Dal momento che era molto generoso e di cuore nobile, cercava di esaudire tutti i desideri dei poveri del regno, e il suo palazzo era sempre affollato dai mendicanti. Era così ricco di amore e carità che nel suo paese abbondavano gli ospizi, che erano sempre forniti del necessario per nutrire e curare i bisognosi. Così spargeva ovunque la pioggia dei suoi doni, simile alle nuvole del Treta-Yuga che rifornivano il popolo di cibo. Ogni supplicante riceveva secondo i suoi bisogni, e il re controllava che tutti lasciassero soddisfatti il palazzo. Sembrava che il donatore fosse molto più felice di quelli che ricevevano, e i mendicanti giunsero come un fiume impetuoso nella sua reggia, uscendone piegati sotto il peso dei doni del re.
Ma il Bodhisattva non era soddisfatto di dare in elemosina tutte le sue ricchezze. Desiderava che qualcuno gli chiedesse di più, per dimostrare che era disposto a donare anche il suo stesso corpo. Quando la Madre Terra fu consapevole del nobile intento del re, iniziò a tremare dalla gioia, e il grande Meru, il Signore delle Montagne, fu scosso da quelle potenti vibrazioni. Allora Sakra, il Re degli Dei, cercando la causa di quell’insolito tremolìo della terra, udì il divino pensiero del re dei Cibis, che intendeva sacrificare un pezzo del suo corpo per una persona bisognosa, e stupito pensò: – …“Può essere che questo rè sia così nobile di mente e compassionevole da donare la sua stessa carne? Devo scoprirlo.”
Un giorno il re sedeva sul suo trono nella sala delle udienze, dopo l’usuale convocazione che veniva fatta ai poveri e ai bisognosi, quando una moltitudine di mendicanti arrivò per ricevere argento, oro, gioielli, vestiti e frumento, secondo i loro bisogni. Fra quella folla di poveri apparve Sakra, sotto la forma di un vecchio brahmano cieco. Appoggiandosi al suo bastone si fermò davanti al re, che lo guardò con compassione e amicizia. Gli attendenti gli chiesero che cosa desiderasse, ma il brahmano si fece ancora più vicino al Bodhisattva e, dopo averlo benedetto, disse:
“Sono venuto da molto lontano o re, perché ho sentito parlare della tua grande compassione. Sono un vecchio cieco e ti chiedo uno dei tuoi occhi, l’altro ti sarà sufficiente per governare il tuo regno.”
Il re fu felice di questa richiesta, perché da molto tempo desiderava dimostrare di non essere attaccato neppure al suo stesso corpo. Ma la richiesta era così strana che dubitò di aver capito bene. Perciò chiese al brahmano:
“Chi ti ha consigliato di chiedermi una cosa si-mile? Di certo nessuno si separa volentieri da uno dei suoi occhi.”
E il brahmano rispose:
“Sakra, il Re degli Dei, mi ha consigliato di chiederti un occhio. Ha detto che tu me lo avresti donato volentieri e spero di non essere deluso.”
Udendo ciò il re pensò che, grazie al potere di Sakra, il brahmano avrebbe potuto recuperare la vista e disse:
“Brahmano, esaudirò completamente il tuo desiderio. Tu hai chiesto uno dei miei occhi, e io te li donerò entrambi.”
I consiglieri del re, capendo che intendeva realmente dare via i suoi occhi, lo pregarono in lacrime di non portare la sua carità così lontano da diventare completamente cieco.
“Inoltre – argomentarono – come possono gli occhi di un uomo essere messi nella testa di un altro? Se il potere divino può restituire la vista, che bisogno c’è di un tale sacrificio? E poi, a cosa servirebbe la vista a un povero? Poi potrà vedere le ricchezze degli altri, e diventerà ancora più triste. Donategli invece del denaro e lasciate che se ne vada in pace!”
Il Bodhisattva replicò con voce gentile:
“Chi promette un dono e rompe il suo giuramento è il peggiore degli uomini. Voi sostenete che il potere divino può ridare la vista al brahmano senza bisogno dei miei occhi. Lasciatemi dire che molte cose sono necessarie per trasformare un proposito in un effetto sicuro, e io credo che ci sia bisogno dei miei occhi per compiere un tale miracolo, perciò non ostacolatemi in questa insolita forma di carità.”
I consiglieri cercarono ancora di protestare, ma il re continuò:
“Ciò che è stato chiesto deve essere dato. Non sarebbe giusto fare un altro dono a questo pove-ro cieco. Non sto cercando di conquistare la terra intera e neppure il Cielo o la gloria, è con l’intenzione di aiutare tutti gli esseri dell’universo che ora dono i miei occhi, in modo che la richiesta del brahmano sia soddisfatta.”
Così uno degli occhi del re fu estratto con attenzione dal suo medico e dato al cieco brahma-no. E meraviglia! L’occhio aderì perfettamente all’orbita vuota dell’uomo, e iniziò a risplendere miracolosamente. Quando il re vide ciò, si sentì colmare di gioia e ordinò al medico di estrarre anche l’altro occhio e di donarlo al mendicante. Il volto del Bodhisattva sembrava ora uno stagno di loti senza più fiori, ma il brahmano uscì dal palazzo con due occhi sani, ringraziando con devozione il re ormai cieco.
In ogni luogo del palazzo e della città lacrime di tristezza furono versate, ma Sakra vedendo che il re per raggiungere la suprema saggezza non aveva esitato di fronte a quel sacrificio, felice e pieno di ammirazione, decise che non avrebbe lasciato a lungo quel Santo Essere in quella penosa situazione.
Le ferite causate dall’operazione agli occhi guarirono. Un giorno il re sedeva meditando nel suo giardino, vicino a uno stagno, mentre una brezza balsamica soffiava dolcemente e i fiori di loto aprivano i loro petali. Allora Sakra apparve davanti a lui e disse:
“Io sono Sakra il Re degli Dei, chiedimi un dono, santo re.”
Il Bodhisattva che era solito donare ma che non aveva mai chiesto nulla per sé, rispose stupi-to:
“Ho grandi ricchezze, un potente esercito e il mio popolo mi adora. Ma la cecità mi fa desiderare la morte, perché non posso più vedere il viso felice dei poveri quando esaudisco i loro desideri.”
“Ti preoccupi ancora dei mendicanti – disse il Re degli Dei, – che ti hanno portato via la luce degli occhi?”
Allora il re replicò:
“Avendo sempre venerato la Verità ora mi appello a lei. Se io dicessi che le richieste dei mendicanti sono ora per me dolci e irresistibili come prima, quando potevo vedere la gioia nei loro
volti, direi una menzogna. Perciò, per la Verità Eterna, ti chiedo di rendermi uno dei miei occhi.”
Non appena pronunciò queste parole, grazie al potere della sua assoluta sincerità, uno dei suoi occhi ritornò sul suo viso e il Bodhisattva esclamò felice:
“In verità, mi sentii felice solo donando entrambi i miei occhi, anche se me ne era stato chiesto soltanto uno. Ora, per dimostrare la mia sincerità, prego la Giustizia di pesarmi sulla sua bilancia e di rendermi il mio secondo occhio.”
Immediatamente anche il secondo occhio tornò al suo posto, e il re rivide perfettamente tutta la bellezza del giardino e i volti felici dei poveri che lo circondavano. Al compiersi di questo miracolo la terra tremò di gioia, il sole brillò più luminoso, i fiori si prostrarono davanti al santo re e la natura esultò. Tutte le creature erano felici che il loro protettore avesse riacquistato la vista, e con dolci voci cantavano: «Salute al Rè della Giustizia e della Compassione.»
Poi Sakra disse al Bodhisattva:
“Sapevo che avevi l’intenzione di donare anche la tua carne, se richiesta. Io ero il brahmano che ha provato la tua sincerità. Ora ti ho reso i tuoi occhi e, insieme a loro, ti dono anche la vista divina. Con essa puoi vedere in ogni direzione per più di cento yojana”.
Dopo queste parole Sakra scomparve. Il re fu portato in processione alla sua capitale in festa, la città di Arittha, e tutti i sudditi festanti lo seguirono nella sala delle udienze del suo palazzo. Qui il Bodhisattva parlò al popolo spiegando i libri sacri e il contenuto dell’esperienza che aveva vissuto.
Quel santo re regnò saggiamente fino al giorno della sua morte, donando tutte le sue ricchezze ai poveri, ai vecchi e ai malati. La ricchezza è una cosa da disprezzare, ma ha una virtù, poiché può essere donata da chi la possiede per il benessere degli altri. Solo così diventa un tesoro.