamo di noi stessi sono ancora in grado di limitare seriamente qualsiasi beneficio che se ne passa trarre. Spesso la gente che intraprende un sentiero religioso sente come se ci fosse una lacuna insormontabile fra Ia sua persona, impantanata quaggiù nella melma, ed un essere più eletto, lassù, da qualche parte nel cielo. Più è bassa l’opinione che abbiamo del nostro potenziale, più patetiche sono le preghiere che facciamo. Possiamo implorare: «Per favore, salvami mio Dio!»; « Per favore, aiutami, Buddha!». Ma finché resteremo avviluppati nella nostra auto-commiserazione è poco probabile ohe si riesca a ottenere un qualche beneficio.

4. – La tecnica tantrica di identificare se stessi con una divinità è il diretto antidoto all’atteggiamento di auto-commiserazione. Infatti, più riusciamo ad identificarci con un corpo ed una mente di chiara luce, più siamo in grado di aprirci alle benefiche forze esistenti dentro e fuori di noi. Abbiamo già parlato di come, attraverso la visualizzazione creativa, possiamo invocare innati poteri di guarigione e curare anche dei più terribili malanni.

Questo esempio mostra che il corpo e la mente dipendono uno dall’altra e che, fra i due, è la mente ad essere la principale moderatrice della nostra esperienza. Se l’immagine mentale ohe abbiamo di noi stessi è positiva, allora le nostre azioni saranno naturalmente piene di fiducia in noi stessi e l’impressione che genereremo negli altri sarà un’impressione di forza e vitalità. D’altro canto, se abbiamo una bassa opinione di noi stessi, appariremo deboli ed incapaci, ci attireremo molti problemi e cadremo facilmente vittime di incidenti e malattie. Le nostre esperienze dimostrano sempre più che è la prospettiva mentale ad essere fondamentalmente responsabile del nostro successo od insuccesso, della nostra salute o malattia, fascino od antipatia, felicità o depressione. Tuttavia, quando ci troviamo di fronte alle difficoltà della vita, di solito cerchiamo fuori di noi la soluzione ed invece di trattare direttamente con la mente e di sviluppare un atteggiamento che possa trasformare positivamente le nostre esperienze, ci affidiamo ad un orientamento molto più superficiale, cercando di manipolare le circostanze esteriori nel tentativo di risolvere i nostri problemi. Ma così non arriveremo mai ad una soddisfazione permanente, perché non si tratta di cambiare un determinato numero di fattori esteriori; se infatti questi cambiamenti non sono accompagnati da una profonda trasformazione mentale, possono avere soltanto un successo momentaneo. Prima o poi i problemi riaffioreranno e noi ci ritroveremo nuovamente ansiosi e frustrati. Anche se abbiamo tutti una natura fondamentalmente pura, non è facile entrare in contatto con essa, perché il consueto funzionamento grossolano della nostra mente soffoca a tal punto questa più profonda e sottile vibrazione da rimanere in generale inconsapevoli della sua esistenza. Se vogliamo veramente entrare in contatto con la sua sottile essenza, abbiamo bisogno di pacificare ogni distrazione e smorzare l’influenza che le apparenze e le concezioni ordinarie hanno su di noi.

In altri termini, abbiamo bisogno di creare spazio, uno spazio in cui la nostra natura essenzialmente pura possa funzionare ininterrottamente. Allora, quando useremo le tecniche tantriche per visualizzarci come la divinità, non staremo fingendo, ma staremo portando in superficie le divine qualità interiori che sono sempre esistite nella profondità del nostro essere. I metodi per creare questo spazio fondamentale sono contenuti nei diversi prerequisiti alla pratica del tantra. Se tentiamo di usare le incredibili e potenti energie trasformatrici del tantra, senza prima addestrarci in questi prerequisiti, o preliminari, non è possibile che la nostra pratica abbia successo, ma possiamo addirittura provocarci seri danni. Un potente jet può essere il modo più rapido per recarsi da un posto a un altro, ma se si mette sulla poltrona del pilota una persona non pratica, il risultato non sarà altro che un disastro. Analogamente, sebbene il tantra sia il veicolo più veloce per ottenere la realizzazione totale, praticare i suoi metodi senza prima preparare il corpo e la mente sarebbe estremamente avventato e dimostrerebbe una profonda ignoranza dell’intero scopo del tantra.

I principali prerequisiti per praticare il tantra – comunemente chiamati i tre aspetti principali del veicolo dei sutra all’illuminazione – sono la rinuncia, un cuore dedito alla bodhicitta, e la visione corretta della vacuità. Per sottolineare che l’esercizio di questi tre stati mentali è in grado di creare lo spazio in cui può verificarsi la trasformazione tantrica, li discuteremo nei capitoli intitolati rispettivamente: emergere, aprire e dissolvere.

Con questo capitolo, estratto dal libro « La via del Tantra », che esce in queste settimane nelle edizioni «Chiara Luce», concludiamo la pubblicazione di parti del libro stesso e ringraziamo l’editore. Altri capitoli della stessa opera sono apparsi nei quaderni Paramita n. 25, 27 e 28. « La via del Tantra » può essere ordinato direttamente a Chiara Luce Edizioni – 56040 Pomaia (Pisa).

https://maitreya.it/wp-content/uploads/2020/02/Paramita-29.pdf