Supporto multireligioso per il miglioramento dell’ambiente attraverso il vegetarianismo
Alexander Berzin: Quarto simposio giovanile mondiale sul Buddhismo, Hong Kong, Cina, 1 agosto 2014. Traduzione italiana a cura di Valentina Tamiazzo.
Esistono numerose strategie per far fronte alle questioni ambientali, come l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili, la riduzione dell’inquinamento prodotto dalle industrie e dai veicoli a motore, e così via. Tuttavia, un altro problema, a cui è stata data forse meno visibilità, è rappresentato dagli effetti dannosi della produzione delle carni. La riduzione del consumo di carne e l’incoraggiamento al vegetarianismo sono delle misure di protezione dell’ambiente che non soltanto hanno senso dal lato economico, ma che riceverebbero anche il supporto della maggior parte delle religioni mondiali.
In molte società, sia sviluppate che in via di sviluppo, il consumo di carne è considerato un segno di benessere. Una delle prime aspirazioni che le persone tendono ad avere quando escono dalla povertà, è quella di poter mangiare carne. Sebbene una dieta ricca di proteine della carne contribuisca ad innalzare il livello di nutrizione delle persone denutrite, ciononostante la scienza medica ha scoperto che un consumo eccessivo di carne è dannoso per la salute. Questo perché aumenta le possibilità di maturare malattie cardiache e alcune forme di cancro. Da un punto di vista economico, sebbene la produzione industriale di carne offra impiego ad un ampio numero di persone, i suoi effetti a lungo termine, dannosi per l’economia e per l’ambiente, superano questi benefici.
Secondo un recente rapporto della FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), il 18% delle emissioni di gas serra mondiali proviene dall’allevamento di bestiame, ovvero dalle urine e dagli escrementi degli animali che vengono allevati per la produzione di cibo. In tutto il mondo, i maiali e i polli da soli producono mezzo milione di chilogrammi di escrementi ogni secondo. Sessanta volte più di quanto produce l’intera popolazione umana. Le emissioni di gas serra provenienti da questi escrementi animali sono il 40% in più delle emissioni provenienti da tutti i veicoli a motore, inclusi gli aerei e le navi, di tutto il mondo. Inoltre, quasi i due terzi delle emissioni di ammoniaca, responsabili per le piogge acide, provengono dagli escrementi degli animali.
Se osserviamo le cifre per tutto ciò che riguarda l’allevamento animale per uso alimentare, i numeri sono ancora più impressionanti. Secondo questo rapporto delle Nazioni Unite, il 70% di tutti i terreni agricoli, e di fatto il 30% di tutti i terreni sulla superficie di questo pianeta sono utilizzati per la produzione di mangimi per animali, mentre soltanto l’8% è impiegato nella produzione di alimenti destinati al consumo umano; il restante viene utilizzato per la produzione di biocarburanti. Inoltre, vengono consumati 28.4 milioni di litri di acqua al secondo per abbeverare gli animali da allevamento e per l’irrigazione delle colture riservate alla loro alimentazione. L’erosione del suolo, dovuta alla deforestazione di terre per la coltivazione di questo quantitativo di cibo, raggiunge i 40 miliardi di tonnellate di suolo ogni anno. Se si calcola il consumo di combustibili fossili necessari per la coltivazione di mangimi per animali, il trasporto di questi ai mulini e il funzionamento di questi mulini, il trasporto dei mangimi agli allevamenti intensivi e il funzionamento di queste aziende, il trasporto degli animali ai macelli e il funzionamento dei macelli, il trasporto della carne negli impianti dove viene processata e il funzionamento di questi impianti, il trasporto della carne processata nei negozi e il mantenerla refrigerata, sono necessari undici volte più combustibili fossili per la produzione di una caloria di proteine animali, se confrontato con una caloria di proteine vegetali.
Queste statistiche dimostrano in modo chiaro il costo enorme della produzione e del consumo di carne per l’ambiente e per l’economia globale. Se la tendenza attuale persiste, verrà prodotta ancora più carne e ne conseguiranno maggiori danni per l’ambiente. Una tendenza simile non è sostenibile e non può che finire in un disastro. Non ci sono terre e acqua a sufficienza per produrre le colture necessarie a sfamare il numero di animali che devono essere allevati se tutti nel mondo consumassero tanta carne quanto, ad esempio, le persone negli Stati Uniti o anche qui, ad Hong Kong, ogni anno. Dunque, la domanda urgente è come si possa invertire questa tendenza.
Per coloro che non seguono alcuna religione, il buon senso dice loro che il vegetarianismo, o almeno la riduzione del consumo di carne, costituiscono l’unica direzione logica da prendere. In particolare, questo avviene se tali persone pensano alle conseguenze che i loro figli e nipoti dovranno affrontare nel caso in cui non migliorino le loro miopi abitudini. Per coloro che s’interessano soltanto dell’ambito materiale, l’economia dice inoltre che l’impatto negativo a lungo termine della tendenza attuale, sempre in crescita, del consumo di carne, supera di gran lunga i benefici a breve termine derivanti dal profitto dell’industria della carne.
Per coloro che seguono una religione o una filosofia, ognuno di questi sistemi di credenze offre un supporto al vegetarianismo nei loro insegnamenti. Il Buddhismo valorizza la compassione verso tutti gli esseri viventi. Dal momento che tutti gli esseri possono rinascere sotto qualsiasi forma di vita, gli animali che alleviamo per la nostra alimentazione e che mangiamo, potrebbero benissimo essere stati nostri antenati nelle loro vite precedenti, e anche noi e i nostri antenati potremmo rinascere come animali nelle nostre vite future. Penseremmo allora alle sofferenze di questi animali, ad esempio alla vita dei polli allevati industrialmente, in quelle che alcuni maestri buddhisti hanno descritto come prigioni per polli. Questi poveri polli devono trascorrere tutta la loro vita in gabbie che misurano venti centimetri di altezza e venti di larghezza e non gli è mai concesso di camminare liberamente. Come ci sentiremmo se noi o i nostri antenati avessimo dovuto vivere in questo modo, per finire poi come cibo per cani o come bocconcini di pollo al McDonalds, usati per sfamare un bambino ed essere lasciati lì a metà, e gettati poi nella spazzatura?
Nella letteratura buddhista il sostegno al vegetarianismo si trova nel Brahmajala Sutra (Il Sutra della rete di Brahma), tradotto in cinese da Kumarajiva come Fanwang Jing (梵網經). L’astenersi dal mangiare carne è uno dei quarantotto precetti supplementari qui elencati in aggiunta ai dieci principali voti da bodhisattva. Dunque, sulla base della compassione i buddhisti Mahayana delle tradizioni dell’Asia orientale smetterebbero di mangiare carne come parte dei loro voti da bodhisattva. Saicho, il fondatore della setta Tendai in Giappone, aggiunse questa versione dei voti e dei precetti del bodhisattva come parte dell’ordinazione monastica.
Sebbene non compaia in modo esplicito negli insegnamenti confuciani di Mengzi (Mencio), il vegetarianismo fondato sulla compassione verso gli animali costituisce comunque la logica conclusione che si potrebbe trarre da essi. In una discussione con il Re Hui di Liang (梁惠王), Mengzi afferma di aver sentito che il re, avendo visto un bue che stava per essere portato al macello perché il suo sangue doveva essere usato per la consacrazione di una campana, ordinò che la vita di quell’animale venisse risparmiata, e che al suo posto venisse sacrificata una pecora. Mengzi disse al re: “questo è stato un atto senza colpa; è stato un atto di amore (仁術). È il modo in cui un gentiluomo (君子) si comporta con gli animali. Vedendoli vivi, egli non può sopportare di vederli morire; sentendo il loro pianto, egli non può sopportare di mangiare la loro carne. Così un gentiluomo si tiene distante dai macelli e dalle cucine ove si prepara la carne.”
Mengzi, tuttavia, non stava sostenendo che andasse bene mangiare la carne fintanto che non si vedevano o sentivano gli animali vivi. Piuttosto, egli utilizzò questo esempio per consigliare al re di estendere a tutto il suo popolo la stessa misericordia (恩) che egli aveva mostrato nei confronti degli animali. Sebbene il suo consiglio non fosse quello di smettere di mangiare carne, vi è in esso il messaggio implicito di mostrare pari misericordia a tutti gli uomini e a tutti gli animali.
Vi sono altre ragioni per evitare il consumo di carne che sono supportate da altre tradizioni spirituali. In generale, tutti gli induisti onorano l’ordine, presente nel Rg Veda, di non mangiare la carne dei bovini e dei cavalli. Inoltre, gli induisti che venerano Vishnu e Krishna seguono una dieta vegetariana, come prescritto nello Yajur Veda. I testi danno tre ragioni principali a questo proposito. La prima è l’importanza della nonviolenza, che in questo caso viene applicata nei confronti degli animali. La seconda è che il sistema medico dell’Ayurveda avverte che il consumo di carne danneggia la mente e lo sviluppo spirituale. La terza è che la carne è considerata impura, e solamente cibo puro può essere offerto agli dei e poi consumato come prasad, un dono degli dei.
I giainisti sono i più rigorosi, nell’essere vegetariani, di qualsiasi altra religione. Infatti il vegetarianismo è d’obbligo per i seguaci di questa antica religione indiana. Questo tipo di restrizione è in accordo con la grande enfasi che lo Gianismo pone sulla nonviolenza e sulla purezza in tutti gli aspetti della vita. La carne è considerata essere totalmente impura.
Il Giudaismo, il Cristianesimo e l’Islam condividono l’insegnamento secondo cui Dio creò gli animali perché l’uomo potesse servirsene, tuttavia nessuna di queste religioni sostiene che Dio li abbia creati perché l’uomo ne abusasse. Benché per il Giudaismo e l’Islam Dio proibisca il consumo di creature sporche come i maiali, esistono altre indicazioni nelle scritture a proposito delle intenzioni divine. Il verso 15:20 del Corano afferma: “E in esso (ovvero nel mondo creato da Dio) abbiamo creato per voi mezzi di sussistenza e quelli (gli animali) per i quali voi non dovete provvedere (al loro sostentamento).” Ciò implica che Dio creò altri generi di animali adatti per essere mangiati, come le pecore, le capre e i bovini, ma che non è responsabilità degli esseri umani di provvedere alla loro alimentazione, come nel caso delle coltivazioni di foraggi speciali. In altre parole, Dio intendeva che questi animali pascolassero liberamente per il loro sostentamento, e non che venissero allevati industrialmente per un consumo di massa.
In breve, la maggior parte delle religioni e delle filosofie di tutto il mondo offre un supporto morale alle conclusioni tratte dagli studi di economia, dalla logica e dal buonsenso, ovvero quelle secondo cui è necessario che il mondo riduca drasticamente il suo consumo di carne, e che più persone possibili seguano una dieta vegetariana. Tuttavia, anche se la scienza medica, la religione, la filosofia e il buonsenso ci dicono di smettere di mangiare carne, o almeno di ridurre la quantità e la frequenza del suo consumo, se le persone non modificano realmente il loro comportamento, non otterranno alcun beneficio.
Molte persone credono che seguire una religione significhi soltanto pregare, oppure offrire dell’incenso. La trasformazione, tuttavia, è un processo interiore. Non importa che misure esterne prendiamo per proteggere l’ambiente, il vero lavoro sta nel cambiare i nostri modi di pensare e di comportarci, sulla base di una comprensione ed accettazione della realtà del danno che il genere umano sta provocando a questo pianeta. Un lavoro come questo può essere fatto soltanto a livello individuale. Ciascuno di noi ha la responsabilità d’agire in modo intelligente e compassionevole.