Insegnamenti del Ven. Ghesce Lharampa Gendun Tarcin: La pratica dello Dzochen. Sassari 30-31/03/2019. Appunti non revisionati del Dr. Luciano Villa nell’ambito del Progetto Free Dharma Teachings per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Buongiorno a tutti, questo è come un laboratorio, al quale, alla fine, consideriamo che tutti abbiamo collaborato. Quel che ne godiamo dipende dal nostro impegno e lavoro.
Dipende dal nostro senso di responsabilità, perché il tempo trascorso non ritorna più.
Quindi dobbiamo impegnarci per costruire insieme i nostri frutti, che chiameremo la nostra torta, di cui godremo tutti insieme i frutti.
Non stiamo parlando di illuminazione, di far uscire la luce dalla sommità del nostro capo, ma di essere insieme nel lavorare in comunità, nel svolgere ognuno di noi il nostro compito interiore: scavare, scoprire, cosa c’è dentro noi stessi, dentro la nostra mente.
La pratica dello Dzochen.
È un tema estremamente importante, di portata gigantesca, che non possiamo certo svolgere in due giorni di workshop, ma ciò che un tempo era impossibile, o perlomeno molto costoso, ora tutto è possibile. Pensate alla possibilità di parlare gratis, grazie al web, con chi è lontano od addirittura in un altro continente.
Il potere di Buddha https://www.sangye.it/altro/?cat=11, https://www.sangye.it/altro/?cat=34 equivale al potere della natura, ed entrambi hanno la stessa capacità, le stesse potenzialità. Da qui nasce il rispetto verso la natura: l’acqua, il cielo, la terra. E non si tratta di utilizzarli ai nostri fini. Non si tratta di essere santi lama, guru, maestri, ma è di essere nella natura. Lo scopriamo, anche nella meditazione, attraverso la natura, come i fiumi che scendono al mare dall’Himalaya: lo fanno spontaneamente. Non serve dell’energia, lo fanno spontaneamente.
È la natura dell’amore e della compassione.
Nella natura sono già contenuti l’amore e la compassione. L’amore è spontaneità, naturalezza.
Se lo dovessimo creare mentalmente: quanto sforzo ci vorrebbe? Ma l’amore è spontaneità. Altrimenti, come la guerra, entriamo nella conflittualità, nella contrapposizione, nella separazione, nella divisione.
La natura fa tutto senza nessuna fatica.
Per raggiungere il nirvana, illuminazione, moksha: quanti sacrifici si devono fare?
Nella natura c’è l’amore spontaneo, solo nella natura c’è spontaneità.
Essere nella spontaneità, nella naturalezza dell’amore: è lo stato di Dzochen, la naturalezza illuminata.
Il che non significa istruita, ma libera! Lì c’è l’amore. Senza l’amore non esiste spontaneità, non esiste naturalezza. Perché dobbiamo tutti i giorni faticare, lottare? Ma quale buon motivo esiste per litigare? E non dimentichiamo che per qualcuno litigare è come prendere un caffè. Se non ha da litigare impazzisce, sprofonda nella malinconia.
Ma nel Buddhismo la parola più importante è lasciar andare, è essere nella naturalezza.
Siamo parte della natura, ma non ne siamo i padroni.
Dalla natura dobbiamo imparare la naturalezza, la compassione, l’amore. Ma è tutto spontaneo! Per sviluppare compassione lo devo fare studiando il Bodisattvacharyavartara di Shantideva https://www.sangye.it/altro/?cat=15, e gli altri grandi testi buddhisti? No, per lo Dzochen è già tutto presente, è già in noi, nella nostra natura, conoscendo la nostra essenza.
Perché si tende alla santità? Per raggiungere la pace di dio. E ci sono molti stadi: 10, 13 stadi, ma, per lo Dzochen non c’è bisogno, siamo già in potenza perfetti, si tratta d’essere naturali, spontanei. Tutto ciò che ci serve è già presente nell’esistenza. Dobbiamo allora conoscere noi stessi. La nostra vita dev’essere la manifestazione dell’amore e della spontaneità.
Al fondo siamo nella naturalezza, nella consapevolezza.
Questa è la sintesi della pratica del Buddha.
Consapevolezza della nostra esistenza, quando la raggiungiamo allora la nostra vita diventa brillante come dei fuochi d’artificio, diventa uno spettacolo. Apparenza, così diventa la nostra vita nella consapevolezza. Consapevolezza del proprio valore, consapevolezza della compassione, dell’amore, d’essere nella natura.
Enrico. La natura è cultura. Non esiste una natura veramente di tutti, la natura dovrebbe essere pura e luminosa, ma, dal punto di vista delle neuroscienze, non è così, siamo afflitti dalle emozioni, la nostra corteccia, il cui spessore è più fine di una carta di credito, non riesce a controllare tutte le emozioni. Hobbes diceva: “Homo homini lupus”, in altre parole: ognuno è nemico dell’altro. Abbiamo tremende avversioni verso gli altri esseri umani, solo se addestrata, la nostra natura è naturale, altrimenti è omicida. La mente naturale, senza consapevolezza, è quella di una scimmia aggressiva.
Sergio. Entrambi avete parlato di due cose diverse. Enrico ha detto delle verità biologiche, ma, per lo Dzochen, se agisco con consapevolezza non andrò mai in giro ad ammazzare nessuno.
Stefania. Come il fiume arriva al mare ed irriga i campi, cosi può dare inondazioni e morte, mi chiedo: è lo stesso fiume?
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Sì, può essere.
Sergio. Lo Dzochen non è meditazione ma contemplazione.
Enrico. La naturalezza è addestrata dalla mente consapevole, è una grande attività mentale.
Domanda. La mente è il cervello?
Enrico. Tutti i neuroscienziati lo dicono: la mente è una produzione del cervello. Il Buddhismo è l’unico che lo smentisce. Posso credere negli angeli e nei santi, tutto ciò che è nell’esperienza è verificabile con gli esperimenti.
Sergio. Dobbiamo aver ben chiaro la mente e la natura della mente, che è onnipervasiva, come lo spazio. La stessa cosa che ci condanna è la stessa cosa che ci porta alla meditazione.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Riflettere su questo argomento è per capire il valore della natura, la sua capacità, materiale, materia ed antimateria, come scoperto da Ettore Maiorana. Nello stesso tempo, nel singolo atomo sottile, materia ed antimateria hanno le capacità, come le capacità del Buddha, il che apre una grande via: riconoscere la potenzialità di un grande fenomeno, non nel dualismo, non nella separazione, materia – antimateria, spiritualità, dobbiamo costantemente percorrere il cammino che ci porta alla pace, alla beatitudine. Trasformalo ora, il miracolo è nelle tue mani, conquista lo stato di grande perfezione non egoistica. Perché l’ego è l’inganno maggiore che ci porta alla sofferenza. Tutta la nostra sofferenza è prodotta dall’ego. E, quando c’è l’ego, non c’è saggezza, rinuncia, compassione, consapevolezza.
Lo Dzochen è presenza nella naturalezza.
Domanda. È difficile controllare l’ego. Di questo ne sono convinto. Perché è difficile lasciar andare i freni legati all’io, al corpo: perché lasciando l’io si va verso il vuoto assoluto. Cosi la mente si svuota verso qualsiasi attaccamento, è il distacco assoluto.
Luigi. Parlando di veicoli, lo Dzochen è il veicolo più rapido, ma per giungere all’aeroporto ci servono dei mezzi, un percorso.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Nel Buddhismo si parla di meditazione con sforzo, poi si passa alla meditazione senza sforzo, poi nello Dzochen si è nella non meditazione.
Ma quello che ci rende separati dagli altri è ciò che ci impedisce di prendere l’aereo, ci fa criticare e giudicare. È tenere separati da noi un qualcosa che è dentro di noi. È una lotta interiore. L’accettazione è lasciar andare, accettare d’essere imperfetti, vedere consapevolmente il nostro interno, la nostra parte negativa ed abbracciamo così lo Dzochen. L’obiettivo è di andare a prendere l’aereo.
Enrico. Persona è una parola etrusca non greca, e significava solo “maschera”.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. La base della torta, così come anche le relazioni fra amici e parenti: tutte le relazioni dipendono dalla motivazione. Nel campo della pratica della spiritualità, la motivazione è la base della torta, la motivazione riguardante lo Dzochen. I veicoli sutra e tantra sia nel Buddhismo che nell’induismo hanno in comune la motivazione della bodhicitta o mente della Bodhi o dell’illuminazione.
Desiderare l’illuminazione non per sé stessi, ma per beneficiare tutti gli esseri senzienti, questo è il vero obiettivo della bodhicitta. Apertura mentale, amore infinito, completo altruismo: è la bodhicitta https://www.sangye.it/altro/?cat=50. Senza questa motivazione, questo cammino diventa impossibile. Occorre un veicolo forte, potente, per smuovere un carico molto pesante. Senza una grande motivazione è impossibile realizzare un grande obiettivo. È la motivazione comune sia al veicolo Mantra che al Sutrayana. Tutto, dai fiumi alle foreste, alle montagne, ai mari, tutti sono della natura della compassione. Perché spontaneamente danno, offrono.
Perché noi non la possediamo?
Siamo qui anche per dare! È la nostra natura. Tutto ciò che abbiamo lo dovremo lasciare! Quindi tutto ciò che facciamo è per gli altri!
Allora l’ego dov’è ? È un fantasma! La nostra natura è solo per gli altri, la nostra è la motivazione di bodhicitta naturale. Richiamare la motivazione, e non solo bodhicitta! Da dove scaturisce? Perché bodhicitta è svanita? Perché non l’abbiamo continuamente richiamata!
Enrico. La motivazione è la base di tutto, sia nel Mantrayana che nel Tantrayana. Per gli indiani il termine bodhicitta è formato da citta o intelligenza emotiva: è la mente del cuore, non è la mente razionale, mentre bodi è l’illuminazione.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Fondamentale è la motivazione, la motivazione del vasto metodo segreto del mantra o Mantrayana. Longchen Ragbjampa https://www.sangye.it/altro/?cat=89 diceva che “Occorre sviluppare la bodhicitta: non solo per far sì che tutti gli esseri raggiungano l’illuminazione, ma per riconoscere che tutti gli esseri senzienti sono illuminati da tempo senz’inizio”.
Se pensiamo all’io convenzionale, non siamo certo illuminati, ma, se pensiamo all’io sottile, per illuminare la mente di chiara luce, allora la mente grossolana è completamente cancellata o dissolta, allora l’energia pura può illuminare tutto il mondo.
Questa bodhicitta stimola la compassione verso tutti gli esseri, perché non riescono, non sono in grado di riconoscere la loro illuminazione. Allora ci vittimizziamo, diciamo “Ho perso la casa, il lavoro, la famiglia”. Ma di chi è la colpa? La responsabilità? Solo mia!
Invece la consapevolezza ti fa diventare padrone di te stesso. Sotto il dominio delle visioni errate, dell’illusione: cosa succede? Mi accade che, pur vedendo, non me ne rendo conto! Siamo vittime della nostra visione errata! Perché ci siamo auto-vittimizzati.
Liberiamoci invece dalle illusioni! Per farlo non dobbiamo distruggere, ma essere consapevoli che l’illusione sparisce nella illusione stessa. Dobbiamo saper riconoscere che si tratta d’un illusione. La consapevolezza dell’illusione la fa svanire! Allora siamo liberi dal vittimismo, dall’inganno delle visioni errate. Questo è lo Dzochen.
La motivazione straordinaria è quella Mantrayana o Dzochen. Prima abbiamo accennato al fatto che tutti gli esseri, pur essendo già illuminati, non ne sono consapevoli. Quindi tutti gli esseri sono della natura dell’illuminazione da tempo senz’inizio, ma siamo rimasti nel samsara, il mondo della confusione, perché ingannati dall’illusione, perciò siamo esseri sofferenti, immersi nel dolore, perciò siamo ipercritici, e ne siamo inconsapevoli e siamo avvinti dall’illusione.
Come posso superarla? La visione errata scompare nella apparenza della visione errata stessa. Non cambia il mondo dell’apparenza ma ne cambia la sostanza. Perché, quando siamo consapevoli della visione errata, allora siamo liberi dall’illusione, nell’illusione stessa. Sei consapevole dell’illusione, e sei consapevole che lo è, siamo i padroni e non più le vittime della nostra visione illusoria. La visione illusoria scompare nella consapevolezza della illusione stessa.
Mantra è composto dal prefisso Man o visione principale, indicata come protezione, questa protezione della mente è il cuore della liberazione della mente o coscienza. Come? Sviluppando la attitudine alla liberazione attraverso la generazione della saggezza, generandoti in divinità, attraverso la pratica della vasta generazione nello yoga tantra, per raggiungere l’illuminazione in questa stessa vita. Come è possibile, se nei sutra si dice che occorrono tre infiniti eoni per raggiungere l’illuminazione? Nel più alto yoga tantra si esprime l’intenzione di raggiungere l’illuminazione in questa stessa vita.
Enrico. Mantra: man è la mente razionale, tra è la trama, è l’azione di superare le difficoltà ritramando le connessioni, riplasmando le connessioni celebrali.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Come si può raggiungere in una sola vita l’illuminazione nel tantra? “Man” è ciò che appare, “tra” è ciò che sente e “rig” la coscienza o mente: abbiamo quindi tre oggetti, l’oggetto che vede, l’oggetto che sente e l’oggetto che percepisce. Cikù = Dharmakaya o forma della vacuità. Attraverso la pratica Mantrayana ci si trasforma o si giunge a vedere ciò che appare ai nostri occhi come la divinità, ciò che senti come mantra e ciò che percepisci con la mente diventa la forma della vacuità o Dharmakaya. È la trasformazione dalla apparenza ordinaria in quella straordinaria. Invece di vedere negatività si vede solo la purezza della natura, della forma. Anche i suoni negativi diventano parole sacre o mantra, le immagini diventano la forma della vacuità. Questi tre oggetti, sono veri o falsi? Sono allucinazioni?
Non sono della natura dei tre opposti, siamo come noi siamo: dei Buddha da tempo senza inizio. Cosi, tutto ciò che percepiamo diventa della natura divina, mantra e vacuità. Cosi, proteggi tutto dai giudizi negativi. Cosi, la tua mente consapevole non cadrà più nell’inganno dell’illusione e quindi nelle influenze negative.
Il secondo livello di motivazione.
Questa è la potenzialità del mantra attraverso lo stato di comprensione e generazione trasformando tutti gli oggetti in purezza.
Siamo già illuminati da tempo senz’inizio! Ma non ne siamo consapevoli. Ma ciò che si vede, sente e percepisce diventano aspetti divini della forma della vacuità. La mente umana limitata, è un po’ come se una candela volesse illuminare tutto il mondo, sarebbe troppo insufficiente, il problema non è la nostra mente umana ma la nostra conoscenza limitata. In 1 penna usb di 1 gb non puoi mettere 100 gb di memoria.
La mente primordiale, o senz’inizio, ha 3 caratteristiche: 1 è pura katàk fin dall’inizio e 2 tundùk o spontanea, 3 rosèn luminosa o chiara luce.
La mente primordiale è dalla natura pura, è pura dal sé, è pura dalle origini. La natura della mente è della natura della vacuità.
È spontanea perché è della natura della compassione, perché la compassione rende spontanei. Solo l’azione ci rende spontanei e l’azione è frutto della compassione.
Rigpa o consapevolezza, il suo contrario è marigpa o ignoranza. Rigpa è saggezza, che va direttamente a riconoscere la propria mente primordiale. È impossibile trasformare la nostra mente afflitta in illuminata. L’illuminazione serve per liberarci dalle illusioni. Quando ci si riesce, ci riesce anche la mente ordinaria, perciò diventa illuminata. Quindi è importante riconoscere la mente primordiale.
Cianciub sem non è la mente d’illuminazione, ovvero quella che ha già raggiunto l’illuminazione, ma la mente che desidera, aspira all’illuminazione.
Sem è la mente, mo è la faccia, to-pa è dare prendere, riconoscere, catturare la propria mente, guardare in faccia alla propria mente primordiale. Proprio per questa nostra incapacità siamo qui. Presentare la propria mente ha tanti modi.
Tradizionalmente il maestro ti presenta, ti porta a vedere la tua mente: in quell’attimo sei completamente entrato nell’illuminazione, perché sei nella mente primordiale. È autoriconoscere la propria mente, ma l’insegnamento del Buddha è: sii il tuo maestro, nessun altro lo può essere!
Prendere rifugio nei Tre gioielli: Buddha, Dharma e Sangha.
Ci sono tre modi: esteriore, interiore e segreto. Buddha è Guru o mente libera dagli estremi del nichilismo ed eternalismo, guru è introduce la mente attraverso la generazione di consapevole zza prof chiara stabile concentrata a partire dalla mente ordinaria, il che è possibile solo attraverso la naturalezza, la vera disciplina della purezza, naturalità e spontaneità. Completamente rilassati, distaccati, affiora la pura consapevolezza, di cui gia Krisnamurti ne parla. Pura consapevolezza, il riconoscimento della propria consapevolezza. la pratica dei preliminari è il sostegno della propria consapevolezza.
Sergio. Il nucleo principale è la natura della mente, che è come lo spazio che ha la capacità di essere conoscitrice, da cui scaturisce il pensiero, da cui il dualismo che ci fa star male. Le pratiche preliminari sono fatte per sostenere la mente. Provate a girare lo sguardo attorno a voi senza soffermavi su ciò che vedete. Allora vedrete che il pensiero non c’è. Ad esempio: qual’è la natura dello specchio? È chiara e luminosa. Ma non potete impedirgli di riflettere le immagini: ma lo specchio non giudica, provatelo.
Enrico. Non identificazione: è il procedimento d’un fisico quantistico quando studia gli elettroni. È una semplice osservazione, allora la mente non si soffermerà su alcunché. Togliere anche solo per pochi minuti al giorno il significato che attribuiamo alle cose. Pensate talvolta di stare sognando.
Dati Rinpoche afferma che la vista, l’udito, l’olfatto ed il gusto sono tutti puri, le informazioni ci fanno soffrire o godere in base alla sensazione che abbiamo, non è la realtà che ci fa soffrire, ma la sua interpretazione della realtà stessa.
Mario. Osservare aiuta a non pensare senza identificarcene, fino ad uno stato di mente o non identificazione della mente ordinaria su ciò che vediamo o ascoltiamo.
Enrico. Il problema non è non pensare, ma che è impossibile non pensare, ma sterilizzare i pensieri dalla valenza emotigena. Il nostro fine non è non pensare, ma che un pensiero diventa un ricordo, una sensazione che diventa azione. Dipende dall’attaccamento che abbiamo verso le cose. Il nostro vero problema è di nascere considerando reale ciò che reale non è.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. Riconoscere la mente primordiale: ognuno di noi ha la base per cui è illuminato e la sua natura. Il Kalachakra https://www.sangye.it/altro/?cat=32 tantra: è riconoscere la natura della propria mente primordiale, la mente più sottile, che abbiamo dimenticato, è come se fosse assopita, quando s’attiva, senza pensieri concettuali senza giudizi, che percepisce tutto direttamente, come, ad esempio, la vacuità di tutti i fenomeni, è una mente che ha la capacità di sviluppare tutte le qualità della illuminazione.
Quando la mente primordiale diventa purificata dalle delusioni temporanee diventa Dharmakaya.
La mente primordiale è innata, è la mente di chiara luce, della luminosità, la dharmata indistruttibile, la mente di base, è Vajrasattva https://www.sangye.it/altro/?p=8279, https://www.sangye.it/altro/?p=10240, è la mente primordiale. Come è possibile che rimanga sempre pura? La mente primordiale non può trasformarsi in bene od in peggio sotto l’influenza esterna di azioni positive o negative. I raggi di sole sono per loro natura luminosi.
Togliti le scarpe, cammina a piedi nudi e sentirai il terreno! Esercita il contatto diretto con la tua mente primordiale, non con quella concettuale. Mente individuale, mente di chiara luce, mente luminosa sono sinonimi di una situazione sempre uguale.
Se la nostra mente primordiale, se è sempre pura: perché non prende allora il sopravvento nella nostra vita quotidiana? La nostra mente luminosa di chiara luce o primordiale è presente da tempo senz’inizio, ed è insieme a quella ordinaria, come due amici inseparabili tra mente primordiale e la mente concettuale, come sono mischiate l’acqua pura con quella inquinata. Quindi separiamoli, la natura vera della mente non sono gli inquinamenti ma la sua purezza, è una qualità innata, perciò vanno separati.
Come? La mente grossolana, i pensieri convenzionali, sono pensieri colonizzanti della mente concettuale, allora la mente primordiale non ha spazio.
Quindi occorre generare la consapevolezza, purificando per giungere alla mente pura, come? Attraverso lo yoga del Kalachakra, purificando le energie negative o grossolane nei yoga canali, chakra, nadi, gocce bindu. Con l’energia della purezza realizza l’illuminazione nella forma della vacuità, come nel corpo d’arcobaleno nello Dzochen, mentre nel Kalachakra è lo yoga della beatitudine della vacuità. Realizzi così la purificazione a livello fisico, mentale, energetico per far sì che diventi naturale e spontanea. Ma vivendo una vita terrena pura, spontanea e naturale. Questo è il vero valore della vita umana. Il nostro scopo immediata è rendere la nostra vita naturale spontanea e pura. Ma lo scopo ulteriore è convivere nella naturalezza della vita grossolana, in modo spontaneo, altrimenti è impossibile trasformare in pura la propria vita quotidiana.
Perciò occorre stabilità psicologica, non è necessario raggiungere l’illuminazione. Il nostro scopo immediato è raggiungere la stabilità grazie alla consapevolezza.
Enrico. Il Dharma Buddha è l’unica concezione che si avvicina alla scienza del cervello. Dobbiamo vivere con gli altri. Nello Dzochen non c’è niente da accettare e nulla da respingere.
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. È consapevolezza, questa è l’essenza di tutte queste pratiche. La mente primordiale e la sua natura: naturale, pura e compassionevole. Non esiste solo la mente primordiale, ma anche il corpo primordiale. Rigpa è osservare senza osservatore, percepire senza percettore, semplice mente con la mente pura, presenza nella nostra esistenza. È la natura del Buddha. Alla fine cosa troviamo? La vacuità della mente. È la realtà ultima della mente! Sia che si tratti di mente grossolana, sottile o primordiale. Vacuità, di purezza e di compassione. È l’essenza della nostra esistenza. Tutto nasce da lì e si dissolve in questo spazio: la vacuità della mente sottile e della mente primordiale. Kè-pà (significa: sopportare o sostenere un peso) o yana o veicoli, ci sono moltissimi modi per conseguire l’illuminazione, o rigpa la nostra mente sottile, il vero sé, la mente primordiale.
Occorre equilibrio nel nostro cervello, corpo e respiro per raggiungere la consapevolezza. kèppà va realizzato a livello fisico e mentale, ci serve perciò equilibrio, rilassamento e salute, tutta questa disciplina quotidiana, qualsiasi cosa diventa kèp-pà, è la volontà di sopportare la compassione, di conseguire la compassione e la saggezza.
Per portare tranquillità nella nostra sicurezza fisica e mentale occorre purificare. Solo purificando la nostra energia negativa a tre livelli: fisico, spirituale e mentale. Tra questi la pratica dei nove cicli di respirazione o purificazione è tra i più importanti. Riportiamo tutto dentro di noi e troviamo contatto e calma con la nostra naturalezza coi nove giri di respiro. Purifichiamo l’inquinamento del vento attraverso nove cicli di respirazione.
La pratica del mantra si fa stimolando il nostro corpo sottile, il nostro vero corpo, purificando così.
Visualizza il canale centrale e quello di destra e di sinistra, inspira dal canale di destra ed alla fine entra nel canale di sinistra per congiungersi in basso, il che scioglie i nodi del canale.
Enrico. Il corpo sottile è importante ed ancor più quello sottilissimo. Sono tre canali che veicolano le energie del corpo, lung o prana.
La tecnica del corpo sottile è l’eliminazione degli ostacoli nella respirazione, la goccia sottile di bodhicitta, ma ha senso di parlare solo di sem-lung o mente-vento come ad esempio come un cavallo ed un cavaliere. Il chakra è un’espressione calda. Corpo, parola e mente purificata.
Dobbiamo essere consapevoli del corpo sottile, composto da 3 canali bianco, rosso internamente, blu, dalle dimensioni d’una cannuccia, il corpo dev’essere stabile come un albero secolare, eretto come un pino, il capo leggermente inclinato. Lascia andare il corpo senza alcun controllo, come una montagna, spontaneo, compassionevole e naturale. Ora focalizzati sul nostro corpo sottile, dal nostro ombelico a sinistra al capo ed alla radice sinistra del nostro naso, canale centrale blu, dalla nostra fronte, parallelamente alla nostra colonna vertebrale fino all’ombelico. Il canale di destra dall’ombelico al capo. I tre canali sono presenti e visibili. Mantieniti naturale e rilassato.
Attraverso la consapevolezza del respiro nel rilassamento, troveremo la via diretta della mente al modo spontaneo, rilassato e compassionevole.
In questo modo abbiamo raggiunto un piccolo momento di perfezione, un piccolo momento, siamo perfetti. Zo-pa completo, Dzochen è la grande perfezione, dove risiede? Solo nella vacuità! Sunya è zero, suniata è lo stato di zero, è una qualità, un’opportunità, che ti rende completamente libero, perfetto, è l’infinito dove c’è perfezione. Lo Dzochen ha sede nell’infinità, nella vacuità. Come si realizza? Trasformando la nostra mente nello spazio infinito? Come si realizza? Altrimenti siamo schiavi della nostra quotidianità.
Liberare la nostra mente è renderla infinita, è realizzare la realtà ultima della mente, la vacuità della mente. Finche non libererai la mente dalla mente non riuscirai mai a liberare te stesso. Soffriamo inutilmente per paura delle malattie, dolore, di tutto! La nostra esistenza è marcata dalla paura, perché? Non riesce ad entrare nell’infinità.
Mantra è proteggere la mente, non rinchiuderla, ma renderla infinita come lo spazio. Dzochen è la completa perfezione.
Cos’è la pratica del mantra? L’unico strumento della pratica del mantra è la tua mente, più pratichi la via del mantra più sarà semplice. La pratica del Dharma dev’essere completamente libera, un dono della natura. La pratica dello Dzochen, Mahamudra https://www.sangye.it/altro/?cat=19, bodhicitta e Mantrayana sono le più semplici. Milarepa https://www.sangye.it/altro/?cat=83 ne fu il più grande praticante. E raggiunse l’illuminazione in questa stessa vita. L’insegnamento maggiore che trasmise fu quello dell’impermanenza. La sua era una pratica molto diretta. È una pratica che rende la mente infinita realizzando la realtà ultima della mente.
Guru bum, guru è cantico spirituale, bum è 100.000 o raccolta completa.
Consapevolezza.
Om Vajrasattva om. Recitate questo mantra universale. Il mantra della purificazione.
Nella varie scuole buddhiste ognuna ha il suo lignaggio, lo Dzochen deriva dalla prima scuola Nyma, di Shantarakshita e Padmasambhava https://www.sangye.it/altro/?cat=100. Quindi è sorta la scuola Kargyupa o della trasmissione orale di Marpa https://www.sangye.it/altro/?cat=79 lotzava, quindi Sakyapa, nata in Tibet, quindi Ghelupa. La scuola Kadampa nasce da Atisha https://www.sangye.it/altro/?cat=96 e Dromtompa che insegnarono il trasferimento mentale sulla base della bodhicitta, la grande compassione: i Sette Punti dell’Addestramento Mentale https://www.sangye.it/altro/?p=2469 di Cekawa sono il cuore delle pratiche di Dharma comune a tutte le scuole. La scuola Jonampa è specializzata nel Kalachakra https://www.sangye.it/altro/?cat=32. La pratica Dzochen è presente in tutte le scuole. È riconosciuto attraverso i 9 yana o tekpà o gradi di forza. Secondo lo Dzochen l’insegnamento del Buddha è nei Tre Veicoli: 1 sutra, del tantra 2 esterno ed 3 interno. Sravaka o Pratieka Buddha od uditori o meditatori solitari per raggiungere il nirvana ed uscire dal samsara, senza occuparsi degli altri. È la pratica della rinuncia al samsara, desiderando la liberazione per affrancarsi dal samsara. Sono detti uditori perché vivono nella comunità, ascoltano gli insegnamenti, ma la loro motivazione è la sola liberazione individuale per affrancarsi dal samsara, perciò praticano Shinè https://www.sangye.it/altro/?p=3686 o calma dimorante o meditazione univoca, la saggezza della realizzazione della vacuità, la vacuità del sé. In tutti questi veicoli si trovano i praticanti Dzochen, il cui livello più alto è l’Ati yoga.
Mantra yana esterno o krya charya yoga tantra.
Veicolo interiore dei Tre Yoga: Mahayoga, Anuyoga, Atiyoga. Ati è lo Dzochen vero, i suoi vantaggi sono: innanzitutto proseguire col tekcià in linea dritta, pura dall’inizio, riconoscere direttamente la mente originaria, la grande compassione porta alla spontanea, alla via della compassione. Raggiungere l’illuminazione con una realizzazione spontanea, con l’Atiyoga. Per lo Dzochen è un sentiero spirituale, è un percorso in nove veicoli dall’uditore all’Atiyoga. La vacuità https://www.sangye.it/altro/?cat=40 e la bodhicitta sono comuni a tutti i veicoli, dagli uditori all’Atiyoga. Nei Kargyu ci sono 12 tradizioni così nelle altre scuole, è più importante capire quello che è più adatto per ciascuno di noi. Come? Valutando se è indispensabile, utile, interessante. Non è necessario percorrere i 9 veicoli. Già sarebbe un gran successo raggiungere il primo livello o degli uditori.
Moralità è compassione ed amore, moralità non è non fare (rubare ecc) ma è fare, è impegnarsi per sé stessi e per gli altri.
Concentrazione non significa pensare ad una sola cosa, chiudere la mente, ma rendere la mente vigile.
La saggezza della conoscenza ultima, è non fermarsi alla superficie: perché giudichiamo tutto dall’esterno, senza sapere cosa c’è dietro. Queste tre qualità: moralità, concentrazione e saggezza appartengono non solo alle varie scuole ma anche ad ogni sottoscuola.
Gli uditori o primo veicolo, non è poi una condizione tanto semplice, perché non siamo ancora entrati nel loro ambito. Per realizzare il primo sentiero dobbiamo realizzare la rinuncia, almeno la liberazione individuale dal samsara. Litighiamo e ci scontriamo per attaccamento al samsara. Finché non riusciremo a sviluppare la rinuncia del samsara non entreremo nemmeno nel primo livello. Quanto è grande il nostro attaccamento al samsara? È impossibile da capire perché è come l’attaccamento a delle bolle d’aria nell’acqua. Quello cui ci attacchiamo nella vita sono come bolle d’aria nell’acqua.
La nostra religione non è né il Buddhismo o Cristianesimo o l’Islam, no: la nostra religione è l’attaccamento al samsara. Quindi come primo passo dubitiamo e riflettiamo sul samsara.
Domanda. Come funziona l’attaccamento?
Ven. Ghesce Ghendun Tarcin. La morte può aiutare a liberarci dall’attaccamento al samsara, ma dipende dai modi. La morte non dissolve il nostro attaccamento, perché continua con altre rinascite. Come posso diminuire l’attaccamento al sé? È l’ignoranza fondamentale alla base dell’attaccamento! È difficile liberarsene con la meditazione sulla morte, ma è importante la consapevolezza del nostro attaccamento, per liberarci dalla schiavitù del nostro attaccamento.
Siamo tanto attaccati perché siamo molto fedeli al samsara. Perché non crediamo alla cessazione della sofferenza, crediamo che una sofferenza può superare un’altra sofferenza, come con la guerra. Non abbiamo capito che la sofferenza si supera col sentiero pacifico, fino allo stato di cessazione della sofferenza, dove questa non esiste più. La forza della consapevolezza, è lo stato che un’individuo esprime attraverso la propria consapevolezza, attraverso la vera saggezza, il che rende tutto flessibile, si trova subito una soluzione ad ogni problema, quindi i problemi scompaiono. La nostra saggezza è una realizzazione, mentre la sofferenza è uno stato psicologico, perché non riesci più a sopportare un qualcosa. Mentre realizzando la saggezza si supera la sofferenza.
Moralità, concentrazione e saggezza.
L’attaccamento trasforma la nostra visione.
Dedichiamo i nostri meriti alla pace nel mondo, ed a questa città, comunità, famiglia e condividiamola con tutti gli esseri: la mente di grande compassione per l’illuminazione nel futuro per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.